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Autore: Gwillion    08/06/2005    1 recensioni
Un ragazzo... il suo amore, la sua promessa sposa. E le parole non dette che li dividono.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rodolphus Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La porta era aperta. Una luce fioca e rossastra veniva dal fondo della stanza. Sottili spirali di fumo di spandevano tutt'intorno.
Un sorriso storto si dipinse sulle labbra di Rodolphus, mentre faceva qualche passo avanti nella penombra della stanza.
- Inutile chiedersi chi potevo trovare qui a quest'ora, non è vero Severus? -
- Sei venuto anche tu. -
Rispose l'altro soltanto, il volto aquilino ancora chino sui semi di papavero che stava riducendo in polvere finissima e le radici che tagliava in strisce sottili, le dita sottili che si muovevano con una strana metodica frenesia tra pestello e tagliere.
- Sì, sono venuto. - ammise l'altro slacciandosi l'elegante mantello in un gesto nervoso, e lasciandolo scivolare su una sedia.
L'altro ragazzo sollevò appena lo sguardo, fissandolo con i suoi penetranti occhi neri.
Ma non disse una parola. Severus ascoltava. Non chiedeva mai. Tranne quando era necessario chiedere.
LeStrange sorrise, pensando che avrebbero creato un curioso contrasto agli occhi di un estraneo. L'uno con i capelli raccolti e le vesti di taglio settecentesco bordate d'argento, Rodolphus era del parere che era sufficiente indossare la tunica come divisa scolastica e non ci teneva a farlo anche ad un ballo, gli occhi violetti che guizzavano sugli oggetti che il compagno aveva disposto sul tavolo in un misto di curiosità e nervosismo. L'altro indossava la tunica da laboratorio, i capelli neri e scomposti che chiedevano di essere ricacciati indietro tutte le volte che si chinava sulla sua pozione, e gli occhi scuri che in quel momento avevano una strana fissità penetrante.
Ma le apparenze a volte erano ingannevoli.
Ancora un paio minuti e avrebbero iniziato a parlare di pozioni. Avrebbero parlato lo stesso identico linguaggio. E almeno per qualche ora, pensò Rodolphus, lui sarebbe riuscito a non pensare.
- Il papavero dà sempre l'oblio. - mormorò Severus, come se avesse intuito l'inquietudine dell'altro. Ma erano gli ingredienti su cui lavorava che indicò con la punta delle dita.
- A cosa stai lavorando? - domandò l'altro rimboccandosi le maniche.
- Sperimento alcune combinazioni nuove... e osservò gli effetti. - disse l'altro indicando gli alambicchi ricolmi di liquidi dei più diversi colori.
Per qualche attimo Rodolphus rimase in silenzio. Finì di tagliare una radice che l'altro aveva lasciato di lato.
- Tu vuoi chiedermi qualcosa, non è vero? - mormorò Severus, fissandolo in tralice.
Rodolphus sorrise, e lo ricambiò con il medesimo sguardo.
- Forse. Dipende dalla risposta che intendi darmi. -
Severus incrociò le braccia.
La domanda nell'aria... era qualcosa di cui avevano parlato a lungo. Ma era più facile farlo, se tutto restava sul piano puramente teorico. Trasporre la fantasia sulla realtà... diventava improvvisamente pericoloso, inquietante.
- Tu credi sia saggio? - mormorò infine Piton, quasi a malincuore.
- La saggezza a volte non ha nulla a che fare con le scelte che si devono compiere. -
Si fissarono. Il fumo del calderone si dipanava in lente e contorte spirali tutt'intorno.
- Perché stiamo a discutere, se entrambi sappiamo che lo faremo, alla fine? - sussurrò Severus.
- E' così? Lo sappiamo? - disse l'altro guardandolo cauto.
- Siamo solo ragazzi, ma questo non vuol dire che non ci rendiamo conto di quello che ci sta intorno. -
Rodolphus socchiuse appena gli occhi.
- Adesso basta. - sibilò Severus - Io ho detto abbastanza. Se hai cambiato idea sta bene. Non ne parleremo più. -
L'altro rise di una risata aspra.
- Non ho la benchè minima intenzione di cambiare idea! Il mondo sta cambiando là fuori, e io voglio essere parte del cambiamento. Non mi accontenterò di essere soltanto un ragazzo, no io mi rifiuto di farlo. E non permetterò che lei... che gli altri pensino questo di me. No, accetto i rischi per me, accetto il pericolo, per la mente e per l'anima. Ma non lascerò che i sogni restino solo sogni, per quanto cupi e tenebrosi siano! Perché altrimenti cosa resterebbe di me, se non un mucchio di cenere che sfugge tra le dita... -
- ...e un ingegno brillante, una famiglia nobile alle spalle, e tutto il denaro che potresti desiderare. - concluse l'altro con un sorriso obliquo.
- Tutto questo non è nulla se non è finalizzato a uno scopo, se si perde in un vacua auto esaltazione di se stessi e nessun contatto con il mondo reale. -
Rodolphus socchiuse gli occhi. Continuava a parlare con una foga che non riconosceva nei suoi modi pacati, ma c'era lei dietro a tutto, ancora una volta. Non le avrebbe permesso di allontanarsi da lui, le avrebbe dimostrato il proprio valore, sì, era questo che avrebbe fatto... e forse simili pensieri erano troppo poco per il piccolo incidente di quella mattina, ma lei era sua, non solo perché lo avevano deciso i loro genitori, non solo perché il loro matrimonio era stato deciso già da anni. Lei era sua perché lui la amava, e nulla, nemmeno i progetti di morte che si andavano intessendo tutt'intorno avrebbero potuto cambiare questa verità.
- Per il mondo reale però siamo ragazzi. E per questo ci tocca dimostrare il nostro valore. - Severus si passò una mano sul volto - Sai che stiamo per cacciarci in un guaio terribile, non è vero? -
- Sì. Ma ne vale la pena. E anche tu la pensi come me. Non te lo avrei chiesto altrimenti. -
Severus annuì lentamente, tornando a rimestare la pozione ribollente, aggiungendo con mano ferma uno degli alambicchi.
- Tu continueresti anche da solo, non è vero? - mormorò poi.
- Vuoi dire che tu non lo faresti? - disse l'altro in un sibilo.
- Dimmi se le radici di mandragola si sono arrostite a sufficienza. - rispose il giovane con un sogghigno storto.
  
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