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Autore: Gwillion    07/06/2005    7 recensioni
Un ragazzo... il suo amore, la sua promessa sposa. E le parole non dette che li dividono.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rodolphus Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa:
Questa storia nasca per il concorso All Love Can Be, tenuto su http://www.damaverde.net/public/fanfictions/index.php L'ho scritta quindi qualche tempo fa, ma ho deciso di postarla a capitoli perchè le storie troppo lunghe rischiano di venir ignorate o quasi. Il racconto è ambientato ai tempi dei Malandrini più o meno, anche se i protagonisti sono Serpeverde. Rodolphus Lestrange è al sesto anno, Bellatrix al settimo, questa storia è per loro, spero che vi piaccia.


Il sole tramontava, e già la Sala Grande risplendeva di luci. Il giovane poteva osservarla, fermo in uno dei corridoi semivuoti, accanto ad una finestra dai vetri appannati di brina. Ma anche lì, lontani dalla festa, appesi ad ogni arco c'erano ghirlande di foglie da dove pendevano pipistrelli di zucchero nero. Il ragazzo non disse una parola. Aveva visto le grandi torte a forma di zucca che venivano portate verso il salone. E adesso poteva vedere dalle grandi vetrate illuminate le sagome delle coppie che danzavano strettamente abbracciate volteggiando nella melodia di una musica invisibile. E lui invece rimaneva nell'ombra. Anche il tramonto sfumava nel crepuscolo.
Il giovane prese da una tasca interna della sua veste un cofanetto e si fermò a osservare con occhi pensierosi la spilla all'interno. Tre rubini erano legati in un sottile ovale di rame, un disegno semplice eppure raffinato, scelto perché avesse le stesse linee dei gioielli che la sua dama, secondo fonte certa avrebbe indossato. Uno strano sorriso si disegnò sul volto angoloso del giovane. In realtà era certo che la sua Bellatrix fosse superiore a simili dettagli, come i fiori di carta mostrano la loro bellezza su pallide bambole di cera, ma poggiati su una fiamma possono solo svanire in un turbinio di faville, consumati dal suo splendore. E Bellatrix era fiamma viva, lo era negli occhi, nel chiarore del viso, nell'onda scura e inquieta dei capelli. Ma non avrebbe ballato con lui quella sera.
Il ragazzo chiuse gli occhi, aveva già rimesso via la spilla.
Bellatrix gli si era avvicinata al mattino, e aveva un'espressione stranamente seria.
- Non verrò stasera al ballo, non posso. - gli aveva detto.
- Non puoi? -
- No. -
- E' accaduto qualcosa? -
La giovane aveva serrato le labbra in una strana espressione, e l'altro non avrebbe saputo dire se di preoccupazione o di fastidio. Il ragazzo le aveva posto una mano sul braccio, ma lei si era sciolta dalla sua stretta, sorridendogli appena.
- Ci saranno altre notti Rodolphus, altre danze forse... -
- Non vuoi dirmi cosa sta accadendo? -
- Forse non c'è nulla da dire... - la donna voltò il capo per non fissarlo negli occhi - e non voglio stare qui a lamentarmi per dei compiti che devo rifare... uno dei libri che mi serviva si è liberato solo oggi, e devo consultarlo se voglio fare un buono lavoro... - Il ragazzo la guardò con aria confusa. C'era come una nota stonata nelle parole della giovane... - E' per questo che non verrai? Per perfezionare degli stupidi compiti? E credevo di essere io quello fissato con certe cose. -
La ragazza aveva borbottato qualcosa riguardo al fatto che non era il ragazzo ad avere gli esami finali quell'anno, e poi si era allontanata in fretta, troppo in fretta.
Rodolphus LeStrange sollevò il capo. Voltò le spalle alla finestra e alla festa. Se la sua fidanzata si sentiva a disagio perché lui aveva un anno di meno, o per qualche altro inspiegabile motivo, lui poteva far poco. O meglio... forse avrebbe potuto, ma non voleva! Doveva essere lei a scegliere di essere del tutto sincera, con se stessa prima di tutto, e poi con lui. Non l'avrebbe inseguita, no, era troppo orgoglioso per farlo. Avrebbe atteso il momento opportuno. Punto.
Non avrebbe nemmeno pensato a lei. O almeno ci avrebbe tentato. Non era facile, non era per niente facile non pensarle.
- Compiti... - borbottò il ragazzo, riversando in quella parola il veleno di una rabbia repressa. Era una scusa, ne era certo. Ma se lei non voleva confidarsi, non sarebbe stato lui a subissarla di domande. Per orgoglio. Sì, per puro e semplice orgoglio. O forse perché almeno lui doveva avere fiducia...
- Compiti... - ripetè il giovane, mentre scendeva le scale dei sotterranei.
Voleva fare la preziosa? Si divertiva a quel modo? Che facesse pure, lui non ci sarebbe cascato! Per un attimo LeStrange esitò di fronte alla porta del dormitorio, ma poi scosse la testa. C'era sempre il rischio di incontrare qualche altro studente, specie quelli dei primi anni, e lui non si sentiva affatto in vena di qualsiasi contatto con un altro essere senziente. Risalì una rampa di scale verso il laboratorio di pozioni. Se quella sera doveva essere consacrata allo studio così sarebbe stato!
  
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