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Autore: AtenaPallade    22/10/2009    5 recensioni
Jo e Laurie. Dovete aver letto piccole donne crescono fino al capitolo 18 e poi continuare con il mio 19! Buona lettura
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 19: Rosalie.

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Era completamente sola Jo, dopo che la sua amata Beth se ne era andata. Passava intere giornate in soffitta a piangere sul suo cuscino rosso. La mamma ogni tanto, quando i singhiozzi si facevano più forti da poterla sentire anche dalle altre stanze, la raggiungeva per consolarla.

“Povera Jo!” le disse una volta “Tutto questo dolore è troppo per una ragazza giovane come te!”

“Mamma, nessuno merita questo genere di dolore, nemmeno l'adulto più navigato!” esclamò convulsamente Jo gettandosi tra le braccia della signora March.

“Lo so, cara, lo so. Ma Beth ora sta bene e noi dobbiamo farci forza ed andare avanti. Non è facile, ne sono cosciente, ma la nostra Beth non avrebbe mai voluto vederci così tristi. Lei ci vuole felici e noi dobbiamo in qualche modo rispettare le sue volontà...” le rispose la signora March tra una lacrima e l'altra.

Entrambe sapevano che era vero ciò che la mamma stava dicendo in quel momento, ma nessuna delle due riusciva a onorare il desiderio della piccola Beth.

Amy e Laurie annunciarono per lettera il loro fidanzamento e questa notizia non portò altro che una ventata di allegria, se così si poteva definire qualche sorriso in più in famiglia dopo la morte della amata figlia e della cara sorella.

Per Jo però fu una notizia straziante: sapeva che aveva rifiutato il suo migliore amico per ben tre volte e che non aveva nessun diritto di vietargli di essere felice con un'altra donna, cosa che peraltro gli aveva consigliato lei stessa, ma averlo perso per ritrovarlo fra le braccia della sorella minore, le sembrava una pugnalata alle spalle. Ora che era così fragile, questa cosa la afflisse ulteriormente.

Con la mamma e il signor March non lo dava a notare, ma dentro di sé la ragazza provava una sensazione di rabbia, sconforto, abbandono e tristezza che nessuno avrebbe potuto placare. E nemmeno lei ne era capace, dato che fino ad ora i problemi sentimentali, come li chiamava lei – perché per lei erano veramente solo problemi! - non l'avevano mai toccata se non quelle poche volte che Laurie le confessò il suo amore.

Ma ora era diverso; era sola e disarmata e sapere che al di là dell'Oceano i due ragazzi se la spassavano senza preoccuparsi di come andavano le cose a casa, era per lei angosciante e spregevole.

Jo era in un periodo decisamente no, e la cosa era nota a tutti.

A New York aveva fatto amicizia con una ragazza di più che buona famiglia, una certa Miss Rosalie Parker detta “Rose”. La madre di Rose era francese ed aveva una tale quantità di qualità concentrate per una persona sola che sarebbe stato difficile trovare un'altra donna che poteva competere con lei. Sapeva ballare, suonare meravigliosamente il pianoforte e l'arpa, era graziosa nonostante la non più giovane età, era bella e la sua pelle era ancora fresca e vellutata, aveva un portamento ineguagliabile e una cura e un gusto nell'abbigliamento che neanche Amy con tutto il denaro al mondo avrebbe potuto avvicinare. Inoltre leggeva molto ed era erudita, sapeva cucire e addirittura molto spesso, a dispetto della sua discendenza, si chiudeva con la sua cerchia di servitù in cucina a sperimentare piatti nuovi ed interessanti poiché interessatissima alla cucina. Insomma, era una donna straordinaria.

Il padre di Rose invece aveva avuto modo di entrare in affari con il vecchio Laurence e molto spesso era in giro per il mondo per tale scopo. Era anche lui un uomo di ricca famiglia e molto apprezzato dalle dame circostanti in quanto, oltre ad avere una certa dose di fascino, anche non essendo particolarmente bello, era inimmaginabilmente educato e cortese con qualsiasi donna, da quella più ricca che poteva incontrare alle feste mondane, alla più povera che trovava nelle varie città in cui si stabiliva per brevi periodi di tempo.

Era una famiglia modello e da tale modello non poteva che nascere una ragazza di uguale livello. Rose era incantevole nel suo modo di porsi, mirava ad acquisire tutte le arti della madre e pian piano ci stava riuscendo. Aveva la stessa età di Jo e si erano incontrate in un negozio per scrittori, tra penne, calamai e fogli vari. Anche a Rose piaceva scrivere di tanto in tanto, non ai livelli di Jo, ma qualche buon lavoretto l'aveva fatto anche lei.

“Mi scusi, non volevo urtarla!” aveva detto Rose a Jo quel giorno in negozio.

“Non si preoccupi!” le aveva risposto Jo con un sorriso da un capo all'altro del viso.

Ciò fece subito piacere alla cortese dama che la stava osservando “Scrivete anche voi a quanto pare! Io ho iniziato da poco, scrivo qualche novella che di solito resta nel mio cassetto della scrivania! Voi, se non sono troppo scortese, cosa scrivete?” chiese Rose.

“Oh, adoro scrivere anche io novelle, ne ho venduta più di qualcuna al giornale locale e devo ammettere che non tutte mi hanno soddisfatto, anche se ho potuto trarne del denaro. Eh, si sa, a volte bisogna scrivere pensando a quello che vorrebbe leggere la gente, non a quello che veramente di vorrebbe scrivere!”

Rose rimase incantata da tanta sincerità e allegria che esprimevano gli occhi di Jo mentre parlava della sua arte. “Davvero? Che meraviglia! Come mi piacerebbe leggerne qualcuna, sempre se non vi dispiace!” aggiunse Rose eccitata.

“Certo!” rispose Jo “Possiamo trovarci da qualche parte a scambiarci idee sulle novelle, e perché no, magari scriverne qualcuna insieme! Due teste sono meglio di una.” finì sorridendo.

A Rose non pareva vero: era sempre costretta a nascondere la cosa al di fuori delle mura di casa perché il suo stile di vita le imponeva ben altri interessi, e finalmente aveva trovato qualcuno con cui condividere la sua passione. Il divario sociale fra le due era assolutamente evidente ma né a Rose né a Jo la cosa sembrava pesare. Da quel giorno Jo andò a trovare Rose quasi tutti i giorni e molto spesso, quando il tempo lo permetteva, si ritrovavano al parco, all'ombra degli alberi, a fantasticare su ipotetici cavalieri e variopinte dame da salvare, mostri alati e streghe barbute dalle quali scappare, incantesimi e filtri d'amore da far bere al primo malcapitato.

L'amicizia fra le due crebbe e senza rendersene conto scrissero insieme una ventina di novelle. Così Jo, soddisfatta del lavoro di entrambe, un giorno trascinò la titubante Rose nell'editoria dove spesso portava i suoi racconti.

“No, Jo, ti prego! Mi vergogno tantissimo!” le disse Rose affannata “Cosa dirò a mia madre se vede il mio nome pubblicato? Lei accetta che io scriva, ma la cosa deve rimanere fra le mura di casa!”

“Non preoccuparti Rose, mica dobbiamo dare per forza i nostri veri nomi!” le disse sorridendo Jo e l'espressione sulla faccia dell'amica si distese.

“Quindi vuoi dire che possiamo dare un nome falso? Inventato?”

“Ma certo! Allora, io voglio che i racconti vengano firmati a nome Ester DeGraw, tu invece?” le disse animatamente Jo.

“Non lo so, proprio non ne ho la più pallida idea.” le disse ridendo Rose ed emozionata all’idea di comportarsi in maniera sconsiderata per una volta.

“Emily Spencer?” le propose Jo “Ti piace?”

“Si, può andare...Ester DeGraw ed Emily Spencer!” concluse Rose battendo le mani e sorridendo “Però devi promettermi che non dirai nulla a nessuno di questa cosa, se mia madre venisse a saperlo ne rimarrebbe sconvolta!”

“Non preoccuparti Rose...ehm, Emily, nessuno saprà nulla!” le rispose Jo facendole un occhiolino.

Così i nomi di Emily ed Ester si diffusero per tutto il quartiere e le storie furono apprezzate da moltissima gente tanto che ci fu il boom di bambine che venivano chiamate proprio Emily ed Ester.

In questi mesi Jo e Rose si erano confidate il più piccolo segreto, stavano ore ed ore chiuse in camera di Rose a confabulare su ipotetici racconti e a confidarsi ogni minimo pensiero. Rose conosceva molto bene Laurie, non perché l'avesse mai visto, ma perché Jo gliene aveva parlato talmente tanto che poteva quasi immaginarselo.

Una sera, al primo commento su cosa avrebbe o non avrebbe fatto Laurie su un'ipotetica situazione, Rose disse a Jo “Lo ami, non è vero?”.

Jo in quel momento stava camminando su e giù per la stanza mentre Rose era sulla poltrona a ricamare. Sgranò gli occhi e la guardò con espressione da ebete al sentire quella domanda.

“Ma che sciocchezze, Rose, certo che no!” rispose annaspando Jo “é solo un caro amico! Davvero!” e ci mise tanta foga nell'ultimo “davvero” che sembrava quasi dovesse convincere più sé stessa che la sua amica.

“Sarà, Jo, ma io non ho mai sentito parlare qualcuno di un'altra persona così tanto come fai tu, se non per il fatto che fossero sposati o fidanzati!” aggiunse Rose continuando a ricamare e con uno sguardo visibilmente malizioso.

“Oh, no, non è assolutamente vero! Ripeto, è solo un caro amico!” le disse Jo sempre più rossa in viso.

“Se lo dici tu...” fu l'esaltante risposta di Rose che lasciò più dubbi a Jo di quanti se ne fosse creata lei stessa in questi ultimi momenti.

Jo continuò a camminare su e giù per la stanza, ora più velocemente e ansiosamente. Dopo qualche minuto, Rose spezzò il silenzio.

“Jo, tu lo ami.” fu la disarmante conclusione, e lo disse guardando Jo negli occhi.

Jo non potè fare altro che ricambiare lo sguardo con uno stupito e non riuscì a dire mezza parola.

Fu l'ultima volta che parlarono di Laurie, Jo era imbarazzata al solo pensiero di rientrare nel discorso.

Poco tempo dopo tornarono entrambe a casa. Rose viveva stabilmente in una cittadina a qualche miglio da Concord ed anche per lei New York era stata una breve parentesi vacanziera.

Quando Beth morì, Jo andò parecchie volte a trovare Rose e l’amica contraccambiava spesso la visita, finché un giorno Rose non le chiese “Cosa ne pensi di ritornare a New York? Solo per un paio di settimane, chiederò il permesso a mia madre di lasciarmi andare da sola con te. Tu intanto chiedi altrettanto alla tua. Ti farà bene, vedrai, cambiare aria per un po'. Qui tutto ti ricorda la piccola Beth. ”

“Sei gentile, Rose, ma non so se posso lasciare la mamma da sola in questo momento” rispose tristemente Jo.

La signora March entrò in salotto con un vassoio di the proprio in quell'istante e, avendo sentito la discussione disse “Credo sia una buona idea, Jo, cambiare aria per un po'. Un paio di settimane lontana da qui non credo che ti farebbero poi così male”.

“Mamma, ma tu hai bisogno di me qui, ora che...” e non terminò la frase quasi per paura di dire che Beth era morta.

“Sarei più felice saperti allegra ogni tanto, e tornare a New York potrebbe aiutarti in ciò.” le disse accarezzandole la testa dolcemente.

Fu così che dopo pochi giorni le due si diressero verso New York.

Dovevano essere solo un paio di settimane, ma le ragazze, dopo aver ricevuto il permesso da entrambe le famiglie, rimasero a New York per l'intera estate.

La compagnia di Rose, una ragazza a modo, elegante e ammirata dalle persone della buona società, fece del bene al carattere ribelle di Jo; era costretta spesso a partecipare ad eventi mondani e, conoscendo i propri modi goffi, era terrorizzata dall'affrontare feste di qualsiasi tipo.

Così Rose, non senza ridere, le insegnava come comportarsi con le dame e con i cavalieri che le chiedevano di danzare; come affrontare le conversazioni – “sii frivola, fai dei risolini isterici e vedrai che piacerai!” era la teoria peraltro funzionante di Rose – e la postura del corpo. A volte le fece indossare sotto agli abiti dei bustini che le toglievano il fiato e che non le permettevano di piegarsi né di, più semplicemente, ridere. Per Jo tutto ciò era completamente diverso da come era sempre stata, ma recitare questa parte le cominciava a piacere. Il dolore e la solitudine l'avevano addolcita e smorzata nei modi e nel carattere. Ogni giorno ringraziava il Signore per averle dato un'amica con cui dividere il peso della vita.

I giorni passavano e le ragazze continuavano a scrivere novelle su novelle, a venderle e a guadagnare qualche soldo che spendevano in frivolezze, abiti e cappelli. Jo era entrata, anche se a volte era restia alla cosa, in questo mondo fatato, fatto di balli, abiti all'ultima moda e acconciature e cappellini strambi.

Spesso la sera si tormentava davanti allo specchio, mentre si preparava per la notte, chiedendosi se tutto ciò lei lo desiderava veramente oppure no. Preferiva però lasciare il discorso in sospeso: dopo tanta tristezza era convinta che anche per lei fosse arrivato il momento di vivere, anche se questo non era esattamente il suo modo privilegiato, un periodo di felicità.

Rose d'altro canto, l'aveva sostenuta molte volte negli ultimi tempi: le aveva insegnato a suonare un po' il pianoforte e l'arpa, ad abbinare i colori nel vestiario, a gestire un paio di guanti senza sperderli per la stanza, ad andare a cavallo, ad acconciarsi i capelli, ad intrecciare fiori e a ricamare, a tenere una postura corretta e un vocabolario adeguato ad ogni momento della vita; e Jo sentiva che non poteva assolutamente ferirla lasciandola sola ed aveva restituito il favore all'amica realizzando i suoi sogni di scrittrice, se così si poteva definire, facendola divertire in ogni situazione con il suo spirito allegro.

Così entrò a far parte della vita mondana di New York, conoscendo gente nuova e altolocata, ragazzi e ragazze della sua età di nobili origini; molto spesso partecipava con loro a giornate al parco a giocare a cricket. Ad una festa incontrò addirittura Fred Vaughn, che era tornato a far visita agli amici di New York; non è possibile descrivere quale espressione fece il ragazzo quando gli fu presentata Jo; aveva chiesto ad un amico, guardandola fra la gente, chi fosse quella bella ragazza dall'abito marrone. Quando tale amico le rispose “Una certa Josephine March, è qui con Miss Rosalie Parker” non riuscì a trattenere una risata e la raggiunse all'istante, non potendo credere che la ragazza che si trovava di fronte a lui in quell'istante fosse la stessa che giocava a cricket come un uomo all'accampamento Laurence anni prima. Jo si sentiva un'oca giuliva, della peggior specie perché sapeva che stava mentendo a sé stessa recitando la parte della ragazza per bene, ma tutto ciò la faceva sentire meglio, le alleviava spesso lo spirito e le faceva dimenticare la tristezza di quel periodo.

Una mattina arrivò a New York una lettera indirizzata a Jo; lei e Rose erano in salotto a ricamare: Rose stava decorando un meraviglioso fiore su di un fazzoletto, Jo invece stava eseguendo un ricamo più simile ad un cespuglio rosa che ad un fiore. Posò il lavoro sconsolata per aprire la lettera: la mamma la avvisava che zia March era tornata a Concord. Era felice nell'apprendere la notizia, anche perché non realizzò subito che se lei aveva fatto ritorno, molto probabilmente anche Laurie ed Amy l'avevano seguita.

“Finalmente potrai rivedere Laurie.” le disse maliziosamente Rose, guardando con orgoglio la nuova ragazza che era diventata Jo grazie a lei.

Aveva smesso di dire “Capperi!” o “Cristoforo Colombo!” o almeno riusciva a bloccarsi prima che queste esclamazioni le venissero fuori di bocca, ed ora le stava seduta di fronte su una poltrona come farebbe una vera dama, aggraziatamente e con la schiena dritta.

Jo arrossì violentemente e sgranò gli occhi; non aveva pensato alla cosa e si sentiva strana: il cuore le sobbalzò e lo stomaco le si torse. Era una sensazione indescrivibile che la costrinse a premersi una mano sotto al seno per trattenere l'emozione. A trattenere tutto il resto ci pensava il bustino che Rose le aveva fatto indossare quella mattina e dal quale si sentiva stringere ora come non mai.

“Dai, vuoi dirmi che non ci avevi pensato?!” esclamò Rose stupefatta andando verso di lei e prendendole le mani.

“No, no davvero.”

“Jo, mia cara, lo sai che devi tornare a casa ora, vero?”

“Per fare cosa, Rose?” chiese altrettanto stupefatta Jo “Forse sarebbe meglio per me trasferirmi definitivamente qui a New York. Tornare a casa vuol dire riaprire vecchie ferite ed io non voglio. Ho appena imparato ad essere felice, non voglio stare male ancora.”

“Non dovresti stare male dato che tempo fa mi hai assicurato che non ti importa nulla di Laurie se non come amico...” le rispose Rose con un sorrisetto malizioso ed avvicinandosi alla finestra.

Jo sentì il cuore fermarsi e disse a Rose a bassa voce “Sei cattiva!”.

Rose scoppiò a ridere e Jo poco dopo si unì a lei; sapere che comunque sarebbero andate le cose avrebbe avuto un’amica su cui contare la faceva stare meglio.

Poi Jo aggiunse “Preferirei stare qui ancora un po' prima di tornare. Solo per rendermi conto della situazione e per prepararmi ad affrontarla.”

“Come preferisci, mia cara.” le rispose Rose sedendosi in fianco a lei e stringendola a sé.

***************************************** Ciao a tutti! attendo i vostri commenti, mi raccomando! io sto continuando a scrivere, ci vediamo al prossimo capitolo! AtenaPallade
  
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