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Autore: Ulissae    22/10/2009    6 recensioni
[Flash sulla caduta del clan di Stefan e Vladimir]
«Ma, in fin dei conti, mio caro nemico, lo sai anche tu: sei solo una squallida copia.»
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Aro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ideale utopistico'
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Something original

[Guida alla lettura: la storia è ambientata quando il clan della Romania (Vladimir e Stefan) decide di prendere potere, un po' troppo; Didyme è ancora viva, perciò anche Marcus mantiene un modo di fare adatto al capo di un'organizzazione come quella tirata su dai Volturi. La storia va letta anche con una seconda chiave: interpretatela come una ff antiplagio, che vuole denunciare tutti quei casi di abominevole pigrizia per i quali molti autori devono passari momentacci, vedendo i loro lavori scopiazzati o presi come ispirazione. I lavori sono figli. Non vanno mai rubati u_u. Altrimenti fate la fine di Stefan +w+. Buona lettura]



Aro venne a sapere di cosa stava succedendo là, ad Est, appena in tempo per credere che la cosa fosse ancora divertente.
Al contrario di Caius, che si agitava sul suo trono ed era balzato in piedi come un animale selvaggio, iniziando a lanciare maledizioni contro quegli usurpatori, lui era rimasto tranquillo.
Anzi, sorrideva.
Lo faceva in modo tale che nessuno poteva dubitare che la cosa lo rendesse allegro o divertito, a suo modo.
Prese amichevolmente in giro il compagno, venne a conoscenza anche dell’idea di Marcus e, unicamente dopo aver salutato sia la sorella, sia la moglie, decise di partire.
Era così strano, non gli era mai successo di trovarsi davanti a qualcosa di così stranamente simile a lui.
Qualcuno stava creando un regno; un regno potente, doveva essere, una fiaccola per il mondo dei vampiri.
Una nuova Volterra, insomma.
Eppure la cosa non lo scuoteva minimamente, lui, non si sa come, si divertiva.
Così, quando arrivarono lasciò perfino dare gli ordini a Caius, fece in modo che Marcus organizzasse le truppe ed attese. In silenzio, lo fece;  osservando tutto con attenzione.
Le membra bruciare; i corpi venire dilaniati; gli arazzi del meraviglioso castello ardere, piano, lentamente, con grazia infinita.  E, tutto questo, lo fece divertendosi.
Poi lo notò.
Vide il lungo mantello nero –così uguale al suo- rovinato e stracciato dalla battaglia –fastidioso alla vista-; vide i suoi capelli neri stravolti e scompigliati –uguali ai suoi, anche loro, ma con così poca classe-; vide, perfino, il suo sguardo perso e nero, cerchiato da profonde occhiaie, ancora più accentuate dalla paura –no, quelle lui non le aveva, non era così debole-.
Lo vide scappare; e sorrise, seguendolo.
Quando furono soli non gli lascò il tempo di urlare. Fu un attimo.
Gli strinse il collo con una sola singola mano, ancora mostrando i denti candidi in un magnifico sorriso –era così divertente!-; strinse la presa ma non parlò. Non ancora.
Stefan sgranò gli occhi, terrorizzato, e provò a dire qualcosa; dalla sua bocca uscirono solo gorgoglii incomprensibili e del sangue: la mano di Aro si era mossa così veloce da trapassargli lo stomaco.
Allora, allora sì, che parlo.
«Sai, Stefan, ci sono molte cose che mi infastidiscono» cominciò, inchiodandolo con gli occhi, così spaventosamente cordiali. «Ci sono tante cose che non tollero» continuò, spostandogli i capelli sporchi da davanti il viso; ma lui scappava, scappava il codardo! Non lo voleva guardare. «Una tra tutte è l’imitazione. Questo lo sai, vero, Stefan?» e sorrise, sorrise, sorrise per uccidere.
Le iridi scure dell’altro guizzarono, in cerca di una via di fuga, di una minuscola e minima speranza di salvezza. Era un naufrago, che, nella tempesta, cercava una tavola a cui aggrapparsi; sapeva bene che non l’avrebbe salvato, ma, si sa, l’istinto fa fare cose strane.
Il sonoro rumore delle ossa del braccio che si rompevano invase la sala, uno strappo secco e un arto lanciato via; poi un altro, ed un altro ancora. Ora, Stefan, era ridotto ad un misero busto.
«Ma, in fin dei conti, mio caro nemico, lo sai anche tu: sei solo una squallida copia.»
Avvicinò le labbra piene e seducenti all’orecchio del suo rivale, sussurrando, con voce suadente e mortale: «Arrivederci, spero che mi proporrai qualcosa di più originale».
La testa volò, anche lei, guizzò via dal suo proprietario, perdendosi tra i flutti delle fiamme, onde devastanti di un mare vorace.
Alla fine, però, era solo una brutta copia.

Ed Aro odiava le brutte copie.


Angolo autrice:
Oh, shì, sono sempre più cattivix. +w+ L'avevo in mente da qualche giorno, ma oggi l'ho buttata giù; non so come possa risultare, ma... oibò, a me ha sempre affascinato come cosa, quella del Clan Romeno come antagonista di Volterra.
Riguardo alla storia plagio *smile* chi deve capire, capirà, chi non deve non lo farà, chi non lo farà ma avrebbe dovuto, fortunato =)
Au revoir, tanto ammore e tanta giuoia *O*

Notizia inutile: oggi piove e piove e piove >.<




   
 
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