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Autore: Cip93    24/10/2009    3 recensioni
"Non pentirti di qualcosa che hai fatto, se quando l'hai fatta eri felice." Questa frase ormai era diventata la mia filosofia di vita.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4th chapter
«Let me go»






Le mani erano ben salde alla mia vita. I nostri corpi si sfioravano e io gli davo le spalle. Era arrivato il momento di voltarmi per vederlo in faccia ed essere certa che era lui… ma non ne ebbi subito il coraggio. Chiusi gli occhi e inspirai a fondo il suo profumo. Sì, non c’era ombra di dubbio: era proprio il suo. Quello che tante volte mi ero immaginata, o avevo sentito in giro, per i negozi, per i corridoi della scuola. Bastava solo quell’ondata di fragranza a far riaffiorare tutti i ricordi…
Mi fece voltare delicatamente e io tenni fissi gli occhi per terra. Avevo paura… paura di guardalo negli occhi, paura di vedere quanto era cambiato, paura che quella maledetta cicatrice si riaprisse.
Con l’indice e il pollice alzò dolcemente il mio viso e a quel punto non potevo più fuggire. Aprii gli occhi e dopo quattro mesi rividi il suo tenero sorriso.
“Non si saluta più?”, disse con tono scherzoso.
Avevo un groppo alla gola e non avevo la minima idea di cosa dire.
Forza, non fare la stupida e rispondi qualcosa di sensato. “Non sei degno di ricevere il mio saluto”, dissi in tono secco. Portai la mano sulla mia bocca, nel tentativo di fermare le parole che prepotentemente erano uscite fuori, ma ormai il danno era fatto.
Quel sorriso che prima incorniciava il suo viso, si dissolse in un attimo. Ora era serio e sorpreso dalla mia risposta. E anche io lo ero, a dir la verità. Non credevo che sarebbe andato in questo modo il nostro incontro. Ma era inevitabile la mia risposta. Quelle parole le avevo represse da troppo tempo.
Il mio respirò accelerò e sentii gli occhi inumidirsi. Merda. Stavo per piangere.
Fortunatamente la canzoncina che tutti gli invitati stavano cantando per la festeggiata poco prima del taglio della torta mi salvò. Era giunto il momento di rientrare. Per non farmi vedere così fragile, mi allontanai da lui, ma prontamente mi bloccò il braccio.
Ormai le lacrime sgorgavano inesorabilmente dai miei occhi.
“Devo rientrare. Lasciami andare, Roberto. Ti prego…”, dissi con tono supplichevole.
Aveva le sopracciglia aggrottate, ancora non riusciva a spiegarsi il perché della mia reazione. Ma poi si arrese: lentamente le sue dita lasciarono la presa sul mio braccio e io scappai nella sala da ballo.
Una volta dentro, cercai subito il bagno. Lo trovai e mi guardai allo specchio. Gran parte del trucco era andata persa a causa delle lacrime.
Guardavo me stessa su quella superficie riflettente. Era così ovvio che l’immagine riflessa trasmetteva tristezza, sofferenza. Ma lo specchio purtroppo fa vedere solo la superficie delle cose. Dentro mi sentivo veramente così? Non lo sapevo più.
Mi ritrovai a pensare alla causa che portò a tutto questo…

Camminavamo mano per mano per le strade di Lecce. Quel semplice contatto riusciva a farmi sentire bene, come se lui fosse stato sempre quel pezzo di puzzle che mancava al quadro della mia vita per renderla completa. Se magari un giorno se ne fosse andato o mi avrebbe lasciato, l’immagine di quello strano puzzle sarebbe stata sempre integra, non si sarebbe mai sfracellato, perché fortunatamente c’erano gli altri pezzi che riuscivano a tenerlo unito e saldo. Ma cos’erano quei pezzi? Gli amici, la famiglia, e senza di loro non saprei come riuscire a vivere.
“Ti devo parlare di una cosa…”. Al suono di quella frase, improvvisamente mi irrigidii.
“Niente di preoccupante, piccola”, sorrise rassicurandomi. Si sedette su una panchina e fece cenno di accomodarmi vicino a lui. Mi prese nuovamente la mano.
“Mi hanno offerto di giocare in un’altra squadra di pallavolo, in una città a un’ora e mezzo da qui…”. Lo guardavo e non sapevo dove volesse arrivare. Rimasi in silenzio, aspettando che continuasse.
“E dovrei trasferirmi lì, in una nuova casa.”. Aspettò la mia reazione, prima di proseguire, ma vedendomi impassibile si affrettò a puntualizzare.
“… ma verrei qui ogni volta che mi è possibile! Sai che non riuscirei a stare troppo tempo senza vederti”. Non sapevo cosa rispondere, ma di una cosa ero certa: la nostra relazione, il nostro rapporto, sarebbe cambiato. La distanza non porta mai nulla di buono.
“Di qualcosa…”, mi incitò.
“Cosa dovrei dire?”
“Semplicemente quello che pensi”.
“Beh, non posso obbligarti a fare qualcosa che va contro la tua volontà. Hai preso questa decisione e… l’accetto.”. Che bugiarda. Non l’avrei mai accettata.
“Tutto qui?”
“Sì, credo”.
Mi abbracciò e io ricambiai il gesto.
“Sapevo di poter contare sul tuo appoggio, piccola”, mi sussurrò nell’orecchio.
Mi staccai per guardalo negli occhi.
“Anzi, c’è un’ultima cosa. Non fare promesse che non riuscirai a mantenere”.


Mi sciacquai la faccia cercando di sistemare il disastro che avevo fatto poco tempo prima. Mentre uscivo dalla porta del bagno incontrai Nicole.
“Che è successo?”, mi chiese preoccupata.
“Andiamo via”.
Mi accarezzò la guancia: aveva capito, ma sapeva che quello non era il momento adatto a fare altre domande. “Possiamo almeno salutare Nina?”. Scossi la testa.
“Ok, mi inventerò qualcosa da usare come scusa alla nostra improvvisa sparizione nel bel mezzo della festa”.
“Grazie. Anzi, tu vai a salutarla, io raggiungo la macchina. Non voglio che anche tu passi dalla parte di quella maleducata”
“Va bene, ci vediamo fra poco”.
A passo spedito mi avviai verso la Mini Cooper di Nicole. Dopo dieci minuti uscì e entrammo in macchina.
Il silenzio lungo il tragitto fu soffocante, ma necessario perché non avevo la minima forza di raccontare l’episodio di pochi minuti prima.
Quando arrivammo sotto casa mia, aprii lo sportello ma Nicole mi bloccò.
“Aspetta…”. Prese la sua borsa poggiata sopra il sedile posteriore e me la porse.
“Aprila”, mi esortò. Sgancia il bottone, frugai dentro e trovai uno scatolino di forma quadrata, uno di quelli che si usano per fare regali di gioielleria.
Sollevai la parte superiore, ma la mano della mia amica me lo impedì.
“Non ora. Quando sarai in camera tua.”
Ero confusa. “Perché?”
Scosse la testa. “Non lo so. Fai così e basta.”
Annuii. “’Notte Nicole”
“Sogni d’oro Cri”, mi rispose.
Impaziente di scoprire cosa nascondesse quella scatolina, mi svestii e struccai velocemente, infilai il pigiama e mi misi sotto le coperte. Le mie dita sfiorarono quell’oggetto di forma quadrata. Inspirai, e lo aprii. Piegato su stesso, c’era un piccolo foglietto. Le mie mani tremarono mentre presi quel pezzo di carta, e notai che sotto c’era anche un i-pod. Lessi quello che c’era scritto.

“Non sono mai stato bravo con le parole, lo sai. Ho semplicemente bisogno di parlarti e di vederti. So che la tua risposta sarà no, però prima ascolta quello che c’è dentro in questo mp3 e poi, quando sarai sicura della tua decisione, mi farai sapere. Infila le cuffie, chiudi gli occhi e goditi questa canzone…”

I battiti del mio cuore accelerarono e iniziai a piangere sommessamente. Dopo un attimo di incertezza premetti il pollice sul tasto play.
Mi bastarono solo due secondi a riconoscere quelle note così meravigliose, e a quel punto quelle lacrime silenziose si trasformarono in un pianto convulso.





Ringraziamenti
-- innamorata___: hai sperato e il desiderio si è avverato XD Ma chi si vuole liberare di te! ^^ anzi grazie di commentare sempre <3
-- Beeble: Spero di non averti fatto aspettare troppo! Per quanto riguarda l'impressione su di lui, credo che ti chiarirai le idee nei prossimi capitoli ;D
-- TerryTheBest: Oh, una nuova lettrice! :D quando una storia ti prende, purtroppo è sempre difficile mettere la parola FINE. Ci speri sempre che possa ricominciare...
  
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