fianchi rotondi
Capitolo 3
Camminavano fianco a fianco sul ballatoio che
si affacciava dalla stanza da letto del re e comunicava con le altre stanze dei
suoi appartamenti, come un tempo facevano Alessandro ed Efestione.
Venne scosso da un brivido
a pensare che ora erano Alessandro e Bagoas.
Quello che aveva da tempo agognato
si stava realizzando davanti ai suoi occhi, l’intimità tra lui e
Alessandro in quei giorni andava sempre più consolidandosi e la giusta
distanza tra un servo e il suo sovrano sempre più assottigliandosi; i
loro incontri divenivano sempre più dialogici e intensi e Bagoas si
chiedeva se e quando mai il re gli avrebbe permesso di chiamarlo Alessandro.
Aveva esitato a dichiarargli apertamente il
suo amore ma ora si rendeva conto che non avrebbe
potuto prendere decisione più sensata.
Tutte le sere, come quella sera, si gustavano
il tramonto dal ballatoio e il biondo dorato dei capelli di Alessandro
si confondeva col nero intenso dei capelli di Bagoas in una soave danza
suggerita dalla brezza vespertina.
Bagoas rimaneva totalmente incantato
quando Alessandro gli raccontava i suoi desideri di conquista e quando,
prima di coricarsi, gli narrava gli episodi dell’Iliade. In
quell’eroe coraggioso e indomito di nome Achille vedeva raffigurato il
giovane e bellissimo re che gli dei avevano voluto posasse il proprio sguardo
sul suo, quel pomeriggio d’estate quando era
giunto a Babilonia e gli era sembrato così strano, imberbe, chiaro di
carnagione e dannatamente attraente.
Dormivano uno accanto all’altro e si
cullavano dei loro respiri, si ubriacavano dei loro
profumi, entravano uno nei sogni dell’altro, si stringevano e si
accarezzavano, si svegliavano abbracciati, si salutavano con un bacio, e
facevano il bagno insieme.
Ma lo sguardo del suo re era sempre e
perennemente velato di malinconia, e tutti i suoi sforzi non bastavano per
penetrare in quell’animo tortuoso e inquieto, per comprendere dove
realmente i suoi pensieri andassero quando gli
accarezzava la pelle bruna, quando attorcigliava un dito tra i suoi capelli e
sorrideva; o forse aveva compreso, e ahilui non
voleva ammetterlo.
Lo amava ancora. Amava ancora quel maledetto
Efestione.
Ecco, l’aveva ammesso. E ora? Cosa sarebbe cambiato?
Nulla, lo sapeva già da tempo.
La vera domanda era cosa fosse
cambiato da quando aveva cercato di interpretare a suo modo la dogmatica
verità di Eros.
- A cosa pensi, Bagoas?
Quella voce calda e sensuale lo riportò
alla realtà con un violento sussulto. Alessandro aveva reclinato
leggermente la testa e lo guardava negli occhi. Bagoas temette per un momento
che potesse leggere nei suoi sporchi pensieri.
- Pensavo alla bellezza suggestiva
di questo tramonto, sire.
Alessandro annuì. - Siamo fortunati noi
uomini che abbiamo il privilegio di godere e comprendere fino in fondo, o
almeno così crediamo, le meraviglie che Dio ha creato. E magari fornirne una nostra interpretazione attraverso
l’arte. L’arte, Bagoas, è l’unico mezzo a disposizione
che l’uomo ha per mostrare le emozioni profonde che agitano il suo animo,
l’unica sua componente immortale. L’arte
è il solo modo che l’uomo ha a disposizione per lasciare un segno
della sua esistenza. Guardati attorno. Non è meraviglioso questo
palazzo?
- Certo, sire.
- E’ molto antico, vero?
- Certo, sire.
- Gli uomini che l’hanno costruito sono
morti, ma la loro potenza vitale è espressa ancora vivida tra queste
mura. Ti è mai capitato di osservare un dipinto e restare talmente
impressionato da forme e colori d’avere la sensazione che il soggetto sfondasse la fredda tela per assumere la terza dimensione?
- Sì, sire.
- Quello è il soffio vitale
dell’artista che l’ha prodotto, nato dal cuore, scorso furentemente
tra le vene e andatosi a imprimere nella tela. Non
è meraviglioso?
- Anche le vostre
conquiste, sire, possono essere considerate arte?
- Certo, Bagoas. L’arte militare. L’arte dei grandi comandanti e dei grandi re che hanno saputo
creare popoli civilizzati partendo da nomadi sopravvivenze rurali. E nel ricordo dei posteri ruggirà per sempre la voce
dei grandi uomini del passato. – appoggiò le mani al parapetto,
diresse gli occhi all’orizzonte e gonfiò il petto in un profondo
respiro.
Bagoas era stordito dalla potenza di quella
voce, dalla profonda verità di quelle parole, dall’orgoglioso cipiglio
del suo sguardo, e per un attimo ebbe l’impressione che il tempo accanto
a lui si fosse fermato.
- Mio signore…
- Dimmi, Bagoas.
-
Di quale Dio stavi parlando, prima?
Alessandro sorrise: - Di quello che governa
tutte le leggi del mondo, del Creatore; del tuo Ahura
Mazda; dei miei Zeus, Poseidon e Ade; dei Giove,
Nettuno e Plutone dei Romani; dell’Amon Ra degli Egiziani; di quel
Dio in cui tutti abbiamo bisogno di credere per dare un senso alla vita e di
cui nessuno conosce il volto, ma a cui tutti, in tutti i tempi che sono stati e
che verranno, cercano di arrivare attraverso
Bagoas tentennò per un secondo, poi si
decise a chiedere: - E credi che si possano sfidare, queste leggi divine? Credi
che si possa sfidare la volontà del Dio?
Alessandro non trascurò un certo moto
di paura nel timbro della sua voce. – Non credo, Bagoas. Le conseguenze
potrebbero essere terribili.
Bagoas deglutì. Rivolse lo sguardo
davanti a sé e sussurrò, quasi per chiedere a sé
stesso: - Si potrebbe sfidare la volontà di Eros?
Alessandro sospirò dolorosamente: -
Quella è la volontà più ineluttabile e a volte la
più ardua da accettare, Bagoas. Una forza in grado di stravolgere la
vita di un uomo. Una forza indipendente da ogni altra. Nessun uomo mai è
riuscito a sottrarsi alla sua mira. Eros è la forza
motrice dell’umanità e per lui si sono compiute le opere
più straordinarie, ma anche i disastri più tremendi.
- Come la guerra di Troia.
- Esattamente, Bagoas. Esattamente.
- Credi che l’amore possa affiancarsi
all’insania?
- Certo, Bagoas. In ogni cuore di un
innamorato non ricambiato c’è una guerra, in ogni mente di un
innamorato qualunque c’è un pizzico d’insania.
“Allora io ti amo, mio signore, ti amo
più di qualsiasi altra cosa al mondo.”
Calò all’istante un lungo silenzio,
disturbato solo dai versi dei primi animali della sera, in cui Bagoas sembrava
riflettere su quanto aveva ascoltato da Alessandro. Poi, senza guardarlo negli
occhi, gli chiese: - Signore… tu… non mi faresti mai del male,
vero?
Alessandro sorrise, tra il divertito e il
sorpreso: - No, Bagoas, come ti può venire in mente una cosa del genere?
Io non ferisco le persone che amo.
- …Secondo te ferire una persona
significa non amarla?
Alessandro tacque per un secondo. – Si cerca
sempre di fare il meglio possibile per il proprio amante. In alcuni casi
può capitare di ottenere il contrario, senza comunque
aver agito di proposito. – sospirò – Come ti dicevo prima,
in ogni mente di un innamorato c’è un
pizzico d’insania.
Bagoas si sentì minuscolo. – Tu
hai mai amato completamente?
- Sì, Bagoas, ho amato completamente. –
“E amo ancora”, avrebbe voluto aggiungere.
- Efestione?
- Sì.
“Maledetto” Bagoas digrignò
i denti, ma fu abile a nascondere il suo turbamento: - E avresti fatto di tutto
pur di vederlo felice?
- Sì, Bagoas. Nell’amore non c’è
spazio per l’egoismo, purtroppo.
Bagoas si sentì sparire, ma aveva
ancora il coraggio di parlare: – Signore… mi prenderai con te
ovunque tu andrai, fin sul letto di morte?
- Sì, Bagoas, lo farò.
Bagoas avrebbe voluto
morire, ma ebbe il coraggio di appoggiare la testa al petto del re quando
questi gli cinse malinconicamente un braccio intorno alla vita.
Seguire Alessandro nella sua impresa era stata un’ottima scelta.
In quasi quattro anni di marcia assieme a lui,
aveva assistito agli spettacoli più emozionanti che
gli dei potessero riservargli, come il giardino di Babilonia in cui
stava pacatamente passeggiando; agli episodi più straordinari, come il
nodo di Gordio o la rivelazione di discendenza divina dell’oracolo di
Ammone; aveva visto crescere e maturare il Signore dell’Asia; e,
soprattutto, per la prima volta in vita sua aveva preso parte alla vita
sociale, e aveva compreso che non sempre essere un veggente implicasse vivere
da eremita.
Ma c’era qualcosa
di strano in quella bonaccia alquanto tediosa che lo attorniava, percepiva un
sorriso maligno tra le fronde leggermente squassate degli alberi, il sole che
tramontava silenzioso non gli sembrava abbastanza rosso. Quasi d’istinto,
alzò lo sguardo verso gli appartamenti del re. E lo vide appoggiato al
parapetto, con il suo solito sguardo rivolto verso i
suoi sogni al di là dell’orizzonte, e una massa di capelli scuri
che volteggiava al suo fianco.
Chiuse gli occhi e si lasciò cullare
dal vento per ascoltare le parole che gli suggeriva,
perché il vento aveva tante cose da raccontare, il vento non si fermava
mai, vedeva ogni cosa, in ogni luogo, e lungo il suo
interminabile viaggio avrebbe riportato le sue notizie a chiunque fosse stato
in grado di porvi l’orecchio.
E una ventata più forte delle altre gli
portò al naso un odore leggermente aromatizzato, un’essenza a lui
sconosciuta, qualcosa simile alla mirra ma meno
intensa, più soave, in un certo senso ultraterrena… lo stesso
odore che lo aveva colpito quando aveva annusato la coppa di bronzo.
Aprì gli occhi, rivolse nuovamente lo
sguardo verso Alessandro e il suo servo e avvertì immediatamente una
sensazione di stordimento. Inspirò profondamente, ma dello strano odore
non c’era più traccia.
Rientrò a passo svelto nel palazzo e si
diresse verso la sala dei banchetti, dove un eunuco stava lucidando il
pavimento.
Si recò nella cucina, prese la coppa di
bronzo e attirò l’attenzione dell’eunuco.
- Signore, serve qualcosa?
- Avvicinati.
L’eunuco obbedì e Aristandro gli
porse la coppa di bronzo.
- Annusa. Hai mai sentito quest’odore?
L’eunuco annusò e guardò
negli occhi l’indovino con aria perplessa: - Mio signore, questa coppa
è stata utilizzata durante il banchetto tenuto qualche giorno fa, ma ti
assicuro che abbiamo provveduto subito alle pulizie, e non è rimasta una
sola goccia di vino.
- Infatti, questo non
è odore di vino.
- Ma signore… a dirti
la verità, io non sento nessun odore! Ma se può farti piacere la posso lavare nuovamente!
Aristandro sorrise soddisfatto e scosse la
testa: - Non c’è bisogno, bravo servo, torna pure al tuo lavoro.
- Grazie, signore.
Aristandro aspettò che l’eunuco
si girasse e avvolse la coppa di bronzo nel suo mantello.
- Bagoas è riuscito ad assicurarsi i favori più intimi del
re. – stava sistemandosi i capelli in una lunghissima treccia.
- E’ quello a cui ha sempre mirato.
- Credi che re Alessandro ne sia innamorato?
- Non lo so ma lo
spero per lui, duole spasimare per chi non ricambia il proprio amore.
Le labbra di Narda s’incurvarono in un
sorriso indecifrabile: - Ti sei mai chiesto che genere di forza ti abbia spinto
da me?
- La forza dell’Amore, Narda, quale
altra?
- Già, la forza dell’Amore. –
annuì con un solenne cenno del capo – L’amore celebrato dai
poeti… - il suo viso s’incupì e la sua voce si fece roca - un amore maniacale.
Efestione la guardò negli occhi.
- Il mio per te?
- No. Il suo
per lui.
- Non capisco.
Narda scacciò ogni pensiero dalla sua
mente con un lungo bacio appassionato.