Harry Potter and the Eyes Collector
Capitolo 19
Nel cimitero
degli occhi, Harry si trovava faccia a faccia con il suo avversario, Jahat, un
antico stregone medievale riportato in vita dai suoi seguaci per ascendere al
potere. Il combattimento si stava svolgendo nella più completa irregolarità, ma
i due maghi si tenevano testa e nessuno riusciva nell’intento di sopraffare
l’altro. Harry aveva scagliato contro il suo rivale tutti gli Anatemi e le
Maledizioni che conosceva, ma essi non avevano sortito alcun effetto, a parte
quello di rallentare Jahat, tra l’altro per una manciata di secondi. Allo stesso
modo, Jahat, benché fosse più veloce non riusciva a colpire Harry, che scansava
ogni suo attacco; lo stregone riusciva solo ad ostacolarlo, ma fortunatamente il
mago dalla cicatrice sulla fronte riusciva a rimettersi in sesto senza troppe
difficoltà. Era un combattimento alla pari. Anche se Harry appariva stanco
(aveva perso la cognizione del tempo e non avrebbe saputo dire da quante ore si
trovasse in quel posto), le voci provenienti da tutti quegli occhi gli davano la
forza, ma prima di tutto un motivo, per non darsi per vinto e continuare a
combattere.
Comodamente
seduta nell’ufficio di Silente, Luna Lovegood, la cui vista era stata portata
via dagli stessi seguaci di Jahat, assisteva involontariamente a tutto il
combattimento, e riportava al preside qualsiasi informazione significativa. Un
paio di volte aveva fatto trasalire la professoressa McGranitt annunciando che
Harry aveva subito un attacco e lasciando poi la frase in sospeso, per poi
riprendere solo dopo qualche minuto, quando i presenti stavano già dando per
scontato il peggio. Altre volte, invece, lo sguardo di Aberforth si era
sollevato di scatto, interessato e attento, nel momento in cui Luna aveva
comunicato a gran voce che era stato Harry a colpire il suo rivale, ma
l’entusiasmo e l’ansia per tale evento si esaurivano immediatamente con il
proseguire del racconto della giovane Corvonero.
…
Harry si
trovava a terra, semi-inginocchiato, con una mano poggiata al suolo per reggersi
e la bacchetta stretta nell’altra. Il suo viso era stanco e respirava
affannosamente, senza mai staccare gli occhi dal suo rivale, il quale non
portava significativi segni di cedimento; tutt’altro, era come se per Jahat il
combattimento fosse appena cominciato.
- Complimenti
per la resistenza, ragazzo. – accennò lo stregone con un ghigno. – Ti vedo
leggermente stanco. Arrenditi, tanto ormai hai già perso. –
Jahat prese
ad incamminarsi verso Harry, che facendosi forza molto difficilmente riuscì a
rimettersi in piedi, in principio barcollò, ma riacquistò subito l’equilibrio.
- Non ho
alcuna intenzione di farlo, Jahat. –
- Temerario
fino all’ultimo. Il tuo coraggio non ti salverà stavolta. – disse continuando a
sghignazzare in modo fastidioso.
Harry
cominciò ad indietreggiare di fronte all’avanzare del suo nemico.
- E cosa ne
sai tu del mio coraggio? Eri bello che morto, non sai nulla di me. – disse Harry
in tono arrogante, asciugandosi il sudore dal viso con la manica della tonaca.
Jahat accennò
un sorrisino insopportabile, con l’aria di chi sembra saperla lunga.
- Io so tutto
di te… - e un lampo comparve nei suoi occhi; Harry rabbrividì - …ti reputavo un
ragazzo sveglio. –
Harry era
sufficientemente confuso, non aveva assolutamente compreso quell’affermazione,
ed anzi, si chiedesse come fosse possibile una cosa del genere. Tenendo sempre
stretta la bacchetta, indietreggiava sempre di più, girando in tondo, man mano
che Jahat gli si avvicinava.
- Che vuoi
dire? – chiese senza riuscire a nascondere una punta di spavento nella sua voce.
Il sorriso di
Jahat si allargò sempre di più.
- Ma come?
Non l’hai capito? Davvero non immagini? –
…
- Questo cosa
significa, signor Preside? – chiese Hagrid, il quale risultava essere
completamente esterrefatto.
Luna stava
descrivendo tutto ciò che vedeva e sentiva; al suo fianco Neville le teneva la
mano, ed avvertiva i suoi fremiti ad ogni colpo di scena. Aberforth alzò lo
sguardo su Hagrid, e successivamente sulla professoressa McGranitt, anch’ella
sconvolta, e cercava di analizzare qualsiasi frase del dialogo che Luna gli
stava riferendo. Lo sguardo del preside di Hogwarts, era vacuo, come se fosse
perso nel vuoto, e non osava ancora giungere a conclusioni affrettate.
- Aberforth,
come pensi che faccia Jahat a conoscere tutto di Harry? Non dovrebbe dal momento
che è morto da secoli. Va bene la magia però… qui andiamo davvero oltre ogni
limite del possibile. – esclamò la professoressa McGranitt reggendosi il petto
con una mano.
Aberforth
scosse lentamente il capo, e corrugò la fronte.
-
Devo pensare… com’è possibile? –
pensava mentre Luna continuava la cronaca di ciò a cui stava assistendo.
…
Ron Weasley,
in preda all’ansia per la sorte del suo migliore amico e per l’attesa del
risveglio della sua ragazza, era relegato in un letto dell’infermeria di
Hogwarts, e seguiva con lo sguardo un guaritore dell’ospedale San Mungo che si
dedicava alle cure del professor Beker. Seduta al suo fianco, su di un piccolo
sgabello, c’era una pensierosa Ginny, che teneva entrambe le mani sulle
ginocchia e aveva un’aria preoccupata. Ron smise di dedicare la sua attenzione
al guaritore e si voltò verso sua sorella, osservandola per alcuni istanti in
silenzio.
- Ginny, non
fraintendermi, apprezzo molto la tua presenza qui, mi sei d’aiuto… Questo…
questo è un momento davvero di schifo per me ma… Come mai non sei nell’ufficio
di Aberforth? Non vuoi sapere cosa sta accadendo a Harry? –
Ginny a
quella domanda, si strofinò le ginocchia con le mani, ciondolando avanti e
indietro con il busto, in un chiaro cenno di nervosismo, e poi cercò di apparire
se non calma, almeno lontana da una crisi di panico, ma non ci riuscì molto
bene, dal momento che tremava.
- Non ce la
faccio, Ron. Sono troppo agitata. Non posso farmi venire un infarto ad ogni cosa
che Luna dice, l’ansia e la paura mi corroderebbero. Preferisco stare qui, e
pensare piuttosto che lui stia bene e stia affrontando Jahat nel migliore dei
modi. E poi, voglio tenerti compagnia mentre attendi il risveglio di Hermione;
dopo tutto anche tu sei nella mia stessa condizione. –
Ron annuì con
un’evidente amarezza stampata sul volto, e si voltò verso Hermione che giaceva
beatamente sul lettino accanto al suo; strinse un pugno e lo affondò nel
materasso, i nervi della sua bocca gli si contrassero, e Ginny poggiò cautamente
le mani sul suo braccio per farlo calmare.
- Sai che
cosa mi fa imbestialire? – continuò Ron senza riuscire a contenere la sua
rabbia. – Il fatto che per settimane gli abbiamo detto di non essere
melodrammatico, per settimane gli abbiamo assicurato che sarebbe andato tutto
bene, perché quando Jahat sarebbe arrivato noi saremmo stati con lui, avremmo
combattuto insieme, l’avremmo sostenuto. E invece eccoci qua, io sono bloccato
in un letto con una caviglia fratturata, Hermione è allo stremo delle forze in
un letto di infermeria, tu sei sconvolta e lui è chissà dove e sta combattendo
completamente da solo. Ha perso i suoi amici nel momento in cui aveva maggior
bisogno. Miseriaccia! –
Ron affondò
un nuovo pugno sulle sue lenzuola, mentre Ginny cercava sempre di rincuorarlo.
- Ma non è
dipeso da te, Ron. Tu hai fatto il possibile per venirci a salvare prima che
Jahat lo portasse via. –
- Sì – disse
Ron contraendo sempre tutti i muscoli del viso, aveva uno sguardo durissimo – e
non sono stato in grado di farlo. Non ho difeso nemmeno lei. – e si voltò
nuovamente per guardare la sua Hermione – Mi faccio pena. –
Ginny stava
per ribattere alle parole di Ron, quando un improvviso movimento catturò la sua
attenzione. Il guaritore del San Mungo era corso via dal letto di Beker e si era
fiondato a gran velocità nello studio di Madama Chips, dopo qualche istante
l’uomo ricomparve al fianco dell’infermiera, i cui passi erano ampi il doppio
del normale.
- Ho
avvertito una lieve contrazione, credo che stia per svegliarsi. – annunciò a
gran voce il guaritore.
Anche
l’attenzione di Ron fu catturata, e il ragazzo abbandonò la sua espressione
aspra per prendere ad osservare cosa stesse accadendo.
- Sì, credo
proprio che si stia risvegliando. Bisogna avvertire il Preside. – esclamò Madama
Chips, con tono gioioso.
Ginny scattò
in piedi in un istante.
- Ci vado io.
– annunciò a gran voce, e Madama Chips annuì – Sarò qui in un attimo. –
La ragazza
dai capelli rossi si portò correndo fuori dall’infermeria, e Ron, osservando
attentamente il professor Beker, tra le figure di Madama Chips e del guaritore,
poté scorgere i suoi occhi aprirsi. Hubert Beker stava finalmente riprendendo
conoscenza.
…
- Adesso ho
capito. – annunciò Aberforth in tono meditativo, quasi come se stesse parlando
fra sé e sé e non si fosse reso conto di aver pronunciato quelle parole a voce
alta.
Tutti i
presenti portarono i loro sguardi sul Preside, chiaramente interessati dalla sua
affermazione. Aberforth, sì sentì
osservato e alzò lo sguardo, stupendosi nel trovare tutti gli occhi puntati su
di sé.
- Credo… ma
non ne sono sicuro… ovviamente non vorrei fare supposizioni sbagliate ma… penso
che il motivo per cui Jahat conosce tutto di Harry sia… -
…
- Mi deludi
Harry Potter, davvero. –
- Ti decidi a
parlare? O devo estorcerti la verità con la forza? – chiese Harry, puntandogli
contro la bacchetta, e continuando a girargli intorno.
- Oh, dubito
che tu possa riuscirci. – disse Jahat in tono di scherno.
- Ebbene? –
continuò Harry, rigido.
Jahat si
fermò un istante, e squadrò Harry dalla testa ai piedi, sempre con il suo solito
ghigno dipinto in viso.
- La verità
Harry… è che io… possiedo gli occhi e il cuore di due delle
persone che ti hanno amato di più. –
Il mondo, in
quel momento, cadde sulle spalle di Harry con la forza di un’incudine pesante
tonnellate, lanciata da chilometri di altezza.
- Sì, Harry
Potter, proprio così. – continuò Jahat che dava l’idea di divertirsi – Tutto ciò
che vedeva quel… quel viscido… quel Piton… io lo vedo. –
- NON
AZZARDARTI A PARLARE COSI’ DI LUI! – gridò Harry, dalla cui bacchetta partì una
Maledizione che, purtroppo, Jahat schivò lentamente.
- Oh oh… ma
quanto siamo affezionati. Non dannarti
troppo per lui, tanto è morto. –
- STA ZITTO!
– gridò nuovamente il Grifondoro, e un secondo Anatema si scatenò dalla sua
bacchetta, ma mancò ancora Jahat.
- E’ così
Harry, e così come vedo tutto ciò che lui vedeva, allo stesso modo conosco la
tua storia, perché il cuore di quel vecchio è una finestra aperta sulla tua
vita. Anche lui ne ha fatte di cose cattive, lo sapevi? – disse Jahat con tono
cantilenante.
- Lascia
stare, Silente ha soltanto commesso degli errori ed ha già pagato per essi.
Albus Silente è il più grande mago di tutti i tempi, e su questo nessuno può
ribattere. –
Jahat inclinò
il capo.
- Tu dici?
Stravedeva per te il nonnetto lo sai? –
- Adesso
basta! AVADA KEDAVRA! – urlò Harry, non riuscendo più a contenere l’odio per
quell’uomo, che ormai straripava da ogni dove del suo cuore.
Il fascio di
luce verde andò a colpire in pieno petto lo stregone, che allargò le braccia,
come per accogliere il colpo, e dopo qualche istante un sorriso gli si dipinse
sul volto. Harry spalancò gli occhi, e lasciò cadere la bacchetta. L’Avada
Kedavra non aveva sortito alcun effetto su Jahat, che se ne stava lì di fronte a
lui, in perfetta forma.
- Ah
dimenticavo di dirti Harry… che… tu non puoi uccidermi… Io sono già morto. –
…
- Ci aveva
visto giusto, signor Preside. – esclamò Hagrid, con espressione attonita.
Shacklebolt
si staccò nervosamente dalla cattedra di Silente, sulla quale era appoggiato, e
prese a camminare in tondo per l’ufficio.
- Dunque è
questo… il motivo… - disse con tono meditativo – Jahat conosce tutto di Harry
per via degli occhi di Piton e del cuore di Albus Silente. –
Aberforth,
colpito nel vivo, annuì debolmente.
- E’
esattamente così, Kingsley. –
- Benché la
questione sia dolorosa e interessante – intervenne in quel momento la
professoressa McGranitt – c’è un altro aspetto che cattura la mia attenzione. A
dire della signorina Lovegood, Jahat ha praticamente dichiarato di essere
immortale! – fece osservare.
Aberforth
sospirò nuovamente, socchiuse gli occhi, come se volesse lasciar scivolare via
il peggio, e si alzò, poggiando entrambe le mani sulla scrivania.
-
Esattamente, Minerva. Da che mondo è mondo, anche nel regno della magia, è
impossibile riportare indietro i morti. L’anima di Jahat è morta secoli fa, ed
il suo corpo si è decomposto. Ciò che vediamo oggi, e che i jahati hanno
“riportato” in vita, è un nuovo corpo abitato da quella che può essere
considerata un’essenza dell’antico Jahat, ma non la sua persona nella sua
interezza. –
- E nemmeno
distruggendo questo corpo, professore, si può sconfiggere Jahat? – chiese,
timidamente, Neville.
Aberforth
esitò qualche istante, come se stesse meditando sulla questione sollevata da
Neville.
- La
signorina Lovegood ha descritto come il corpo di Jahat, il suo attuale corpo,
sia stato colpito in pieno da un Anatema che Uccide senza essere minimamente
scalfito. A questo punto mi sovviene pensare che i jahati abbiano ricostruito un
corpo che sia impossibile distruggere. Dunque l’essenza di Jahat è al sicuro in
una botte d’acciaio. –
La
professoressa McGranitt portò una mano alla bocca, per nascondere la sua
espressione di stupore, quando la porta dell’ufficio di Silente si aprì di
colpo, e un’affannata Ginny Weasley comparve sulla soglia.
- Signorina
Weasley! – esclamò Aberforth senza perdere tempo – Ci sono novità? – chiese
speranzoso.
Ginny, che
ancora stava riprendendo fiato, annuì violentemente.
- Il
professor… il professor Beker… si è… si è risvegliato! –
Tutti i
presenti ebbero come un sussulto. Aberforth abbandonò la sua scrivania e corse
verso l’uscita, oltrepassando Ginny e lanciandosi lungo il corridoio. In quel
momento, dalla direzione opposta del corridoio, sopraggiunse Draco Malfoy, che
si stava recando proprio nello studio del preside, ma una volta giunto dinanzi
ai gargoyle, vide tutti precipitarsi fuori dall’ufficio ed anche piuttosto di
fretta. Non ebbe il tempo di chiedere spiegazioni a nessuno; l’unica cosa che
riuscì a fare fu afferrare il braccio di Ginny e la immobilizzarla, nel momento
in cui la ragazza gli passò accanto. Ginny si voltò di scatto per vedere chi
l’avesse bloccata e quasi si stupì nel trovarsi di fronte il biondino di
Serpeverde.
- Draco! –
esclamò.
- Che
accidenti sta succedendo? – chiese il Serpeverde, abbastanza confuso.
- Beker si
sta risvegliando! Forse sapremo dov’è Harry! – disse la ragazza raggiante.
Draco lasciò
andare il suo braccio e Ginny s’affrettò a raggiungere gli altri che l’avevano
preceduta verso l’infermeria.
…
- Che cosa…
che cosa significa? – chiese Harry, a dir poco intontito.
Jahat scoppiò
in una fragorosa e rumorosa risata.
- A quanto
pare non parliamo la stessa lingua! O sei semplicemente un po’ lento di
comprendonio! – e la sua risata si spense, così che Jahat poté osservare
attentamente il suo interlocutore – Il mio corpo non esiste più! Io sono morto
secoli fa, ragazzo. Questo che vedi… è quel che i miei seguaci hanno saputo
ricostruire, e proprio perché è un qualcosa di artificiale che è stato
riprodotto nella perfezione più totale. Non puoi far nulla per sconfiggermi, per
cui rassegnati, ed una buona volta… DAMMI… QUEL… CUORE!
Jahat si
avventò su Harry, impugnando la sua spada. Il ragazzo, ancora stordito, e privo
della sua bacchetta, non riuscì ad evitare l’attacco del nemico che gli si
fiondò contro violentemente, gettandolo con le spalle al suolo e stringendogli
la gola con tutta la forza che possedeva. Harry lo guardava dal basso verso
l’alto, mentre il suo viso diventava di un colore violaceo, e il suo respiro
sembrava essere quasi un ricordo lontano. Cominciò a dimenare i piedi, stava
letteralmente soffocando. Gettò istintivamente lo sguardo a lato, in direzione
della sua bacchetta, e provò ad allungare la mano per afferrarla, ma era troppo
lontana.
- Crepa! –
disse Jahat manifestando il suo profondo odio.
…
Aberforth,
Kingsley, Minerva McGranitt, Hagrid e per finire Ginny irruppero
nell’infermeria, dove trovarono il guaritore del San Mungo e Madama Chips
dedicare le loro attenzioni ad un Beker ormai cosciente. Ron osservò tutta la
scena dal proprio letto e vide il preside precipitarsi accanto al letto del
docente.
- Hubert! –
annunciò a gran voce.
Madama Chips
gli fece cenno di abbassare la voce, e lo scostò di poco distante dal letto.
- Faccia
piano, signor preside. Si è appena svegliato, è ancora debole. –
- Sì, sì,
capisco benissimo. – disse freneticamente Aberforth, avvicinandosi nuovamente al
letto, lasciando intendere che non aveva per nulla colto l’avvertimento
dell’infermiera – Dimmi Beker, come ti senti? –
Beker strizzò
entrambi gli occhi e curvò il capo come per sgranchirsi le ossa del collo.
- In verità…
un po’ indolenzito vecchio mio. – disse con un leggero sorriso, dovuto alla sua
debolezza.
- Beker…
arrivo subito al sodo, mai avrei voluto essere così crudo, ma abbiamo bisogno
del tuo aiuto. –
L’espressione
di Beker mutò all’istante, da sorridente quale era si trasformò in una smorfia
seria e preoccupata.
- Che sta
succedendo? – chiese in tono greve, cercando la risposta negli sguardi di tutti
i presenti, e voltandosi per guardarli uno per uno si rese conto di ciò che
stava accadendo – Dov’è Harry? –
Aberforth
trasse un respiro profondo.
- E’ proprio
di questo che voglio parlarti. Hubert, questa mattina nell’appartamento in cui
siete stati rinchiusi, è comparso Jahat, avrai sentito la sua aurea. –
- Eccome! –
affermò Beker, del tutto interessato, mettendosi a sedere in mezzo al letto.
- Ebbene –
proseguì il preside di Hogwarts – Jahat ha portato con sé Harry, e non sappiamo
dove. –
Beker apparve
sconvolto e confuso allo stesso tempo.
- Che… che
cosa? – riuscì semplicemente a dire.
Il preside
annuì – Ma è avvenuto qualcosa di alquanto strano, e stupefacente! Luna
Lovegood, la giovane Corvonero alla quale è stata strappata la vista ad opera
dei jahati, inspiegabilmente assiste a tutto ciò che sta avvenendo nel luogo in
cui si trovano adesso Harry e Jahat. –
- Che luogo
è? – chiese teso Beker, senza neanche attendere che Aberforth continuasse.
- L’ha
descritto come un luogo abbastanza tetro, alberi alti, poca luce, tante candele
e soprattutto… occhi! Ci sono occhi ovunque dice e… -
Ma Beker non
gli diede tempo di terminare.
- Il cimitero
degli occhi. –
- Che cosa? –
esclamarono tutti i presenti all’unisono.
- Allora lei
sa dov’è professor Beker? – esclamò la professoressa McGranitt, leggermente
sollevata.
- Io ci sono
stato, Minerva. – sottolineò Beker – E’ nel cuore dell’Africa, dove Jahat è nato
e morto durante la sua priva vita. E’ lì che tiene la sua collezione! –
Aberforth
stette per dire qualcosa, ma fu interrotto dall’intervento di Ginny.
- Mi
materializzerò lì! Adesso che so dove si trova, posso arrivarci, non ho
intenzione di lasciare Harry da solo. – affermò decisa, con uno sguardo duro e
forte.
Gli
insegnanti, il preside e il Ministro della Magia, si voltarono verso la ragazza
a dir poco esterrefatti e sorpresi per tale decisione.
- Coraggiosa
la ragazza eh? – ironizzò con un leggero sorriso il professor Beker anche se
debolmente per via delle sue condizioni di salute – Bravissima Weasley, sono
fiero di te. –
La
professoressa McGranitt, reggendosi il petto, avanzò verso la ragazza.
- Signorina
Weasley, non credo che… -
Ma
l’insegnante di Trasfigurazione fu interrotta dall’arrivo di un secondo
studente, che a fatica era scivolato giù dal suo letto avvicinandosi zoppicando
a sua sorella.
- Ed io verrò
con te. Anche se non sono in perfetta forma… non posso lasciare il mio migliore
amico da solo. Io devo essere al suo fianco. – esclamò Ron, trovando un appoggio
in Ginny.
- Oh oh…
allora è tutta la famiglia Weasley che è dotata di indomito coraggio. – continuò
ad ironizzare divertito Beker.
Gli
insegnanti presenti erano sempre più sconvolti.
- Non credo
proprio che sia il caso di... – fece per esordire Aberforth, ma in quel momento,
dalla porta dell’infermeria, giunse Neville correndo. Appena giunto s’aggrappò
allo stipite della porta, respirando affannosamente, e cercando di non
collassare al suolo. Dietro di lui, poco dopo, giunse sempre correndo Draco
Malfoy.
- Professor
Silente… - ansimò il paffuto Grifondoro, che ancora doveva riprendere fiato. –
Professore… Harry… Harry… -
Aberforth si
portò in avanti, superando tutti, e raggiungendo Neville.
- Cosa
succede Paciock? La signorina Lovegood ha visto qualcosa? –
Neville annuì
vigorosamente.
- Harry…
Jahat… non può difendersi… Jahat l’ha… l’ha preso per la gola… e lui non la
bacchetta, signore. –
Gli occhi del
preside di Hogwarts si spalancarono, così come quelli di Ginny che, quasi come
se quell’affermazione rappresentasse il permesso per raggiungere Harry nel
cimitero, si gettò precipitosamente fuori dall’infermeria, senza che Aberforth
riuscisse a fermarla.
- Un momento
signorina Weasley! Torni qui! – urlò ergendosi lungo il corridoio, ma la ragazza
era ormai scappata.
- Professor
Silente… - disse debolmente la professoressa McGranitt, portandosi avanti.
- Aberforth,
che si fa? – chiese, quasi spazientito, Shacklebolt.
Aberforth
tenne fieramente il capo alto.
- Devo
seguirla. –
…
Harry stava
ancora combattendo tra la vita e la morte, mentre Jahat tentava di soffocarlo
stringendogli la gola, e la sua bacchetta era dannatamente lontana. In
quell’attimo comprese che forse non ce l’avrebbe fatta. Harry Potter, il mago
che aveva avuto la meglio contro Voldemort, stava per essere ucciso da un antico
stregone di cui, prima di allora, non conosceva nemmeno l’esistenza. In un
attimo gli passarono dinanzi agli occhi tutti i suoi ricordi; dall’immagine vaga
che aveva dei suoi genitori, alla triste infanzia con i Duddley, al giorno in
cui ricevette la lettera per frequentare
Mentre
formulava quei pensieri, e sentiva il proprio respiro diventare sempre più
debole, Harry avvertì improvvisamente un leggero sollievo; la morsa soffocante
di Jahat divenne più lieve. – Sono già
morto? – pensò dentro di sé, ma nel momento in cui portò gli occhi sul suo
avversario, e si rese conto di trovarsi ancora nella terra dei vivi, vide
l’espressione di Jahat cambiare in una smorfia di dolore. Lo stregone,
lentamente, si allontanò dal Grifondoro, e si portò una mano sul cuore. Harry,
finalmente libero dalla presa mortale, si portò una mano alla gola,
accarezzandola e la trovò ancora intatta, anche se ancora non ne aveva ripreso
il pieno possesso. Continuando a non capire ciò che stava accadendo, si gettò di
lato, raccolse la bacchetta, e restando seduto sul suolo, osservò Jahat
contorcersi e piegarsi in due, reggendo a malapena la spada, mentre si stringeva
il petto con una mano.
- Maledetto!
MALEDETTO! – urlò lo stregone.
Harry, benché
intimorito, raccolse un po’ delle sue forze e si portò in piedi. Jahat, lanciò
un nuovo grido di dolore, e lasciò cadere la spada, portandosi in ginocchio, e
coprendosi gli occhi con le mani.
- Sono loro!!
Sono quei maledetti bastardi!! –
Continua…