So che sono le 23:27 di sera, ma ho deciso di postare ora, domani avrò una mattinata abbastanza movimentata per via della mia
imminente partenza. No, tranquilli non vi abbandono, continuerò ad aggiornare, ovviamente se vi fa piacere e se vi interessa continuare
a leggere questa mia follia.
Ringrazio vivamente chi ha letto e Dod e Midnightsummerdreams che hanno recensito, mi avete fatto gioire e piangere, grazie di cuore! Inoltre un ringraziamento particolare oltre che un caloroso abbraccio, vanno alla mia adorata Jenny, nonostante tutte le sue cose, lei per me c'è sempre: mi incoraggia, mi supporta e sopporta ed io questo non posso dimenticarlo. Un bacio anche alla mia Doddie, sai quanto ti adoro piccolina mia? Beh da morire...dedico a te e a Jenny questo capitolo. Vi voglio bene...
Il mattino
seguente mi alzai fischiettando, feci colazione, mi preparai e mi recai a
lavoro. “Buongiorno Kate” “Ehi Marghe, buondì” ci sorridemmo, Kate era una
ragazza che come me, faceva l’educatrice, ci eravamo conosciute un anno prima,
quando avevo iniziato a lavorare nel centro di recupero londinese. Era stata
lei a mostrarmi la struttura e a guidarmi nel mio lavoro, si era dimostrata
gentile e disponibile. Fu proprio Kate a consigliarmi di fare il test di
gravidanza, quando qualche giorno prima, non sentendomi bene, mi lamentai del
fatto che il ciclo mi fosse saltato il mese precedente e sembrava che anche
questa volta volesse fare ponte, non mi era balenata l’idea che potessi essere
gravida, pensavo ad un ritardo dovuto allo stress, infondo mi era già capitato
qualche volta.
“Kate…debbo
confessarti una cosa” le sussurrai all’orecchio mentre ci dirigevamo verso la stanza
del piccolo Mark. Mi guardò attonita, io le sorrisi per tranquillizzarla “Avevi
ragione tu…sono incinta” “Oh Marghe, che cosa bellissima!!!” “Puoi dirlo forte,
però per ora acqua in bocca” strizzai l’occhio e lei mi rispose facendo cenno
di si con la testa.
“Buongiorno
Mark, come va stamane?” “Be-be-bene” “Tesoro, ora giochiamo un po’ ti va?” gli
dissi mentre ci dirigevamo verso la sala apposita. Mark soffriva di dislessia, un disturbo
specifico dell’apprendimento che è presente sin dalla nascita, ma si evidenzia
solo all’inizio del percorso scolastico. In pratica, il paziente presenta difficoltà
oggettive nella lettura, nella scrittura e a volte nel calcolo. Il nostro
compito era quello di farlo giocare, giochi intelligenti, ossia basati su
software in grado di riprodurre suoni, parole, lettere, in modo che il bambino
potesse memorizzarli. Nel nostro lavoro eravamo costantemente affiancati da un
esperto, il logopedista che guidava il percorso d’apprendimento del bambino. Le
ore passavano velocemente, amavo davvero quel lavoro, mi sentivo utile, anche
se allo stesso tempo, mi rattristava vedere bambini così intelligenti, affetti
da tali patologie, si sentivano “diversi”, soli, ciò anche perché gli altri li
allontanavano o li prendevano in giro per il loro problema. Ripensai al mio
bambino e pregai che potesse essere sano, forte e soprattutto felice…come ogni
madre, desideravo il meglio…
“Kate io vado, tra
un’ora ho l’appuntamento dalla ginecologa. A domani” “In bocca al lupo, Marghe.
Riposa” “Crepi, poi domani ti racconto.” Fuori trovai Simona e Steph che mi
aspettavano e insieme ci dirigemmo verso l’ospedale. Ero in ansia, desideravo
che Rob fosse lì con me, mi strinsi alla spalla di Simo che mi guardò
pensierosa, capì che ero agitata, mi accarezzò la testa “Tranquilla Marghe. È
solo un controllo”
“La prossima è
<<”Amore, non essere triste. Ci sentiremo tutti
i giorni…” “Tranquillo Rob, sto bene…conterò i giorni che ci separeranno…Ti
Amo…” “Anche io…” eravamo stesi sul nostro letto a
guardarci…Rob mi accarezzò piano la guancia, rabbrividii, incredibile che
nonostante il tempo passasse inesorabile, il sentimento che provavo restasse
intatto…mi girai verso di lui e gli sorrisi, mentre una lacrima solcò il mio
viso, Rob spalancò gli occhi, corrugò la fronte, s’imbronciò e con un dito
asciugò quella lacrima…cercai di sorridergli ancora, ma la mia bocca non riusciva
ad eseguire i miei comandi, si era increspata, disegnando sul mio volto una
smorfia di dolore che cercavo invano di trattenere…ma qualche secondo dopo ero
ormai in preda alle lacrime, così affondai la testa sul petto di Rob che mi
strinse forte. Quando rialzai lo sguardo, anche lui piangeva, sobbalzai, mi
avvicinai ai suoi occhi e piano li asciugai, baciando ogni punto del suo viso,
volevo che quella sera gli restasse impressa nel cuore, in modo che lo
accompagnasse in quei mesi in cui sarebbe stato lontano da me…”Marghe…” “Rob…”
ancora una volta occhi dentro occhi, fronte contro fronte...lentamente posò le
sue labbra sulle mie, poi si staccò per guardarmi di nuovo…come a chiedermi il
permesso…lo sapeva che poteva farmi sua quando e come voleva…non avrei mai
protestato…gli sorrisi e lui si convinse…
Fu un fare l’amore dolce, piacevole, ma allo stesso tempo, intriso di
dolore e nostalgia…sapevamo entrambi che ci saremmo mancati e quel gesto era un
modo per salutarci e per dimostrarci che eravamo completamente parte integrante
dell’altro…>>
Sentivo che le lacrime
stavano per ripresentarsi, ma riuscii a controllarmi “Ok, in ogni caso dovrebbe
partorire nel mese di luglio e…” la dottoressa venne interrotta da qualcuno che
bussò alla porta “Mi scusi Signora, probabilmente è la segretaria. Aspetti un
attimo” andò dall’altra stanza ad aprire la porta, udii solo delle voci, poi
chiusi gli occhi e quando li riaprii davanti a me apparve una visione
celestiale: Robert. Richiusi gli occhi, pensavo di sognare, poi mi ricordai che
stavo stessa sul lettino dalla ginecologa e spalancai di colpo gli occhi e lo
rividi: lui era lì che mi sorrideva. Un misto di emozioni mi colmò il cuore e
la testa, non sapevo che fare o dire, lui mi sorrise…quanto avevo sentito la
mancanza di quel meraviglioso gesto “Sono venuto, amore, non potevo mancare”
“Signor Pattinson, stavo spiegando a sua moglie che partorirà nel mese di
luglio e che la prossima visita è fissata al terzo mese di gravidanza, in modo
da controllare come proseguono le cose” “La ringrazio” poi si rivolse a me che
ero ancora stesa sul lettino incredula e si voltò verso il macchinario, osservò
quasi commosso stringendomi forte la mano, quel piccolo esserino che si muoveva
dentro di me.
Quando fummo fuori
dall’ospedale, riuscii ad aprire bocca “Ditemi la verità” mi rivolsi a Simona
“Voi sapevate tutto?” mi sorrise, come al solito, Rob aveva telefonato a lei
per organizzare questa sorpresa “E dai non avercela con noi, volevamo solo
farti un regalino” le abbracciai “Ora è meglio che tu vada a casa, sarai
stanca” sbadigliai “Effettivamente si. Ci sentiamo domani” “Certo.”
Saliti in macchina io e
Rob non fiatammo, mi incantai a guardarlo “Come sei silenziosa stasera,
cos’hai?” “Ancora non ci credo che sei qui. Dimmi che non sto sognando” mi
diede un pizzicotto ridendo “Ahia” “Non ti lamentare, volevi o no la prova che
sei sveglia?” rise ancora…”Continua a
ridere amore, fallo ancora. Ridai vita al mio cuore…”
“Stupido. Come hai
fatto con il lavoro?” “Mi sono preso una settimana di
ferie” lo guardai
sbalordita “Te l’hanno permesso?” annuì
“Gireranno le scene in cui non ci sono”
ero euforica, poggiai la testa sulla sua spalla “Ora si che sono
felice, anzi…”
mi toccai la pancia “…siamo felici!” gli sorrisi e
lui rispose al mio sorriso,
con uno sguardo che non potrò mai dimenticare: un misto tra
gioia, euforia,
commozione. Giunti a casa, ci dirigemmo in cucina “Allora, cosa
ti preparo?”
“Amore dovresti riposare…” “Stop, stop! In
realtà prima di riposare, dovrei
mangiare qualcosa” “Hai ragione, ma faccio io, tu siediti,
cosa ti va
assaggiare?” “Mmm, ho voglia di un uovo”
“Iniziamo già con le voglie” rise “No,
non credo che la mia voglia di uova sia dovuta alla mia gravidanza,
è ancora
presto”. Mi misi ad ammirarlo, mentre litigava con il tuorlo
dell’uovo, era uno
spasso, ridevo tra me e me “E così aspettiamo un
bambino…” disse
improvvisamente senza voltarsi “Così pare…”
continuai a guardarlo “Rob…” si
voltò, mi fissò dritto negli occhi, come solo lui sapeva
fare “Tu lo vuoi
questo bambino?” sbarrò gli occhi, poi corse da me, si
accovacciò ponendo il
suo volto ad un centimetro dal mio “Ma che domande sono? Certo
che lo voglio…è
nostro figlio, frutto del nostro amore” abbassai lo sguardo rossa
d’imbarazzo
“Ma io so che non ami i bambini…” mi sollevò
il volto “Marghe, forse non amo i
bambini degli altri…ma questo…” e mi
accarezzò delicatamente il ventre,
facendomi rabbrividire “…è mio…è
nostro…ed io lo amo già da morire” e mi
baciò.
Non lo aveva ancora fatto, quel bacio mi risvegliò, gli lanciai
le mani al
collo e lo strinsi forte…”Ora è meglio che ti
cucini l’uovo e dopo dritta a
letto” “Agli ordini” dissi ridendo, ancora confusa da
quel bacio. Ancora non mi
spiegavo come potevo sentirmi così con lui, come faceva a
prendermi in quel
modo così assurdo? In balia dei miei pensieri, non mi accorsi
che Rob aveva
anche apparecchiato “Signora, ecco a Lei il suo uovo” risi
mettendomi le mani
davanti alla bocca, era un po’ bruciacchiato “E non ci
lamentiamo” “No, no e
chi si lamenta” continuai a ridere, lui si sedette di fronte a me
e iniziò a
mangiare, si fermò qualche secondo dopo “Mmm…mi sa
che non ci ho messo il sale”
risi ancora più forte “Imbranato” sbuffò,
passandosi quella mano tra i capelli,
fermandomi il cuore; si alzò e mi venne vicino, prese la
forchetta e me la
porse “Mangia, invece di ridere. Devi tenerti in forze!”
annuii
Dopo cena, Rob
mi prese in braccio con qualche difficoltà, fisicamente non era così abile,
nonostante avesse un fisico da atleta, io ricominciai a ridere “Ma mi hai preso
per un pagliaccio?” “Ma dai Rob, che ci posso fare se sei un spasso eheheheh”
“Ah e così sarei uno spasso, ora ti faccio vedere io!” mi stese sul letto e
iniziò a farmi il solletico “No, no ti prego basta, basta” “La smetto se la
finisci di ridere di me” “Ma come sei permaloso, non mi permetterei mai di
ridere di te” dissi cercando di trattenere una risata, lui se ne accorse e
ricominciò a farmi il solletico…ci ritrovammo vicinissimi…ci fermammo, tornando
seri e perdendoci nei nostri sguardi, lentamente la testa di Rob scese sulla
mia pancia, alzò la maglia e la guardò accarezzandola, quel gesto così naturale
e tenero mi commosse “Qui c’è il mio bambino…” sembrava incredulo “Hai visto
com’è piccolo?” “Si…piccolo come un fagiolo” dissi ancora tra le lacrime, il mio
tono di voce lo costrinse a guardarmi “Non piangere, andrà tutto bene, io sono
qui…” mi abbracciò, ci addormentammo in quella posizione, entrambi con le mani
sul mio ventre…