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Autore: ailinon    31/10/2009    4 recensioni
Nel lontano rinascimento, un ragazzo con una grande e sola passione: la poesia e la lettura.
La sua vita a Firenze, lo condurrà a conoscere molti personaggi importanti.
Dalla sagace intelligenza di Pico, alla filosofia di Marsilio.
Dalla gioia di vivere di Giuliano de Medici, alla grandezza di Lorenzo il magnifico, suo fratello.
Fino alla superbia della famiglia de Pazzi.
Ma uno su tutti saprà cogliere l'essenza del suo animo...
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
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Capitolo 72 – TUTTO QUELLO CHE HO AVUTO

 

 

Capitolo 72  – TUTTO QUELLO CHE HO AVUTO

 

Angelo chiuse la piccola borsa, con alcuni vestiti, delle monete e altri oggetti personali.

Goffredo lo lasciò fare, dandogli qua e là qualche consiglio.

Il vecchio uomo annuì quando il ragazzo chiuse la borsa, sul pugnale che vi aveva inserito.

Guardò l’allievo con serietà: «Stai attento laggiù!» esclamò, posandogli le mani sulle spalle: «Sta il più in silenzio possibile, e ascolta ogni cosa. Spesso le pedine più piccole cambiano il corso del gioco»

Angelo annuì.

 «E bada a Lorenzo. Ricorda che sei lì per proteggerlo, per quanto puoi» Goffredo aspettò che annuisse ancora, poi lo strinse contro di sé in un gesto d’affetto inconsueto. La prima volta che l’aveva stretto gli arrivava al petto, ora quasi lo superava d’altezza. E le spalle si erano fatte robuste.

 «Vedi di tornare intero, hai capito?... No saprei a chi altro affidare la biblioteca» affermò, abbracciandolo forte.

Angelo si sentì stringere il cuore. Goffredo non poteva dargli un onore più grande.

 «Grazie, signore» rispose, sentendo le lacrime agli occhi.

L’uomo attese ancora un attimo poi, lo lasciò dicendo qualcosa di burbero e incomprensibile.

Mentre usciva dalla stanza, ad Angelo parve che avesse gli occhi lucidi. Ma era impossibile che fosse lo stesso Goffredo che tutti consideravano un terribile orco.

Sorrise mentre chiudeva la porta della camera, ma una voce lo fermò.

 «Angelo!...»

Si trovò a guardare Poliziano.

L’amante era terribilmente serio.

«Posso entrare?» chiese Agnolo.

Il diciassettenne gli fece strada.

***

 «Così… Vuoi andare davvero?» esordì Poliziano, toccando la borsa posata su una cassapanca.

Il ragazzo annuì: «Partiamo domani mattina, prima dell’alba. Messer Lorenzo vuole partire prima che le spie lo sappiano»

 Agnolo chinò lo sguardo poi gli andò vicino, abbracciandolo.

«Ti prego, torna» mormorò: «Ho già perso mio padre e Francesco in queste assurde lotte. Non voglio perdere anche te»

 Angelo ricambiò il suo abbraccio, sprofondando il viso nell’aroma dei sui capelli.

 «Ma perché vuoi andare?» ripeté, stringendolo con più forza, come per imprimerselo nel cuore: «Non potrai far molto per Lorenzo»

 Il sorriso dell’altro fu tenero: «Ti sei mai sentito appagato, Agnolo? Io so che tutto quello che ho sempre desiderato, l’ho ottenuto. Volevo lavorare con libri, e ser Lorenzo mi ha dato il posto alla biblioteca. Ho trovato un padrone, buono e gentile, come un padre»

 Poliziano alzò gli occhi, scettico. Gentile non era un termine adatto per il Belardi.

 «E ho desiderato solo una persona in tutta la mia vita» una pausa: «Persona che è qui con me, ora. Cosa potrei, volere di più?»

Si guardarono muti. Poliziano stupito, Angelo sereno.

Quindi, il più anziano dei due  lo baciò, con slancio.

 «Angelo!»

«Ti prego! Dedicami almeno una poesia, mentre sono lontano»

«Stupido! Tutte le mie poesie sono dedicate a te!» rispose Agnolo, stropicciando i suoi vestiti.

Il ragazzo scoppiò a ridere e lo baciò, teneramente: «Sei un incorreggibile bugiardo! Ma ti amo comunque!» esclamò, sfiorandogli la guancia con la sua.

Poliziano rimase immobile.

Quelle parole gli strinsero il cuore.

Non parlò ma, posò le labbra su quelle del ragazzo. Angelo ricambiò quel bacio.

  «Staremo insieme stanotte» annunciò Agnolo, lentamente.

Il suo bacio era dolce e struggente come l’ambrosia di Ganimede, a cui l’aveva paragonato.

Gli occhi verdi di Angelo annuirono, e le mani fecero il resto.

In un attimo i due caddero sul letto, insieme ai vestiti, sparsi per terra.

***

 Agnolo posò il capo sul torace di Angelo, mentre il ragazzo ansimava tra le sue braccia.

Nel trasporto della loro unione l’aveva stretto contro di sé, in un abbraccio struggente.

E anche in quel momento, non riusciva a smettere di pensare che Marsilio avesse inteso di lui, quando parlava di anime nobili create dall’amore di Dio. Fatte per portare quello stesso amore nel cuore degli uomini.

Quel ragazzo creava amore in qualsiasi persona avesse attorno, e lui lo stava per perdere.

Lui solo che l’aveva avuto, lo stava per perdere. Socchiuse gli occhi, passando le mani sulle sue costole. Sul fianco esposto, sul declivio del bacino. Sui serici peli del ventre.  E poi chiuse gli occhi, posando la guancia sul suo cuore.

Volevo dimenticare quel dolore che sentiva nell’animo, stringendolo, fino a fondersi in una sola anima.

Voleva essere come la ninfa Salmace con Ermafrodito, e tornare all’essere perfetto e felice nato dalla loro unione.

Perché, ora sapeva, il suo cuore non poteva stare lontano da quello di Angelo.

***

 

 Osservò il profilo dell’uomo steso accanto a lui. Il suo naso duro, il mento deciso,  con quella lieve barba mattutina che lo rendeva spigoloso e pungente.

La sua bocca rilassata. Gli occhi azzurri, chiusi dal sonno. Le braccia che lo stringevano. I morbidi capelli castani, che stava accarezzando. Le sue mani.

Avrebbe ricordato ogni cosa di quell’uomo, ma doveva tutto a Lorenzo, e non poteva non ripagare il suo debito.

Scivolò lentamente fuori dal letto, spiando il buio della notte che si trasformava nel lieve chiarore delle prime ore del giorno.

Si vestì rapidamente. Prese la borsa e poi tornò accanto al letto.

Con due dita scostò i capelli dalla fronte di Agnolo, e gli sussurrò: «Ti amo, Poeta»

Gli diede un bacio a fior di labbra, lungo e delicato, poi chiuse gli occhi e si staccò da lui. Doveva andare.

Lorenzo probabilmente lo stava già aspettando.

***

 

   
 
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