House
e Wilson erano di nuovo sdraiati su quel
divano di pelle marrone, entrambi, di nuovo, avevano due bicchieri
pieni di
alto contenuto alcolico, e sembrava che di nuovo avessero trovato
quella
sintonia per cui Wilson aveva faticato tanto negli ultimi mesi.
-Sei di nuovo primario di diagnostica-
-Già... Foreman è tornato a lavorare nelle
piantagioni, potere ai bianchi!-
Wilson rise rumorosamente, mordendo la terza fetta di pizza.
-Prima o poi sarebbe successo, Cuddy lo aveva stabilito prima della tua
partenza-
-Ma le amministratrici si vestono tutte come prostitute?-
-Sei tornato sul serio- House sorrise e riempì nuovamente il
bicchiere
dell’amico con del whisky.
Due semplici tocchi distrassero la concentrazione della dottoressa
dalla sua
personale telefonata, e i suoi occhi languidi intenti a guardare
l’aiuola fuori
della finestra s’impegnarono nello sguardo azzurro
dell’uomo appena entrato,
anche le sue orecchie furono disturbate dal battere di quel molesto
bastone, le
sue labbra poi si paralizzarono al muovere delle sue, tutto come prima,
lei
parla al telefono e lui rompe.
-Ti richiamo io-
-Ok, ciao, ti
a...- aveva già
riagganciato.
-Dottor House, come posso aiutarla?- ecco, diretta e professionale.
-La mia paziente ha bisogno di una puntura lombare- le porse la
cartella, lei
la lesse attentamente, in quel lasso di tempo lui la
osservò, la studiava in
realtà, la trovava artefatta alle volte quando si rivolgeva
nei suoi confronti
con quell’autorità così distaccata.
Cuddy sollevò lo sguardo, e lo vide intento ad osservarla,
arrossì
involontariamente e gli ridiede in mano la cartella
–è...- riacquisì il proprio
colorito originale, nonostante si sentisse ancora imbarazzata
-…è troppo
rischioso, soffre di crisi epilettiche-
-Quello è un sintomo, ha la sclerosi multipla- House
guardò incuriosito
l’ambiente circostante.
-Bè, allora cominci con la cura- Cuddy gli rispose ovvia.
-Senza una prova concreta?- i ruoli sembrarono invertiti. House aveva
ottenuto
il consenso per salvare il proprio paziente adesso doveva comprendere
l’atteggiamento così poco conformista
dell’amministratrice per cui lavorava.
Cuddy lo guardò sorpresa, ma chi era quell’uomo
che le chiedeva di seguire le
regole, lo stupido protocollo?
-Io facevo così e lei non mi ha mai licenziato...- poi
fece una pausa –ha mai avuto una
relazione con un suo dipendente?- non sapeva perché glielo
stavo chiedendo, se
per sapere di poter avere qualche possibilità o per capire
se era così che la
convinceva con le sue diagnosi: ottime prestazioni sessuali,
accennò un sorriso
al pensiero.
Cuddy arrossì nuovamente, lo scrutò imbarazzata e
sorpresa, era rimasto il
solito spacciato, lei era ancora una sconosciuta per lui eppure lui non
si era
fatto scrupoli. Poteva anche rimproverarlo per una domanda
così personale
infondo lei era il suo capo, già una volta aveva risposto
sgarbatamente ma con
ragione a Vougler.
Si alzò, si diresse verso l’appendiabiti,
indossò il camice bianco, si avvicinò
a House, che si era appena alzato, gli sorrise divertita poi gli si
fece più
vicina e lo squadrò con malizia –Dottor House
torni a lavoro- aprì la porta,
mise appena un piede fuori e si voltò di nuovo verso di lui
–ah, dimenticavo…
deve riprendere a fare le sue ore di ambulatorio, quattro alla
settimana.
Comincia oggi- subdola vendetta.
House uscì dopo di lei sospettoso e divertito, quella non
era una risposta.
Andò nel proprio ufficio, affacciò la testa
dentro lo studio e si rivolse ai
due medici
-cominciate
con i corticosteroidi-
Poi
indossò il camice bianco e scese in
ambulatorio, quando raggiunse il piano terra le infermiere, furono
sorprese di
vederlo in quelle vesti –le dona il bianco dottor House!- lo
schernirono. House
non sapeva se ignorare o rispondere, poi raccolse volentieri le
provocazioni.
-Tu gallina numero uno, perché ti ostini a portare la fede?
Tanto questa volta
tuo marito non torna, si sa le hostesses oltre a conoscere tante lingue
sanno
fare bene tante altre cose...- le fece l’occhiolino- non
pensi di aver fatto
già pagare tanto all’ospedale quando hai finto il
raffreddore? Dobbiamo pure
allargarti le porte!?!- questa volta diretto ad un’altra
infermiera con una
ciambella ricoperta di cioccolato in mano. Le donne rimasero di sasso,
House
aprì le porte della clinica fieramente.
-Stanza 1, tenga la cartella- l’infermiera allo scuro dello
show precedente lo
inquadrò stranita, e House le rispose maturamente.
-Grrr... Bau bau!!!-“
non è poi così
rinato”,
pensò Wilson passando di lì in quel preciso
istante.
-Buongiorno-
-Buongiorno- un uomo quasi del tutto calvo sulla cinquantina, vestito
con una
camicetta a quadretti rossi e bianchi si alzò insicuro e
fece per stringergli
la mano, ma House aprì la cartella e le occupò
entrambi.
-Quindi?-
-È una cosa un po’ personale...-
-Ok…-
-Io non...-
-Cosa?-
-Ecco... vede...-
House guardò l’orologio annoiato –Sono
un medico non ridrò!-
-Il fatto é...- l’uomo abbassò la testa
mortificato.
-Le prescrivo il viagra- prese velocemente la penna inserita nella
tasca del
camice e fu sul punto di scrivere.
-No... mio padre è morto usandolo-
-Già le case farmaceutiche sprecano il proprio tempo per
sterminare la razza umana-
disse ovvio.
-Non c’è qualcos’altro?-
-No...- sospirò, passandosi nervosamente una mano sulla
fronte.
-Niente, niente???-
-Si faccia riattaccare i capelli, sua moglie si eccita e si
sforzerà di far
alzare le vele- si alzò dalla sedia e fu sul punto di
andarsene.
-Dottore costa troppo il trapianto!- House era ormai fuori,
affacciò la testa
innervosito –Allora cambi moglie! Dev’essere un
vizio di famiglia sposare
cozze!-
House
uscì dalla stanza e fu sul punto di
scontrarsi con Cuddy proveniente dalla parte opposta.
-Dottoressa Cuddy... wow... che fortuna sua marito! Due compagnie
grandi così...-
House si concentrò a parlare con i seni della dottoressa
–chissà i vicini se
riescono a dormire la notte con tutte quelle urla!-
-Il suo prossimo paziente, stanza 3- Cuddy cercò di cambiare
discorso e mutò il
proprio sorriso divertito in uno di rimprovero quando lui finalmente
sollevò lo
sguardo.
House non ottenendo alcuna reazione continuò –Il
mio paziente ha un problemi di
sollevazione pesi… la sua presenza potrebbe rivelarsi molto
utile!- si
massaggiò con le dite della mano sinistra il mento
pensieroso.
Cuddy gli poggiò una mano sulla spalla -Dottor House io sono
un medico, non usi
metafore per espormi i suoi problemi…- prendere in giro
House in quel modo la
divertiva troppo, ma cercò di mantenersi seria -le cause
dell’impotenza possono
essere tante…- Cuddy scoppiò a ridere, e si
coprì la bocca, House si mostrò
divertito almeno quanto lei.
-Quindi non le crea alcun problema quello che ho appena detto?-
-Vada alla stanza 3, la aspettano!!!- Cuddy indicò la porta
sempre sorridente.
-No! No! Sono sprecato qui!- House prese una leccalecca dal contenitore
sul
bancone che gli era vicino, vi poggiò il camice
frettolosamente e prima che
Cuddy potesse replicare si dileguò.
Cuddy sorrise di nuovo, purtroppo non era cambiato per niente.
House
entrò prorompente nell’ufficio
dell’oncologo facendolo sussultare
–Sai in alcune culture si usa bussare prima di entrare in una
stanza…- House lo
ignorò sedendondosi.
-Il capo aveva una cotta per me, lo sapevi?- Wilson sollevò
la cartella che
teneva in mano e si coprì il volto in modo che House non
potesse vedere la sua
espressione in quel momento.
-Le piace quando commento il suo corpo, anzi penso che dovrei farlo con
più
frequenza, diciamo…- sventolò la leccalecca alla
fragola con aria pensierosa
–ogni ora…-
L’amico abbassò la cartella innervosito
-È sposata-
-Sai distinguere i tempi verbali? Ho detto “aveva”
non “ha”! Certo se fosse
“ha” non sarei mica qui a parlare con te... sarei
impegnato a sfiorare il
paradiso...-
-Toglietela dalla testa!- House si alzò pensieroso dal
divanetto dell’amico,
sul quale si era comodamente lanciato pochi istanti prima, e gli si
mise di
fronte.
-Vuoi dirmi che non te la faresti? Sei per caso gay? Sai ci sono punti
della
nostra relazione che non ho ancora ben capito, tipo perché
questa mattina mi
sono svegliato con la tua testa sulla mia spalla e con il tuo braccio
sul mio
petto... o perché hai un cassetto tutto tuo nella mia camera
da letto o perché
mi cucini sempre la cena con il grembiule a cuoricini rossi... cose
così...-
poi rimise la leccalecca in bocca.
-La notte scorsa ci siamo addormentati ubriachi! Dormo spesso a casa
tua,
perciò ho un cassetto tutto mio e cucino io
perché tu non ne sei capace!-
Wilson si era alquanto imbarazzato, in fondo non aveva tutti i torti,
si
comportavano come una vera coppia.
-Ok...- si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania
dell’oncologo.
-House devo lavorare!-
-Non ti disturbo, sto riflettendo… cerco una diagnosi al mio
paziente, pianifico
su come rubarti i prossimi cinquanta dollari e… mi
faccio Cuddy!-
-Sai cosa vuol dire sposata vero?-
-Omossesuale represso!- House si alzò e si richiuse la porta
alla spalle.
-Smemo!- il diagnosta sentì l’amico urlargli da
dentro la stanza, affacciò la
testa nell’ufficio.
-Smemo è un insulto da checche!- e richiuse divertito.
Tornò
esausta a casa, doveva essere davvero
tardi perché la sua piccola Rachel non era
all’ingresso con il solito
orsacchiotto tra le braccia, a sporgere le piccole guancie alla ricerca
di un
bacio. Di solito l’aspettava lì seduta per terra,
era John poi, che con la
promessa di lasciarle mangiare un’intera vaschetta di gelato
riusciva alle
volte a convincerla ad andare a dormire.
-John? Sono tornata- si tolse la leggera giacca del tailleur, e
l’appoggiò
delicatamente sul divano, poi guardò l’uomo seduto
su di esso che si alzò,
lasciando le carte sul tavolino.
-Rachel ti ha aspettata, poi mezz’ora fa l’ho
raccolta da terra e l’ho portata
a letto- John Wild. Un avvocato di successo, un metro e ottanta
d’intelligenza
e fascino, due occhi neri, scuri come la notte, e capelli biondi che
fortunatamente nascondevano bene quelli bianchi che cominciavano a
farsi notare,
segni chiari dei suoi appena compiuti quarantacinque anni.
-Mi dispiace, ho fatto il possibile per arrivare prima-
l’uomo le cinse i
fianchi e la baciò delicatamente sulle labbra.
-Sei stanca?-
-Molto...- Lisa indietreggiò lentamente liberandosi dalla
sua presa e rivolse
uno sguardo verso i documenti che il marito aveva poggiato istanti
prima sul
tavolino di fronte al divano.
-Com’è andata in tribunale oggi?-
John si chinò in direzione del tavolino, raccolse i
documenti e li inserì nella
valigetta di pelle accanto ad essi –Ho perso la causa...- la
sua espressione era rimasta seria, era un
uomo dalla lettura semplice e Lisa sapeva che fallire nel suo lavoro
feriva
profondamente il suo orgoglio, così rimase in silenzio e lo
osservò fare.
Poi lo sguardo del marito si posò sulla scollature della sua
maglietta –hai
avuto addosso questa tutta la giornata? Ci credo che non hai problemi
con i
dipendenti... sono tutti uomini!-
-Ci sono tante donne che lavorano per me! E mi rispettano anche se non
sono
interessate al mio decolleté...- Cuddy prese la giacca
poggiata pochi istanti
prima sul divano e l’appoggiò sul petto coprendo
la scollatura generosa –e se non
ti piacciono non le guardare… Le magliette!- risero
divertiti entrambi, John le
tolse la giacca dalle mani –Ti ho sposata per le tue
magliette!- Cuddy ricambiò
con un mezzo sorriso, lasciando la camera e urlandogli dal corridoio
-vado a
fare una doccia!-
Doveva realizzare perché aveva provato quella strana
sensazione di nausea
quando lui aveva detto quella frase. Era sposata… con
John... dannazione! Questo
stonava! Eppure quando aveva adottato Rachel era certa che non si
sarebbe mai
sposata, ormai l’aveva accettato, era sempre stata una sua
paura rimanere sola,
ma poi era arrivata quella splendida bambina a riempire le sue giornate
e aveva
pensato di non aver più bisogno di niente. E dopo conobbe
John. E dire che
doveva ringraziare House per il loro incontro, aveva come al solito
insultato
un paziente, gli aveva parlato del tradimento della moglie e
quest’ultima aveva
denunciato l’ospedale, e Cuddy aveva assunto John. Ironico
come lei avesse
trovato felicità.
Adesso in camera da letto, Cuddy si allontanava con la mente dalla sua
vita
perfetta, ancora una volta da quando House era rientrato nella sua
vita,
ripensava a tutti quei momenti in ospedale insieme a lui, la faceva
esasperare,
la prendeva in giro, era malizioso, e lei era il suo capo ma si
lasciava fare
la qualunque se era lui a farlo, scelte mediche che nessuno avrebbe mai
approvato, lei semplicemente lo appoggiava e poi lo accompagnava in
tribunale,
pagava costosi avvocati, e poi sperava
in silenzio... erano passati
tre anni, si era sposata, aveva giurato che
avrebbe amato quel solo uomo per tutta la vita, ma dentro se stessa lei
era
ancora sola, in quello studio vuoto, a fissare la sua poltrona, quella
pallina
poggiata sul tavolo che non aveva osato toccare, e lo aspettava, odiava
farlo,
ma sapeva che lo avrebbe fatto per tutta la vita.
-Ehy...-
John era sdraiato accanto a lei e
adesso le accarezzava il braccio destro con le dita cercando di
attirare la sua
attenzione, lei aveva lo sguardo insensatamente abbandonato sulle
tendine della
camera da letto, che si ritrovava sempre a fissare quando rifletteva.
-Ehy...- finalmente i suoi occhi cominciarono guardare quelli del suo
uomo con
sicurezza, fingi,
fingi, fingi, fingi di
amare solo lui, anzi fingi di amarlo ancora.
-Vieni qui..- l’aveva avvicinata a sé, prendendola
per i fianchi, e adesso
aveva cominciato a baciarle il collo, per poi raggiungere le sue
labbra,
impegnandole amorevolmente.
-No, amore... scusa, non ho voglia... sono stanca- gli aveva poggiato
una mano
sul petto e lo aveva allontanato cercando di essere il più
gentile possibile. Non
ti merito...
-Ok, buonanotte...- aveva finto anche lui, che la cosa non lo
infastidisse
affatto, sua moglie che si rifiutava di fare l’amore, che lo
respingeva, poteva
anche essere una cosa normale, certo lei non lo aveva mai fatto, ma
c’é sempre
la prima volta...
Sbadigliò
e stirò le braccia quando si svegliò
alle sei del mattino, aveva fatto un sogno, un bellissimo sogno, non
ricordava in
quell’istante cosa trattasse il sogno, sapeva soltanto di
sentirsi felice,
serena. Rimase ancora distesa sul letto cercando di mettere insieme i
ricordi che
le tornavano in mente, un
corpo sudato
muoversi su di lei, una mano che le accarezzava i seni scoperti, le sue
unghia
che rigavano con avidità la schiena di un uomo e poi ancora
un letto disfatto,
un appartamento illuminato dalle soli luci della strada,
ma nessun ricordo
della persona con cui aveva sognato di fare l’amore.
-Dottoressa Cuddy, bella collana...- puntò nuovamente uno sguardo malizioso sul seno dell’amministratrice, che anche quella mattina indossava un vestito azzurro chiaro con scollatura a “v”, la solita involontaria provocatrice.
Cuddy sorvolò, poi un altro flash del sogno della notte precedente House... lui le aveva messo le mani fra i capelli, le teneva fermo il viso baciandola passionevolmente.
Lo guardò un ultimo istante prima di sparire nel proprio ufficio imbarazzata, sorpresa
–Foreman ha già accettato un caso- forse se lo aspettava.
Spero tanto che vi siano piaciuti questi primi due capitoli…
Un bacio a tutti gli Huddy fans, non molliamo raga! Sono stati creati per completarsi, quindi qualsiasi cosa succeda Sunshiner sempre e comunque!;) Baci… al prossimo chap