Astoria Greengrass
Ovvero la sola ed
unica Regina delle Serpi.
22. Fine...e inizio
Astoria sbatté gli occhi verdi un paio di
volte di fronte al caos che regnava nella Sala Grande.
Ovunque vi erano insegnanti
particolarmente esagitati, studentesse in lacrime e ragazzi grossi e robusti
pallidi come cenci.
Aveva riconosciuto qualche Auror sul
fondo della Sala e, ci avrebbe messo la mano sul fuoco, Harry Potter, Hermione
Granger e Ronald Weasley erano seduti come se nulla fosse successo al tavolo
dei Grifoni.
Sentiva il cuore batterle forte in petto
e non era perché Draco, sotto il tavolo, le stringeva la mano, no. Era perché
qualcosa era successo...e stava per accadere.
Qualcosa di terribile, che tutti si
aspettavano. La fine...o l’inizio.
La professoressa McGranitt dominava la
Sala Grande, mai stata così cupa nonostante le numerose giornate di pioggia che
contraddistinguevano il clima della Gran Bretagna.
Stava al centro del tavolo degli
insegnanti, nel punto esatto in cui durante l’anno avrebbe sempre dovuto
troneggiare: in piedi di fronte alla sedia del preside.
Molti studenti avevano bisbigliato su
quel fatto, domandandosi che fine avesse fatto Piton.
Draco aveva scrollato le spalle quando
Astoria gli aveva porto curiosa quella domanda, borbottando qualcosa che
suonava come «traditore». Non ci
aveva dato molto peso, visto che l’insegnante di Trasfigurazione aveva iniziato
a spiegare i modi in cui sarebbe dovuta avvenire l’evacuazione del castello.
Fu in quel momento, mentre la McGranitt
dava ordini a destra e a manca, che qualcuno propose di rimanere nel castello.
Astoria vide un lampo di stupore passare
gli occhi della donna, stupore che non ci mise poco a divenire ammirazione.
«Se siete maggiorenni potrete restare»
La giovane Greengrass si morse le labbra,
intercettando oltre il tavolo gli occhi spaventati di Tracey.
Probabilmente stavano pensando la
medesima cosa: restare e rischiare, andarsene e sentirsi delle codarde a vita?
Troppe volte i Serpeverde avevano preso
delle decisioni sbagliate; decisioni che più volte avevano condotto la gente ad
etichettarli come codardi, egoisti, malvagi.
Chiuse gli occhi e ricordò sua madre; sua
madre che sempre l’aveva avvertita di mandare avanti gli altri se possibile e
squagliarsela quando le cose si mettevano ad andare male.
Poi pensò a Daphne, che in quel momento
stava sicuramente piangendo sulla spalla di Blaise. Blaise che amava ancora e
con cui avrebbe tanto voluto scappare via, senza più far ritorno in quella vita
dove troppe cose le erano mancate.
Lei stessa desiderava andarsene più di
quanto fosse lecito, ma una parte del suo cuore no. Quella parte che era seduta
al suo fianco, tesa me una corda di violino e tremante come una foglia,
noncurante degli sguardi dei compagni su di sé.
Aprì gli occhi Astoria, e seppe quello
che doveva fare.
«Rimarrò con te» sussurrò piano al suo
orecchio, facendo spalancare gli occhi grigi che più amava al mondo.
Draco la osservò come se non l’avesse mai
vista veramente. Scrutò con circospezione quel viso bello seppur teso
dall’evidente paura, accarezzandone poi la pelle liscia che più volte si era
trovato ad assaporare.
La baciò le labbra con leggerezza, mentre
Tracey cercava di alleggerire il momento con un improvviso (e fasullo)
svenimento.
«Grazie» le disse semplicemente,
appoggiando la fronte su quella della propria ragazza.
Se fosse uscito indenne da quella guerra
avrebbe mandato a quel paese ogni cosa e l’avrebbe sposata. Non subito, forse,
perché nessuno aveva dimenticato che lui era
uno stupido, fallito Mangiamorte.
Mentre Astoria pensava a come distogliere
la sua attenzione dai vari insegnanti per rimanere al Castello, una voce acuta
e troppo forte le perforò i timpani. E le viscere.
Molti studenti urlarono in prede al
panico, mentre la McGranitt crollava sulla sedia dietro di sé.
La bionda Serpeverde sollevò lo sguardo
verde su Harry Potter, bloccato al suo posto tra Hermione e Neville Paciock.
«Consegnatemi Harry Potter e a nessuno
verrà fatto del male. Consegnatemi Harry Potter e lascerò la scuola intatta.
Consegnatemi Harry Potter e verrete ricompensati»
Il silenzio calò sulla Sala, tombale.
Molte teste si voltarono verso il tavolo
dei Grifoni, così come quelle di tutti i Serpeverde.
Astoria sapeva che quasi nessuno di loro
la pensava esattamente come lei: tutti bramavano la propria salvezza più di
quella del mondo magico, lo sapeva benissimo.
«Avete tempo fino a mezzanotte» disse la
voce di Lord Voldemort, anticipando solamente di pochi secondi lo strillo acuto
di Pansy Parkinson.
Astoria la trovò seduta a due posti da
Daphne e Blaise, accanto a Gregory Goyle.
Era in piedi e più magra di quanto
ricordasse, mentre sudava freddo e puntava un dito verso Harry – verso la
salvezza.
«Ma è laggiù! Potter è laggiù! Qualcuno lo prenda!» sputò
quelle parole con tutta la rabbia che teneva in corpo, totalmente priva di ogni
senno.
I suoi occhi scuri balenarono per un
attimo su Draco e una lacrima scese solitaria lungo la guancia scarna.
Inutile dire, sospirò Astoria, che ciò
che aveva detto non aveva avuto alcun potere su nessuno studente di Hogwarts.
A partire dai Grifondoro, tutti i tavoli
si alzarono a fronteggiarla – Serpeverde esclusi – sfoderando le bacchette e
quanti più improperi la McGranitt permise prima di invitare esultante l’intera
tavolata delle Serpi ad andarsene.
«Ci separeremo da loro una volta fuori,
Ria» le disse Draco all’orecchio, spingendola insistentemente verso l’uscita.
Astoria spalleggiò Tracey, andando a
sbattere contro un Serpeverde del secondo anno nel tentativo di scorgere Harry
Potter.
I loro occhi verdi – di tonalità così
differenti – si incrociarono per un istante. Istante nel quale lei riuscì a
trovare la forza di sorridere incoraggiante e lui di capire che sarebbe
rimasta.
Una volta fuori, Astoria si staccò da
Draco.
Lo guardò accigliata un secondo, prima di
notare cosa stesse veramente osservando.
«Le nostre strade si divideranno
temporaneamente, Malfoy» disse in una pessima imitazione del ragazzo stessa,
riuscendo però perfettamente nel disegnare sul proprio viso il classico ghigno
sarcastico che lo contraddistingueva.
Lui ridacchiò per un secondo, prima di
baciarla.
«Fai attenzione, Greengrass»
«Qui sono io quella responsabile, quindi
sei tu che devi stare attento e non farmi rimanere single – di nuovo»
La guardò negli occhi per un’altra
manciata di secondi, prima di correre dietro alle figure grasse di Tiger e
Goyle.
Sapeva che si sarebbe cacciato nei guai
ancor prima di lasciargli la mano: ne era attratto come gli orsi dal miele.
«Mi sono quasi commossa ad osservarvi,
sai?» chiosò con velato sarcasmo Tracey alle sue spalle, mentre Reed al suo
fianco sorrideva malignamente.
«Già, siete per caso di...Tassorosso?» rincarò la dose di insulti
impliciti il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli.
Anche se la situazione era degenerata
altamente, sia Astoria che Tracey non poterono non ammirare cotanta bellezza –
e simpatia, ad essere del tutto sinceri.
La bionda si domandava ancora perché non
avesse conosciuto prima e meglio quel baldo giovanotto che sembrava aver fatto
perdere la testa alla sua migliore amica.
«Allora signore» Reed si tolse la
cravatta verde e argento, legandosela teatralmente intorno alla fronte «Andiamo
a spaccare il culo a quei fottuti Mangiamorte oppure stiamo qui a ciarlare di
sesso e bambini ancora per molto?»
Astoria ghignò divertita, allentandosi il
nodo della cravatta; Tracey, al suo fianco, tolse il golf nero e lo gettò da
qualche parte dietro di sé.
«Anche se il sesso è molto più
interessante, spaccare il culo a quelli potrebbe essere divertente. Senza
contare che i miei vecchi creperebbero sul colpo e mi lascerebbero in eredità
non sapete quanti Galeoni!» esclamò con divertimento sadico nel tono di voce,
sfoderando la bacchetta in legno di castagno.
Astoria legò i capelli in una coda di
cavallo disordinata, imitando poi la sua migliore amica.
«Buona fortuna»
≈♥ ♥≈
A dire la verità, pensò la ragazza
gettando di lato una carcassa di un...lupo
mannaro, non credeva sarebbe stato così difficile.
Pochi studenti erano rimasti ad Hogwarts
e anche se i Mangiamorte non erano di molti numeri più elevati capiva perfettamente
che i buoni erano nettamente in minoranza.
Più volte aveva scavalcato corpi morti,
il terrore di guardare il volto dei vari proprietari.
Si era sentita rabbrividire quando, un
quarto d’ora prima, i suoi piedi avevano sbattuto contro il corpo esanime di
Fred Weasley, riverso prono a terra ed il fantasma di una risata che gli
incorniciava il viso.
Non aveva vomitato solamente perché dal
nulla un’altra battaglia l’aveva colta di sorpresa, costringendola a riprendere
la lotta.
Aveva combattuto al fianco di Luna
Lovegood e Ginny Weasley, scarmigliate e pieni di lividi, ma ancora con una
forza di volontà che le aveva fatto stringere i denti.
Sul momento Ginny aveva spalancato gli
occhi nello scorgerla, sorpresa ed incerta sul suo ruolo in quella battaglia.
Astoria aveva roteato gli occhi,
sollevando le braccia.
«Vengo in pace, se è questo che ti stai
chiedendo. L’unico motivo che mi porterebbe a schiantarti sarebbero i tuoi
capelli – disastrosi, se non l’avessi capito» aveva cercato di sembrare frivola
e distaccata, ma il suo cuore era esploso quando Luna le porse la mano destra
in segno di saluto.
«Anche i tuoi sono orrendi, Greengrass»
ridacchiò Ginny, riprendendo poi controllo di se stessa.
Astoria capì che non doveva sapere ancora
niente di suo fratello, perché il viso non era segnato dal pianto.
Oppure era semplicemente più forte di
quanto in realtà non sembrasse.
Anche durante l’anno scolastico Ginny
Weasley si era dimostrato un grattacapo per i nuovi insegnanti e più volte le
era passata accanto nei corridoio piena di lividi e bruciature – non dovute
alle creturine adorabili di Rubeus Hagrid.
«Quanti Mangiamorte hai fatto fuori?»
domandò camminando in direzione della Sala Grande la rossa, mentre
l’interpellata sbiancava nel leggere l’ora sull’orologio d’oro regalatole dai
suoi due natali prima.
«Tre più un lupo mannaro. Dobbiamo
sbrigarci, è quasi mezzanotte» sbottò prendendo a correre, seguita dagli
scalpiccii delle due ragazze.
Irruppe nella Sala Grande con il cuore in
gola, il petto che le si alzava ed abbassava ripetutamente.
I suoi occhi scrutarono ogni persona
all’interno della Sala, alla ricerca di boccoli bruni, un sorriso smagliante ed
un paio di occhi grigi che le facevano attorcigliare ogni qual volta le
budella.
In quel momento, mentre scostava senza
particolare attenzione due studenti di Corvonero malamente conciati, la voce
acuta e fredda di Lord Voldemort irruppe di nuovo nella Sala.
«Avete combattuto valorosamente, Lord
Voldemort sa apprezzare il coraggio» disse con fare mellifluo, facendo salire
il vomito in gola alla giovane Greengrass.
Affianco a sé, qualcuno non si trattenne
come fece lei e non seppe se fu per disgusto o paura.
Luna Lovegood in un gesto di misericordia
gli tenne il capo, per nulla toccata dalla situazione. In lei sembrava non
esserci tempo per sentimenti quali il ribrezzo e terrore.
«Tutto bene?» la sentì chiedere, mentre
il ragazzo annuiva non del tutto convinto. Era un Tassorosso del settimo anno e
giocava a Quidditch, lo riconobbe Astoria.
«Avete un’ora. Disponete dei vostri morti
con dignità. Curate i vostri feriti» un pianto osceno squarciò il silenzio
della Sala e tutti rabbrividirono. Qualcuno doveva aver riconosciuto uno dei
cadaveri, non poco lontano da lì.
Lord Voldemort non udì quello strazio e
continuò il suo appello direttamente verso Harry Potter. Astoria era sicura che
il ragazzo si trovasse da qualche parte nel Castello e pregò con tutta se
stessa che avesse un piano per tirarli fuori dai guai – come sempre.
Sperò che nulla l’avrebbe indotto a
consegnarsi nella mani di Lord Voldemort, condannandoli per l’eternità.
Sapeva che troppo gravava sulle spalle di
Harry, ma era sicura anche che lui ce l’avrebbe fatta. Come sempre.
Riponeva più fiducia in lui che in se
stessa.
«Astoria!» riconobbe la voce di Reed alla
sue spalle e per poco non scoppiò a piangere quando lui l’abbracciò.
Aveva superato da tempo la fase “Non mi
toccare, non mi guardare, tu fai schifo, io no”.
«Per fortuna stai bene» urlò il ragazzo,
scostandola da sé per osservare con preoccupazione i segni evidenti della lotta
sul corpo della bionda.
Astoria si aggrappò alle sue spalle,
chiedendosi subito perché Tracey non fosse con lui.
«Tracey è a farsi curare il braccio rotto
da Madama Chips. Quel bastardo di Yaxley ci ha colti di sorpresa, mentre venivamo
qui» le spiegò rispondendo ad una muta domanda letta negli occhi verdi della
ragazza, strofinando poi le mani contro le sue braccia magre.
«E Draco? L’hai visto?!»
Le bastò poco per capire che Reed ne
sapesse tanto quanto lei.
Lo abbandonò con scuse sincere,
mettendosi poi a correre nella direzione opposta di chi veniva verso la Sala.
I suoi occhi cercarono il corpo di Draco
in qualsiasi angolo del Castello e si rifiutò di gettare occhiate anche a
terra, magari inceppando in altri corpi.
Dopo una decina di minuti di estenuante
ricerca, si lasciò cadere su un gradino ormai quasi completamente distrutto,
una voglia incalcolabile di scoppiare a piangere.
«Maledizione» sussurrò tra i denti, dando
un pugno al marmo duro del corrimano alla sua destra.
Gli aveva detto di non cacciarsi nei guai
e lui cosa faceva?, la mandava in panico.
Si sentì una sciocca mentre raccoglieva
l’ultimo barlume di forza nelle sue gambe e afferrava la bacchetta.
«Wingardium Leviosa» bisbigliò in direzione di un corpo spezzato di fronte
a lei, facendolo galleggiare.
Niente, ormai, dopo l’orrore di pochi
attimi prima la colpiva più. Sembrava maturata ancora nel corso di una sola
notte e questo non le piaceva.
Aveva visto la morte e l’aveva
affrontata.
Aveva dovuto combattere e uccidere,
forse.
Aveva sentito le gambe cederle sotto il
peso di una colpa troppo grande per i suoi quindici anni.
Era stanca. Astoria ne aveva abbastanza
di quella stupida guerra in cui i Mangiamorte l’avevano attaccata, insultata
per il tradimento della loro (sua) Casa.
Aveva dimostrato che non tutti i
Purosangue combattevano per la stessa cosa ma per altro: per amore, amicizia,
rispetto e qualcosa di più del potere.
L’ora concessa da Lord Voldemort era
ormai passata e di Draco nemmeno l’ombra.
Preoccupazione ed ansia l’avevano
lacerata, mentre la curiosità di scoprire cosa sarebbe accaduto – Harry non andare! – le faceva sanguinare
il cuore.
Erano ormai dieci minuti che il silenzio
era calato su Hogwarts. Solo sospiri di stanchezza, piccoli singhiozzi di madri
che avevano perso figli, amici che avevano perso i compagni di sempre e di
molti altri rompevano quell’inusuale tranquillità.
Astoria l’avrebbe definita la calma prima
(o dopo?) della tempesta, se ne avesse avuto il coraggio e la forza, tuttavia
si limitò a rimanere silenziosa sulla soglia dei portoni di Hogwarts,
affiancata da Tracey e Luna Lovegood.
Pochi attimi dopo, durante i quali aveva
torturato la sua gonna di stoffa pregiatissima, all’orizzonte i nemici
apparvero come un corteo di una festa.
Riconobbe con facilità la stazza di
Hagrid il semi gigante, ma dovette assottigliare lo sguardo per capire cosa
tenesse fra le braccia.
Mentre il cuore perdeva uno, due, mille
battiti, la McGranitt lanciò un urlo di dolore che nessuno si sarebbe mai
immaginato di udire.
Un urlo che avrebbe svegliato persino i
morti.
Tutti. Tranne colui che giaceva inerme
tra le braccia di quello che era stato un amico e un professore.
«Harry Potter è morto. È stato ucciso
mentre cercava di scappare di nascosto dal parco del Castello, ucciso mentre
cercava di mettersi in salvo...»
Voldemort fu costretto ad interrompere
quella bugia – perché lo era, ed Astoria ne era sicura – perché Neville Paciock
sbucò dal nulla e li fronteggiò tutti, con quel coraggio che per anni aveva
tenuto nascosto dentro.
Si sentì rinvigorita mentre i Mangiamorte
lo schernivano e la gente rimaneva in silenzio ad osservare.
«Ti ha sconfitto!» strillò Ronald Weasley
d’un tratto, rompendo l’incantesimo che Lord Voldemort aveva creato.
Poi le urla degli amici, dei compagni di
scuola e Voldemort non riuscì più a mantenere il controllo.
Neville combatteva contro una Bellatrix
che rideva sguaiatamente, mentre improperi e disprezzi volavano verso di lei.
Astoria si unì a quelle urla, le lacrime
per un amico più che un nemico come da copione avrebbe dovuto essere a rigarle
le guance.
Fu in quell’istante che una mano strinse
la sua e l’attirò a sé, mischiando le proprie lacrime con quelle di lei.
«è la fine?» domandò contro il collo di
Draco, udendo un rantolo basso provenire dalla sua gola.
Non le rispose, rimase in silenzio ad
osservare il caos che li circondava.
Se fosse stato un vero principe delle
Serpi l’avrebbe presa per mano e sarebbero fuggiti insieme, lontani dalla loro
morte.
Ma fu proprio per quello che rimase lì,
bloccato, ad un passo da tutta la gente che aveva disprezzato e viceversa.
Lì, al fianco di colei che lo stringeva
con forza nonostante ciò che aveva provato quella sera – lontana da lui.
Mentre si chinava per rubarle quello che
probabilmente sarebbe stato un ultimo bacio, un boato esplose.
Fu costretto a trascinarla via dalla
folla che correva all’impazzata all’interno del Castello, mentre qualcuno di
Invisibile lo urtava e lo scostava malamente di lato.
E comprese ciò che stava accadendo,
mentre abbassava Astoria per evitare un anatema che uccide e correre a sua
volta.
Forse quella non sarebbe stata la fine.
«Combattiamo insieme, ora» gli disse la
ragazza senza comprendere bene le proprie parole, ma schiantando con un gesto
secco della bacchetta un Mangiamorte robusto ed incappucciato che aveva cercato
di colpire Padma Patil.
Draco le sorrise, mentre l’ultima
battaglia aveva inizio.
≈♥ ♥≈
Astoria si domandò che cosa sarebbe
successo, ora.
Al suo fianco Draco ancora la stringeva a
sé, dopo che Harry Potter – comparso da nulla – aveva lanciato il suo ultimo
incantesimo.
Avrebbe tanto voluto gettarsi a terra e
piangere, ma le forti braccia di Narcissa Malfoy strinsero a sé il corpo magro
e allampanato del figliol prodigo, piangendo rumorosamente e come una bambina.
Dietro di lei Lucius Malfoy sorrideva,
nonostante un’evidente condanna incombeva sulla sua testa.
Sorrise a sua volta Astoria, capendo che
l’amore che entrambi i genitori provavano per Draco fosse quanto c’era di più
grande al mondo.
«Madre, ti prego...mi metti in imbarazzo»
sbottò Draco con le guance vagamente colorate, mentre la bionda che ancora
stringeva in modo piuttosto ridicolo scoppiava a ridere.
Il sollievo l’aveva colta inaspettata e
si accasciò a terra, trascinando con sé il proprio ragazzo.
«Abbiamo vinto?» domandò guardando gli
occhi grigi del ragazzo, mentre Narcissa Malfoy andava a baciare il marito,
incurante degli Auror che passavano loro affianco.
In qualche modo, pensò la donna
osservando il figlio e Astoria di sottecchi, se la sarebbero cavata. Ancora.
«Sì»
Draco la baciò, mentre Astoria scoppiava
ancora a ridere e gli circondava il collo con le braccia.
Gli sussurrò ti amo almeno un centinaio
di volte, prima che i genitori del giovane li richiamassero all’ordine con un
certo divertimento nella voce.
«Madre, ti ricordi di Astoria, vero?»
chiese in quel momento Draco, avvicinandosi alla donna.
La secondogenita della famiglia
Greengrass si sentì arrossire, mentre Narcissa la scrutava con interesse.
«Certo» proclamò infine, sciogliendosi in
un sorriso caloroso che raggiunse anche gli occhi «Vedo che sei sbocciata
splendidamente, cara» aggiunse infine, schiacciando l’occhiolino al figlio.
The end.
Per noi, non per loro. <3
Note
di fine capitolo:
Questo capitolo è stato un parto lungo e
doloroso. E so che ce dovrebbe essere un altro, ma in realtà non me la sono
sentita di prolungare ancora.
So che avrei potuto dividerlo a metà, ma
nove pagine non sono poi molte in fin dei conti, no?
Il capitolo riprende la battaglia finale
di Hogwarts da un punto di vista nuovo ed alcun battute sono ripresa dal libro
stesso.
A me personalmente piace, seppure non sia
un mostro di bellezza.
Oh, e il ragazzo a cui Luna (che ho
inserito perché uno dei miei personaggi preferiti) tiene la testa è Rolf. Non l’ho detto perché non serviva nel capitolo, ma
qui sì.
La scena della battaglia è in assoluto la
mia preferita in tutti e sette i libri. Mentre la leggevo piangevo come una
disperata, sapete? XD
Poi...non ricordo più.
Beh, il finale così era d’obbligo: non
sarà tutto rose e fiori per loro, già lo sappiamo. Ma questa è un’altra storia.
Note
della raccolta finali:
Questa Fic è durata tantissimo. Sarebbe dovuta
essere lunga solo una decina di capitoli, ma come al solito non so regolarmi.
È stata la mia prima fic su Harry Potter
e ai tempi non sapevo ancora se a qualcuno sarebbe potuta interessare.
Astoria è stata una mia creatura, nome e
cognome a parte. Non si sapeva nulla di lei ed ora ha le sue peculiarità. Mi piace
come è uscito, alla fine, questo personaggio.
Così come sono (abbastanza, ma non
troppo) soddisfatta del suo rapporto con Draco, cresciuto capitolo dopo
capitolo.
Inoltre mi è piaciuta molta anche Tracey,
altro personaggio su cui non si sa nulla.
Note
finali (generiche):
Io ringrazio tutti voi, che avete seguito
questa Fic fin dall’inizio, con i suoi alti e bassi, con i miei blocchi, le mie
crisi, i miei scleri e le mie idee.
L’ammontare dei preferiti è tutt’ora 68 e
quello delle seguite 67. Mi piacerebbe sapere qualcosa da ognuno di loro, ma è
impossibile: non l’avete fatto fin’ora, mai lo farete.
Ringrazio inoltre le persone che mi sono
state vicinissime con i loro commenti fin dall’inizio. Senza di voi non sarei
arrivata qui, davvero.
Annunci:
Il primo dicembre inizierà la
pubblicazione di Pureblood, altra fic che vedrà
protagonista Astoria. Non so se la seguirete, ma a me farebbe davvero taaaanto piacere! *_*
Un bacione grandissimo e a presto,
Cà.