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Autore: serpeinseno    06/11/2009    1 recensioni
"Comincia a piovere, i suoi capelli si riempiono di gocce brillanti alla luce del lampione e i nostri sguardi non si spostano di un centimetro, imprigionandosi e facendosi milioni di domande silenziose che forse mai avranno risposta."
Genere: Thriller, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ho un po’ allentato la scrittura con Light, perché il non poter leggere neanche un minimo commento mi demoralizza, ovviamente scrivo innanzitutto per me quindi continuerò. Per chi passa di qui Buona Lettura ancora una volta!

Bella

L’uomo che pesca.
O forse è un uomo che semplicemente tira su qualcosa che non ha niente a che fare con la pesca.
Il resto è così confuso…
Sono le nove e sono rimasta da sola in redazione. La scusa era “sistemare alcune cose nel pc del mio ufficio”. In realtà sto spulciando gli archivi d’arte per capire cos’è e chi l’ha fatto. Ma ancora niente. Questo piccolo dipinto ha deciso di farmi impazzire.
Collego un attimo il cervello e dandomi della pazza decido di alzarmi e controllare il traffico, di sotto. Sembra che si sia ammucchiato davanti all’entrata della palazzina. Altro motivo per aspettare un po’ di più. Vado nella hall e mi faccio un caffè alla meringa, è la goccia che fa traboccare il vaso, la fame comincia a farsi sentire e traffico o non traffico prendo le mie cose, spengo la lampada sulla scrivania e lascio la redazione.
Scendo le scale e mi do una sberla mentale. Niente giacca, braccia scoperte, se non mi prende ora la febbre non mi prenderà più. Chiamo un taxi e mi faccio lasciare proprio davanti al portone di casa mia. L’ingresso è vuoto, come le cassettine della posta. Chiamo l’ascensore che ci mette una vita ad arrivare, entro e premo il tasto 4. Qualcuno dovrebbe pulirci qui dentro, forse è arrivato il momento di richiamare la signora delle pulizie, o starà ancora male?
Uscendo il nervoso quasi mi scivola via, grazie a un quadratino bianco poggiato sul mio tappetino. Lo punto e quando lo alzo mi nasce un sorriso che muore così presto che è come se non ci fosse mai stato.
Ehi Bella! Non ti ho chiamato per non disturbarti, visto che non ci sei sarai sicuramente ancora in redazione… Volevo farti sapere che Alice mi ha detto che se voglio posso portare qualcuno perché per sbaglio le hanno prenotato due tavoli e non può ritirare la prenotazione. Se vuoi ci vediamo lì, ci sarà anche suo fratello con un’amica. Baci J.
Mi soffermo sulle ultime parole circondate da tutto il resto. Suo fratello con un’amica. Non do tempo all’ansia di arrivare perché già l’angoscia si è fatto il suo meritato spazio. Pure troppo.
Allora facciamo mente locale: Alice ha prenotato due tavoli. Ma dovrebbero essere da due entrambi, perché uno da tre? E poi… io cosa c’entro? Farò bene a starmene a casa.
Già sento la voce di Jasper “Sempre la solita poltrona”.
Io non sono poltrona, è che spesso mi sento in imbarazzo e preferisco non mettermi troppo al centro dell’attenzione. E so già che nella situazione di trovarmi di fronte a due perfetti sconosciuti mentre Jasper si diverte con Alice, non mi sento molto accomodata.
Metto le chiavi nella toppa e accendo le luci dell’appartamento, fa decisamente freddo. Fortuna che siamo in aprile.
Poso le mie cose sul tavolino davanti alla porta e vado ad accendere i riscaldamenti. Stasera mi concedo insalata, toast e burro magari con un po’ di succo al mirtillo per tirarmi su. Accendo la tv e comincio ad ascoltare il notiziario, nonostante non me ne importi granché. Ultimamente siamo io e il mio mega cuscinone di pail, delle profonde serate passate in compagnia l’uno dell’altro. Ragazzi che chiacchierate!
Vago con lo sguardo fino alla pila di riviste accanto al divano. Accidenti. Le riviste!
Così presa dalla piccola tela ho dimenticato di dare le riviste ad Angela che domattina sarebbe dovuta andare da Germano. Bene. Vorrà dire che domattina mi alzerò all’alba per recuperare le riviste per poi rimettermi a dormire appena tornata a casa.
Dopo aver terminato la cena prendo una copertina e il mio cuscinone, mi siedo sul divano e aperto il portatile comincio a scrivere, ma non passa tanto tempo prima che il sonno mi faccia crollare. Stavolta ce la faccio a raggiungere la camera da letto e mi butto in quel ben di Dio composto da morbidi cuscini, un materasso molto comodo e aria calda.

Edward

Lucie è andata via dopo avermi accertato con gesti ed espressioni molto convincenti, che non le ho fatto del male, o meglio, che a lei è piaciuta la nottata passata assieme perché è stata fatta da dolore misto a passione. Il dolore più grande sta nel non ricordare nulla. In più al non averci capito nulla. La cosa mi ha così tanto sconvolto che non sono uscito neanche per andare da mia sorella oggi. Tutto il giorno qui dentro. Sono uscito solo per mangiare qualcosa ma poi sono tornato qui, insieme ai dubbi che mi gravitavano e mi gravitano tutt’ora intorno alla testa. Che fa un male atroce.
Dovrei poterci capire qualcosa. Quella ragazza era insanguinata, cavolo. Sul mio divano. E si è spaventata non per il sangue ma per la mia reazione al suo sangue.
No, non capisco.
È possibile che abbia rimosso tutto quanto? Ma certo, è stata la stanchezza! Non ricordo niente perché prima il viaggio e poi la serata… sicuramente il sonno e lo stress postviaggio mi hanno indotto a dimenticare tutto. Però che cosa strana…
Porto in bagno le mie cose e riempio la vasca versando dentro Sali da bagno per tranquillizzarmi. Spero ci riescano.
Non riesco a mettere un piede nella vasca che il mio cellulare prende a squillare nervosamente. Rispondo affogando la volontà di far finta di niente.
”Edward, cosa stai facendo?”
”Alice, mostriciattolo sei tu, fra poco vado a letto, sono stanco ed ho avuto una giornata pesante” fatta di pensieri nella ricerca di risposte, senza aver trovato nulla di buono.
”Cosa? Già a letto? Edward sei un pensionato! Beh. Senti domani sera tu esci con me. Ho un appuntamento, a dire la verità è solo tra me e lui, ma siccome non lo conosco ho prenotato un altro tavolo per due non molto distante dal nostro, ti va di venire? Con te accanto mi sento un tantino più sicura…” Uuuuuh, smascherata la mia indipendente sorellina.
”Certo, ci sarò e ti farò da bodyguard da lontano” mentre rido quasi urlando la sento fare i versi dell’offesa.
”Edward, portati qualcuno, o qualcuna ovviamente”
”Chi? Non conosco nessuno qui…” l’unica persona che conosco sembra essersi sacrificata a chissà quale rito compiuto inconsapevolmente da me stesso. Madre.
”Bene. Allora dirò a lui di portare la sua amica, sembrano molto uniti, potrebbe fargli piacere”
”Ok, basta che riesca a dire almeno due parole in croce”.
”In tua presenza? Eh. Bene. Vestiti bene. A domani dormiglione.”
Non mi da il tempo di salutarla che già ha chiuso la chiamata e chissà a chi o cosa è indirizzato il suo pensiero adesso. Il mio è per il bagno, il rilassamento e il letto.

Bella

È meraviglioso svegliarsi con la tv del vicino smemorato. Cavoli io ho solo due giorni a settimana per dormire un po’ di più e te fai tutto questo baccano?
Tanto meglio. Devo andare a prendere le riviste da consegnare.
Mi alzo velocemente e mi sistemo per la sveglia temporanea. Cose scomode tanto starò via massimo mezz’ora. Mentre infilo le scarpe suona il telefono, quasi cado per prenderlo con una mano ancora infilata nella scarpa destra.
“Pronto?”
“Buongiorno Bella, sono Angela, sei già passata da Germano?”
“A dir la verità… no, mi sono appena svegliata Angie”
“Bene, anzi perfetto! Siccome ho avuto un contrattempo, potresti prendere la lista che ho sulla scrivania del mio ufficio? Sono pochi volumi da ritirare”
“Oh, ma si, non preoccuparti. Mi devo ancora far perdonare per la pessima scena dell’altra sera”
“Ahahah su Bella pensa positivo, io non l’ho detto a nessuno, immagina se al posto mio ci fosse stata…” “Jessica, già, mi vengono i brividi solamente a pensarci”
“Bene, allora ci sentiamo”
“Ok, ciao”
Bene, bene, bene. Mi dovrò portare un carrettino per trascinare tutto.
Appena uscita dal palazzo vengo investita dal sole cocente, non aspettavo altro per oggi, era quasi una settimana che il cielo si manteneva grigio. Passo per la redazione e una volta riempite le braccia prendo la metro per arrivare da Germano.
Ovviamente ho con me il dipinto.
Suono e nessuno risponde. E la cosa è un po’ imbarazzante quanto scomoda: ho le braccia occupate, quindi anche le mani, e mi sono ritrovata a dover suonare con il naso.
Sento qualcosa sbattere dietro la porta, come se qualcuno stesse appoggiando dei grandi manuali sulla scrivania all’entrata. Decido di risuonare, magari non mi ha sentito.
Ecco la porta che si apre! Cerco di sistemare le riviste che ho in mano.
“Salve Germano, scusi per l’ora ma sono venuta a restituire le rivi…” ecco, proprio in questo momento vorrei potermi sotterrare. Anche qui sul marciapiede va bene.
Le riviste che stavo tenendo quasi in equilibrio si sparpagliano a terra e quel che riesce ad uscire dalla mia bocca è un misero “No”.

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