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Autore: PaleMagnolia    06/11/2009    3 recensioni
Carrietta Sherman, née Crowley-Barnett, aveva diciassette anni, una massa di lucidi capelli neri, ed era vedova. La qual cosa non era, di per sè, poi tanto eccezionale.
Genere: Romantico, Commedia, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione, attenzione, signori e signorine: l'Autrice (hmmm, sì, insomma: io) sa come questa storia comincia, sa come si sviluppa, ma non sa come finisce.
Quindi può darsi che essa (la Storia, non l'Autrice) rimanga incompiuta. Può darsi. Non ho detto "di sicuro".
E fin qui, ci siamo.
E ora, gli avvisi, come a fine messa - o quel che è.

Primo avvertimento.

Questa sarà una storia d'ammoreh, con due M e la H finale. Non esattamente il mio consueto genere - anzi, niente affatto il mio genere, in realtà. Non so cosa ne verrà fuori, perchè io e l'ammoreh non è che siamo tanto intimi, di solito. Ecco.
Secondo avvertimento.

La storia risente pesantemente della recente rilettura di "Via col Vento". Non dite che non vi ho avvertito.

Disclaimer: questi personaggi non mi apparten sono miei.


Carrietta Sherman, née Crowley-Barnett, aveva diciassette anni, una gran quantità di lisci capelli neri, ed era vedova

Carrietta Maria Sherman, née Crowley-Barnett, aveva diciassette anni, una gran quantità di lisci capelli neri, ed era vedova.

La qual cosa non era, di per sè, tanto eccezionale; nella Georgia dei primi dell’800 non era poi così inusuale essere vedove prima ancora di raggiungere la maggiore età. Singolare era, piuttosto, il fatto che Carrietta avesse una figlia undicenne.

Non era davvero figlia sua, naturalmente. Bonnie Sherman era la bambina che Frank Sherman, il marito di Carrietta, aveva avuto dalla sua prima moglie, morta anni prima.

Ma ora, Carrietta doveva prendersi cura di quella creaturina pallida e insicura; e, dato che la figliastra le era attaccata in maniera morbosa, doveva portarsela appresso ovunque andasse.

Non che la povera, gracile Bonnie le fosse di peso; anzi, la maggior parte delle volte la ragazzina era felice di starsene in un angolo della stanza, a leggere favole romantiche o a imbastire abiti per le sue bambole, e Carrietta a malapena si accorgeva della sua presenza. A forza di vedersela sempre attorno come un’ombra, con un’espressione adorante sul visino scialbo, Carrietta aveva finito per affezionarsi a sua volta alla piccola orfana.

 

II

 

Suo marito, proprietario terriero e amante della buona tavola e delle cavalcate, era stato scelto per lei da suo padre, e Carrietta aveva accettato senza discutere, da brava figlia.

Suo padre, il generale Crowley-Barnett era un florido, chiassoso proprietario terriero di vecchio stampo – ossia portato in egual misura per i liquori, le donne graziose, e i cavalli.

Si era sposato giovane, aveva, come da copione, avuto due figlie nel giro di due anni, e, nemmeno trentenne, era partito per il fronte, lasciando la moglie a occuparsi di due bambine, una enorme casa, e più di cento schiavi chiassosi e insubordinati.

Mr. Crowley-Barnett aveva combattuto le guerre messicane, e dai campi di battaglia era tornato a casa portandosi dietro il grado di generale, due dita di meno, e una propensione più che discreta al bere e al gioco d’azzardo.

Quest’ultima conseguenza della permanenza nell’esercito, unita ad una certa dose di spensieratezza - e ad una anche più considerevole di bourbon - aveva prosciugato, nel giro di pochi anni, tutto o quasi il suo patrimonio liquido personale. Prima che i debiti di gioco arrivassero ad intaccare anche la piantagione e le case, tuttavia, il generale aveva preso la prima decisione lungimirante della sua vita, e si era risolto a maritare le sue due figlie, appena adolescenti, ad altrettanti uomini danarosi; questo, col duplice scopo di tagliare le spese familiari - le donne, si sa, costano - e di consolidare le sue traballanti risorse economiche.

Fu così che, il giorno del suo quindicesimo compleanno, Carrietta venne convocata nello studio di suo padre per metterla a parte di una solenne decisione.

Quando, avvertendo l’odore di cuoio e tabacco dello studio, entrò con un brivido di paura ed eccitazione – non era mai stata ammessa, da sola, nelle stanze di suo padre – Carrietta venne invitata a sedersi su una poltrona di cuoio rosso cupo, di fronte a suo padre.

“Siedi, cara”, le aveva detto sorridendo, tenendo il sigaro fra le dita superstiti della mano destra.

Carrietta si era seduta, ben attenta a sistemare la gonna in modo che non si sgualcisse. Non appoggiò la schiena alla spalliera della sedia.

“Sì, papà”

C'era stato un breve silenzio.

“Così”, aveva iniziato il generale, con una specie di imbarazzo, “sei diventata una signorina.”

Dopo una pausa ponderosa, aveva continuato. “Quindici anni. Tua madre a quindici anni aveva già avuto te. E ora anche tu sei ormai una donna” Il padre l’aveva squadrata lentamente, come a soppesarla. “E sei anche diventata bellina. Sì. Molto bellina.”

“Grazie, papà.”

Il generale aveva fatto un gesto vago con la mano. In un suo modo grossolano e svagato, amava le figlie, ma non le comprendeva, né apprezzava la loro compagnia.

“È proprio ora che cominciamo a pensare a trovarti un bravo marito.”

Carrietta si era agitata sulla sedia.

Il generale si era sporto verso di lei, con un sorriso affabile, che a Carrietta sembrò minaccioso. “Non è vero? Sì?”

“Sì, papà.”

“Cosa ne diresti, bambina, se tuo padre ti portasse a conoscere qualcuno dei suoi amici, eh? Forse uno di loro potrebbe riuscirti simpatico, che dici? E tu a lui...”

“Va bene, papà”

Il generale aveva battuto entusiasticamente il palmo della mano sul bracciolo della sua poltrona.

“Brava ragazza, brava... Sì, sì. Allora, se questo è quanto, domani ti porto in visita dal mio buon amico Frank Sherman. Mettiti in ghingheri, mi raccomando”, aveva aggiunto scherzoso, ostentando disinvoltura.

“Sì, papà”

C’era stato un momento di silenzio.

“Posso andare, ora, papà? Devo finire la mia lezione di francese.”

“Certo, certo, bimba, vai pure. Anzi, per oggi puoi considerarti esentata dal francese. Dopotutto, è il tuo compleanno, no?”, aveva risposto, gioviale, tirando una boccata di fumo dal sigaro acceso.

Carrietta si era alzata.

“Sì, papà.”

 

 

  
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