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Autore: Miss Ron    09/11/2009    1 recensioni
In un altro tempo, in un altro universo, dove eventi e personaggi passati si mescolano con eventi e personaggi presenti diventando un tutt'uno, quale sarebbe stato il loro destino?
"Albus rivolse a Gellert uno sguardo scettico.
-Ammesso che un Mago Oscuro possa amare, e che possa amare un Mago della Luce,- disse -credi davvero che basterebbe questo per salvarlo dalla dannazione eterna?-
-Ne sono certo.- rispose il biondo -L'amore è più potente di qualsiasi altra cosa, compresi la Luce, l'Oscurità e persino la Morte.-"
Pairing principale: Tom/Harry
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald, Harry Potter, Severus Piton, Tom O. Riddle
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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- Questa storia fa parte della serie 'La promessa della Morte'
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Risposta alla recensione

Yuukimi: Sono felice che ti piaccia la mia fic, spero di non deluderti, e sì, Severus e Harry sono contemporanei e non solo loro, anche Tom lo è e l’elenco non è ancora finito. In pratica ho messo tutti i personaggi che m’interessavano nello stesso anno.

In quanto a Ginny, non è che la odi, mi è indifferente e non c’è la vedo bene insieme a Harry. Nessuno mi toglierà mai la convinzione che ciò che ha spinto Harry a sposarla è stato il desiderio di costruirsi una famiglia e avere una vita normale, più che l’amore. Comunque in questa fic la famiglia Weasley non ha un ruolo molto importante e Ron neanche compare. Fammi sapere cosa pensi di questo capitolo.

 

Capitolo II

Tom Riddle

Se qualcuno quel giorno fosse andato a farsi un giro a Diagon Alley avrebbe trovato nella Sala Lettura del Ghirigoro un ragazzo undicenne immerso nella lettura di un libro  intitolato: I babbani scoprivano il fuoco, i maghi l’incanto Incendio.

Era un ragazzo molto attraente: alto per la sua età, con una carnagione d’avorio, che sembrava ancora più chiara se messa in confronto ai capelli color dell’ebano, e gli occhi di un singolare color ametista, ma talmente scuri da sembrare neri.

Era seduto su quella sedia da più di un’ora, rimanendo perfettamente immobile tranne che per la mano destra che cambiava pagina a intervalli regolari.

Una delle straordinarie capacità di Tom Orvoloson Riddle era la capacità di concentrazione. Anche se un argomento lo annoiava, non si perdeva una parola e la sua eccezionale memoria gli permetteva di ricordare tutto, analizzarlo e rielaborarlo.

Una delle maestre della scuola elementare che frequentava aveva commentato, pensando che lui non la sentisse, che il suo cervello faceva paura.

Il che era vero. Nessuno, tra gli adulti e i bambini che aveva frequentato nella sua vita, si sentiva a suo agio con lui. Tutti lo tenevano a distanza, era come se avesse avuto scritto in fronte ‘diverso’. Ed era esattamente così che Tom si sentiva: diverso, speciale. Per questo quando quella donna dall’aspetto severo gli aveva consegnato una lettera invitandolo ad iscriversi ad una Scuola di Magia lui non era rimasto minimamente sorpreso. Aveva sempre saputo di essere differente da quella massa di patetici individui che lo circondava.

Finito il XII capitolo, richiuse il libro e uscì. Il testo era molto noioso, ma probabilmente leggerlo gli avrebbe permesso di passare il primo trimestre di scuola senza studiare Storia della Magia.

Da quando aveva incontrato quella donna, aveva aumentato le sue fughe dall’orfanotrofio per visitare Diagon Alley. In particolare aveva passato molte ore nella sala lettura del Ghirigoro leggendo ogni tomo che attirasse la sua attenzione.

Voleva imparare il più possibile e il più in fretta possibile del mondo in cui era appena entrato a far parte. Dopotutto conoscenza voleva dire potere.

Si stava dirigendo verso il Paiolo Magico quando intravide un bambino che attirò la sua attenzione. Era situato di fronte al negozio di Madama McClan, circondato da pacchetti e pacchettini, e con in mano un astuccio di pelle rettangolare che, Tom lo sapeva perché ne possedeva una anche lui, conteneva una bacchetta di Olivander.

In realtà non aveva nulla di particolare. Era mingherlino e il viso chinato a terra era nascosto da una chioma nera ribelle e intricata. L’unica cosa di particolare in lui erano i vestiti babbani che indossava in cui avrebbero potuto entrare altri due o tre della sua costituzione. Tom si diede dello stupido: perché stava perdendo il suo tempo con un moccioso di otto ani che giocava con la bacchetta di suo fratello o sua sorella?

Stava per voltarsi e andarsene quando il bambino alzò il viso e Tom incrociò un paio di occhi di un verde stupefacente.

Puro. Fu questo l’aggettivo che venne in mente a Tom, osservando quel colore. Era totalmente trasparente, non nascondeva niente di ciò che provava: gioia, curiosità, eccitazione.

Rimasero a fissarsi per un po’ finché il bambino non gli sorrise e Tom suo malgrado si ritrovò a ricambiare il sorriso. Il che non era da lui. Era strano, ma percepiva una profonda affinità con quel bambino, come se fossero… uno parte dell’altro.

L’incanto fu spezzato da una donna alta e magra che gli coprì la visuale mettendosi di fronte al bambino. Tom la riconobbe: era Minerva McGranitt, la donna che gli aveva consegnato la lettera. I casi erano due: o quel bambino era suo parente oppure era più grande di quel che aveva ipotizzato.

“In ogni caso,” pensò “la questione non mi riguarda”. Voltò le spalle e si allontanò relegando l’incontro in un angolo della mente senza, però, riuscire a soffocare la speranza che il bambino avesse davvero tre anni in più di quanto gliene avesse attribuiti perché avrebbe significato che si sarebbero rivisti tra circa un mese.

Tom non poteva saperlo, ma quell’incontro e quegli occhi avrebbero mutato il suo destino.

  
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