Capitolo 13
Giochi
a incastro
POV Kristen
Per
quanto mi sforzassi di non pensarci, la mia mente vagava sempre lì. Anche dopo
due settimane i ricordi tornavano sempre
a quella sera e ogni volta mi trovavo a rievocare ogni singolo gesto, ogni
minimo movimento, ogni alterazione della sua voce, per cercare di capire il
motivo del mio nervosismo.
Alzai
la testa di scatto.
“Cosa?”
mormorò Rob.
“Spilati le orecchie la mattina” sbuffò Kellan. “Voglio che
baci Kristen” ripeté.
Rimasi
a bocca aperta per un secondo non sapendo cosa fare o cosa dire. Lanciai
un’occhiata a Rob per vedere la sua reazione, ma non c’era reazione. Era
rimasto imbambolato e immobile pure lui. Difficile dire se fosse perché stesse
ancora elaborando la domanda, se stesse cercando un modo per tirarsi indietro o
se stesse fingendo di non capire. Vedendolo in difficoltà tanto quanto me cercai
di rimediare.
“..ehm..scusate..ma
i pegni non dovrebbero riguardare solo le persone interessate?..io che
c’entro?” tentai anche se sapevo che le regole non erano quelle.
“Non
è assolutamente vero! Non iniziare ad inventarti le regole!” rispose Jackson.
“E
poi quello che è giusto è giusto…un pegno è sempre un
pegno!” si aggiunse Kellan con tono vendicativo e con le stesse parole che Rob
aveva usato per costringerlo ad andare in giro in mutande.
“Andiamo
ragazzi” finalmente sembrava essersi ripreso. “Che senso ha? Non è che non ci
siamo mai baciati..” osservò.
In
effetti aveva ragione. Era quasi stupido farsi tanti problemi per uno stupido
bacio, eppure la situazione mi rendeva nervosa.
“A
maggior ragione, non vedo il problema..” continuò imperterrito Kellan. Era
irremovibile.
“Nessun
problema!” rispose veloce Rob. “Ma non vedo il senso della cosa..”.
“Ah
perché invece chiudermi fuori la stanza in mutande per un quarto d’ora ha
senso!”.
Accidenti.
1 a 0 per lui. Bè, dovevo ammettere che aveva ragione dopo tutto. I pegni non
hanno un significato o un senso se non quello di mettere in imbarazzo o costringere
a fare cose che non faresti mai.
Nemmeno
lui poté infatti controbattere mentre Kellan continuava imperterrito a girare
il coltello nella piaga.
“Anzi…” continuò con tono di rimprovero “dovresti
ringraziarmi. In fondo è un pegno piacevole..” disse guardandomi sorridendo.
Gli
risposi con una smorfia indecifrabile e mi voltai a guardare Rob con aria rassegnata.
Iniziò
a parlare con fare dolce e afflitto. “Kristen non ci sono problemi se non
vuoi..”
“Cha
cavolo ragazzi! Ma come siete melodrammatici! Mai viste tante storie per un
bacio!” esplose Jackson.
“..a
meno che..” Nikki si intromise nel discorso. “..non c’è qualcosa che non sappiamo…” mi punzecchiò e capii perfettamente il
riferimento alle tante chiacchierate che ci eravamo fatte sull’argomento. Bè,
in realtà parlava solo lei, io mi limitavo a sbuffare e scuotere la testa ogni
volta che cercava di convincermi che Rob avesse un interesse per me.
Tante
volte mi ero avvicinata a quell’idea, tante volte quel pensiero mi aveva
sfiorato, e tante volte Nikki aveva cercato di inculcarmi quella sua convinzione,
ma ero abbastanza abile da sviare tutte le sue e le mie stesse supposizioni e
rimanere con i piedi per terra.
“Nikki,
ti prego smettila con questa storia! Io e Rob siamo solo amici!” ripetevo ogni
volta, rendendomi conto della monotonia delle mie risposte, ma era proprio un
osso duro. Nessuno l’avrebbe rimossa dalle sue posizioni.
“Kris,
io non cambio idea finché non ammetterai che anche tu provi qualcosa per quel
ragazzo” mi rispose un giorno convinta.
Iniziai
a pensare – in modo quasi meschino – che la sua fosse tutta una tattica per
giustificare il rifiuto di Rob nei suoi confronti e non apparire ferita.
“Lo
dici solo perché ti ha detto di no” ribattei acida ma me ne pentii subito.
“Scusami Nikki…non intendevo..mi dispiace” cercai di
rimediare. Sapevo l’interesse che provava nei suoi confronti, nonostante
cercasse di nasconderlo.
“Hey! Va tutto bene! Non preoccuparti! So accettare un
rifiuto”. Sorrise e ricambiai il sorriso.
“Ma
ciò non toglie che Rob muore per te” continuò imperterrita.
“mmm..” mormorai sbuffando. “Insisti??”
“Kris,
un giorno, non molto lontano, verrai da me e mi dirai ‘Nikki! Avevi ragione!’”.
“Ne
dubito fortemente..”
“Allora
scommettiamo!”
Adesso
ci si metteva pure lei, non bastavano i tecnici con le loro stupide scatoline
PRO e CONTRO. Non ne potevo più di
quella storia.
“OH!
Ti prego Nikki! Non iniziare anche tu!” esclamai.
Scoppiò
in una sonora risata. “Hai saputo di Jerry e delle sue scommesse” riuscì a dire
tra una risata e l’altra.
“Li
abbiamo colti sul fatto” risposi secca.
“Vedi?
Se lo pensano anche loro vuol dire che è vero!”
“No…” ribattei calma prendendo tempo. “Vuol dire che
qualcuno ha un’immaginazione molto fertile…e che gli
altri sono bravi a specularci sopra!” risposi soddisfatta.
“Sarà,
ma comunque se sei davvero così sicura, non puoi che vincere da una scommessa”.
“Bene..”
sbuffai. “Cosa scommettiamo?”
“Niente!
Già te che mi vieni vicino a dirmi che avevo ragione è un premio soddisfacente”
disse stringendomi la mano per sigillare quel patto.
“Sento
già il profumo della vittoria…” cantilenò infine e se
ne andò.
Era
davvero una strana ragazza, però stavo davvero iniziando ad affezionar mici.
Nonostante ai suoi occhi dovessi apparire come una specie di rivale per i suoi
scopi – secondo le sue convinzioni ovviamente – negli ultimi due mesi mi era
stata molto vicina, il che non era sempre semplice.
Tra
gli impegni scolastici e il lavoro mi trovavo seme a fare le corse da un posto
all’altro, a girare scene impegnative con i problemi di geometria in testa – il
che, dati i miei scontrosi rapporti con la matematica, è tutto dire - e a volte arrivare sul set era
disorientante. Certo non potevano aspettare me per girare tutte le scene, così
esaurite le poche in cui non ero presente, Catherine aveva iniziato a girare i
miei fuori campo e i campi lunghi mettendo qualcuno al mio posto per
risparmiare tempo per poi rifare la scena inquadrando solo me. Dire che ero
stressata era poco.
L’unica
magra consolazione era il cast. Erano tutti bravissimi, il che rendeva tutto
più fluido e facile. In particolar modo, ringraziavo ogni giorno il cielo di
averci mandato Rob. Con lui era un discorso a parte. Recitare con lui non era
solo semplice o veloce, era naturale. A volte ripensavo alle audizioni e a
tutti i ragazzi che avevano sostenuto il provino. Per quanto cercassi di
forzare la mia immaginazione, non riuscivo a figurarmi con nessun altro se non
con lui. Davvero sentivo che non ci
sarebbe stato nessuno con cui avrei potuto sentirmi più in sintonia. Era
tecnicamente impossibile. Non esisteva sintonia o alchimia migliore della
nostra. Eravamo come due tessere di un puzzle con un’unica combinazione:
combaciavamo perfettamente. Era tutto molto palpabile, soprattutto sullo
schermo. Non era solo finzione. Cioè, lo era, ma in modo naturale. Era l’unica
persona, in tutti i miei anni di film e lavoro, con cui davvero non sentivo di
recitare. Ogni volta, era lì con me. Reagiva alle mie reazioni, appoggiava le
mie battute, come se ci stessimo continuamente rispondendo a vicenda. Anche
improvvisare con lui era del tutto normale, come quella volta in cui gli avevo
ficcato un dito in bocca dicendogli “Vuoi assaggiare?”. Sentivo ancora la sua
lingua muoversi attorno ai contorni del mio dito per poi farsi indietro e
permettergli di mordermi leggermente. Inconsciamente avevo ritratto il dito e
l’avevo messo in bocca assaporando quel poco della sua saliva che ancora
risiedeva sulla pelle. Chissà perché l’avevo fatto. In quei momenti era
difficile dare risposta alle mie domande. Le mie azioni non erano più spinte da
un vero e proprio ragionamento, entravo completamente nel personaggio e
improvvisavo letteralmente. Erano le scene che preferivo, forse perché le
sentivo più reali delle altre.
Era
difficile descrivere il rapporto che si era creato con lui: tra la complicità,
l’amicizia, e l’imbarazzo che qualche momento di intimità aveva creato. In
seguito alle sue inaspettate proposte di matrimonio – a cui non sapevo dare un
senso logico o una risposta che non fosse scortese – avevano tutti iniziato a
chiamarci marito e moglie.
“Dove
sono i due sposini?” diceva qualcuno riferendosi a noi.
Un’abitudine talmente radicata da colpire
anche noi.
“Hey moglie!” mi salutò una volta Rob scherzando.
“Ehilà
marito!” risposi allo scherzo.
Da
quel momento ci salutavamo quasi sempre così.
Insomma,
Rob riusciva ad alleviare il mio stress rendendo tutto più semplice. Con lui
anche la pressione di girare una scena in dieci minuti svaniva. A volte
riuscivamo a girare una scena fondamentale in cinque minuti: un solo ciak. Catherine
era sempre più soddisfatta, non faceva che complimentarsi con noi e con se
stessa. La sua soddisfazione raggiungeva gli apici di una scala da uno a mille,
tanto quanto la mia stanchezza. Amavo il mio lavoro, sapevo a quello a cui ero
andata incontro avviandomi per quella strada e mai e poi mai l’avrei lasciata.
Recitare era l’unica cosa che davvero riusciva a farmi sentire viva, me stessa,
e riuscivo quasi sempre a sopportare lo stress. Tuttavia c’erano giorni in cui
ero talmente stanca, nel senso fisico della parola, da non riuscire a
nasconderlo del tutto. Tra un ciak e l’altro mi appoggiavo sul divano
appisolandomi un po’. Rob veniva quasi sempre in mio soccorso.
“Hey..” diceva dolcemente accovacciandosi per arrivare alla
mia altezza e guardarmi negli occhi.
“Hey..” sbadigliavo.
“Stanca?”
“Un
po’..” ammettevo.
Mi
intratteneva per un po’ per tenermi sveglia finché non giungeva il richiamo di
Cath: ”Ragazzi pronti! Si gira!”.
Alzavo
gli occhi sorridendo, lui allungava una mano e afferrandola mi alzavo più
veloce che potevo.
Un
girono però mi prese alla sprovvista.
“Andiamo
Bella Addormentata!” esclamò e dopo aver afferrato la mia mano, vedendomi
barcollare mi bloccò e mi prese in braccio, portandomi con non-chalance sulla
location.
Abbassai
lo sguardo imbarazzata. “Vedo che hai imparato” lo punzecchiai divertita. Colse
il mio riferimento alla sua spiacevole caduta
il primo giorno di riprese e mi fulminò con lo sguardo.
Nikki
dal canto suo cercava di darmi una mano aggiornandomi costantemente sulle
riprese in modo da non perdere tempo sul set e portandomi bacinelle di caffè.
Non so se fosse perché ero la più piccola, Taylor a parte – ma lui aveva poche
scene – ma Nikki si comportava sempre in modo premuroso nei miei confronti,
come una sorella maggiore. All’inizio avevo crudelmente pensato che avesse un
doppio fine, che mi stesse usando per arrivare a Rob, ma capii presto che mi
sbagliavo e mi pentii anche solo di averlo pensato e di aver dubitato della sua
buona fede. Il nostro rapporto diventava sempre più solido e ci volle poco
perché diventassimo amiche, nel vero senso della parola e non semplici
conoscenti o compagne di cast.
Il
loro aiuto era fondamentale, soprattutto quando la pressione si faceva sentire
in modo particolare, come quando Stephenie era venuta sul set per le riprese.
Nonostante fossimo tutti molto agitati dal suo giudizio, riuscimmo a mantenere
la calma e con la sua impeccabile accomodanza mostrò
un coinvolgente entusiasmo.
Altre
volte era il tempo a causare problemi, altre ancora ero semplicemente scostante
e nervosa di mio. Senza nessun particolare motivo. Ricordavo bene il girono in
cui avremmo dovuto girare la scena del ballo. Ero su di giri, nervosissima,
stanca da morire. Avrei voluto dormire, riposarmi, ma i tempi stringevano. Ero nella
mia camera in hotel con il copione in mano ma non riuscivo a ricordare le
battute. Le avevo ripetute il giorno prima alla perfezione e d’un tratto non
riuscivo a ricordare niente. Completo black-out. Mi assalì la rabbia e
lasciandomi divorare dalla frustrazione, scoppiai a piangere. Non riuscivo
proprio a calmarmi quando bussarono alla porta.
“Kristen
tutto bene?”
Riconobbi
subito la voce. Tirai su con il naso e mi asciugai le lacrime con le mani.
“Si..tutto
bene” risposi con la voce rotta dai singhiozzi.
“Sei
sicura? Posso entrare?”. La porta si aprì leggermente.
“NO!”
urlai.
Non
volevo che mi vedesse in quello stato, a piangere senza motivo come una bambina
di cinque anni che si è rotta un’unghia. Non mi diede ascolto ed entrò lo
stesso.
“Oddio
Kristen, sati bene?” disse preoccupato correndo a sedersi sul letto accanto a
me.
“Ti
avevo detto di non entrare” mi lamentai.
“Kristen
che è successo?”. Si capiva dalla voce che non avrebbe accettato un silenzio
come risposta.
“Non
lo so” scoppiai. “Sono stanca, non mi ricordo le battute…e
si muore dal freddo! È tutto uno schifo!” sbottai.
Intravidi
un lieve sorriso sul suo volto prima di accogliermi tra le sue braccia. Piansi
ancora più forte.
“Sono
un disastro” mormorai contro il suo petto.
“Non
sei un disastro..” sospirò leggermente.
“Si
invece! Guardami!”
Mi
alzò il mento con un dito e mi fissò dritto negli occhi. “Ti guardo” bisbigliò.
“E sai cosa vedo?”.
Non
risposi.
“Vedo
una ragazza meravigliosa, cresciuta troppo in fretta, e un po’ insicura. Vedo una
ragazza forte, che non si lascia abbattere dalle difficoltà. Vedo una ragazza
con esperienza, piena di talento e capacità. Vedo una ragazza che ama il suo
lavoro e che lotta contro lo stress. Io ti guardo..e vedo una donna”.
Abbassai
lo sguardo. “Ho solo diciassette anni..” mormorai. “Non voglio essere una
donna..”.
Scrollò
le spalle. “Bè, nemmeno io ho chiesto di essere così bello e simpatico..ognuno
ha la sua croce”.
Riuscì
a farmi ridere. Il peggio era passato, grazie a lui, e mi sentii una perfetta idiota.
“Sono
proprio una stupida..” dissi con un sorriso scuotendo il capo.
“Niente
che ti fa star male è stupido” disse asciugandomi le lacrime che ancora erano
sulle mie guance. “Poi andiamo, che sarà mai un po’ di freddo?!” scherzò.
Tirai
su con il naso un’ultima volta.
Si
alzò. “Pronta?”. Mi offrì la mano e l’accettai volentieri.
“Grazie”
sussurrai.
Sorrise.
“Quando vuoi!”.
La
mia mente ormai vagava da un pensiero all’altro incontrollabile e senza che
nemmeno me ne accorgessi tornai al ricordo di quella sera.
“..a
meno che non ci sia qualcosa che non sappiamo..”. la frecciatina di Nikki
giunse perfetta e indisturbata.
“Nikki”
la fulminai con lo sguardo. Sperai intuisse che era un’intimazione a farla
finita, ma invece continuò imperterrita.
“Andiamo
Kris, dagli questo bacio e non se ne parla più!”
Dove
voleva arrivare?
“C’è
forse qualche problema?” mi chiese con aria innocente.
“Certo
che no!”. Era ora di farla finita con quella storia, prima che diventassi del
tutto insofferente.
“Avanti
Rob…ehm..vieni qui!” gli feci spazio sul divano a due
posti su cui ero stesa.
Esitò
un secondo prima di alzarsi e venire con calma a sedersi accanto a me. Alzai lo
sguardo sperando di non essere diventata rossa e incontrai i suoi occhi. Erano
verdi quella sera. Avevo notato che cambiavano colore. Dal celeste, al blu, al
verde. Mi inchiodò con lo sguardo. Come faceva? Come riusciva ad attirare i miei
occhi ai suoi in quel modo?
“Facciamo
per almeno sette secondi…” sentii la voce di
qualcuno, probabilmente Kellan, ma ero già persa in un altro mondo.
Vedendo
che non si spostava di un millimetro immaginai che volesse che fossi io a fare
la prima mossa per assicurarsi che fossi sicura di volerlo fare davvero. Mi
avvicinai lentamente fino ad avere i suoi occhi a due centimetri dai miei.
Sentivo il suo respiro sulle mie labbra, le sue mani tremare, e il suo corpo
fremere, proprio come quella sera a casa mia. Abbassai lo sguardo prima di
guardarlo un’ultima volta. Chiusi gli occhi e mi buttai, eliminando quei pochi
centimetri che dividevano le nostre labbra. Ricambiò subito. Fu un bacio
diverso da quelli a cui ero abituata. Non solo dolce, ma lento. Molto lento,
come se avesse paura che schiudendo le labbra sarei scivolata via. Mi teneva
incollata a se finchè non fui io a schiudere le
labbra e cambiare lato.
Non
sentivo altro rumore se non quello delle nostre bocche che si conoscevano forse
per la prima volta dopo tanti contatti; ma non sapevo se in effetti ci fosse
silenzio oppure se ero completamente catapultata in un altro universo.
Non
so quanto tempo passò, finchè non sentii qualcuno che
esclamava qualcosa.
“Cavolo
ragazzi!” una voce.
“Dodici!”
un’altra voce.
Un
fischio, una risata, un ululo – non so cosa fosse – ci riportò alla realtà e
separammo quella unione. Ancora con la labbra socchiuse abbassai gli occhi per
un secondo e poi lo guardai. Di nuovo il suo sguardo s’impadronì del mio ma
sbattendo le palpebre più volte riuscii a non farmi sottomettere.
“Bè,
avete una strana idea di sette secondi..”
parlò Ashley.
“Strana
idea è dire poco! Sono stati diciotto secondi!” ribatté Kellan.
Davvero
era passato così poco tempo? Pensai mentalmente a quanto tempo sono diciotto
secondi. Diciotto secondi sono pochissimi. Si contano due volte sulle dita,
eppure a me era sembrata un’eternità, mentre mi beavo in quello spazio
evidentemente atemporale.
Mi
schiarii la gola imbarazzata cercando di accantonare l’argomento, ma era
difficile ignorare le occhiate di Nikki.
“Allora…tocca a me!” esclamai chiudendo la faccenda.
Tuttavia
la faccenda era tutt’altro che chiusa. Dopo due settimane ancora ci pensavo.
Perché mi aveva innervosito quella situazione? Perché mi aveva mandato in
ansia? Perché non avevo sentito che sette secondi erano passati?
Domande
irrisolte ovviamente. Pur volendo trovare una risposta, la mia mente era troppo
impegnata a saltare da un ricordo all’altro.
La
prima volta che lo avevo sentito suonare. Me la presi a morte con lui.
“Sei
un grande bugiardo!” gli dissi dopo le due ore che aveva passato a improvvisare
al pianoforte.
“Cosa
ho fatto?” chiese innocente.
“Cosa
non hai fatto!” lo corressi. “Non mi avevi detto che eri così bravo!” dissi
offesa.
“Non
volevo sembrare presuntuoso..si chiama modestia Kristen”. Sorrise e se ne andò
liquidandomi con quelle quattro parole. Se le sue mani sembravano volare sul
piano, non osai immaginare come suonava la chitarra.
Kristen è la migliore attrice della
nostra generazione, ed è il motivo per cui ho voluto fare questo film. Non so
perché o come faccia, è semplicemente migliore di ogni altra.
Un
altro ricordo.
Per
molti giorni dopo quell’intervista ero stata a interrogarmi sul senso delle sue
parole. Chissà se diceva davvero.
…è il motivo
per cui ho voluto fare questo film…
Mi
sentivo terribilmente confusa, e il fatto che Mike ci fosse poco non aiutava.
Sarebbe dovuto venire per il mio compleanno, ma mi aveva chiamato la sera prima
per scusarsi e avvisarmi che non ce l’avrebbe fatta per impegni imprevisti.
Così noi ci vedevamo sempre meno e invece aumentavano le cose che avevo deciso
di tenergli nascoste per evitare storie inutili.
Cercai
di non farmi rovinare l’umore da quella notizia. Quella giornata era speciale,
particolare. Non potevo lasciare che l’assenza di Michael la rovinasse.
Era
il mio compleanno. Finalmente avrei compiuto diciotto anni e addio corse avanti
e indietro tra compiti e lavoro, addio stupide clausole delle sette ore massime
di lavoro per i minorenni, finalmente avrei vissuto a pieno il mio lavoro, e se
pure avessi dovuto fare i turni di notte, sarebbe stato sicuramente meno
stressante di fare avanti e indietro e su e giù.
O
forse no.
Come
regalo per il mio compleanno Cath aveva pensato bene di regalarmi una giornata
di quasi venti ore di lavoro. Ma non mi lasciai scoraggiare. Ero troppo su di
giri ed emozionata per lasciarmi abbattere. Iniziammo presto a girare,
riempiendo finalmente le lacune della mia assenza.
E
mentre la mia mente vagava tra un ciak e l’altro, rispondevo entusiasta a tutti
gli auguri di compleanno.
“Hey diciottenne!” bisbigliò Rob abbassandosi alla sedia da
regista su cui ero seduta e portandomi alla realtà. “Ti va un caffè? Pare che
sarà una lunga giornata..”
Sospirai.
“Certo”.
Camminavamo
fianco a fianco con i bicchieri pieni di caffè forte e sentii l’impellente
bisogni di parlare, di chiedere spiegazioni, di sapere.
“Hey Rob..” esitai.
“mmm?” mormorò sorseggiando il caffè fumante.
“..ehm…tu…dicevi sul serio..l’altro giorno, durante
l’intervista?”
“A
che proposito?”
“Bè..riguardo
il fatto che hai voluto fare questo film…solo per me…”. Mi sentivo stupida a chiederglielo.
“Certo”
rispose sicuro. “Credevi che mentissi?”
Spalancai
gli occhi. “No no…mi sembrava solo…strano..”
dissi lusingata.
“Kristen”
fece una pausa “davvero credo che tu sia un’ottima attrice e quando ho saputo
che l’audizione era con te…non ci ho pensato due
volte ad afferrare l’occasione per conoscerti”.
Sorrisi
e abbassai lo sguardo cercando di non sembrare imbarazzata.
“E
tu?” mi prese alla sprovvista.
“Io
cosa?”
“Dicevi
sul serio?”
“Riguardo
cosa?”
“Riguardo
la mia bellezza..” alzò diverse volta le sopracciglia per farmi capire che
scherzava, eppure mi sembrava che aspettasse davvero una risposta.
“Ah
a proposito, ricordami di darti un cosa” continuò.
“Una
cosa?” mi incuriosii.
“Una
cosa” confermò.
“Un
regalo?” chiesi lasciandomi sfiorare da quell’idea.
“Lo
scoprirai stasera..”
“Che
succede stasera?”
“Bè…” iniziò a parlare ma si bloccò immediatamente e il
sorriso che aveva sul volto sparì da un istante all’altro.
Improvvisamente
sentii due mani da dietro coprirmi gli occhi e una voce del tutto familiari e
inaspettata.
“Buon
compleanno!”
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Risposte alle vostre recensioni:
Emmettina90:
tesorooooooo!!! Sapevo che Kellan
in mutande ti avrebbe gustato mucho! :P e comunque
non ti preoccupare per il servizio fotografico…vabbè…ti
ho già detto troppo oggi! ^_^
Imaginary82:
ti
ringrazio! WOW! La tua storia è incredibile! Che cosa carina! Mi sa che siete
proprio destinati a stare insieme!
lindathedancer: grazie mille! E non preoccuparti per il ritardo! Per me è già tanto che
mi recensite… :p comunque…come
ho detto…il capitolo su vanity
fair ci sarà! ^_^ l’avevo in programma da quando ho iniziato…
J
simo1726: grazie grazie grazie! Bè che dire….dei complimenti non mi stanco mai…hehe…fanno
sempre piacere! J
signora
degli anelli: grazie!
^_^ bè…l’attesa è finita! :P grazie ancora! J