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Autore: michiyo1age    10/11/2009    3 recensioni
Gaara ripensa al proprio cambiamento attraverso pensieri spontanei che hanno tutti un legame tra loro, attraverso ricordi la cui importanza si scopre sempre dopo e attraverso i suoi fratelli che non sono mai sembrati così meritevoli. Gaara's pov
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sabaku no Gaara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un nuovo mondo dove vivere
Avevo vissuto la maggior parte della mia vita nel buio, l'oscurità, il nero denso e maligno dell'odio e me l'ero incisa sulla carne in cremisi quella cosa, si proprio quella cosa con cui non volevo avere a che fare: l'amore.
Cosa serviva l'amore se c'era sofferenza? Era una medicina? No, non lo era. Le medicine non fanno male, fanno bene. Lo sapevo io, innocente bambino di sei anni vedendo mia sorella maggiore essere fasciata sulle dita: prima un po' di pomate e il viso si distendeva, il sorriso le tornava e poi le bende giravano fra le sue falangi, ricoprendo le fragili dita martoriate da il pesante ventaglio che le stava accanto.
Dopo, dopo quel fatto. Dopo che Yashamaru mi aveva fatto quello, mi sono sempre chiesto perchè Temari continuasse a tenere quel ventaglio vicino: le aveva fatto male. Non capivo, perchè doveva tenerlo? Perchè? Era irrazionale.
Io volevo strapparmi il cuore, era quello che mi aveva fatto del male.
E me l'ero inciso; si sulla fronte era lontano dal mio corpo, era nella mia mente. Perchè sulla fronte? Semplice, era un bambino piuttosto ingenuo e allora pensavo che dato che non riuscivo a controllare la mia testa che mi faceva sempre male e che lasciava che il demone vincesse, voleva dire che anche il cuore che faceva male non poteva essere controllato.
Era la parte più estranea del mio corpo. I miei sentimenti, il mio arbitrio.
Ma dovevo continuare ad esistere, io ero nato per uno scopo e si capiva bene quale fosse. Era uccidere, le armi uccidono, io ero un'arma io dovevo eseguire il mio dovere. Così se avessi fatto quello per cui ero nato allora, vuol dire che...anch'io esistevo.
I miei fratelli non esistevano. No, loro non avevano uno scopo. Per che cosa erano nati loro?
Con il passare degli anni mi fu chiaro la loro missione: erano i guardiani dell'arma: io il loro fratellino.
Non mi guardavano come si guarda ad un fratello, io non guardavo a loro come una famiglia. Quando mai un cane rabbioso guarda colui che gli tiene stretto il guinzaglio come ad un buon padrone? E invece, e invece non sono mai stati  così male.
Questo l'ho scoperto dopo, dopo allo scontro con la Foglia, dopo la mia rinascita. La mia vera nascita, una vera madre, una vera famiglia un vero amore.
Vedendolo lottare per i suoi amici, cominciavo a capire, ma il demone no. Il mio diavolo personale, il mio vero carceriere no. Lui non voleva che capissi, potevo capire i rapporti d'odio, di sofferenza e tristezza che mi legavano agli altri, la paura della morte delle mie vittime, ma non quello.
Quello era troppo, un più inutile. È così che diceva la mia testa. Che ironia. Tutti pensano che ai bambini non si debba dare ascolto. Io potevo ascoltare il mio io di sei anni: la mia testa era il posto più estraneo al mio corpo. Non dovevo ascoltarlo, per tutto quel tempo...tutto quel tempo.
Però Uzumaki Naruto ha sconquassato tutto ciò che mi ero creato, tutti miei castelli.
Una bella testata devo dire.
E così nacqui.
Lo spaccone, il rumoroso insopportabile Kankuro cercava solamente di comportarsi normalmente davanti a me, come se non fossi un'arma pericolosa, come se fossi un compagno. Come scoprii in seguito, non era sempre stato così. Cercava un po' di mettersi in mostra. Io il più piccolo l'avevo oscurato, lui non aveva nulla, nessuno si ricordava di lui. E lui cosa aveva fatto? Mi aveva odiato?
No. Mi considerava un moccioso come gli altri, impertinente, maleducato forse, prepotente. Ma non si è mai allontanato da me, almeno non per timore.
No, quello che i miei fratelli non sono è essere codardi. Entrambi si sono rimboccati le maniche per provare a superare il loro fratello-arma che era un prodigio per tutti.
Come mia sorella...
Che fegato ci voleva. Se il mio primo insulso e codardo gesto era stato quello di fuggire dall'amore e le sue implicazioni, Temari aveva tenuto duro, aveva continuato ad allenarsi con quel ventaglio troppo pesante troppo rigido per lei.
Non solo.
Aveva continuato a vivere  con un'arma accanto, un'arma di cui aveva paura, timore, ma era suo  dovere proteggere gli altri da me.
L'ha fatto. Dopotutto avrei ucciso molte più persone se non ci fosse stato il suo cuore compassionevole. Si appellava al nostro legame di parentela. Sempre. Le non lo negava e mi ricordava continuamente che, in qualche strano perverso modo, eravamo una famiglia. Ci voleva del fegato per definirci tale. Per definirmi tale: un membro di un clan, una persona.
Ma Temari è sempre stata un po' strana: così interessata agli altri, sempre così preoccupata della vita altrui.
Se io e Kankuro più o meno siamo simili: la stessa adrenalina nell'arena, la stessa voglia di mettersi alla prova, di dimostrare il nostro valore: io in passato per provare la mia esistenza, lui per fare vedere di non essere una nullità, nostra sorella non voleva combattere, non voleva la guerra.
Che strana creatura cresciuta per uccidere che rifiuta la sua stessa natura. Ma così lei mi ha fatto capire che se lei poteva rifiutava il suo essere più profondo perchè io Gaara del Deserto, l'arma, non poteva smettere di uccidere e trovare un nuova modo per esistere.
Un nuovo mondo dove vivere.
Uzumaki Naruto e Uchiha Sasuke, così diversi e talentuosi in maniera differente uniti da un forte legame di amicizia anche se il primo era una macchietta assordante e seccante per Sasuke. Mentre Sasuke era l'ostacolo da superare per Naruto, lo scoglio, il più bravo.
Mi ricordarono tanto me e Kankuro. Se io fossi stato più morbido in alcuni lati del mio carattere e l'avessi visto come un amico avremmo potuto diventare compagni con un nuovo modo di relazionarci.
Un nuovo mondo dove vivere.
No, era impossibile creare un nuovo mondo. Non c'erano le fondamenta. Dove sono le fondamenta?
E poi mentre sfinito dallo scontro venivo portato via da mio fratello, mentre mia sorella mi guarda sanguinante con sguardo preoccupato, per me, proprio per me, la vidi.
Una casetta piccolina da dove ricominciare. Chi l'aveva costruita? Ora, per loro sembra ovvio, allora per me sembrava incredibile. I due crudeli shinobi della Sabbia che non guardavano in faccia il nemico e abbassavano gli occhi al contatto con quelli  del loro stupido, stupido fratellino con la loro parvenza di normalità con la loro recita. Il loro mondo fittizio avevano creato un luogo in cui io potessi tornare. Non io arma. Non io Gaara del Deserto. Ma solamente io, me, Gaara.
Ingiusto, gridò la mia voce. Un'entità che non avevo mai sentito rivolgermi quella parola. Ingiusto!
Guardava cos'hanno fatto! E guarda cosa hai fatto tu! Temari ha rischiato la sua vita stando vicino a te mentre ti trasformavi, Kankuro ha rischiato di morire cercando di instillarti un po' di rispetto verso le altre persone. E tu potevi disonorare il tuo essere facendo uccidere coloro che ti hanno creato un appoggio.
In quel momento ero pieno di vergogna, pieno di vergogna.
Ad occhi bassi mi ricordo di aver detto. “ Temari, Kankuro” con voce strana. C'era qualcosa in quella voce che non mi era familiare, ma loro scattarono subito, forse riconobbero l'umanità nelle flebili note dei loro nomi, i nomi di familiari.
Non potrò mai dimenticare come si fossero frapposti tra un nemico aldilà delle loro possibilità  e me per prendermi e portarmi via dal campo di battaglia. Le armi non si vanno a recuperare, se ne creano di nuove. Kankuro invece mi fece alzare da terra: ero debole poteva finalmente liberarsi della minaccia che costituivo e invece insieme a Temari spiccò un balzo.
Il ricordo ancora fresco mi fece rompere la pausa che avevo creato dopo aver pronunciato i loro nomi: “Mi dispiace”.
Percepii la loro sorpresa, forse si guadarono per accertarsi di aver sentito bene.
D'ora in avanti avrei costruito il mio avvenire con le mie sole forze, lo dovevo a loro.
Inaspettatamente Kankuro mi disse: “Non ti preoccupare...”
Sembrava sincero.
Forse non avrei dovuto fare tutto da solo.



E così è stato.



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Salve! strano ma vero sono riuscita a scrivere una fic su naruto che non sia una shikatema (non preoccupatevi mosche nere, ne ho una pronta, ma non ho molto voglia di ricopiarlaXD).
beh che dire fic nella prospettiva di Gaara, cosa che non mi è riuscita molto difficile a dire la verità anzi.
diciamolo chiaro e tondo le scan hanno aiutato perchè è dal capitolo 453 che ho ricominciato a sperare.
finito l'anogolo spoiler vorrei sentire i vostri pareri
   
 
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