Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Sam_Rox88    12/11/2009    2 recensioni
Voldemort è caduto e il mondo magico torna a trascorrere giornate serene. Anche Hogwarts, con un nuovo preside, riapre le porte ai suoi studenti ed Harry, Ron, Hermione tornano fra le mura del castello per completare l'ultimo anno di studi. Ma uno strano articolo compare sulla Gazzetta del Profeta, una materia non sarà insegnata? E... a cosa sono dovuti quegli strani omicidi?
Genere: Romantico, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 20

 

Harry era dinanzi al suo acerrimo avversario, senza comprendere che cosa stesse avvenendo; se ne stava lì in piedi ad assordarlo gridare in una morsa di dolore e contorcersi su se stesso; continuava ad imprecare, e ad addossare la colpa a dei bastardi che Harry non capiva chi fossero. Le mani dell’antico stregone si coprirono gli occhi, e mentre Harry fece per avvicinarsi, osservò come fra le dita di Jahat cominciarono a scorrere viottoli di sangue che gli sporcarono i dorsi e scivolarono lungo i suoi polsi.

- ME LA PAGHERANNO, QUEGLI SPORCHI BASTARDI! – urlò nuovamente Jahat che in un urlo disumano lanciò il capo all’indietro e poi raccolse la spada al suo fianco, rialzandosi a fatica.

Harry in quel momento vide che il sangue scorreva da quei profondi occhi neri che soltanto pochi mesi prima ancora giacevano nelle cavità di Severus Piton, quegli occhi che tanto gli avevano comunicato in passato, dall’odio alla compassione, dal terrore alla riconoscenza. Quegli occhi che adesso Harry definiva sporchi e sconsacrati sul corpo di quell’essere spregevole che barcollava dolorante proprio dinanzi a lui. Il sangue corse sulle sue goti, per poi passare per il largo collo venoso e scivolare lentamente oltre l’armatura, fino a raggiungere la mano che stringeva la spada, un filo di sangue corse lungo la lama.

- A quanto pare… ti hanno salvato la vita! Sii riconoscente piccolo sbruffone. – disse Jahat avanzando con sdegno, ricordando vagamente uno zombie appena rinato piuttosto che un oscuro e sanguinario mago oscuro.

Harry guardava la sagoma barcollare nella sua direzione, mentre le cavità oculari gli erano diventate una vera e propria fontana tinta di rosso da cui continuava a scorrere sangue incessantemente. Strinse forte la bacchetta, mentre indietreggiava cautamente, ad ogni passo di Jahat.

- Che cosa intendi dire? Di chi stai parlando? –

Una smorfia di dolore scosse nuovamente Jahat, che per un attimo si portò una mano al cuore emettendo un piccolo grido di dolore. Appena passato lo spasmo sul suo volto si disegnò un ghigno malefico che divenne ancor più spaventoso nel momento in cui il sangue gli ricoprì le labbra e i denti.

- Ma come? Non lo sai? Non l’hai capito? Ti facevo un ragazzo sveglio, Harry. –

- Vedo che trovi ancora la forza di scherzare, nonostante sia praticamente arrivato al limite. – rispose beffardo Harry.

Un ennesimo sorrisetto comparve sul volto malridotto e cosparso di sangue di Jahat.

- Ridi pure di me, la mia ora non è ancora giunta. – ed assunse un’espressione aggressiva – Ti strapperò quel cuore con le mie stesse mani vedrai. Non servirà a niente che i tuoi cari custodi defunti ti diano una mano! Fatica sprecata! –

- Custodi defunti? – chiese nuovamente Harry, davvero confuso.

Il volto di Jahat si illuminò.

- Sì, Harry Potter. Ti stanno proteggendo, ti stanno aiutando, scatenando i loro organi contro di me. – e gridò con tutta la forza che gli restava – QUEL VISCIDO INSEGNANTE E QUEL MAGO DA STRAPAZZO! –

Jahat sollevò a fatica la spada e si lanciò contro Harry…

 

 

Aberforth correva lungo i freddi corridoi di Hogwarts, inseguendo una svelta e determinata Ginny Weasley; avevano da poco superato l’entrata del suo ufficio e stavano per raggiungere l’ingresso. Ginny era seriamente intenzionata a voler raggiungere Harry, ovunque si trovasse, per aiutarlo nel suo combattimento contro Jahat. Non era riuscita ad attendere oltre, nel momento in cui le era stato comunicato da Neville ciò che Luna aveva visto. Il ragazzo che da sempre aveva atteso, e che finalmente era diventato suo dopo le più ardue peripezie, stava rischiando la vita in un luogo lontano di cui non conosceva nemmeno l’esistenza prima di quel momento. Non poteva assolutamente permetterlo.

- Signorina Weasley! Come suo preside le ordino di fermarsi! – gridò Aberforth alle sue spalle.

- Non riuscirà a fermarmi, Aberforth! –

- Che ragazza sconsiderata! – commentò acidamente lui – Ginny, ti assicuro che salveremo Harry, ma per piacere, fermati! –

La ragazza frenò all’instante e si voltò rapidamente verso l’uomo che la stava seguendo.

- E mi dica? Come intende fare, signor preside? – disse Ginny in tono arrogante, guardando l’uomo dritto negli occhi.

Aberforth Silente rimase per qualche attimo in silenzio, osservandola con un’espressione tutt’altro che dura.

- E mi dica lei, invece, signorina Weasley. Come intende fare? Per altro da sola? –

Ginny aprì la bocca per ribattere ma si fermò all’istante rendendosi conto che non possedeva sufficienti elementi per farlo.

- Ecco… io… - riuscì soltanto a sillabare.

- Dia retta a me. – disse il preside in tono comprensivo, mettendole una mano sulla spalla. – Lo aiuteremo insieme. Andiamo. –

E la condusse con sé nella medesima direzione verso la quale stavano correndo un attimo prima, ma proprio in quel momento, l’intervento di qualcuno bloccò per la seconda volta la loro spedizione. Una studentessa dell’ultimo anno, con indosso i colori della Casa di Corvonero, e con dei lunghi capelli di un biondo quasi sporco, comparve come un fantasma lungo il corridoio, spuntando da una porta della quale non si erano particolarmente curati. La sua voce suonò tranquilla e flebile.

- Un momento. Dove andate? – chiese con la sua solita aria stralunata.

Ginny sobbalzò dal momento che non s’aspettava comparire Luna così all’improvviso, mentre Aberforth spostò i suoi occhi sulla ragazza, con aria alquanto sorpresa. Luna appariva più strana del solito, aveva indosso la tunica, ma camminava scalza, e il suo sguardo era ancor più pallido di quel che ricordassero, e i suoi occhi, persi nel vuoto, completamente vitrei.

- Signorina Lovegood! – esclamò Aberforth mentre ispezionava con lo sguardo la ragazza. – Cosa c’è che non va? Ha visto dell’altro? E come è arrivata fin qui? – aggiunse infine, sapendo che la sua studentessa aveva perso la vista in seguito ad un attacco dei seguaci di Jahat.

Luna sorrise, come se fosse il giorno più felice della sua vita. Ginny scambiò uno sguardo con il proprio preside, entrambi non compresero quell’espressione.

- Sa, signor preside, ho imparato a camminare perfettamente da sola lungo i corridoi di Hogwarts. Ecco come vi ho raggiunti. –

Aberforth scrollò il capo, pentendosi di aver fatto quella domanda, e passò oltre.

- Signorina Lovegood, mi dica, come sta Harry? Riesce ancora a vedere cosa avviene in quel cimitero? – chiese senza riuscire a nascondere la sua preoccupazione.

- Ti prego, Luna. – quasi la implorò Ginny debolmente.

- Oh, certo che riesco a vederlo. E’ per questo che sono venuta a dirvi di non andare. – disse continuando a sorridere.

Ginny si avvicinò a lei con uno scatto improvviso, in preda all’agitazione, e le afferrò le spalle.

- Dimmi Luna, perché possiamo risparmiarci di andare? E’ successo qualcosa? Harry come sta? Sta ancora combattendo? Ti prego, Luna, ho bisogno di saperlo! –

Il sorriso di Luna si allargò ulteriormente, e la ragazza scosse il capo.

- No, Harry ha smesso di combattere. Ma sta benissimo. C’è qualcuno che a quanto pare lo sta facendo per lui. –

- Che cosa? – chiesero Ginny e Aberforth all’unisono.

- Chi sta combattendo per lui? Cosa intendi dire? – chiese in tono interessato Aberforth.

- Che domande. – esclamò Luna come se fosse la cosa più facilmente intuibile esistente – Ma le persone di cui porta cuore e occhi. Ha ospitato gli alleati del suo rivale nel suo corpo, non poteva di certo aspettarsi che questi lo lasciassero fare. Non vi pare? –

Ginny lasciò le spalle della compagna e si ritrasse, con un’aria intontita e lo sguardo abbastanza confuso.

- Un… un momento… che… che cosa sta avvenendo precisamente? E poi quando parli di alleati ti riferisci a Silente e Piton, vero? –

Luna annuì animatamente e Ginny si voltò verso Aberforth, per cercare in lui una qualche risposta.

- Professore… -

Ma il neo-preside di Hogwarts sembrava abbastanza scosso; continuava a scuotere il capo boccheggiando, senza riuscire a dire niente di concreto, come se le parole gli morissero in gola non riuscendo a fuoriuscire.

- Mio… mio… mio fratello a quanto pare… si sta ribellando. Sta usando il suo cuore per… per ucciderlo… - e corrugò la fronte come se la cosa gli apparisse troppo inverosimile - …dall’interno! –

 

 

- Signor Paciock, torni dalla signorina Lovegood, e si assicuri che stia bene. – ordinò la professoressa McGranitt a Neville – E tu Malfoy, dal momento in cui non puoi renderti utile, va dritto nel tuo dormitorio. –

- Ma io… - stava per ribattere Malfoy, ma la McGranitt non aveva alcuna intenzione di sentire obiezioni.

- Non una parola! Dritto nella tua Sala di ritrovo. –

Draco, alquanto irritato, obbedì all’ordine della sua insegnante di Trasfigurazione, e si incamminò lungo il corridoio ma si voltò già dopo una decina di passi.

- Ah, professoressa? –

Minerva si voltò verso il proprio studente, osservandolo con fare interrogativo.

- Se ci sono novità su Potter… -

Draco non riuscì nemmeno a terminare la frase, ma la sua insegnante comprese benissimo, ed accennò un sorriso amorevole, quasi materno.

- Provvederò a farle sapere. –

Draco rivolse un’ultima espressione che sembrava essere un sorriso alla professoressa McGranitt, per poi voltarle finalmente le spalle e incamminarsi verso il dormitorio dei Serpeverde.

Accanto alla professoressa McGranitt c’erano anche Hagrid e Kingsley Shacklebolt, il Ministro della Magia. Madama Chips li aveva appena cacciati tutti dall’infermeria, dal momento che sia Ron che il professor Beker avevano estremamente bisogno di riposo.

- Signor Ministro – esordì la strega – le direi di restare ma, dal momento in cui non c’è Aberforth. –

Shacklebolt alzò una mano, scuotendo il capo cordialmente.

- Non stia a preoccuparsene, Minerva. La mia presenza qui non è particolarmente utile. – e sospirò – Mi dispiace ma a quanto pare nessuno può far niente. Siamo nelle mani del giovane Potter, per l’ennesima volta. – e sorrise ad entrambi i suoi interlocutori. – Dunque… io me ne andrei. – aggiunse infine – Mandatemi un gufo qualsiasi cosa dovesse accadere, intesi? Farò il possibile. –

La professoressa McGranitt annuì, e Shacklebolt si tolse il cappello in segno di saluto.

- Rubeus. – disse poi ad Hagrid, e rificcandosi in testa il cappello, voltò le spalle e si allontanò nel suo mantello dai colori sgargianti.

- Dici che Harry ce la farà? – chiese Hagrid, evidentemente preoccupato, una volta rimasto solo con la professoressa McGranitt.

La strega sospirò, continuando ad osservare il Ministro della Magia allontanarsi lungo il corridoio.

- Lo spero. – si limitò a dire. – E’ tutto ciò che mi auguro. – e poi si voltò verso il mezzogigante – Ma ho piena fiducia in quel ragazzo. – disse sorridendo. – Dopotutto… appartiene alla mia casa. –

Il sorriso della professoressa si allargò sempre di più, ed Hagrid ne fu felice. Ci fu un attimo di silenzio tra loro, ma fu nuovamente la strega ad interromperlo.

- Ah, Hagrid, era da un po’ di tempo che volevo affrontare una questione con te. – disse in tono risoluto.

Hagrid corrugò la fronte, e la guardò preoccupato, come se si stesse per beccare una punizione. Conobbe per un attimo i sentimenti che vivevano quotidianamente gli studenti di quella scuola.

- Oh… ehm… - farfugliò – Di… dimmi. Cosa… cosa… Di cosa vuoi parlare? –

Sul viso della McGranitt comparve nuovamente un sorriso.

- Suvvia Hagrid, non agitarti. Non si tratta di alcunché, fidati. Volevo semplicemente chiederti se è vero che possiedi un piccolo allevamento di Medhal. –

Hagrid, che possedeva proprio alcuni rari esemplari nel giardino dietro la sua capanna, si grattò la nuca e cercò di apparire quanto più vago gli riusciva di essere.

- Beh, ecco, io, no, perché? –

- Dimmi la verità. – si limitò a dirgli la professoressa McGranitt, la quale si stava già spazientendo.

- Ma… non è illegale possederli, voglio dire… non faccio nulla di male? –

- Ma certo che no. Però purtroppo credo proprio che dovrai separartene. –

Hagrid sbarrò gli occhi, e contrasse tutti i muscoli del viso per lo stupore.

- Cosa? Per… perché? –

La professoressa McGranitt sospirò, e poi gli poggiò una mano sull’immenso braccio grande quanto il suo busto.

- Ascoltami, Hagrid, tu sei l’insegnante di Cura delle Creature Magiche, quindi suppongo che tu sappia che la specie dei Medhal possiede degli enormi poteri curativi, vero? –

- Ehm… ma certo! –

La strega socchiuse gli occhi compiaciuta.

- Bene. – esclamò serena. – E saprai anche che in particolare il sangue di Medhal ha il potere di ridare a qualcuno ciò che ha perso, ovviamente per quanto riguarda il fattore fisico… un braccio, un piede, una mano, la voce, l’udito o anche… la vista!

Hagrid, del tutto sbigottito, spalancò le enormi labbra.

- Oh per tutti i maghi… questo significa… -

La professoressa McGranitt annuì.

- Possiamo ridare la vista a coloro che l’hanno persa. Ci occorre soltanto il sangue di quelle creature, Hagrid. –

 

 

Shacklebolt si stava avviando verso l’uscita del castello, quando scorse la sagoma del preside entrare in una stanza. Convinto che fosse ormai lontano, disperso chissà dove per salvare Harry, affrettò il passo e raggiunse la porta dietro la quale era sparito. Trovò Aberforth di spalle, nell’intento di aiutare a sedersi la ragazza cieca che aveva il dono di riuscire a vedere cosa stesse avvenendo nel cimitero degli occhi. Al suo fianco, in piedi al centro della stanza e con le braccia incrociate sul petto, c’era Ginny Weasley, la cui espressione lasciava trasparire in ogni dettaglio la sua ansia.

- Dimmi Luna, che cosa vedi precisamente? – chiese Aberforth prendendo l’alunna per le spalle.

Shacklebolt fece un passo avanti e si introdusse nella stanza.

- Silente! Che cosa sta succedendo?! – chiese senza troppi convenevoli.

Aberforth si voltò di scatto.

- Oh, sei tu, Kingsley! A quanto pare… ci sono grosse novità. –

 

 

Harry riuscì a scansare la spada di Jahat, che andò a schiantarsi da tutt’altra parte, nel terreno. Probabilmente il sangue che sgorgava dalle cavità oculari non aiutava molto la vista dello stregone, e questo avvantaggiava di gran lunga Harry.

- Credo che tu non sia più in condizioni di combattere, Jahat. –

Lo stregone dinanzi a lui respirava affannosamente.

- Taci, ragazzino. –

Mentre pronunciava quelle parole, alle orecchie di Harry giunse il suono di rami calpestati e foglie scostate; capì che qualcosa si aggirava intorno al cimitero; probabilmente qualcuno si stava avvicinando. Il rumore divenne sempre più intenso, e sul volto di Jahat comparve un’espressione compiaciuta.

- Sono arrivati i rinforzi, a quanto pare. – ansimò.

Ed eccoli, dai muri di pietra e occhi e dalle fronde degli alberi, un’armata di jahati si portò avanti, introducendosi nel cimitero, e avanzando sempre più verso i due avversari. Harry spalancò gli occhi, erano a centinaia, non sarebbe mai riuscito a sconfiggerli da solo. Strinse ancor più forte la bacchetta, come se questa potesse infondergli la forza.

- E adesso come te la caverai? – chiese sprezzante il mago facendosi beffe di Harry – Sei solo. – aggiunse con una vocina odiosa.

 

 

Al sentire la descrizione di Luna, il Ministro della Magia cominciò ad innervosirsi, e si diresse a grandi passi verso la porta.

- Bisogna salvare quel ragazzo! – esclamò deciso Shacklebolt.

- FERMO! – gli gridò Aberforth con l’intento di immobilizzarlo, e a quanto pare, ci riuscì.

Shacklebolt si irrigidì come se fosse un blocco di pietra, e poi si voltò lentamente, con aria sbigottita, verso il preside.

- Che significa Aberforth? Perché mi hai fermato? Non hai intenzione di salvare Potter? Credevo che… -

Ma il preside non gli concesse di continuare.

- Devi stare calmo, Kingsley! Abbiamo tutto sotto controllo. Luna ci sta dicendo che il nostro intervento non è necessario. –

Kingsley era pienamente in disaccordo.

- A me risulta essere anche più che necessario. Quel ragazzo è solo. –

- Non me lo faccia notare. Lo so benissimo. – ribadì Aberforth con aria calma, ma non nascondendo una leggera punta di asperità.

La voce di Luna, in quel momento, si ridestò dal momentaneo silenzio.

- Non c’è bisogno che facciate tutto questo. Ad Harry non occorre aiuto. – disse in tono sereno la studentessa di Corvonero, con un sorriso disegnato sul volto.

Ginny, che aveva perso completamente le parole, alzò lo sguardo preoccupato sul proprio preside, per ricevere una piccola consolazione.

- Fidiamoci di Luna. – esclamò semplicemente Aberforth.

In quel momento, sulla soglia della porta comparvero correnti e ansimanti, la professoressa McGranitt e Hagrid.

- Professor Silente! – esclamò l’anziana strega cercando di sopraffare l’affanno – E’ ancora qui! Ho sentito la sua voce prima! Che cosa sta accadendo? –

- Ah, Minerva. Prego entrate pure. Harry a quanto pare sta bene. – e si portò di fronte alla donna, poggiando entrambe le mani sulle sue spalle – Minerva, se solo sapessi cosa sta accadendo, non ci crederesti. –

La professoressa McGranitt lo guardò con tono interrogativo e confuso, e poi scrollò le spalle e il capo.

- L’importante è che il ragazzo stia bene! – disse risoluta, senza voler apprendere altro. – La signorina Luna, suppongo, stia continuando a vedere ciò che avviene nel cimitero. –

Ginny annuì fortemente al posto della compagna, e la professoressa McGranitt dopo aver rivolto uno sguardo alle due ragazze, e dopo esser tornata a respirare regolarmente, spostò nuovamente gli occhi sul preside.

- Dal momento che è qui, professor Silente, volevo comunicarle qualcosa di abbastanza urgente. –

- Mi dica pure tutto Minerva, tanto in questa situazione non so cosa ci possa essere di peggio. – le rispose il preside.

- Ecco, vede. – esordì la McGranitt – Pare che il nostro insegnante di Cura delle Creature Magiche qui presente, abbia una sufficiente quantità di Medhal nel suo piccolo orto, e se non sbaglio il sangue di quelle creature è uno dei migliori ingredienti curativi per pozioni che io conosca. Pare che il sangue di un Medhal possa anche ridare… la vista, signore. Potremo usarlo per ridare la vista alla signorina Lovegood, ad esempio. –

Sul volto del preside di Hogwarts comparve un’espressione sollevata.

- Ma tutto ciò è grandioso. – esclamò.

- Ovviamente le pozioni vanno preparate al più presto, professore. –

Aberforth annuì, e sorrise debolmente.

- Se ne occupi pure lei, insieme ad Hagrid, professoressa McGranitt. Ho piena fiducia in lei. –

La strega annuì, ed un attimo dopo era già fuori con Hagrid, che si congedò con un cenno del capo.

 

 

Ron era poggiato con il capo alla colonna di cuscini che si ergeva dietro le sue spalle, ma non riusciva assolutamente a riposare; aveva gli occhi spalancati e teneva lo sguardo fisso sul letto accanto al suo, dove giaceva un’Hermione ancora priva di sensi. Non vedeva l’ora si risvegliasse per poterla riabbracciare, per poter sentire nuovamente la sua voce, per poter stare con lei, e semplicemente per continuare a litigarci su ogni minima cosa. Hermione non gliene faceva passare mai liscia una, voleva sempre avere ragione su tutto ma, Ron doveva riconoscerlo, lei aveva sempre ragione su tutto; e povero lui che aveva sprecato gli anni più preziosi della sua vita senza rendersi conto dei veri sentimenti che provava nei suoi confronti. Se non fosse stata lei a baciarlo, magari lui non si sarebbe mai deciso a farsi avanti. Aveva troppa paura, troppa paura di essere rifiutato, di rovinare la loro amicizia, ed era ciecamente convinto di non avere una sola, minima possibilità che una ragazza straordinaria come lei potesse interessarsi a lui. Era a dir poco fuori dall’ordinario che proprio lei, la studentessa migliore della scuola, la ragazza che fingeva di detestare soltanto per nascondere la sua debolezza e della quale era innamorato, ricambiasse i suoi sentimenti. E forse era davvero un sogno ciò che aveva vissuto in quegli ultimi mesi, dal loro primo bacio; magari si sarebbe risvegliato da un momento all’altro. Ma adesso era lì, steso sul letto di un’infermeria, a vegliare su di lei, pregando per il suo risveglio. Era terribilmente preoccupato, e non solo per Hermione, ma anche per le sorti del suo migliore amico, che stava combattendo contro un nuovo male rinato che aveva tutta l’intenzione di strappargli il cuore. Come se non bastasse, anche sua sorella si era lanciata in quella battaglia, nel momento in cui aveva appreso che Harry, probabilmente, non era in condizione di vincere quello scontro. Tutti quei pensieri rendevano l’attesa e il risposo a letto una vera agonia, e per di più lo facevano sentire totalmente impotente di fronte alla gravità della situazione; avrebbe voluto aiutare Harry, sarebbe voluto correre da lui, ma non poteva.

In un letto poco distante giaceva il professor Beker, da poco risvegliatosi in seguito alla ferita provocatagli da Jahat. Il giovane professore dall’atteggiamento giovanile e scanzonato, che dava l’aria di essere più uno studente che un’insegnante, se ne stava disteso sul proprio letto, osservando il giovane dai capelli rossi con lo sguardo fisso sulla propria ragazza; non gli ci volle molto per capire che cosa stesse provando l’ultimo figlio maschio dei Weasley in quel momento.

- Si risveglierà. – disse con un filo di voce, e abbozzando un rassicurante sorriso.

Ron non lo guardò, continuò a tenere i suoi occhi fissi sul volto di Hermione.

- Spero che avvenga presto. Non posso stare senza di lei. – e fece una breve pausa, continuando ad guardarla – Ho bisogno di lei. –

- Faccio il tifo per voi ragazzi. – esclamò il professore, con un tono molto dolce.

Ron rimase ancora fisso su Hermione, soltanto dopo parecchi istanti si voltò per guardare il professor Beker.

- Ed Harry, professore? –

Sul volto di Hubert Beker si disegnò un sorrisetto compiaciuto.

- Il tuo amico ha la pellaccia dura, ragazzo. Tra un paio d’ore sarà qui, vedrai. –

 

 

I jahati avanzavano sempre più verso i due avversari; Harry controllava con sguardo vigile la situazione, impugnando la bacchetta, in attesa di fare la mossa giusta; era nervoso, ma non l’avrebbe mai dato a vedere, doveva mantenere il sangue freddo, dopotutto era colui che aveva sconfitto il più grande mago oscuro di tutti i tempi, e non sarebbe stato un gruppo di stregoni da strapazzo a ridurlo fuori gioco, per quanto essi potessero essere numerosi. Jahat si stava facendo beffe di lui, e sogghignava, mentre i suoi seguaci continuavano l’avanzata in suo soccorso. Fu in quel momento, però, che avvenne qualcosa che Harry non aveva assolutamente programmato.

- Sei solo. – aveva sussurrato acidamente Jahat, convinto di aver già la vittoria in pugno.

La rabbia attraversò l’intero corpo di Harry, che a momenti divenne paonazzo.

- Io non sono solo. Non lo sarò mai! – aggiunse con forza, credendo ciecamente in ciò che diceva.

Il suo pensiero volò ai suoi genitori, a Ginny, ai suoi fedeli compagni di vita, Ron e Hermione, e poi a Silente, a Sirius e a tutte le persone che l’avevano aiutato e sostenuto durante il corso degli anni; tutte le persone che gli avevano offerto un aiuto, che gli avevano regalato una casa. Harry, il piccolo orfano cresciuto fino a undici anni in condizioni infelici sotto la custodia dei suoi odiosi parenti, sapeva ciecamente che ormai non era affatto un orfano, aveva una famiglia numerosa, aveva al suo fianco affetti che mai e poi l’avrebbero lasciato da solo, ed era perfettamente cosciente del fatto che, anche se in quel momento non c’era nessuno fisicamente accanto a lui, le persone a lui care erano tutte lì al suo fianco, con il loro spirito; avvertiva la loro presenza.

E in quel momento accadde. Jahat fu colto da un’altra morsa di dolore, e si portò la mano al petto, dai suoi occhi continuò a scolare sangue, cadde in ginocchio in un attimo, e abbandonò la sua arma. I suoi seguaci che divennero alquanto rumorosi, non ebbero nemmeno il tempo di fiondarsi su di Harry, perché a quel punto, gli occhi umani, che li circondavano ed erano adibiti a pezzi da collezione lungo tutto il perimetro di quelle pareti, si illuminarono; fasci di luce irradiante furono emanati da quelle pupille ed andarono a travolgere completamente i seguaci dello stregone; raggi, che ancor più potenti di un comune Anatema della Morte, andarono completamente a neutralizzare i corpi di quell’esercito che si trovò in un istante completamente volatilizzato nel nulla. La luce immensa emanata dagli occhi, accecò completamente Harry che dovette ripararsi con una mano. Quando l’effetto fu svanito, ciò che trovò fu semplicemente il suo avversario, che agonizzava piegato al suolo, cercando disperatamente di strappare via con le proprie mani quel cuore che gli provocava tanto dolore. Era all’ultimo stadio ormai.

- Te lo dicevo. – esordì Harry, guardando ciò che rimaneva dello stregone – Io non sarò mai da solo. –

Jahat alzò per l’ultima volta gli occhi su Harry, che ormai lo guardava sprezzante dall’alto al basso con un’espressione durissima. I suoi occhi, che erano in realtà quelli di Severus Piton, incrociarono quelli verdi dello studente di Hogwarts che stette lì a guardarli con una certa titubanza.

- Ma-le-det-to… - riuscì a sillabare Jahat completamente travolto dal dolore.

Harry non gli diede modo di aggiungere altro, continuò ad osservare gli occhi neri che conosceva meglio di molti altri, insieme a quelli di Albus Silente, e la sua espressione da titubante quale era, mutò, e una macchia di rabbia, disgusto e disprezzo si disegnò sul suo viso. Alzò la bacchetta per l’ennesima volta.

- Quegli occhi non sono tuoi! AVADA KEDAVRA! –

Il fascio di luce verde andò a colpire in pieno petto Jahat e questa volta non fallì. Il già caduto corpo dell’antico stregone si riversò completamente sulla superficie di quel cimitero, dov’era giusto che giacesse, privo di vita. Harry trasse un sospiro di sollievo, e rimase per qualche istante immobile a fissare quel corpo inerme. D’un tratto si alzò il vento, era come se Harry potesse sentirlo parlare, si mise in ascolto di quel piacevole suono che era lo scrosciare delle foglie degli alberi, socchiuse gli occhi, e poi sentì picchiare sul proprio viso qualcosa di fresco. Cominciò a piovere. Ma non era una pioggia normale, era una polvere dorata che discendeva dal cielo e lasciava tutto completamente asciutto. Harry vide come sotto quella pioggia d’oro il corpo di Jahat si decomponesse lentamente, lasciando alla fine soltanto due tracce. Non fu un bello spettacolo trovarsi a fissare il cuore e gli occhi di due delle persone più importanti della sua vita, ed anche se risultava essere una dura prova, decise comunque di farsi forza, e li raccolse. Aveva sconfitto Jahat, il suo cuore era al sicuro, e lo stregone non sarebbe ritornato, gli organi dei suoi ex-insegnanti erano stati salvaguardati. Non gli restava altro che tornare ad Hogwarts…

 

Continua…

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Sam_Rox88