Harry Potter
and the Eyes Collector
Capitolo 20
Harry era dinanzi al suo acerrimo avversario, senza comprendere che cosa stesse
avvenendo; se ne stava lì in piedi ad assordarlo gridare in una morsa di dolore
e contorcersi su se stesso; continuava ad imprecare, e ad addossare la colpa a
dei bastardi che Harry non capiva chi fossero. Le mani dell’antico stregone si
coprirono gli occhi, e mentre Harry fece per avvicinarsi, osservò come fra le
dita di Jahat cominciarono a scorrere viottoli di sangue che gli sporcarono i
dorsi e scivolarono lungo i suoi polsi.
- ME LA PAGHERANNO, QUEGLI SPORCHI BASTARDI! – urlò nuovamente Jahat che in un
urlo disumano lanciò il capo all’indietro e poi raccolse la spada al suo fianco,
rialzandosi a fatica.
Harry in quel momento vide che il sangue scorreva da quei profondi occhi neri
che soltanto pochi mesi prima ancora giacevano nelle cavità di Severus Piton,
quegli occhi che tanto gli avevano comunicato in passato, dall’odio alla
compassione, dal terrore alla riconoscenza. Quegli occhi che adesso Harry
definiva sporchi e sconsacrati sul corpo di quell’essere spregevole che
barcollava dolorante proprio dinanzi a lui. Il sangue corse sulle sue goti, per
poi passare per il largo collo venoso e scivolare lentamente oltre l’armatura,
fino a raggiungere la mano che stringeva la spada, un filo di sangue corse lungo
la lama.
- A quanto pare… ti hanno salvato la vita! Sii riconoscente piccolo sbruffone. –
disse Jahat avanzando con sdegno, ricordando vagamente uno zombie appena rinato
piuttosto che un oscuro e sanguinario mago oscuro.
Harry guardava la sagoma barcollare nella sua direzione, mentre le cavità
oculari gli erano diventate una vera e propria fontana tinta di rosso da cui
continuava a scorrere sangue incessantemente. Strinse forte la bacchetta, mentre
indietreggiava cautamente, ad ogni passo di Jahat.
- Che cosa intendi dire? Di chi stai parlando? –
Una smorfia di dolore scosse nuovamente Jahat, che per un attimo si portò una
mano al cuore emettendo un piccolo grido di dolore. Appena passato lo spasmo sul
suo volto si disegnò un ghigno malefico che divenne ancor più spaventoso nel
momento in cui il sangue gli ricoprì le labbra e i denti.
- Ma come? Non lo sai? Non l’hai capito? Ti facevo un ragazzo sveglio, Harry. –
- Vedo che trovi ancora la forza di scherzare, nonostante sia praticamente
arrivato al limite. – rispose beffardo Harry.
Un ennesimo sorrisetto comparve sul volto malridotto e cosparso di sangue di
Jahat.
- Ridi pure di me, la mia ora non è ancora giunta. – ed assunse un’espressione
aggressiva – Ti strapperò quel cuore con le mie stesse mani vedrai. Non servirà
a niente che i tuoi cari custodi defunti ti diano una mano! Fatica sprecata! –
- Custodi defunti? – chiese nuovamente Harry, davvero confuso.
Il volto di Jahat si illuminò.
- Sì, Harry Potter. Ti stanno proteggendo, ti stanno aiutando, scatenando i loro
organi contro di me. – e gridò con tutta la forza che gli restava – QUEL VISCIDO
INSEGNANTE E QUEL MAGO DA STRAPAZZO! –
Jahat sollevò a fatica la spada e si lanciò contro Harry…
…
Aberforth correva lungo i freddi corridoi di Hogwarts, inseguendo una svelta e
determinata Ginny Weasley; avevano da poco superato l’entrata del suo ufficio e
stavano per raggiungere l’ingresso. Ginny era seriamente intenzionata a voler
raggiungere Harry, ovunque si trovasse, per aiutarlo nel suo combattimento
contro Jahat. Non era riuscita ad attendere oltre, nel momento in cui le era
stato comunicato da Neville ciò che Luna aveva visto. Il ragazzo che da sempre
aveva atteso, e che finalmente era diventato suo dopo le più ardue peripezie,
stava rischiando la vita in un luogo lontano di cui non conosceva nemmeno
l’esistenza prima di quel momento. Non poteva assolutamente permetterlo.
- Signorina Weasley! Come suo preside le ordino di fermarsi! – gridò Aberforth
alle sue spalle.
- Non riuscirà a fermarmi, Aberforth! –
- Che ragazza sconsiderata! – commentò acidamente lui – Ginny, ti assicuro che
salveremo Harry, ma per piacere, fermati! –
La ragazza frenò all’instante e si voltò rapidamente verso l’uomo che la stava
seguendo.
- E mi dica? Come intende fare, signor preside? – disse Ginny in tono arrogante,
guardando l’uomo dritto negli occhi.
Aberforth Silente rimase per qualche attimo in silenzio, osservandola con
un’espressione tutt’altro che dura.
- E mi dica lei, invece, signorina Weasley. Come intende fare? Per altro da
sola? –
Ginny aprì la bocca per ribattere ma si fermò all’istante rendendosi conto che
non possedeva sufficienti elementi per farlo.
- Ecco… io… - riuscì soltanto a sillabare.
- Dia retta a me. – disse il preside in tono comprensivo, mettendole una mano
sulla spalla. – Lo aiuteremo insieme. Andiamo. –
E la condusse con sé nella medesima direzione verso la quale stavano correndo un
attimo prima, ma proprio in quel momento, l’intervento di qualcuno bloccò per la
seconda volta la loro spedizione. Una studentessa dell’ultimo anno, con indosso
i colori della Casa di Corvonero, e con dei lunghi capelli di un biondo quasi
sporco, comparve come un fantasma lungo il corridoio, spuntando da una porta
della quale non si erano particolarmente curati. La sua voce suonò tranquilla e
flebile.
- Un momento. Dove andate? – chiese con la sua solita aria stralunata.
Ginny sobbalzò dal momento che non s’aspettava comparire Luna così
all’improvviso, mentre Aberforth spostò i suoi occhi sulla ragazza, con aria
alquanto sorpresa. Luna appariva più strana del solito, aveva indosso la tunica,
ma camminava scalza, e il suo sguardo era ancor più pallido di quel che
ricordassero, e i suoi occhi, persi nel vuoto, completamente vitrei.
- Signorina Lovegood! – esclamò Aberforth mentre ispezionava con lo sguardo la
ragazza. – Cosa c’è che non va? Ha visto dell’altro? E come è arrivata fin qui?
– aggiunse infine, sapendo che la sua studentessa aveva perso la vista in
seguito ad un attacco dei seguaci di Jahat.
Luna sorrise, come se fosse il giorno più felice della sua vita. Ginny scambiò
uno sguardo con il proprio preside, entrambi non compresero quell’espressione.
- Sa, signor preside, ho imparato a camminare perfettamente da sola lungo i
corridoi di Hogwarts. Ecco come vi ho raggiunti. –
Aberforth scrollò il capo, pentendosi di aver fatto quella domanda, e passò
oltre.
- Signorina Lovegood, mi dica, come sta Harry? Riesce ancora a vedere cosa
avviene in quel cimitero? – chiese senza riuscire a nascondere la sua
preoccupazione.
- Ti prego, Luna. – quasi la implorò Ginny debolmente.
- Oh, certo che riesco a vederlo. E’ per questo che sono venuta a dirvi di non
andare. – disse continuando a sorridere.
Ginny si avvicinò a lei con uno scatto improvviso, in preda all’agitazione, e le
afferrò le spalle.
- Dimmi Luna, perché possiamo risparmiarci di andare? E’ successo qualcosa?
Harry come sta? Sta ancora combattendo? Ti prego, Luna, ho bisogno di saperlo! –
Il sorriso di Luna si allargò ulteriormente, e la ragazza scosse il capo.
- No, Harry ha smesso di combattere. Ma sta benissimo. C’è qualcuno che a quanto
pare lo sta facendo per lui. –
- Che cosa? – chiesero Ginny e Aberforth all’unisono.
- Chi sta combattendo per lui? Cosa intendi dire? – chiese in tono interessato
Aberforth.
- Che domande. – esclamò Luna come se fosse la cosa più facilmente intuibile
esistente – Ma le persone di cui porta cuore e occhi. Ha ospitato gli alleati
del suo rivale nel suo corpo, non poteva di certo aspettarsi che questi lo
lasciassero fare. Non vi pare? –
Ginny lasciò le spalle della compagna e si ritrasse, con un’aria intontita e lo
sguardo abbastanza confuso.
- Un… un momento… che… che cosa sta avvenendo precisamente? E poi quando parli
di alleati ti riferisci a Silente e Piton, vero? –
Luna annuì animatamente e Ginny si voltò verso Aberforth, per cercare in lui una
qualche risposta.
- Professore… -
Ma il neo-preside di Hogwarts sembrava abbastanza scosso; continuava a scuotere
il capo boccheggiando, senza riuscire a dire niente di concreto, come se le
parole gli morissero in gola non riuscendo a fuoriuscire.
- Mio… mio… mio fratello a quanto pare… si sta ribellando. Sta usando il suo
cuore per… per ucciderlo… - e corrugò la fronte come se la cosa gli apparisse
troppo inverosimile - …dall’interno! –
…
- Signor Paciock, torni dalla signorina Lovegood, e si assicuri che stia bene. –
ordinò la professoressa McGranitt a Neville – E tu Malfoy, dal momento in cui
non puoi renderti utile, va dritto nel tuo dormitorio. –
- Ma io… - stava per ribattere Malfoy, ma la McGranitt non aveva alcuna
intenzione di sentire obiezioni.
- Non una parola! Dritto nella tua Sala di ritrovo. –
Draco, alquanto irritato, obbedì all’ordine della sua insegnante di
Trasfigurazione, e si incamminò lungo il corridoio ma si voltò già dopo una
decina di passi.
- Ah, professoressa? –
Minerva si voltò verso il proprio studente, osservandolo con fare interrogativo.
- Se ci sono novità su Potter… -
Draco non riuscì nemmeno a terminare la frase, ma la sua insegnante comprese
benissimo, ed accennò un sorriso amorevole, quasi materno.
- Provvederò a farle sapere. –
Draco rivolse un’ultima espressione che sembrava essere un sorriso alla
professoressa McGranitt, per poi voltarle finalmente le spalle e incamminarsi
verso il dormitorio dei Serpeverde.
Accanto alla professoressa McGranitt c’erano anche Hagrid e Kingsley
Shacklebolt, il Ministro della Magia. Madama Chips li aveva appena cacciati
tutti dall’infermeria, dal momento che sia Ron che il professor Beker avevano
estremamente bisogno di riposo.
- Signor Ministro – esordì la strega – le direi di restare ma, dal momento in
cui non c’è Aberforth. –
Shacklebolt alzò una mano, scuotendo il capo cordialmente.
- Non stia a preoccuparsene, Minerva. La mia presenza qui non è particolarmente
utile. – e sospirò – Mi dispiace ma a quanto pare nessuno può far niente. Siamo
nelle mani del giovane Potter, per l’ennesima volta. – e sorrise ad entrambi i
suoi interlocutori. – Dunque… io me ne andrei. – aggiunse infine – Mandatemi un
gufo qualsiasi cosa dovesse accadere, intesi? Farò il possibile. –
La professoressa McGranitt annuì, e Shacklebolt si tolse il cappello in segno di
saluto.
- Rubeus. – disse poi ad Hagrid, e rificcandosi in testa il cappello, voltò le
spalle e si allontanò nel suo mantello dai colori sgargianti.
- Dici che Harry ce la farà? – chiese Hagrid, evidentemente preoccupato, una
volta rimasto solo con la professoressa McGranitt.
La strega sospirò, continuando ad osservare il Ministro della Magia allontanarsi
lungo il corridoio.
- Lo spero. – si limitò a dire. – E’ tutto ciò che mi auguro. – e poi si voltò
verso il mezzogigante – Ma ho piena fiducia in quel ragazzo. – disse sorridendo.
– Dopotutto… appartiene alla mia casa. –
Il sorriso della professoressa si allargò sempre di più, ed Hagrid ne fu felice.
Ci fu un attimo di silenzio tra loro, ma fu nuovamente la strega ad
interromperlo.
- Ah, Hagrid, era da un po’ di tempo che volevo affrontare una questione con te.
– disse in tono risoluto.
Hagrid corrugò la fronte, e la guardò preoccupato, come se si stesse per beccare
una punizione. Conobbe per un attimo i sentimenti che vivevano quotidianamente
gli studenti di quella scuola.
- Oh… ehm… - farfugliò – Di… dimmi. Cosa… cosa… Di cosa vuoi parlare? –
Sul viso della McGranitt comparve nuovamente un sorriso.
- Suvvia Hagrid, non agitarti. Non si tratta di alcunché, fidati. Volevo
semplicemente chiederti se è vero che possiedi un piccolo allevamento di Medhal.
–
Hagrid, che possedeva proprio alcuni rari esemplari nel giardino dietro la sua
capanna, si grattò la nuca e cercò di apparire quanto più vago gli riusciva di
essere.
- Beh, ecco, io, no, perché? –
- Dimmi la verità. – si limitò a dirgli la professoressa McGranitt, la quale si
stava già spazientendo.
- Ma… non è illegale possederli, voglio dire… non faccio nulla di male? –
- Ma certo che no. Però purtroppo credo proprio che dovrai separartene. –
Hagrid sbarrò gli occhi, e contrasse tutti i muscoli del viso per lo stupore.
- Cosa? Per… perché? –
La professoressa McGranitt sospirò, e poi gli poggiò una mano sull’immenso
braccio grande quanto il suo busto.
- Ascoltami, Hagrid, tu sei l’insegnante di Cura delle Creature Magiche, quindi
suppongo che tu sappia che la specie dei Medhal possiede degli enormi poteri
curativi, vero? –
- Ehm… ma certo! –
La strega socchiuse gli occhi compiaciuta.
- Bene. – esclamò serena. – E saprai anche che in particolare il sangue di
Medhal ha il potere di ridare a qualcuno ciò che ha perso, ovviamente per quanto
riguarda il fattore fisico… un braccio, un piede, una mano, la voce, l’udito o
anche… la vista!
Hagrid, del tutto sbigottito, spalancò le enormi labbra.
- Oh per tutti i maghi… questo significa… -
La professoressa McGranitt annuì.
- Possiamo ridare la vista a coloro che l’hanno persa. Ci occorre soltanto il
sangue di quelle creature, Hagrid. –
…
Shacklebolt si stava avviando verso l’uscita del castello, quando scorse la
sagoma del preside entrare in una stanza. Convinto che fosse ormai lontano,
disperso chissà dove per salvare Harry, affrettò il passo e raggiunse la porta
dietro la quale era sparito. Trovò Aberforth di spalle, nell’intento di aiutare
a sedersi la ragazza cieca che aveva il dono di riuscire a vedere cosa stesse
avvenendo nel cimitero degli occhi. Al suo fianco, in piedi al centro della
stanza e con le braccia incrociate sul petto, c’era Ginny Weasley, la cui
espressione lasciava trasparire in ogni dettaglio la sua ansia.
- Dimmi Luna, che cosa vedi precisamente? – chiese Aberforth prendendo l’alunna
per le spalle.
Shacklebolt fece un passo avanti e si introdusse nella stanza.
- Silente! Che cosa sta succedendo?! – chiese senza troppi convenevoli.
Aberforth si voltò di scatto.
- Oh, sei tu, Kingsley! A quanto pare… ci sono grosse novità. –
…
Harry riuscì a scansare la spada di Jahat, che andò a schiantarsi da tutt’altra
parte, nel terreno. Probabilmente il sangue che sgorgava dalle cavità oculari
non aiutava molto la vista dello stregone, e questo avvantaggiava di gran lunga
Harry.
- Credo che tu non sia più in condizioni di combattere, Jahat. –
Lo stregone dinanzi a lui respirava affannosamente.
- Taci, ragazzino. –
Mentre pronunciava quelle parole, alle orecchie di Harry giunse il suono di rami
calpestati e foglie scostate; capì che qualcosa si aggirava intorno al cimitero;
probabilmente qualcuno si stava avvicinando. Il rumore divenne sempre più
intenso, e sul volto di Jahat comparve un’espressione compiaciuta.
- Sono arrivati i rinforzi, a quanto pare. – ansimò.
Ed eccoli, dai muri di pietra e occhi e dalle fronde degli alberi, un’armata di
jahati si portò avanti, introducendosi nel cimitero, e avanzando sempre più
verso i due avversari. Harry spalancò gli occhi, erano a centinaia, non sarebbe
mai riuscito a sconfiggerli da solo. Strinse ancor più forte la bacchetta, come
se questa potesse infondergli la forza.
- E adesso come te la caverai? – chiese sprezzante il mago facendosi beffe di
Harry – Sei solo. – aggiunse con una
vocina odiosa.
…
Al sentire la descrizione di Luna, il Ministro della Magia cominciò ad
innervosirsi, e si diresse a grandi passi verso la porta.
- Bisogna salvare quel ragazzo! – esclamò deciso Shacklebolt.
- FERMO! – gli gridò Aberforth con l’intento di immobilizzarlo, e a quanto pare,
ci riuscì.
Shacklebolt si irrigidì come se fosse un blocco di pietra, e poi si voltò
lentamente, con aria sbigottita, verso il preside.
- Che significa Aberforth? Perché mi hai fermato? Non hai intenzione di salvare
Potter? Credevo che… -
Ma il preside non gli concesse di continuare.
- Devi stare calmo, Kingsley! Abbiamo tutto sotto controllo. Luna ci sta dicendo
che il nostro intervento non è necessario. –
Kingsley era pienamente in disaccordo.
- A me risulta essere anche più che necessario. Quel ragazzo è solo. –
- Non me lo faccia notare. Lo so benissimo. – ribadì Aberforth con aria calma,
ma non nascondendo una leggera punta di asperità.
La voce di Luna, in quel momento, si ridestò dal momentaneo silenzio.
- Non c’è bisogno che facciate tutto questo. Ad Harry non occorre aiuto. – disse
in tono sereno la studentessa di Corvonero, con un sorriso disegnato sul volto.
Ginny, che aveva perso completamente le parole, alzò lo sguardo preoccupato sul
proprio preside, per ricevere una piccola consolazione.
- Fidiamoci di Luna. – esclamò semplicemente Aberforth.
In quel momento, sulla soglia della porta comparvero correnti e ansimanti, la
professoressa McGranitt e Hagrid.
- Professor Silente! – esclamò l’anziana strega cercando di sopraffare l’affanno
– E’ ancora qui! Ho sentito la sua voce prima! Che cosa sta accadendo? –
- Ah, Minerva. Prego entrate pure. Harry a quanto pare sta bene. – e si portò di
fronte alla donna, poggiando entrambe le mani sulle sue spalle – Minerva, se
solo sapessi cosa sta accadendo, non ci crederesti. –
La professoressa McGranitt lo guardò con tono interrogativo e confuso, e poi
scrollò le spalle e il capo.
- L’importante è che il ragazzo stia bene! – disse risoluta, senza voler
apprendere altro. – La signorina Luna, suppongo, stia continuando a vedere ciò
che avviene nel cimitero. –
Ginny annuì fortemente al posto della compagna, e la professoressa McGranitt
dopo aver rivolto uno sguardo alle due ragazze, e dopo esser tornata a respirare
regolarmente, spostò nuovamente gli occhi sul preside.
- Dal momento che è qui, professor Silente, volevo comunicarle qualcosa di
abbastanza urgente. –
- Mi dica pure tutto Minerva, tanto in questa situazione non so cosa ci possa
essere di peggio. – le rispose il preside.
- Ecco, vede. – esordì la McGranitt – Pare che il nostro insegnante di Cura
delle Creature Magiche qui presente, abbia una sufficiente quantità di Medhal
nel suo piccolo orto, e se non sbaglio il sangue di quelle creature è uno dei
migliori ingredienti curativi per pozioni che io conosca. Pare che il sangue di
un Medhal possa anche ridare… la vista, signore. Potremo usarlo per ridare la
vista alla signorina Lovegood, ad esempio. –
Sul volto del preside di Hogwarts comparve un’espressione sollevata.
- Ma tutto ciò è grandioso. – esclamò.
- Ovviamente le pozioni vanno preparate al più presto, professore. –
Aberforth annuì, e sorrise debolmente.
- Se ne occupi pure lei, insieme ad Hagrid, professoressa McGranitt. Ho piena
fiducia in lei. –
La strega annuì, ed un attimo dopo era già fuori con Hagrid, che si congedò con
un cenno del capo.
…
Ron era poggiato con il capo alla colonna di cuscini che si ergeva dietro le sue
spalle, ma non riusciva assolutamente a riposare; aveva gli occhi spalancati e
teneva lo sguardo fisso sul letto accanto al suo, dove giaceva un’Hermione
ancora priva di sensi. Non vedeva l’ora si risvegliasse per poterla
riabbracciare, per poter sentire nuovamente la sua voce, per poter stare con
lei, e semplicemente per continuare a litigarci su ogni minima cosa. Hermione
non gliene faceva passare mai liscia una, voleva sempre avere ragione su tutto
ma, Ron doveva riconoscerlo, lei aveva sempre ragione su tutto; e povero lui che
aveva sprecato gli anni più preziosi della sua vita senza rendersi conto dei
veri sentimenti che provava nei suoi confronti. Se non fosse stata lei a
baciarlo, magari lui non si sarebbe mai deciso a farsi avanti. Aveva troppa
paura, troppa paura di essere rifiutato, di rovinare la loro amicizia, ed era
ciecamente convinto di non avere una sola, minima possibilità che una ragazza
straordinaria come lei potesse interessarsi a lui. Era a dir poco fuori
dall’ordinario che proprio lei, la studentessa migliore della scuola, la ragazza
che fingeva di detestare soltanto per nascondere la sua debolezza e della quale
era innamorato, ricambiasse i suoi sentimenti. E forse era davvero un sogno ciò
che aveva vissuto in quegli ultimi mesi, dal loro primo bacio; magari si sarebbe
risvegliato da un momento all’altro. Ma adesso era lì, steso sul letto di
un’infermeria, a vegliare su di lei, pregando per il suo risveglio. Era
terribilmente preoccupato, e non solo per Hermione, ma anche per le sorti del
suo migliore amico, che stava combattendo contro un nuovo male rinato che aveva
tutta l’intenzione di strappargli il cuore. Come se non bastasse, anche sua
sorella si era lanciata in quella battaglia, nel momento in cui aveva appreso
che Harry, probabilmente, non era in condizione di vincere quello scontro. Tutti
quei pensieri rendevano l’attesa e il risposo a letto una vera agonia, e per di
più lo facevano sentire totalmente impotente di fronte alla gravità della
situazione; avrebbe voluto aiutare Harry, sarebbe voluto correre da lui, ma non
poteva.
In un letto poco distante giaceva il professor Beker, da poco risvegliatosi in
seguito alla ferita provocatagli da Jahat. Il giovane professore
dall’atteggiamento giovanile e scanzonato, che dava l’aria di essere più uno
studente che un’insegnante, se ne stava disteso sul proprio letto, osservando il
giovane dai capelli rossi con lo sguardo fisso sulla propria ragazza; non gli ci
volle molto per capire che cosa stesse provando l’ultimo figlio maschio dei
Weasley in quel momento.
- Si risveglierà. – disse con un filo di voce, e abbozzando un rassicurante
sorriso.
Ron non lo guardò, continuò a tenere i suoi occhi fissi sul volto di Hermione.
- Spero che avvenga presto. Non posso stare senza di lei. – e fece una breve
pausa, continuando ad guardarla – Ho bisogno di lei. –
- Faccio il tifo per voi ragazzi. – esclamò il professore, con un tono molto
dolce.
Ron rimase ancora fisso su Hermione, soltanto dopo parecchi istanti si voltò per
guardare il professor Beker.
- Ed Harry, professore? –
Sul volto di Hubert Beker si disegnò un sorrisetto compiaciuto.
- Il tuo amico ha la pellaccia dura, ragazzo. Tra un paio d’ore sarà qui,
vedrai. –
…
I jahati avanzavano sempre più verso i due avversari; Harry controllava con
sguardo vigile la situazione, impugnando la bacchetta, in attesa di fare la
mossa giusta; era nervoso, ma non l’avrebbe mai dato a vedere, doveva mantenere
il sangue freddo, dopotutto era colui che aveva sconfitto il più grande mago
oscuro di tutti i tempi, e non sarebbe stato un gruppo di stregoni da strapazzo
a ridurlo fuori gioco, per quanto essi potessero essere numerosi. Jahat si stava
facendo beffe di lui, e sogghignava, mentre i suoi seguaci continuavano
l’avanzata in suo soccorso. Fu in quel momento, però, che avvenne qualcosa che
Harry non aveva assolutamente programmato.
- Sei solo. – aveva sussurrato
acidamente Jahat, convinto di aver già la vittoria in pugno.
La rabbia attraversò l’intero corpo di Harry, che a momenti divenne paonazzo.
- Io non sono solo. Non lo sarò mai!
– aggiunse con forza, credendo ciecamente in ciò che diceva.
Il suo pensiero volò ai suoi genitori, a Ginny, ai suoi fedeli compagni di vita,
Ron e Hermione, e poi a Silente, a Sirius e a tutte le persone che l’avevano
aiutato e sostenuto durante il corso degli anni; tutte le persone che gli
avevano offerto un aiuto, che gli avevano regalato una casa. Harry, il piccolo
orfano cresciuto fino a undici anni in condizioni infelici sotto la custodia dei
suoi odiosi parenti, sapeva ciecamente che ormai non era affatto un orfano,
aveva una famiglia numerosa, aveva al suo fianco affetti che mai e poi
l’avrebbero lasciato da solo, ed era perfettamente cosciente del fatto che,
anche se in quel momento non c’era nessuno fisicamente accanto a lui, le persone
a lui care erano tutte lì al suo fianco, con il loro spirito; avvertiva la loro
presenza.
E in quel momento accadde. Jahat fu colto da un’altra morsa di dolore, e si
portò la mano al petto, dai suoi occhi continuò a scolare sangue, cadde in
ginocchio in un attimo, e abbandonò la sua arma. I suoi seguaci che divennero
alquanto rumorosi, non ebbero nemmeno il tempo di fiondarsi su di Harry, perché
a quel punto, gli occhi umani, che li circondavano ed erano adibiti a pezzi da
collezione lungo tutto il perimetro di quelle pareti, si illuminarono; fasci di
luce irradiante furono emanati da quelle pupille ed andarono a travolgere
completamente i seguaci dello stregone; raggi, che ancor più potenti di un
comune Anatema della Morte, andarono completamente a neutralizzare i corpi di
quell’esercito che si trovò in un istante completamente volatilizzato nel nulla.
La luce immensa emanata dagli occhi, accecò completamente Harry che dovette
ripararsi con una mano. Quando l’effetto fu svanito, ciò che trovò fu
semplicemente il suo avversario, che agonizzava piegato al suolo, cercando
disperatamente di strappare via con le proprie mani quel cuore che gli provocava
tanto dolore. Era all’ultimo stadio ormai.
- Te lo dicevo. – esordì Harry, guardando ciò che rimaneva dello stregone – Io
non sarò mai da solo. –
Jahat alzò per l’ultima volta gli occhi su Harry, che ormai lo guardava
sprezzante dall’alto al basso con un’espressione durissima. I suoi occhi, che
erano in realtà quelli di Severus Piton, incrociarono quelli verdi dello
studente di Hogwarts che stette lì a guardarli con una certa titubanza.
- Ma-le-det-to… - riuscì a sillabare Jahat completamente travolto dal dolore.
Harry non gli diede modo di aggiungere altro, continuò ad osservare gli occhi
neri che conosceva meglio di molti altri, insieme a quelli di Albus Silente, e
la sua espressione da titubante quale era, mutò, e una macchia di rabbia,
disgusto e disprezzo si disegnò sul suo viso. Alzò la bacchetta per l’ennesima
volta.
- Quegli occhi non sono tuoi! AVADA KEDAVRA! –
Il fascio di luce verde andò a colpire in pieno petto Jahat e questa volta non
fallì. Il già caduto corpo dell’antico stregone si riversò completamente sulla
superficie di quel cimitero, dov’era giusto che giacesse, privo di vita. Harry
trasse un sospiro di sollievo, e rimase per qualche istante immobile a fissare
quel corpo inerme. D’un tratto si alzò il vento, era come se Harry potesse
sentirlo parlare, si mise in ascolto di quel piacevole suono che era lo
scrosciare delle foglie degli alberi, socchiuse gli occhi, e poi sentì picchiare
sul proprio viso qualcosa di fresco. Cominciò a piovere. Ma non era una pioggia
normale, era una polvere dorata che discendeva dal cielo e lasciava tutto
completamente asciutto. Harry vide come sotto quella pioggia d’oro il corpo di
Jahat si decomponesse lentamente, lasciando alla fine soltanto due tracce. Non
fu un bello spettacolo trovarsi a fissare il cuore e gli occhi di due delle
persone più importanti della sua vita, ed anche se risultava essere una dura
prova, decise comunque di farsi forza, e li raccolse. Aveva sconfitto Jahat, il
suo cuore era al sicuro, e lo stregone non sarebbe ritornato, gli organi dei
suoi ex-insegnanti erano stati salvaguardati. Non gli restava altro che tornare
ad Hogwarts…
Continua…