~Diari~
2005 ~ Perché l’amo
Quando entrai in macchina, i miei
fratelli mi guardavano confusi?
“Perché
gongoli?” mi chiese
Emmett attraverso i pensieri. Risi mentre Bella ripartiva con il suo pick up.
“Sbrigati, non c’è bisogno di essere
così idiota.” Mi disse Rosalie irrequieta. Non ci feci caso e uscii dal
parcheggio della scuola.
“Posso conoscere Bella adesso?”disse
Alice senza preavviso.
“No.” Risposi duro.
“Uffa, quanto dovrò aspettare
ancora?”
“Alice non so nemmeno io cosa fare.”
“Edward.” Piagnucolò. E di nuovo le
sue visioni tornarono nitide.
“Perché mai dovresti conoscerla?
Potrei anche ucciderla.” Sibilai.
“Perché si, perché ha senso.”
Ammise.
Fermai la macchina in garage e
Rosalie soddisfatta del poco tempo impiegato per tornare a casa mi augurò una
buona corsa. Peccato, il suo augurio non serviva a nulla, lei non sapeva che
oggi non sarei andato a Seattle, sarei andato a caccia.
La vicinanza di Bella mi aveva messo
addosso troppa sete e non potevo aspettare il giorno successivo per andare a
caccia. Ero ubriaco di sangue, ma sapevo anche che con lei non sarebbe mai
bastato.
Era notte inoltrata e l’alba era
ancora lontana.
Senza rendermene conto mi ritrovai a
correre verso casa sua.
L’avrei solo guardata da lontano,
senza farle del male.
Sicuramente la porta era chiusa,
perciò non mi rimaneva altro che provare con le finestre.
Mi arrampicai alla prima finestra
che incontrai nel fare il giro attorno alla casa.
Non mi sarei mai aspettato di
trovare ciò che cercavo al primo tentativo.
Lei era raggomitolata tra le coperte
nel suo letto. Il suo sonno era agitato.
Probabilmente il suo corpo avvertiva
la mia presenza. Mi sentii un vero mostro in quel momento, mentre la stavo
osservando. Continuai a guardarla e le sue labbra si mossero.
“Si mamma, va bene.” Mormorò.
Sorrisi, Bella parlava nel sonno.
Tutto ciò mi incuriosii ancora di
più e senza pensarci provai ad entrare nella sua stanza. Osservai la sua stanza
e mi persi nel suo disordine.
I libri, i CD,
i vestiti, gli appunti della scuola, le sue scarpe disseminate su tutto il
pavimento.
Vinsi contro la curiosità di sapere
quali fossero i suoi libri preferiti e quale musica ascoltasse.
Senza lasciarmi prendere dalla
troppa curiosità nei suoi confronti e mi accomodai sulla sedia a dondolo in
fondo alla stanza.
Mentre la osservavo, mi accorsi di
quanto fosse bella.
Non poteva esserci come soluzione
solo quella di partire, e di certo non l’avrei più ferita con la mia
indifferenza. Ma se l’avessi lasciata, qualcuno avrebbe potuto entrare nella
sua vita e questo non potevo accettarlo.
Anche se questa idea non mi piaceva
di certo lei non avrebbe mai scelto me.
Non avrebbe sprecato la sua vita
accanto ad un mostro che non poteva darle nulla, un mostro, che avrebbe potuto
ucciderla in qualsiasi istante.
Non avrei mai potuto invitarla al
ballo come avevano fatto i nostri compagni di scuola.
Sarebbe scappata via da me, oppure
avrebbe rinunciato a Seattle e sarebbe uscita con me? non mi avrebbe mai detto
di si, quella era la pura e semplice verità.
Meritava di più di un mostro come
me. dovevo andare via, lei magari non se ne sarebbe nemmeno accorta. Non mi
avrebbe mai guardato con amore.
Non mi avrebbe mai amato, non
avrebbe mai ricambiato i miei sentimenti. Con quella consapevolezza, il mio
cuore, nonostante fosse morto, andò in frantumi.
“Edward.”gelai al suono del mio
nome. Si era svegliata e mi aveva trovato lì a spiarla.
Si girò su un fianco.
“Edward.” ripeté chiara il mio nome.
Dormiva ancora e mi stava sognando.
Il mio cuore da spezzato qual’era,
ritornò a battere di nuovo nel mio petto.
“Rimani qui, per favore, non andare
via.” Sospirò ancora.
Non potevo crederci, mi stava
sognando e in più mi pregava di rimanere lì con lei.
Tutto ciò che provavo per lei mi
invase.
Il mio corpo gelido, si riscaldò di
un nuovo calore. Non mi sentivo più una roccia, mi sentivo un uomo.
Un uomo in carne ed ossa, con le sue
debolezze.
E lei ora era la mia debolezza,
perché l’amavo.
E non c’era consapevolezza più bella
che potessi provare in questo momento.
L’avrei amata per tutto il resto della
mia esistenza.
Solo adesso comprendevo appieno le
visioni di Alice.
Se avendola accanto a me, avessi
fatto il minimo errore, l’avrei uccisa senza avere il tempo di fermarmi. Anche
solo una mia carezza poteva costarle la vita. Oppure l’avrei amata talmente
tanto, da costringerla a scegliere di perdere la sua mortalità per starmi
accanto.
Però c’era anche una terza
soluzione.
Potevo starle accanto senza
commettere errori e lasciandole vivere la sua vita da umana, senza cedere
all’egoismo di averla per sempre con me. Era questo ciò che avrei fatto, senza
alcun dubbio. Per farlo però, dovevo iniziare ad abituarmi al suo odore.
Cercai di rimanere fermo e pian
piano respirai il suo profumo. Quella dolce fragranza mi ubriacò, ma mai fui
felice come in quel momento di soffrire la sete.
Il mattino arrivò prima di quanto mi
aspettassi e dovevo andare via per prepararmi per la scuola.
Esme mi guardò e sembrò felice di
trovare sul mio volto una parvenza di felicità.
A scuola ci arrivai di corsa e
raggiunsi, senza farmi notare dal resto degli studenti, i miei fratelli.
Sentivo il rombo del motore del pick
up di Bella e non persi occasione per poterla osservare di nuovo anche se da
lontano.
All’improvviso però sentii la voglia
di parlarle e le chiavi che le caddero dalle mani, mi fornirono la scusa più
valida per avvicinarmi a lei.
Afferrai prima di Bella le chiavi e
lei sussultò quando si accorse della mia presenza.
“Come ci riesci?”
Mi chiese ancora un po’ arrabbiata
per la discussione del giorno prima.
“A fare cosa?” risposi di rimando.
“Ad apparire per magia.”
“Oh. Ma Bella sei tu che non badi
mai alla mia presenza, non è colpa mia.” La canzonai.
“Perché ieri mi hai bloccato
l’uscita? Credevo che volevi fingere che non esistessi. Non che volessi
provocarmi ad ogni occasione.” Disse
ancor più arrabbiata di prima.
“Tyler aveva bisogno di parlarti, ed
io gli offerto una possibilità.”risposi, cercando di essere il più sincero
possibile.
“Guarda tu che gran…” boccheggiò.
“E poi non è vero che sto fingendo
che tu non esista.”continuai.
“Allora, visto che il furgone di
Tyler non è riuscito ad uccidermi, vuoi farlo tu irritandomi?” chiese, e per un
attimo mi irritai. Davvero credeva che la sua morte poteva farmi piacere?
Davvero non capiva che quella notte mi ero finalmente innamorato di lei?
“Sei davvero assurda.” E con quella
risposta non feci altro che indispettirla ancora di più. E scappò via da me.
“Aspetta, ti prego.” Ma niente
camminava più veloce di prima.
“Perdonami se sono scortese, non
avrei dovuto dirtelo.” Provai a riparare.
“Perché non mi lasci in pace?”
chiese dura.
Avrei voluto davvero spiegarle il
perché, avrei voluto dirle che ero talmente innamorato di lei da non riuscire a
lasciarla stare.
“Avevo bisogno di chiederti una
cosa.” Dissi cambiando completamente espressione e tono di voce.
“Soffri di disordini da personalità
multipla?”
“Per favore Bella, non fuorviarmi
ancora.”
“Va bene, dimmi.”
“Volevo chiederti se sabato
prossimo, il giorno del ballo,”iniziai a dire sapendo che avrebbe interpretato
male, ma mi interruppe.
“Mi prendi in giro?” avrei tanto
voluto risponderle di si, che mi divertiva farlo perché adoravo l’espressioni
che faceva e il colorito che il suo volto assumeva.
“Mi fai finire per favore?”non
rispose e mi lasciò continuare.
“So che quel giorno vorresti andare
a Seattle e volevo chiederti se ti serviva un passaggio fin lì.”
“Cosa?” chiese visibilmente stupita.
“Ti sto chiedendo se ti serve un
passaggio per Seattle.”
“E da chi?”
“Come da chi, da me.”
“E perché?” possibile che le
sembrava così assurdo che volessi passare del tempo con lei?
“Volevo andarci anch’io a Seattle e
poi non penso che il tuo Cheavy possa arrivare fino lì. ”
“La mia macchina va benissimo.” E
cercò di allontanarsi da me.
E io non lo avrei permesso.
“Non ti basterà un solo pieno di
benzina.”
“Non ti riguarda.”
“Sono affar mio le riserve non
rinnovabili.”
“Io, Edward, davvero non ti seguo.
Sbaglio o avevi detto che non dovevamo essere amici?”il mio nome sulle sue
labbra, era la cosa più bella che avessi mai sentito.
“Ho detto che sarebbe meglio che noi
non lo fossimo, non che non ti voglio come amica.”
“Grazie, adesso ho capito molto di
più.”disse beffarda.
Il suo cuore quando mi guardò in
viso perse un battito. Che avesse paura di me?
“Sarebbe meglio che tu non fossi una
mia amica, ma non mi va più di obbligarmi ad evitarti.” E tanti cari saluti
sull’evitare di espormi tanto.
“Vieni a Seattle con me?” chiesi
soffermandomi sul suo respiro irregolare e sulle capriole del suo cuore.
Mosse il capo ed annuì.
Aveva accettato ed ero felice di
questo, ma una parte di me mi obbligava anche ad avvertirla del pericolo che
correva standomi accanto.
“Sarebbe meglio però, che tu mi
girassi alla larga. Ci vediamo in aula.” Le dissi, e scappai veloce via da lei.
Per tutto il giorno, non feci altro
che osservarla attraverso le menti degli altri.
Scoprii che aveva poco senso
dell’equilibrio e che per lei rimanere dritta era davvero un’impresa, ma
questo, la rendeva ancora più speciale, la rendeva diversa dagli altri.
Il tempo passava lento, ma arrivò la pausa pranzo e senza
pensarci due volte, corsi verso la caffetteria per scegliere un posto adatto a
quello che stavo per fare.
I miei fratelli entrarono e
oltrepassarono il mio tavolo senza dire nulla.
Rosalie però non perse occasione per
rivolgermi qualche pensiero gentile. “Sciocco.”
, Jasper mi augurò buona fortuna ed Emmett si preoccupava per il mio improvviso
interessamento per Bella.
Alice invece era felicissima, “Edward, posso conoscerla adesso?” mi
chiese speranzosa.
“Non impicciarti.” Risposi piano,
sicuro però che lei mi avesse sentito. “Va
bene testardo d’un fratello, arriverà presto il momento. Ah, ricordati di
biologia.” Pensò e si sedette vicino a suo marito.
Annuii nella sua direzione e attesi
con ansia il suo arrivo.
Edward
Rinnovo i miei
ringraziamenti!
Un bacio a tutti!!!!