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Autore: ailinon    14/11/2009    4 recensioni
Nel lontano rinascimento, un ragazzo con una grande e sola passione: la poesia e la lettura.
La sua vita a Firenze, lo condurrà a conoscere molti personaggi importanti.
Dalla sagace intelligenza di Pico, alla filosofia di Marsilio.
Dalla gioia di vivere di Giuliano de Medici, alla grandezza di Lorenzo il magnifico, suo fratello.
Fino alla superbia della famiglia de Pazzi.
Ma uno su tutti saprà cogliere l'essenza del suo animo...
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
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Capitolo 74 – PACE E GUERRA

Capitolo 74 – PACE E GUERRA

 

Agnolo chinò il capo, passandosi le mani nei capelli. Seduto nella biblioteca di casa Medici, taceva, cercando di capire qualcosa dalle varie missive che gli giungeva dalle spie di Lorenzo, sparse in tutta Italia.

Gli avevano riferito che il papa era adirato con il re di Napoli a causa dell’improvvisa apparizione di Lorenzo alla sua corte.

Era una buona notizia, anche perché le operazioni belliche contro Firenze si erano fermate, però dubitava che quella situazione sarebbe durata a lungo.

Era in ansia per Lorenzo, come lo era tutta Firenze.

Temeva di saperlo in ceppi, trascinato davanti al papa, come un mulo recalcitrante. E riguardo ad Angelo…

Al pensiero il cuore gli doleva talmente da riempirgli gli occhi di lacrime.

Cosa avrebbero fatto a un semplice paggio?

Il ricordo del corpo di Francesco gli tornò subito alla mente.

Si coprì il viso con le mani.

Erano mesi che erano via, e tutti i giorni gli giungevano notizie, sperava false, sulla morte del suo signore.

Il cuore gli si struggeva nell’ansia.

Molti artisti e uomini della corte avevano ormai lasciato i Medici, pensando il peggio.

Anche il palazzo in via larga era diventato più una sede di attività strategiche, che culturali. E lui non vi si ritrovava più.

Il capitano Belardi, abile nel suo antico mestiere, riusciva ancora a gestire le poche truppe rimastegli. E questo sebbene il suo cuore fosse sull’orlo della disperazione.

Poliziano sapeva quanto bene volesse a Lorenzo e ad Angelo.

Li considerava come suoi figli.

Tuttavia non crollava. Se piangeva, lo faceva di nascosto; per il resto, era il sostegno di madonna Lucrezia e della famiglia.

Per quanto riguardava lui invece… Lui si sentiva a un passo dal baratro. Aveva perso suo padre, Francesco, Giuliano e ora anche Lorenzo e… Angelo.

Firenze non gli offriva più nulla di lieto, e aveva ormai deciso di andarsene.

Molte corti italiane si erano dimostrate ben disposte ad accoglierlo, ma lui… Aveva sperato fino all’ultimo che Lorenzo tornasse. Che Angelo tornasse ma, ormai…

Si sentiva logorato e sfinito.

 «Sono passati mesi…» ansimò, con la voce incrinata.

Non aveva nessuno con cui parlare. Anche Pico era lontano.

Cosa avrebbe fatto se Lorenzo non fosse tornato… Cosa avrebbe fatto?

Si passò una mano sul viso, e chiuse gli occhi.

***

 

 Angelo osservò Lorenzo parlare amabilmente con il re di Napoli e la sua corte.

Ormai erano mesi che Lorenzo organizzava feste nel palazzo di uno dei suoi banchi, a Napoli.

L’aristocrazia accorreva a parteciparvi, e tutti, dame e cavalieri, facevano a gara per parlare con Lorenzo de Medici.

Pendevano dalle sue labbra, come se il signore di Firenze fosse il vero re di Napoli.

Anche Ferrante d’Aragona era rimasto molto colpito e scosso dal racconto della morte di Giuliano de Medici, raccontata dal fratello.

Angelo pensava che anche il re fosse affascinato dal fiorentino. Eppure, la notte, quando la corte se ne andava, e loro restavano soli in quel palazzo vuoto, il ventenne aveva sentito molte volte il suo signore disperarsi.

Durante la notte chiamava spesso il fratello morto; e poi Francesco Nori, e implorava iddio, e il nonno Cosimo di aiutarlo per la sua Firenze.

Anche quella notte, Angelo vide Lorenzo chino sui bauli che aveva portato da Firenze.

Solo per breve tempo aveva assunto i servitori e anche le guardie che l’avevano scortato fino a Napoli, per difendere i suoi averi. Tutto facendo in modo di conservare, per quanto più possibile, il suo denaro ma anche la sua ingente fortuna aveva un termine. Le feste lo logoravano, eppure gli erano necessarie per parlare con il re.

 «Come farò…» mormorò l’uomo davanti a lui, stringendo con forza il bordo di uno dei bauli: «Sto dilapidando tutto l’avere della mia famiglia, senza nessun risultato» mormorò Lorenzo de Medici, coprendosi il viso con una mano: «La fortuna di più di una vita, per niente…»

 Angelo si sentì stringere il cuore nel vederlo così. La sofferenza della morte del fratello, della guerra, del biasimo del papa e dei cittadini di Firenze, stavano intaccando anche la sua volontà incrollabile. E lui non poteva far nulla!

«Signore… Non temete! Ormai il re vi ha preso in simpatia! Bisognerà pazientare ancora per poco! E’ già in rotta con Sisto IV»

 Lorenzo alzò gli occhi scuri su Angelo e sorrise nel vedere il suo volto pieno di fiducia. Da quando lo aveva conosciuto, era sempre stato fedele alla parola datagli quando era ancora poco più che un bambino. Gli avrebbe dedicato la via, e così stava facendo.

Ricordava il suo grido, con lo stendardo di Botticelli in mano: “Per Giuliano!” Aveva detto.

«Per Giuliano…» mormorò sorridendo debolmente.

Angelo annuì: «Si. Per Giuliano»

Lorenzo annuì, ritirandosi in piedi: «Hai ragione io…» mentre parlava bussarono alla porta.

I due si guardarono poi, il più giovane dei due snudò il pugnale e, scese al primo piano andando alla porta.

Lorenzo rimase da solo, nel dubbio.

Forse era il re, che lo avrebbe portato in carcere. O forse sicari del papa. O addirittura amici dei Pazzi giunti fin lì per ucciderlo…

 Passò un lasso di tempo che a Lorenzo parve indefinito; infine sentì dei passi correre verso la stanza.

Prima di pensare, Lorenzo snudò il pugnale, pronto a difendersi, ma la voce di Angelo lo fermò:

«Signore! Lorenzo! Signore! La pace!» urlò trafelato.

«Cosa?!»

«Re Ferdinando ha mandato un messo! Dice che è disposto a una pace con Firenze! E intercederà per voi presso il papa!»

 Lorenzo ascoltò incredulo.

Non era possibile! Allora… Ce l’aveva fatta? Ci era riuscito!

Lasciò cadere il pugnale a terra e scoppiò in una risata fragorosa e liberatoria.

In un attimo i due si stavano abbracciando, ridendo e piangendo allo stesso tempo.

«La pace! La pace!» urlarono felici.

Firenze era salva!

***

 

   
 
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