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Autore: LubyLover    14/11/2009    1 recensioni
Stagione nove: Luka è in fase autodistruttiva, Carter ed Abby stanno insieme e Carter è a Boston dal padre. ... perché quando Luka si presenta alla tua porta e ha una valigia e ti dice che parte c'è solo una domanda, una, che si srotola, da sola, sulla lingua di Abby...
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Abby Lockhart, Luka Kovač
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 03: Pennellate

 

Capitolo 3: Pennellate

 

“Bello, vero?”

Abby sobbalza appena, spaventata dalla voce di Luka alle sue spalle. Si gira a guardarlo: sta reggendo una tazza di caffè. Neppure lui ha l’aria di aver dormito molto.

“E’ di tuo padre?”

Luka annuisce.

“Mi piace… lo trovo pieno di passione… e a proposito di tuo padre…”, Luka sa già cosa gli sta per dire e cerca di fermarla con un gesto della mano, ma lei non si lascia intimorire, “… non era necessario si trasferisse da tuo fratello”

“Ma lui voleva lasciarci la nostra privacy”. Luka accentua la parola proprio come aveva fatto Josip il giorno prima. Abby non può fare a meno di sorridere: c’è qualcosa di grottesco nel sentire Luka storpiare volutamente con accento dell’est una parola inglese. Come uno scherzo strano.

“Gli ho detto che siamo solo amici”

“Abby, non amici, ma amici”, mentre pronuncia la parola mima il gesto delle virgolette.

“Ma…”

“Lascia perdere. Uomini dei Balcani… sono dei testoni…”

“Ne so qualcosa”

“Già”

Tra loro ripiomba il solito silenzio. Hanno entrambi la mente occupata dai loro problemi; Luka l’attuale disastro che è diventata la sua vita ed Abby l’ennesima discussione con John. Si guardano per qualche minuto, cercando di trovare un argomento qualunque.

“Vuoi vederne altri?”

“Scusa?”, Abby è interdetta.

Luka fa un cenno al dipinto appeso al muro, “Di quadri, intendo”

Abby è momentaneamente sollevata: sono riusciti, di nuovo, ad allontanare il momento teso. “Certo, perché no?”

Lo segue per la casa e dentro lo studio del padre. È una stanza di dimensioni modeste ma ben illuminata. Su una delle pareti si apre una grande vetrata girata ad est. Sulle altri pareti ci sono alcuni quadri ed altre tele sono appoggiate sul pavimento.

“Wow…”

“Anni fa dipingeva più spesso… ormai credo che sia stanco”

Abby si aggira per la stanza, per poi fermarsi davanti ad una tela astratta. I suoi occhi inesperti vedono solo un insieme di pennellate colorate, ma si sente attratta.

“Questo è particolare”

“Siamo noi”

Abby si volta di scatto a fissare Luka: i suoi occhi hanno la medesima sfumatura verde del quadro.

“Noi?”

Lui la guarda, colpito dal suo tono incredulo. Poi capisce e scoppia a ridere: “No! Non noi inteso io e te, noi inteso la mia famiglia. Mio padre dice che in quel quadro ci siamo mia madre, mio fratello ed io”, la sua risata si è spenta con la stessa velocità con cui è nata.

Abby sposta di nuovo lo sguardo sul quadro, pensando al gesto tenero di un padre che dipinge la propria famiglia in modo che solo lui la possa riconoscere. Come se il loro amore fosse qualcosa di troppo intenso ed intimo per essere spiegato agli altri.

“Credo che esprima affetto… le pennellate sembrano carezze”

“E’ una bella descrizione… grazie”

Le si è avvicinato e lei sente il suo respiro caldo sopra la testa: “Questa casa l’ha costruita mio nonno insieme con mio padre. Quando hanno messo i muri portanti, mio padre è entrato e ha stabilito che qui avrebbe dovuto esserci il suo studio. Lo voleva rivolto ad est, in modo da poter vedere l’alba, perché lui si alza presto alla mattina e dall’alba trae ispirazione. Mia madre impazziva sempre, visto che lui la coinvolgeva nelle sue levatacce”

Abby ritrova lo stesso affetto del quadro nelle parole di Luka.

“Tua madre…?”

“Tumore all’utero. Io avevo sedici anni”

“Mi dispiace”, gli appoggia una mano sull’avambraccio, osservandolo chiudere gli occhi.

“Quando ho detto che venivo qui e che portavo te”, piccolo sorriso, “mio padre era tutto felice. Poi mi ha visto”

Abby non risponde. Cosa potrebbe dirgli? L’apparenza cadaverica di Luka è uno dei motivi per cui lei non ha voluto lasciarlo partire da solo.

“Credo che se ne sia andato da mio fratello perché io l’ho spaventato troppo. Gli faccio tornare in mente brutti momenti, e lui ormai è vecchio per queste cose”

Luka sente che gli manca l’aria; come ho potuto entrare qui dentro? Sapevo che sarebbe successo qualcosa del genere… cosa mi aspettavo di trovare? Deve uscire dalla stanza il prima possibile, prima che il cuore gli schizzi fuori dal petto dal troppo battere. Butta giù il resto del caffè con un sorso. È ancora troppo caldo e gli brucia la lingua, ma non gli importa.

“Ho finito il caffè. Vado a prenderne dell’altro”

Prima che lei possa reagire, Luka è già uscito dalla stanza. Abby rimane lì da sola, conscia del fatto che lui sta scappando. Si domanda quanto grave possa essere il malessere di Luka se lui ha paura persino dei quadri di suo padre. Sospira, e ricomincia a guardarsi intorno. Studia gli altri quadri con attenzione: non sono solo astratti… anzi, quello è…

Si accovaccia sul pavimento, ed incrocia un paio di occhi che conosce fin troppo bene. È un bel disegno a carboncino, il viso di Luka è tratteggiato con precisione ed abilità. Josip si è preso del tempo per ombreggiare con cura gli zigomi, la linea del naso e la fossetta sulla guancia. Ma sono gli occhi ad attirare la sua attenzione, perché sono vivi, pieni di passione, di intenti. E lei ricorda di averli visti almeno una volta dal vivo. Ne è sicura. Solleva la mano e ferma le dita a pochi centimetri dal disegno, quando un rumore improvviso la fa alzare di scatto.

Si affretta in cucina. Luka è in piedi, appoggiato al lavello e guarda a terra, dove la tazza di ceramica è andata in frantumi.

“Tutto bene?”

“Scusa… non volevo spaventarti. Mi è caduta”, la sua voce è roca, vicino alla rottura. Come se anche lui fosse una tazza distrutta sul pavimento. 

“Non ti preoccupare”, gli si avvicina, indecisa. L’aria è carica di tensione e di stanchezza.

“Vuoi una mano a pulire?”

“No… faccio da solo. Non avvicinarti!”

Ha paura. Ha paura di me. Abby lo fissa, specchiandosi, quasi, in quegli occhi enormi e lucidi. La sua risposta perentoria l'ha un po' ferita. Abbassa lo sguardo.

“E’ che non voglio che ti tagli… ne basta già uno qui con i punti”, detto questo si indica la garza sul sopracciglio. È un tentativo di battuta, Abby lo sa, ma non riesce: la voce dell’uomo è troppo debole e scoraggiata.

“Va bene, allora. Io sono di sopra a fare la doccia, ok?”

Esce senza aspettare la risposta. È sicura che non ci sarà.

 

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 Grace88: Grazie a te per aver letto. Spero che continuerai a seguire la storia.

 

 

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