____BATTLE FOR THE
SUN.}
#1:
“Dream
Brother.”
Qualcosa si muove in quel
mondo senza vento, qualcosa cambia in quel
mondo immutabile in cui è
l’odore dei fiori che regna, sovrano
indiscusso di un tempo troppo angelico per essere credibile.
Ha la
consistenza del tocco di una mano
e di un respiro sul cuore questo qualcosa di un indefinibile colore.
Toma cammina,
incontrando luoghi
conosciuti, luoghi già visti, luoghi che arricchiscono di
particolari quel
qualcosa che sente come peso inscindibile sul petto.
Fa finta di
ammirare i fiori, sempre
uguali, e di respirare un’aria
assuefante che da
claustrofobia,
perché tutto è perfetto e al tempo stesso non lo
è, non lo è più.
C
’è una mancanza, nel mondo, in quel mondo,
nell’aria; nel cuore, in quel
cuore.
Sguardi
sinistri, sguardi che accusano,
che additano una figura che sembra intessuta di fuoco.
Li ricorda, li
vive ancora quegli
sguardi. Sono confusi, arrabbiati e terribilmente tristi.
Ed un angelo
triste non può essere
perfetto. Un angelo triste rompe quel mondo, lo infrange e lo infanga
con la forza
di uno sguardo malinconico.
Lo sono davvero, gli occhi di
Toma sono veramente
malinconici. Si piegano verso il basso, cercano di raggiungere
–almeno loro- un
immagine persa per sempre, la cercano in un sogno afferrando e
stringendo quei
capelli di fuoco che tanto spesso lo avevano incantato.
Lo additano ancora gli sguardi
angelici. No, non
lo accusano ma lo compatiscono, ed è peggio, è
ancora peggio. Un angelo
compatito non è perfetto, la compassione uccide la grazia
angelica, l’appesantisce. Un angelo compatito è pesante non
può volare.
Ma gli occhi -oh
gli occhi!- i suoi
occhi fissano il vuoto, cercano, sperano e ancora amano.
In quel cielo
azzurro cercano il sole,
cercano un calore, cercano una luce, cercano e non smettono mai di
cercare. Ma
con lui tutto se n’era andato!
Sparita la luce
e con essa il calore.
Era fuggita la
perfezione e con essa il senso di quella vita eterna.
Se
n’era andata via la sua figura di fuoco,
quella stessa figura che per tempo indicibile l’aveva
abbracciato, l’aveva
amato e aveva parlato, con voce vibrante di lingue di fuoco. Aveva
promesso un
futuro roseo, un amore eterno, una vita eterna di perfezione angelica.
Bugiardo.
Bugiardo. Bugiardo. Bugiardo.
Ma aveva
mentito. Il sole era scappato,
fuggito, si era nascosto, si era sporcato, si era macchiato. Si era reso
consapevolmente imperfetto. Li
aveva traditi, li aveva derisi, umiliati e gli angeli, rabbiosi,
l’avevano
imprigionato. Così
non scapperai, sole
maledetto,
così non scapperai.
E lo pensava
anche Toma, felice di
riaverlo accanto, scioccamente protetto da quella figura di fuoco che
aveva
amato da sempre. E se la figura di fuoco avesse mentito
sull’amore?
No.
No. No. No. No!
Era suo
fratello, il suo mondo, la sua
intera vita.
E il sole era
fuggito, sapendo tutto
ciò, sapendo molto altro ancora. Infrangendo promesse
vecchie e nuove,
maledicendo la sua perfezione, maledicendo anche lui.
Ma quel qualcosa
rimaneva nel petto
dell’angelo imperfetto dallo sguardo triste, e protendeva il
suo intero corpo,
il suo intero io verso un sogno. Un dolce sogno, intessuto di promesse
e
d’amore carnale, di
quello che soleva
consumare col suo adorato fratello, col suo amante, con la sua vita, il
suo
passato, il suo futuro, il suo tutto.
Ed era con
devozione che aveva
accarezzato i capelli di fuoco e che aveva baciato il suo volto, con
perfetta
devozione aveva accarezzato il suo corpo e poi si era piegato sotto il
suo
intero essere, sotto tutto il suo amore. E quando amore, piacere e
dolore
sarebbero diventati un tutt’uno, allora sì, allora
la melodia sarebbe stata
perfetta e avrebbe assistito a quella danza angelica fatta di gemiti e
piume.
La promessa, scaturita da
labbra che ferivano il
mondo, aveva fatto breccia nel cuore prima che nella mente
dell’angelo che,
all’epoca, era ancora perfetto.
Bruciò,
letteralmente e
coscienziosamente nelle fiamme del suo amore, e amò la
fiamma nata e mai
estinta, quella stessa fiamma che ora si ritrovava ad odiare in gran
segreto
sperando che, col tempo, si sarebbe spenta.
Il mio sole, il mio sole, il mio
sole,
il mio sole.
Ma quella fiamma
bruciava ancora,
sarebbe bruciata in eterno, consumando e distruggendo
all’infinito in quel
silenzio che sapeva d’abbandono, schermandosi dietro un volto
perennemente
perfetto che non avrebbe mai raggiunto la perfezione per eccellenza.
Avrebbe
combattuto -e perso- quella
battaglia contro di lei, avrebbe
vissuto aspettando, avrebbe respirato di meno vivendo sospeso tra sogno
e
realtà, tra sanità e follia. Camminando sulla
lama di un rasoio, imbevendo il
suo essere in stupide fantasie lasciandosi cullare da una nenia,
sottile e
amara, che riempiva l’aria e nascondeva al mondo quel fruscio
falso e
imperfetto di ali che non erano le sue,
una nenia composta dal suo
nome e dal suo nome soltanto.
Apollonyus.
Apollonyus. Apollonyus. Apollonyus. Apollonyus.
E
c’era il mondo in quel nome, ma non c’era
più niente in quel mondo: c’era
la vita
che era stata spezzata, c’era tutto e non c’era
più nulla. C’era
tutto
il suo essere, in quel nome ormai morto.
Fratello o
amante.
Chi era? Chi era
Apollonyus?
Tese la mano, di
nuovo nel presente,
vivendo di nuovo nella sanità del suo essere, e accolse sul
suo palmo una
piccola fata. Le accarezzò la testa e le piccoli ali.
Le ali. Le ali. Le ali. Le ali.
Le ali.
Le stesse ali
che lui si era spezzato,
le stesse ali che Toma custodiva gelosamente sul suo elmo.
Il sole lo aveva
tradito, era fuggito,
fuggito con lei. C’era sangue nella
sua mente, le ali gocciolavano, le ali piangevano, le ali lo capivano.
Strinse la mano
- troppo forte, troppo
forte- e la fata morì in un urlo rantolato.
Continuò
a camminare cullando quel
‘qualcosa’, quell’unica cosa che
l’amore della sua intera esistenza gli aveva
lasciato: il suo ricordo.
Che
crudeltà, che crudeltà! Toma lo sapeva,
Apollonyus era stato crudele nel lasciare qualcosa che non fosse la sua
presenza. Era stato crudele nel lasciare la sua assenza e
l’imperfezione della
sua mancanza.
Lasciò
che fosse l’illusione a cullarlo,
nel suo mondo fatto di sogni, lasciò che fosse il suo ricordo a torturarlo,
lasciò che fosse il suo
nome ad
uscirgli dalle labbra.
Fratello o
amante?
Fratello o amante?
Semplicemente
fratello, fratello di sogni.
Il mio amato fratello.
Fratello o
amante?
Fratello o amante?
Semplicemente
assassino, assassino di promesse.
Il mio amato assassino.
…
Note della Red_______________
Buonsalve! Questa raccolta si è classificata seconda al contest 'Sousei no Acquarion' - The eternity of love indetto da Mokochan ed ha vinto il premio come miglior raccolta. **
Il tema era appunto l'amore ed io ho deciso di realizzare una raccolta di due capitoli, il primo è stato dedicato alla coppia Apollonyus/Toma ed è stata scritta dal punto di vista di Toma, la seconda riguarda la coppia Apollonyus/Celiane ed è stata scritta dal punto di vista di lei.
Il titolo della raccolta, Battle for the sun che tradotto significa 'battaglia per il sole', trovo sia un titolo approppiato per narrare la storia di due amori che hanno combattuto ma che hanno perso il loro sole, comunque.
Voglio dedicare questa storia ai Placebo che mi hanno ispirato, ad Apollonyus, Celiane e Toma ed a tutti i fan di queste coppie.
Se mi lascerete un commentino giuro che non vi ucciderò. **
Red.