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Autore: PaolaDP    17/11/2009    3 recensioni
"Adesso il mostro sono io, non tu". "Mi dispiace, Sasuke... Non ci sarà una prossima volta." One-shot scritta in un momento di depressione. Cosa si prova realizzando di essere vissuti nella menzogna? Cosa può pensare un vendicatore che scopre di essere solo un mero assassino?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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E' normale cambiare idea. E' normale ricredersi, ripensare, tornare sui propri passi. E' crudele.

Per qualche motivo, nulla è andato come avrei voluto, come avevo previsto. Nella mia piccola vita di incertezze, c'era solo una cosa di cui ero assolutamente certo: il mio odio per te.

Era un assioma, un concetto, un ideale talmente radicato che non l'avevo mai messo in discussione. Io dovevo odiarti. Certo, avrei preferito non doverlo fare, ma quando mai la vita è stata giusta, con noi? Quando mai ci è stato dato ciò che meritavamo, risparmiato ciò che, invece, ci è spettato solo per sfortuna?

Sfortuna...

Non l'avevo mai vista come la responsabile di tutto quello che ci è successo.

Vipera.

Mi sembra riduttivo, e mi sembra crudele che ora io stia cercando qualcun altro con cui prendermela, qualcun altro che incarni il mio dolore, qualcuno che possa affrontare e sconfiggere, umiliare ed uccidere. Fino ad oggi, questa persona sei sempre stata tu.

Ora sei morto.

I primi tempi sono stati i più duri. Il primo compleanno che ho passato da solo è stato atroce, e non ci sono parole per descrivere i pensieri e le pene che mi hanno tormentato quando mi sono svegliato; una volta tornato a casa; il primo giorno di scuola dopo quanto era successo, i sussurri spietati o commiseranti che mi seguivano, che mi perseguitavano. Sono stati i più difficili anche perché i ricordi erano più nitidi. Il sorriso della mamma, la prima volta in cui papà si era dimostrato orgoglioso di me...

Penso che sia stato il pensare che mi avevano voluto bene a darmi la forza, a costringermi ad andare avanti. Ne avrei fatto volentieri a meno.

Se quel giorno ti ho implorato di non uccidermi, poco dopo mi sono maledetto per la mia superficialità: come potevo voler continuare a vivere senza di loro? Senza di te?

All'inizio, ho pensato soprattutto a loro. Forse speravo che i loro ricordi, cui mi aggrappavo disperatamente per cercare di uscire dal baratro in cui stavo sprofondando, mi avvicinassero di più a loro. Per questo ho iniziato ad isolarmi dagli immeritevoli sopravvissuti, che nulla avevano a che vedere o da spartire con me e con la mia disgrazia: non avevo bisogno di loro, loro non sapevano nulla. Mamma e papà sì.

E' stata una sorta di droga. Poi, quando ho sentito dei bambini bisbigliare qualcosa su di me, mormorare che io ero “l'unico sopravvissuto”, ho iniziato a pormi delle domande più serie, a mettere a fuoco la situazione. Ho cercato di uscire da quella culla di emozioni passate in cui mi ero rifugiato, perché mi sentivo morto. Ma non era così: quei due avevano ragione, io ero “l'unico sopravvissuto”. Loro non c'erano più.

C'eravamo solo tu ed io.

E' stato solo allora che ho ripensato a te. A mio fratello. Al mio nemico.

Io ero il più bravo, a scuola. Ho odiato dal primo all'ultimo tutti i miei compagni, perché nessuno di loro sarebbe mai stato in grado di capirmi, nessuno di loro sarebbe mai stato utile al mio scopo, o mi avrebbe mai aiutato a raggiungerti. Erano assolutamente inutili. Come me.

Mi sono impegnato. E man mano facevo progressi, e tutti mi guardavano colmi d'invidia. Poveri idioti. Man mano, ho dimostrato di essere qualcuno. Man mano, ho capito di essere riuscito ad odiarti veramente.

Quando me ne sono reso conto, ho provato una strana emozione. Perché?

Mi ero limitato a soffrire, fino ad allora. Finalmente mi sentivo vivo. C'era un motivo per cui ero sopravvissuto, e non era solo il mio fine, ma anche ciò che ti aveva spinto a risparmiarmi: la tua morte.

L'ho sempre vista figurata, come una divinità, e non ho mai osato immaginarla concretamente.

Certo non avrei mai immaginato le tue ultime parole. Quelle sono state una pugnalata, perché finalmente mi sono reso conto che non ti avrei più rivisto, che sarei stato veramente solo.

La solitudine...

Da quando ho iniziato ad odiarti, non l'ho sentita più di tanto. Certo, rimpiangevo il passato, e proprio per questo cercavo di non pensare al presente, di concentrarmi sul futuro, sulla mia missione.

L'odio ha soffocato le sofferenze, e all'improvviso non ero più solo: ora c'era anche quello che dovevo diventare per vendicarmi.

Solo tempo dopo mi sono reso conto che quel qualcuno, il mio obiettivo, il mio modello, eri tu: sono diventato come te, come dovevo e devo essere per essere alla tua altezza. Come il te che vedevo, superiore, spietato e senza cuore, non come quello che in realtà eri.

Adesso il mostro sono io, non tu.

Ho passato la vita concentrandomi sul mio odio, con un solo pensiero: uccidere mio fratello.


Adesso il mostro sono io, non tu.


Mi dispiace, Sasuke... Non ci sarà una prossima volta.

One-shot scritta in un momento di depressione, dal risultato che mi lascia alquanto dubbiosa. Ovviamente, parla del personaggio in cui mi ritrovo di più, quindi indirizzo questa storiella a tutti gli adepti della GIGANTESCA setta dei fan di Sasuke ^^!

Questa paginetta mi ha fatta riflettere, e segna il mio ingresso in un nuovo fandom: quello di Naruto (mia ultima, strabiliante scoperta).

Augurandomi che vi piaccia, ringrazio tutti coloro che vorranno recensire la mia storia e anche chi si limiterà a leggerla.

                     

                                                               Paola

  
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