Capitolo 3
Una Nuova Amica-
Ci Credi
Ormai la
casa dei miei nonni era diventata quasi inaccessibile per chi desiderasse un po’
di quiete a causa del matrimonio e, ovviamente, di mia sorella e della sua nuova
smodata passione per il canto.
Spesso mi
imbattevo in Flavia e sua madre che venivano a casa per far vedere alla nonna
decine di opuscoli e chiedere consigli vari, e quando loro se ne andavano, ecco
che Stella e Marco si piazzavano nella nostra stanza per la quotidiana
lezione di canto. Avevano chiesto a Flavia e Clemente quali canzoni
preferissero, e così si stavano cimentando nell’impararle
tutte.
Quindi per
me agognare un po’ di pace e tranquillità era normale, dato che anche da Michele
c’era uno strano fermento per le cose da preparare nonostante mancasse poco meno
di due mesi al grande evento, per cui oltre la biblioteca, l’altro luogo in cui
spesso mi rifugiavo era la casa di Miriam.
Erano
passate circa due settimane dal mio primo esame all’Università, e al momento
dovevo ripetere per sostenere quello di letteratura spagnola che si sarebbe
tenuto il sette dicembre. Mancavano tre giorni all’esame, era un
freddo martedì, ed avevo passato tutto il pomeriggio in biblioteca quando fui
sorpresa di vedermi raggiungere da Miriam mentre stavo raccogliendo le mie cose.
Era tutta trafelata, avvolta in un lungo cappotto nero; le sue guance erano
arrossate e sembrava entusiasta.
“Ho chiamato
a casa della nonna e mi aveva detto che eri qui” mi spiegò quando la guardai con
aria sorpresa. “Devi assolutamente seguirmi” aggiunse.
“Seguirti?
Dove?” chiesi accigliata.
“Al
Palazzetto dello Sport. Lì al momento si sta allenando il futuro padre della mia
prole, ne sono sicura” disse ridendo. Una ragazza non molto distante da noi ci
guardò con aria di rimprovero per il volume delle nostre voci, e mi scusai con
lo sguardo, prendendo la mia borsa, indossando il cappotto e afferrando Miriam
per il braccio. Mi seguì al di fuori della biblioteca, finchè non mi decisi a
dire: “Allora? Spiegami chi è questo…”.
“Si chiama
Mattia, gioca nella squadra professionistica di basket della città e oggi ci
siamo scontrati quando sono uscita da scuola. Mi è caduto il vocabolario di
latino di mano e lui mi ha aiutato a riprenderlo, sorridendomi. Hai presente
quelle cose che succedono nei film? Lei lo guarda e capisce che è lui quello che
amerà per sempre? Ecco, questo è quello che mi è successo” disse tutto d’un
fiato, con aria sognante, mentre salivamo nella sua auto e lei
metteva in moto.
La guardai
incredula, e lei parve scambiare la mia ilarità per comprensione.
“Miriam…”.
“Lo so, non
devo farmelo scappare….”.
“Ma sei
sicura che…”.
“… E poi mi
sono sempre piaciuti gli sportivi…”.
“Non
credi…”.
“… E lo sai
che si dice che gli uomini di cui ci innamoriamo sono lo specchio dei nostri
padri? Ecco, anche papà adora lo sport, non il basket, certo, però hanno
entrambi gli occhi verdi…”.
“Miriam… Per
f…”.
“E magari
potrei…”.
“Miriam,
ascoltami!” la interruppi, non potendone più. Uno dei difetti di quella ragazza
era proprio l’interromperti mentre stai parlando, e quella volta aveva reso alla
perfezione l’idea di quel suo difetto.
“Si?”
chiese, come se nulla fosse.
Incredibile!
Possibile che sembrava che quasi quasi non era stata lei a fare quella sorta di
idilliaco monologo?
“Ma sei
sicura che… Insomma, come fai a sapere come si chiama e cosa fa?” chiesi,
cercando di risultare educata. Non volevo risultare scettica, ma mi sembrava un
bel po’ azzardato permetterle di farsi dei veri e propri film in testa quando
lei e quel tipo si erano visti mezza volta.
“Me l’hanno
detto le mie amiche, è il fratello di una loro conoscente” rispose lei. “Sono
iper felice, sono secoli che volevo trovare un bel ragazzo e oggi è successo…”
mormorò, facendo una curva con particolare destrezza e girando alla volta del
palazzetto dello sport di Maddaloni. Lì si allenavano le varie squadre di basket
della città e la domenica o il sabato pomeriggio si tenevano gli incontri con le
squadre avversarie, alla fine si svolgeva un vero e proprio campionato.
“Potresti
spiegarmi il tuo piano?” chiesi, mentre scendevamo dalla
macchina.
“Semplice,
di solito per ogni campo si allenano due squadre, e in quella che si allena
insieme a quella di Mattia c’è un mio compagno di classe, ci siamo già
accordati, così fingerò di essere lì per lui, ci siederemo sulle tribune e ci
godremo la bella vista che offrono quei doni scesi dal cielo…”
rispose.
La guardai.
“Wow, ecco a cosa serve l’ingegnosità del liceo classico”.
“Eddai, non
fare la scema, vedi che vedrai anche tu qualcuno di
interessante!”.
Su questo
ormai avevo i miei dubbi, ma non era mai detto così la seguii, consenziente.
Entrammo nell’edificio, e dopo aver seguito qualche cartello ci ritrovammo sugli
spalti dell’enorme palestra. Di fronte a noi c’erano i tabelloni su cui si
segnavano i punti durante le partite e vari posti erano occupati.
Prendemmo posto dietro a due ragazze, e notammo che l’allenamento era già
iniziato, anche se c’era solo una squadra in campo.
“Ecco! Ecco,
è quello il numero tre! Oh, lo sapevo, non potevano che assegnargli il numero
della perfezione…” esclamò, unendo le mani con espressione sognante. Aguzzai la
vista e squadrai quel ragazzo: altissimo, biondo e con un’aria tutta da
leader.
“Hai visto?”
chiese mia cugina, esitante.
“Si…”.
“E come ti
sembra?”.
“Bello,
certo, ma non è il mio tipo, sai che mi piacciono i mori con gli occhi chiari”
le ricordai.
Miriam emise
un suono di dissenso. “Certo, infatti anche Feliz è biondo con gli occhi verdi!
No, è perfetto…”.
“Sarà anche
perfetto, ma non sai a casa quanto rompe!”.
A parlare
era stata una delle ragazze che erano sedute avanti a noi; si era voltata e ci
stava squadrando con aria d’ilarità.
Miriam
divenne tutta rossa ed io scoppiai a ridere.
“Sono sua
sorella, e a quanto pare tu sei una delle sue nuove fans” spiegò, anche se ormai
si era capito. Continuava a sorridere e Miriam era sempre più imbarazzata.
“Tranquilla,
sono la prima a dire che è un bel ragazzo… Terrò acqua in bocca, promesso”
dichiarò, facendo l’occhiolino con aria complice. “E, comunque, io sono
Paola”.
“Miriam”.
“Luna”.
Restammo a
parlare con lei finchè una chioma corvina e riccia non catturò il mio sguardo
mentre sfrecciava per il campo. Chiusi gli occhi in due fessure e
aspettai che si fermasse, poi desiderai non averlo fatto, anzi, desiderai non
aver proprio messo piede lì dentro. Marco giocava a sua volta in
quella squadra. Possibile che non lo sapessi? Quando eravamo a
Firenze Stella mi raccontava ogni minimo dettaglio riguardo il suo
migliore amico; mi aveva detto che andava alla facoltà di architettura, che era
nato il 18 maggio, che indossava gli occhiali quando in realtà non ne aveva
chissà quanto bisogno visto che aveva 0,25 di astigmatismo ad un occhio e 0,50
all’altro e… Com’ è che si era lasciata sfuggire quel piccolo dettaglio di
vitale importanza?
Non potevo
starmene lì, chissà cosa avrebbe pensato nel vedermi… Non mi andava proprio di
vedere la sua solita espressione sfacciata e quasi deliziata dal piacere di
torturarmi ogni volta che ci imbattevamo l’uno nell’altra.
“Miriam,
andiamo” dissi subito, chiedendo scusa a Paola che stava parlando per averla
interrotta bruscamente.
“Che?”
chiese mia cugina, guardandomi come se fossi pazza.
“Dobbiamo
andarcene. Ora. Subito. Marco gioca in questa squadra!” dissi concitata, con lo
stesso tono che probabilmente avrei usato nel caso fossi stata avvisata di una
prossima esplosione di una bomba in quello stesso luogo. Paola si voltò verso di
me appena udì il nome di quell’essere, fissandomi intensamente con i suoi
occhioni verdi.
“Conosci
Marco?” chiese, sorpresa e quasi con una minima ara di
circospezione.
“Diciamo che
conoscere è un eufemismo. E’ il migliore amico di mia sorella e non ci
sopportiamo, quindi è meglio se me ne vado perché non voglio che si faccia
strambe idee sulla mia presenza” mi affrettai a spiegare, mentre mi nascondevo
il viso indossando il cappello di Miriam.
Paola
continuava a guardarmi come se fossi un soggetto particolarmente interessante e
buffo. “Migliore amico di tua sorella? Ma tu intendi Marco Valenti?” domandò
ancora.
“Si”.
“Buffo, io
so che è il miglior amico di mio fratello…”.
“Onestamente
te lo cederei volentieri, non è uno spasso averlo sempre tra i piedi, ma ora
devo andare sul serio” dissi rapidamente.
“Ma perchè?
Insomma, non capisco questo tuo attaccamento” insisté Miriam, gli occhi fissi
ancora sul campo e l’aria cocciuta che la caratterizzava quando non voleva
lasciar in sospeso qualcosa che gli stava particolarmente a
cuore.
“Miriam,
sveglia! Oh, ok, me ne andrò da sola” sbottai esasperata, ed ero giusto in
procinto di alzarmi e restituirle il cappellino che una voce dal basso disse:
“Mi adori così tanto che mi segui anche qui?”.
Mi sentii il
sangue raggelare nelle vene. La mia schiena fu percossa da un brivido di pura
rabbia e mi dissi che Miriam mi doveva un enorme favore. Non
riuscii a fare a meno di socchiudere gli occhi, come per invocare una sorta di
pazienza che alla fine mai sarebbe arrivata se sarebbe dovuta essere usata nei
confronti di quell’essere, e sorrisi in un modo molto più che
sarcastico.
“Ma si,
guarda, come se fosse la mia più grande ambizione vederti sudato e in condizioni
peggiori di una scimmia” ribattei, dicendomi di mantenere la calma e soprattutto
il controllo.
Alcuni amici
lo guardarono sghignazzanti e lui parve arrossire lievemente, anche se alla fine
si salvò con un: “Oh, finalmente, ce l’hai fatta,
Stella!”.
Gli risi in
faccia. “Non far finta di non aver capito che sono…”.
“Sorellina,
qualche problema?”.
Mi girai,
trovandomi sul serio Stella alle spalle che sorrideva radiosa verso il suo
migliore amico. “Potevo mica mancare alle prove pre partita e non conoscere i
tuoi compagni di squadra!” disse sorridente, sbracciandosi in direzione di
Marco, togliendosi il cappellino di lana beige che aveva usato per ripararsi dal
freddo e salutando con la mano il resto della squadra, che la guardava con tanto
d’occhi.
“Ehi, non
sapevo che avesse una gemella, potevi dirmelo!” disse Mattia, e sentii Miriam
soffocare un ringhio e Paola ridere. Evidentemente a mia cugina piacevano i tipi
spiritosi…
Il resto della squadra sghignazzò, e qualcuno approvò.
Feci finta di non aver sentito l’affermazione di quel tipo e iniziai a respirare
in un modo un po’ troppo veloce per i miei standard.
“Ragazzi,
su, dobbiamo finire l’allenamento o altrimenti col cavolo che vinciamo contro la
Juve Caserta!” strillò un uomo sulla trentina che fino ad allora se n’era stato
seduto su una delle panchine che circondavano il campo. “Non abbiamo tempo per
le ragazze pon pon, dovresti saperlo, Marco!”.
Marco
sorrise. “Mister, sono le ragazze pon pon che perseguitano me” rispose, mandando
un bacio in direzione di Stella, che ridacchiò entusiasta, per poi fare un cenno
ai suoi compagni e cominciare a palleggiare per metà campo, pavoneggiandosi
dieci volte di più di prima.
“Allora, che
ci fai qui?”chiese Stella, che i ragazzi continuavano a guardare di tanto in
tanto. Lanciò un’occhiata a Miriam e la salutò con la mano. “Hai deciso di fare
amicizia con il mio migliore amico?”.
“Ti
piacerebbe. Sono venuta con Miriam a guardare l’allenamento di un suo compagno
di classe e non sapevo che Marco giocasse qui. Ah, e sai che non è solo il tuo
migliore amico? A quanto pare devi dividertelo con un certo Mattia” risposi,
beffarda.
Stella si
mise una mano sul fianco destro e mi guardò sottecchi. “Vuoi mettere zizzanie,
per caso? Guarda che lo so che è amico di Mattia!” ribadì, alzando il mento e
guardandomi fisso negli occhi.
“Buon per
te, allora” mi limitai a dire, ma provavo un senso di piccola soddisfazione
visto che per una volta sembrava un po’ arrabbiata.
Stella levò
un sopracciglio e poi scostò lo sguardo da me, avvicinandosi a Miriam e Paola.
“Comunque,
Miriam, io vado…” dissi infine, non potendone più di stare in quel
posto.
Lei mi
guardò con aria di disapprovazione ed esasperazione. “Dai, cosa ti
costa…”.
“Voglio
andare a vedere se Michele ha bisogno di una mano” le feci notare, il che era
vero. Quella sera ci sarebbe stata una serie di incontri ed io mi ero presa la
sera libera visto il pomeriggio passati a studiare, ma il mio sesto senso mi
diceva che lui aveva bisogno di una mano. “Ma vado a casa da sola,
stai tranquilla, ci vediamo domani…” la rassicurai, e lei parve più
convinta.
“Se vuoi ti
accompagno io, devo andare a ritirare delle fotocopie di un libro e devo
muovermi altrimenti la cartoleria chiude” s’intromise Paola, che fino a quel
momento sembrava conoscere già Stella visto che avevano scambiato qualche
parola, sorridendo in modo incoraggiante.
“Oh, ma
non…”.
“Eddai, mi
fa piacere!” protestò, cordiale, e mi venne spontaneo sorriderle con calore. Ci
conoscevamo da pochissimi minuti e già mi stava simpatica.
“Ok,
grazie…” risposi.
Miriam parve
sollevata della piega che aveva preso la situazione e guardò verso
Stella. “Tu resti qui?” chiese.
“Si, dopo
devo conoscere gli amici di Marco”.
Inutile dire
che per Miriam fu come vincere alla lotteria. “Ok, anche io devo restare, se
vuoi ce ne andiamo insieme…”.
Ecco, tipica
mossa femminile: di fronte alla possibilità di conoscere quello che si ritiene
essere il futuro padre della propria prole, ogni ragazza tende a dimenticarsi
dei vari schieramenti e trincee che la circondano ed è anche disposta a
fraternizzare con il nemico pur di ottenere ciò che più
desidera.
“Ma certo,
mi fa piacere” rispose Stella, sedendosi al suo fianco e sorridendo mielosa. Mi
lanciò uno sguardo come a dire “Una solo persona amica avevi e lei ora
preferisce me a te”. Era in quei momenti che emergeva la sua tendenza a non
sapere perdere; in quel caso non le andava giù che le avessi atto notare che non
era l’unica amica stretta di Marco e così voleva cercare di inalberarsi in
qualche altro modo. Però, onestamente, il fatto che Miriam fosse rimasta lì con
lei al momento non mi infastidiva: non mi andava di continuare a sentire i suoi
sproloqui su Mattia ed era meglio che lo conosceva al più presto così avrebbe
potuto sostituire i fatti con le sue fantasie.
“Va bene,
noi andiamo, ciao” mi affrettai a dire, e Paola mi imitò.
“Sbaglio o
c’è qualche problemino tra te e la tua gemella?” mi chiese appena uscimmo dal
palazzetto. I suoi occhi verdi, identici a quelli del fratello, erano accesi da
una vena di educata curiosità. I capelli biondi, legati in una treccia, le
conferivano un’aria da adolescente nonostante sembrasse molto più grande. Mi
squadrava con una sorta di aria comprensiva che però voleva risultare pacata e
non invadente.
“Problemino?” chiesi. “Ma no, è normale, cioè, noi non abbiamo mai
non avuto problemini”.
“Che
intendi?”.
“Intendo che
siamo l’una l’opposto dell’altra, in tutto e per tutto. Poi si aggiunge il fatto
che lei è sempre la star della famiglia, che si è messa con il ragazzo che mi
interessava, e che mi ha seguito fin qui dopo che mi sono trasferita da Firenze”
mormorai. Eppure, il solo spiegare la nostra situazione a qualcuno mi faceva
bene.
“Cavoli, mi
dispiace” disse subito Paola. “E’ un argomento delicato, non volevo costringerti
a parlarne”.
Eravamo
arrivate davanti la sua auto, lei mi invitò a salire ed obbedii. “Ma no,
figurati! Cioè, so che ci conosciamo appena ma mi infondi un senso di fiducia, e
parlarne con qualcuno ogni tanto mi fa bene” la rassicurai, cercando di
risultare calorosa.
Paola sembrò
sollevata e mi fece un cenno mentre metteva in moto. “Sai, una delle poche cose
positive che la gente dice di me è che sono una buona ascoltatrice” sghignazzò,
come se fosse una barzelletta.
“Ah,
capirai, una delle cose positive che dicono di me è che almeno ho una taglia di
seno in più rispetto a Stella, quindi direi che ti è andata bene” dissi, con un
tono ilare e lei rise.
“Mi sa che
io e te abbiamo molte cose in comune, Luna. A proposito, dove devi
andare?”.
“A Via Roma,
lavoro lì, in quel locale che si chiama “speed dating”, non so se hai
presente”.
“Si, certo.
Quindi lavori?”.
“Si, giusto
per avere qualche spicciolo a fine mese, non voglio dipendere da mio padre ora
che mi sono trasferita qui da lui” spiegai.
Paola annuì.
“Beata te, anche io vorrei lavorare, ma i miei sono così fissati che dicono che
non vogliono che uno dei loro figli si faccia vedere in pubblico mentre lavora,
sarebbe un disonore per loro” mormorò, sbuffando.
“Oh,
capisco”. Non sapevo cosa dire, e forse potevo già dire di aver inquadrato
Paola: mi dava l’impressione di uno spirito libero che era costretto a starsene
in gabbia contro volere.
“Preferirei
che non capissi, onestamente, è una sensazione così brutta… Non vedo l’ora di
laurearmi e lavorare sul serio, in modo da essere indipendente. Tu studi?”
domandò, curiosa.
“Si, vado al
primo anno all’Orientale a Napoli, studio inglese e spagnolo.
Tu?”.
“Anche io
studio a Napoli, alla facoltà di lettere moderne, al secondo anno. Quindi hai
diciannove anni?”.
“No,
diciotto, ne compio diciannove a febbraio. Ho fatto la primina. Quindi tu ne hai
venti?” chiesi a mia volta.
“Quasi, li
compio la settimana prossima. Ti va bene se faccio prima un salto in
cartolibreria? Sono le otto meno venti e non vorrei che chiudesse, domani devo
studiare e mi servono quelle fotocopie” spiegò.
“E me lo
chiedi? Sei tu che mi stai facendo un favore” le ricordai, cordiale, e lei
sorrise.
Si fermò in
cartolibreria, per poi ritornare con una cinquantina di fotocopie tratte da un
libro di letteratura, e tre minuti dopo ci ritrovammo a Via Roma.
“Ehi, ti va
di entrare? Così ti offro una cioccolata calda, credo sia propria adatta con
questo freddo, no?” proposi. Sentivo sempre di più una serie di sensazioni
positive riguardo quella ragazza, mi sentivo a mio agio come se la conoscessi da
tempo e questo mi succedeva molto raramente. Non ero mai stata brava nel
coltivare amicizie, non sopportavo dover stare sempre al telefono con un’amica
ogni volta che non ci sentivamo o per raccontarle ogni minima cosa.
Paola
accettò, dicendo che tanto non aveva nulla da fare, e fu così che la condussi
nel locale di Michele, pieno di coppie che erano nel bel mezzo dei loro
incontri.
“Ciao,
Mister!” esclamai, con Paola al seguito che si guardava intorno curiosa.
Michele
quasi sobbalzò nel vedermi e parve assumere la faccia di chi non sapeva cosa
fare.
“Luna, che
ci fai qui?” chiese, come se stessi facendo qualcosa di molto illegare come
sniffare coca o testare dei cosmetici su dei porcellini d’India indifesi.
“Sono venuta
a salutarti e vedere come te la cavavi, tutto qui! E’ successo qualcosa?” chiesi
dubbiosa.
“Oh, no,
no…”.
“Bene,
allora se per te va bene preparo due cioccolate calde. E poi volevo presentarti
la mia amica Paola!” aggiunsi, indicandola.
“Piacere di
conoscerla!” disse lei, avanzando e porgendogli la mano.
“Piacere
mio” disse Michele senza entusiasmo, e poi borbottò qualcosa prima di
scomparire.
“Che gli è
preso?” chiese la ragazza con aria curiosa.
Scrollai le
spalle, facendole cenno di seguirmi nei pressi del bancone e iniziando a
preparare le due cioccolate calde. “Sarà che oggi c’è più gente del solito, non
ti so dir… Oh!”. Guardai con rammarico la macchia di cioccolato che mi aveva
macchiato il maglioncino che indossavo nei pressi del polso e sbuffai. “Sono
sempre la solita imbranata” mi lamentai, vedendo che Paola ridacchiava. “Vado un
secondo in bagno a prendere lo smacchiante, vengo subito”.
Mi avvicinai
alla porta del bagno e restai stupita nel vederci Michele parato avanti. “Scusa
ma non puoi entrare, il rubinetto perde e…”.
Sbuffai,
spazientita. Certo che quando ci si metteva era davvero strano!
“Michele, mi
dici che diamine sta succedendo?!”.
“Nulla, cosa
dovrebbe…”.
“Allora
fammi entrare”.
“Ma se ti ho
detto…”.
“Ti do tre
secondi!” gli intimai, scocciata, e alla fine lui si
arrese.
Entrai nel
bagno e restai stupita nel vederci dentro zia Kitty, tutta vestita elegante con
un vestito a tubino nero e dei tacchi a spillo
vertiginosi.
“Zia, ma
cosa…?” chiesi senza capire, prima di fare due più due quando sentii il profumo
che aveva indossato. Chanel n° 5, che usava solo quando usciva con qualcuno. Mi
misi le mani sui fianchi e lei mi guardò esasperata, con aria di scuse.
“Luna, so
come la pensi, ma mettiti nei miei panni! Mi sento sola, volevo conoscere
qualcuno…”.
“E volevi
conoscerlo proprio la sera in cui non lavoro? Insomma, cosa c’è di male?” le
feci notare, guardandola con apprensione. Mi sembrava un’adolescente che ha
disubbidito ai suoi genitori.
Lei abbassò
lo sguardo. “So che disapprovi questo metodo e volevo fare le cose di nascosto e
dirtelo solo nel caso ci fosse qualcuno di interessante…”
mormorò.
Non riuscii
a non sorridere di fronte a quella risposta. Zia Kitty poteva anche avere
quarantasei anni, ma restava sempre un’eterna bambina bisognosa di cure, affetto
e certezze per tutto quello che aveva passato nella vita. Amori tempestosi,
tradimenti e un quasi matrimonio in cui era stata lasciata una settimana prima
delle nozze per una lituana tutta forme. L’abbracciai, dicendo che quel gesto
poteva valere più di mille parole, e lei ricambiò con affetto.
“Zia, anche
se io non approvo questo metodo non vuol dire che non debba farlo tu, anche
perché se continuo così mi sa che dovrò usarlo anch’io” ridacchiai, e vidi
Michele sorriderci intenerito.
Così
tornammo nel locale, le presentai Paola e poi la lasciammo ai suoi
numerosi tre minuti da passare con altri uomini interessanti. Alla fine andammo
in un altro locale, optando per una focaccia con wurstel e patatine, dopo che
ebbi avvisato papà che sarei tornata più tardi.
“Quindi,
spiegami, com’è che tu e Marco vi odiate? Di solito lui è così gentile con le
ragazze” disse all’improvviso Paola.
Feci un
sorriso amaro al solo ricordo di quel ragazzo. “Si vede che sono un’eccezione,
cosa devo dirti! Con me è odioso, e meno lo vedo meglio è. Non sai come mi sono
sentita quando ho scoperto che anche lui giocava lì, al Palazzetto! Ci manca
solo che inizi a pensare che lo seguo come lui prima seguiva
me…”.
“Ti
seguiva?”. Sembrava quasi turbata da questa notizia.
“No, nel
senso che prima dell’arrivo di Stella veniva a rompermi le scatole nel negozio
in cui lavoro, giusto perché non poteva farlo lei. Mi piace vederla così, anzi,
sono sicura che è così: mi odia perché sa tutto ciò che c’è tra me e la sua
migliore amica e vuole difenderla… E voi invece? Che rapporto avete?” chiesi,
curiosa di conoscere il rapporto esistente tra lei e il migliore amico di suo
fratello.
A quelle
parole, Paola sorrise e appoggiò il viso sul suo braccio. “Diciamo che… Ci
frequentiamo e stiamo molto vicini al metterci insieme”. Il suo tono era quasi
sognante e improvvisamente gli occhi iniziarono a brillarle come le luci di un
albero di Natale.
Spalancai la
bocca, certa di aver sentito male. Si stavano per mettere insieme? Era assurdo,
quella ragazza non poteva rovinarsi mettendosi con un tipo
così!
“Che cosa?
Paola, ma come…? E’ assurdo, ti rovinerai…” iniziai a blaterare, sconfortata, e
a quella reazione la vidi ancora più rasserenata.
“Per questo
ero lì, oggi, con la scusa che andavo a vedere mio fratello. E poi, dopo che ho
saputo com’è il vostro rapporto, sono molto più serena: sei molto carina, e
sapere che vi detestate è bello perché così almeno ho un ostacolo in meno da
superare” sghignazzò, battendo la meni un paio di volte.
Inutile dire
che continuavo a guardarla in un modo molto confuso. “Paola, ti senti bene?
Insomma, perché dovrei essere un ostacolo…?”.
“Insomma, lo
sai che Marco ha tante ragazze che gli vanno dietro!”.
“No, non lo
so e mi stupisce saperlo! Senza offesa, ma non mi sembra sia uno per cui valga
la pena sbavare”.
“Forse
perché non conosci la sua parte più sensuale. Credimi, è meglio così” affermò.
“E, ti ripeto, tutta questa situazione non fa altro che giovare alla tua entrata
tra i cinque numeri più chiamati nella mia rubrica!”.
E fu così
che io e Paola diventammo amiche. Ovviamente quelle su Marco erano solo sue
battute, eppure, nonostante questi nostri gusti opposti, scoprimmo di avere
molte cose in comune e ci mettemmo d’accordo per andare all’Università insieme,
qualche giorno.
Mi
accompagnò a casa alle undici passate, ed avevo voglia solo di una doccia
infinita e il mio letto quando mi resi conto che li avrei ottenuti dopo un bel
po’ di tempo: una volta a casa, scoprii che lì si era appena tenuta una cena tra
Stella, Marco, Miriam, Mattia e… Feliz. Era sorridente, con i capelli senza
nemmeno una minima traccia di gel.
“Hola, Luna!
He conocido tu hermana, tu prima y sus amigos…” disse
subito Feliz quando mi vide, agitando la mano in segno di
saluto.
Con un certo
moto di irritazione vidi che se ne stava seduto proprio vicino a Stella.
“C’è l’ha
presentato Flavia, è passata qui con lui e Clemente perché avevano sistemato
alcune cose per il catering e così è rimasto con noi a cena, i nonni sono
a casa mia” aggiunse Miriam, che sembrava essere molto ben disposta e
allegra al momento. Mattia se ne stava al suo fianco ed annuii. “A proposito, tu
e Mattia ancora non vi conoscete” aggiunse mia cugina, sorridendo a suo agio ed
iper felice a quanto pareva.
Mattia annuì
e si alzò per stringermi la mano. “Ci siamo visti oggi al campo… Comunque io
sono Mattia”.
“Piacere,
Luna” risposi brevemente. “Comunque, divertitevi, io vado a farmi una doccia e a
dormire, sono stanca” mi affrettai a dire subito dopo, dato che il malumore
cominciava ad assalirmi: era matematicamente certo che Stella avrebbe fatto la
ruffiana con Feliz e a rimediare anche un appuntamento quando io, che lo
conoscevo da due settimane, ero riuscita a stento a farlo ridere un paio di
volte con le mie battute quando era venuto al locale.
Mi aspettavo
che almeno Miriam mi avrebbe fermato, ma ci restai male quando ciò non accadde.
“Adesso voglio una vita
diversa
da quella lì
è inutile che tu mi guardi
di traverso
io sono sempre qui
è che la vita che cambia che
cambia
è che ti svegli e non è ma
quella
che credevi tu
Quante cose che si muovono
che si dicono che si credono
quante cose che si pensano,
e poi cambiano…”
Forse
Miriam, come Alessandra, aveva trovato la strada per essere felice anche senza
la mia presenza. Tutti cambiavano, tutti si evolvano, tutti imparavano… Solo io
restavo sempre l’unica idiota che era sempre la stessa, profondamente
pessimista, a volte fin troppo acida ma, in fondo, anche un po’ sognatrice. Solo
che quando si presentavano episodi come quello che stavo vivendo, mi passava la
voglia di illudermi ancora che forse una volta per tutte, nella mia vita ci
sarebbe stata qualche svolta. Pensavo che Miriam ci sarebbe sempre stata per me,
e invece eccola schierata con le persone che aveva criticato con me pur di
conoscere Mattia. Riflettendoci, faceva bene. Non doveva sbagliare come me, che
per colpa dell’orgoglio fingevo sempre di essere forte e non cercavo di
aggiustare situazioni che mi erano di impedimento nel fare nuove amicizie. O
forse ero io quella che agiva bene? Bah, ormai non aveva più importanza, avvolta
nella tristezza com’ero.
Così, dopo un saluto generale, mi avvicinai alla
mia stanza per prendere il pigiama e della biancheria intima pulita. Vidi che il
bagno era occupato, quando mi avvicinai alla porta, ed attesi finchè non vidi
Marco uscirne e regalarmi una delle sue solite occhiate.
“A quanto
vedo hai fatto amicizia con Paola” disse subito, con un tono stranamente
strisciante che lo rendeva ancora più odioso. Aveva la mascella contratta, le
braccia incrociate, e mi squadrò da capo a piedi con la sua solita munizione
invisibile di raggi X.
Alzai lo
sguardo e lo guardai fisso negli occhi. “Si, qualche
problema?”.
“Figurati,
almeno un’amica dovevi pur trovartela nonostante il tuo essere asociale,
ma…”.
“Ma cosa?”
lo interruppi, ferita al massimo. Chiusi gli occhi in due fessure e mi ci
avvicinai di qualche passo, in modo da fronteggiarlo.“Devo stare attenta a non
essere sincera sul tuo lato squallido che conosco solo io? Tranquillo, le ho già
detto quel che penso su di te, ma lei è decisa nel frequentarti, quindi vedi di
non farla soffrire, è una brava ragazza e a mio parere non ti
merita”.
Sembrò
colpito dal fatto che già sapessi tutto, per cui si limitò a continuare a
sorridere come chi è soddisfatto di qualcosa. “Bene, bene. E tu vedi di non
mischiarle la tua pazzia”.
“Ah ah. Se
così fosse non uscirebbe con te” lo zittii, e mi affrettai ad entrare in bagno,
proprio come la prima volta che ci eravamo urlati contro in quella casa.
Perfetto.
Mia cugina che sembrava aver tradito la mia compagnia per un ragazzo, una mia
nuova amica che stava per mettersi con il ragazzo più idiota di tutti e mia
sorella che faceva gli occhi dolci con l’unico ragazzo che ritenevo decente al
momento.
Eccomi
ritornata al 100% nella vera vita di Luna Solari.
*°*°*°*°
Hola a
todos!
Eccomi di
nuovo qui ad aggiornare. E così Luna ha una nuova amica il cui unico difetto è
quello di frequentarsi con Marco… Miriam ha perso la testa per Mattia (quando,
tra poco, vedrete la sua foto le darete ragione! =P), Stella ha conosciuto Feliz
e zia Kitty è andata nel locale di Michele per conoscere qualcuno proprio il
giorno in cui non lavorava Luna. Che cosa ve ne sembra di come si sta evolvendo
la trama? Suggerimenti e opinioni sono sempre ben accettati!
^^
Ed ecco che
vi posto quasi tutto il cast xD (mancano il padre di Luna, Flavia, Clemente e i
nonni, non ho ancora trovato attori che vadano bene…)… Tadàààà
=D:
Luna:
Stella:
Marco:
Feliz:
Zia
Kitty:
Miriam:
Paola:
Michele:
Mattia:
Antonio:
Comunque,
grazie mille alle 15 persone che hanno messo la storia tra le seguite e le 7 che
l’hanno messa tra i preferiti… Mi farebbe piacere se ognuno di voi mi facesse
sapere cosa ve ne sembra di questo cap a cui tengo molto ^^ Grazie in
anticipo!
Grazie a chi
ha solo letto e a coloro che hanno recensito:
_piccola_stella_senza_cielo_:
Grazie, è bello sapere che ritieni che la storia non sia noiosa!
^^ Riguardo Stella, ti consiglio di andarci piano con l’antipatia
per ora visto che in seguito ne avrai bisogno in grande quantità xD Ancora
grazie, un bacione!
CriCri88: Si, diciamo
che ho una mezza fissa per gli spagnoli perché al momento sono gli unici che ho
avuto modo di conoscere oltre gli italiani xD E la mia invidia nei tuoi
confronti è salita a mille quando ho letto che ti sei frequentata con uno di
Barcellona xD In realtà il Feliz che descrivo qui esiste sul serio, l’ho
conosciuto ad aprile a Salamanca, anche se questo è molto più docile del “vero”
dato che quest’ultimo dopo le undici e mezzo si trasformava da studente
universitario a playboy ubriaco per tre quarti… xD Comunque, sono contenta di
sapere che per ora sono riuscita a farti risultare più simpatica Stella, perché
Luna va capita, ha un carattere un pò difficile che sarà più chiaro con il
passare dei capitoli, anche se più in là Stella risulterà molto antipatica… Un
bacione!
vero15star: Ti adoro
anch’io cherieee! Ecco, ora siamo entrambe a livelli di pazzia spaventosa, ma fa
niente xD Si, si, per ora facciamoci bastare Feliz che poi a Marcolino lo
torturiamo per bene quando diventerà ancora più affascinante xD xD Ti voglio
benissimo!!!
Blair95: Siii, concordo,
il doppiaggio italiano fa pena, infatti quando mi capita di vedere le puntate in
italiano dopo aver visto quelle in inglese resto un po’ scioccata perché ricordo
che nella versione originale le battute erano ben diverse e più ricche di
significato. Comunque, mi fa piacere sapere che la trama per ora non ti risulta
noiosa ^^ Un bacione!
LoLa SteP: Weee, che
bello vederti qui! Eh si, mi devi scusare ma a quanto pare esiste un’altra tipa
che ti ha fregato il titolo di Strega, non posso farci nulla U_U xD Feliz ti
ricorda qualcuno, di la verità… =D La battuta su Fiammetta è una delle più
azzeccate secondo me, eheh! Un bacione! Tvbttttt.
_Armonia_: Ma che rompere, mi fa iper piacere leggere le considerazioni di chi legge e sappi che se in futuro deciderai di espormene altre saranno più che ben accettate, sul serio! ^^ In realtà Luna è consapevole del fatto che anche Stella non è perfetta, ce ne possiamo accorgere quando alla fine dello scorso cap Stella l’accusa di essere gelosa perché non avrà alcun ruolo nei preparativi del matrimonio e Luna ribatte dicendo che darà una mano con il catering e avrà a che fare con uno spagnolo che Stella con la sua ignoranza potrebbe solo definire “caliente”, quindi diciamo che Luna pur sapendo che la sorella non è perfetta (ad esempio è molto sfaticata, pigra, non è interessata allo studio e a maturare) le invidia le qualità che lei non ha mai avuto, come essere socievole, al centro dell’attenzione e ben voluta da tutti. Stella cercherà ancora un contatto con la gemella, Marco avrà una sua evoluzione com’è giusto che sia e mi ha fatto iper piacere che ti sia piaciuta la scena del nonno, mi piace inserire queste scene “familiari” per far capire quanto Luna si senta più a sua agio lì che a Firenze. E infine, sapere che trovi Antonio interessante è la ciliegina sulla torta perché io lo adoro e in seguito avrà un ruolo rilevante. Che dire, scusami se ho sproloquiato un po’, spero di non essere risultata fin troppo logorroica con questa risposta! xD Un bacione!
E come sempre eccovi qualche anticipazione:
“Ciao, secchiona. Ma dimmi, è normale starsene a casa di
sabato sera?” chiese subito.
“Uffa, sei venuto qui per la predica?”.
“E allora a cosa ti
riferivi?”.
“No, mi dispiace Marco ma preferisco passare tutta la
giornata con lei” spiegò Feliz, in un modo tale che mi lusingò. Si voltò verso
di me e ci sorridemmo per un istante.
A presto
girls (siete tutte ragazze o si nasconde qualche maschietto?
xD),
aggiornerò
il più presto possibile, promesso!
La vostra milly92.