Capitolo 2
Dalla Spagna Con Furore- La Strega
Restai chiusa in bagno cercando di non piangere e di non
ricordare i mille motivi che mi avevano spinto ad andarmene da Firenze, ma
invano. Improvvisamente davanti ai miei occhi non vedevo altro tutte le feste
di compleanno festeggiate con Stella e di cui lei sembrava essere l’unica protagonista,
tutte le coccole che aveva ricevuto da mamma ogni volta che un ragazzo l’aveva
fatta soffrire, tutti i sorrisi e complimenti che si era guadagnata dalle
colleghe della casa di moda di mamma. E,
infine, ma non per ordine di sofferenza, mi parve di vedere il volto di
Christian Bellico davanti agli occhi. Per una masochista romantica come me era
stato il colmo vedere che dopo tre anni passati ad amarlo segretamente, alla
festa di fine liceo lui mi si era avvicinato e mi aveva chiesto il numero di
mia sorella. E, come colpo di grazia, a metà serata lei si era presentata con
indosso uno dei vestiti più belli che mamma avesse creato nonostante non fosse
del Liceo Classico come me e Christian, giusto perché la festa della sua scuola
si era rivelata monotona. Christian così le si era avvicinato e il giorno dopo erano
usciti insieme.
“Non puoi accusarmi di nulla, che ne potevo mai sapere io
che quello ti piaceva da anni? Se ti confidassi con me ogni tanto, forse queste
sceneggiate si potrebbero evitare!” mi aveva urlato contro Stella la sera prima
della mia partenza per Maddaloni, quando ero tornata a casa con in mano il
biglietto del treno. La cosa peggiore era che, ripensandoci a mente fredda,
aveva ragione. Lei non lo sapeva e di certo non era scema nel farsi scappare
uno come Christian. Se fossi stata al suo posto, capace di ammaliare chiunque,
cosa avrei fatto? Mi sarei odiata? Certo che no.
Però ero così stufa di doverli vedere insieme che tornare
nella mia città natale era stato un vero e proprio toccasana. Era stato bello
riallacciare un rapporto con i miei cugini, sentirmi al centro dell’attenzione
dei nonni che mi chiedevano se volevo che istallassero il decoder per vedere
meglio la tv o se dovessero comprare il lettore dvd, iniziare l’esperienza
universitaria con il supporto di zia Kitty che a volte sembrava una diciottenne
peggio di me. Ed ora invece, ecco che anche la mia gemella si sarebbe
trasferita nella casa in cui alloggiavo io.
Sobbalzai sentendo bussare contro la porta.
“Luna, hai fatto? Stiamo per brindare con Flavia e Clemente”
mi disse la voce della nonna.
“Si, vengo subito” risposi, cercando di far risultare la mia
voce normale e tirando lo sciacquone. Mi lavai le mani ed uscii, ritrovandomi
di nuovo tra mezza famiglia. Anzi, durante la mia assenza erano arrivati anche
gli altri membri della famiglia: la sorella maggiore, zia Elisabetta, con suo
marito Francesco e i figli Andrea e Paolo e zia Carmela con sua figlia Liliana
e suo fratello Vincenzo. Suo marito, zio Roberto, non c’era, dato che lavorava
come infermiere nelle clinica locale ed evidentemente aveva da lavorare.
mancava solo zia Giulia.
Li salutai ed evitai accuratamente lo sguardo di Stella e
Marco mentre brindavamo alla salute della coppia, e per fortuna poi ognuno
iniziò a parlare con uno dei nostri parenti. Sentii bussare alla porta quando
mi allontanai per posare il bicchiere con cui avevo brindato, e quando ritornai
nell’ingresso, mi sentii chiamare.
“Luna, auguri! Ho saputo!”.
Mi voltai, trovandomi davanti mia cugina Miriam, che mi sorrideva incoraggiante. Aveva i
capelli castano scuro lunghi fino alle spalle e gli occhi verdi abbastanza
grandi, ereditati da suo padre, zio Carlo, marito di zia Giulia, l’ultima
figlia femmina dei nonni. “Grazie, Miriam!” risposi, contenta che qualcuno
avesse saputo e avesse deciso di congratularsi.
Lei mi sorrise. “Beata te! Non ce la faccio più a stare al
liceo, ed è una cosa assurda che devo starmene ancora lì quando sono nata solo
un mese dopo di te” aggiunse, sbuffando.
“Mi sono salvata grazie alla primina” le ricordai,
scrollando le spalle. Alzai lo sguardo e vidi che Stella stava parlando
animatamente con papà. Vicino a loro, Marco annuiva con fermezza e sorrideva di
tanto in tanto. Miriam seguì il mio sguardo e parve comprendere.
“Quel tipo deve essere quel Marco che ti rompe le scatole,
giusto?” chiese a bassa voce.
“Si” mormorai, cercando di trattenere la rabbia. La sua
faccia mentre mi urlava contro di poco prima non l’avevo affatto dimenticata.
“Si vede che ha un qualcosa di odioso. Appena ho visto
Stella quando sono entrata ci sono rimasta male per te. Ti va se oggi usciamo
un po’ così ti sfoghi un po’?” propose cordiale, mettendomi una mano sulla
spalla.
“Grazie, ma devo lavorare da Michele fino alle sette e
mezzo”.
“E allora ti vengo a prendere quando finisci, ok? Così
andiamo un po’ in giro”.
“Va bene, allora”.
Ero davvero affezionata a Miriam, sin da piccole era l’unica
familiare che mi era mancata sul serio quando ci eravamo trasferite, e per
fortuna in quei mesi uscivamo spesso insieme per recuperare il tempo perduto.
“Oh, io vado a congratularmi con Flavia e Clemente!”
aggiunse, visto che i due si erano isolati per parlare al telefono con una zia
del ragazzo e dirle la notizia ed erano ritornati. “Adoro andare ai
matrimoni!”.
“Beata te. Mi sono indifferenti di solito, ma questo si
annuncia davvero brutto per me. Marco e la sua band suoneranno al ricevimento”
spiegai quando lei mi guardò senza capire.
“Oh. Sopravvivrai, dai” mi incoraggiò, prima di allontanarsi
e recarsi dalla coppietta.
“Dai, su, tutti a tavola!” ci invitò nonno Gianfranco poco
dopo, con il suo solito sorriso che gli rendeva il viso ancora più pieno di
rughe simpatiche.
“Papà, scusaci ma non pranziamo a casa, Carlo deve tornare
alle tre e Miriam deve studiare” si scusò zia Giulia, mentre Miriam faceva una
smorfia.
Il nonno parve dispiaciuto quando anche zia Carola e zia
Kitty si scusarono allo stesso modo, proprio come tutti gli altri, Marco
incluso- che ovviamente prima di andarsene aveva continuato la sua mission
impossibile, alias apparire un bravo ragazzo educato e giudizioso con i miei
nonni e mio padre salutandoli con affetto per poi lanciarmi un ultimo sguardo
che sfociava nel più totale disprezzo, ovviamente ricambiato- così restammo
solo io, papà, lui e la nonna come sempre. Ah, e Stella, giusto. Tutti la
salutarono molto affettuosamente e si limitarono a sorridermi, e feci una smorfia
quando la nonna invitò Stella a sedersi al mio fianco.
“Nonna, a me giusto un mestolo di pasta, a Firenze ho perso
cinque chili e non posso rimetterli, altrimenti come farò con il vestito del
matrimonio?” disse sorridendo Stella.
“Hai fatto bene” replicai freddamente. Tra noi due, lei era
sempre stata la più in carne e nonostante tutto mi aveva insegnato che non
bisognava essere una modella fisicamente per piacere.
“Invece io ti vedo ancora più dimagrita” ribattè,
sorridendo, come se volesse far finta di non avermi ascoltato.
“Si, tutta colpa del
fatto che non facciamo più le nostre scorpacciate di creepes insieme”.
“Non sai quanto mi mancano…”.
Levai un sopracciglio e vidi che papà la guardava
intenerito. “E’ bello averti qui, Stella, mamma come ha preso la tua
decisione?” domandò.
Stella fece una faccia strana, poi scrollò le spalle. “Ha
accettato, ha detto che non faceva nulla, tanto è molto impegnata che le sarei
stata solo di peso, ormai”.
“Ma non viene a trovarci qualche volta?” chiese la nonna.
“Verrà al matrimonio, no?”.
Il pranzo seguì tra le loro chiacchiere, mentre io me ne
stavo immersa nei miei pensieri.
“Luna, quando ti va di parlare un po’ dimmelo…” mi disse Stella,
fermandomi, quando feci per uscire dalla cucina.
La guardai incredula, poi compresi che era seria ed esitai
qualche secondo. “Oggi no, dopo devo andare a lavoro” risposi freddamente,
reduce della litigata avuta prima con lei e Marco. Non poteva cerare di
spiegarsi e rifilarmi le sue sciocchezze come scuse o motivazioni e farsi
perdonare diciotto anni di litigi e incomprensioni.
Fece un piccolo sbuffo udendo la risposta e andò nella
nostra stanza, senza aggiungere altro.
Quella sera ci sarebbero stati i preparativi per il giorno
dopo, in cui si sarebbe svolto l’ultimo “speeding date” della settimana, così
avrei potuto stare con la mente occupata fino alle sette e mezzo. Uscii molto
presto, dopo aver aiutato la nonna a sistemare la cucina e Stella se ne era
andata a dormire senza alzare un dito visto che la poverina era stanca per il viaggio, e iniziai a camminare per il
parco vicino a Via Roma, in attesa delle quattro, ora in cui Michele avrebbe
aperto il locale.
Mi sentivo come se qualcuno mi avesse massacrato il
cervello, frantumandolo in mille pezzi ed ognuno rappresentante di una
determinata emozione. Rabbia, contraddizione, voglia di urlare. E la cosa
assurda era che solo il 40% di tutto questo caos c’entrava con Stella, l’altro
60% se l’era aggiudicato Marco. Il suo volto irato e convinto mentre mi urlava
contro, i suoi occhi blu pieni di risentimento e rimprovero, la mascella
contratta, non volevano scomparire dalla mia mente, e avrei dato chissà che per
potermi sfogare su di lui riempiendogli di pugni quel faccino saccente. Era
ovvio che fosse il migliore amico di Stella, entrambi erano gli unici due scritti
ad un nuovo sport internazionale, “Torturiamo Luna e Facciamola Impazzire”.
Perché Stella faceva tanto la santarellina nei miei
confronti? Perché mi aveva raggiunto? Non sapevo cosa pensare.
Quando vidi il furgoncino di Michele mi affrettai a raggiungerlo
per aiutarlo insieme ad Antonio e Gianluca; subito iniziammo ad organizzarci
per la serata seguente finchè, nemmeno un’ora dopo, vidi entrare nel locale
Flavia e Clemente, con al seguito due persone, un ragazzo e una ragazza.
“Oh, ciao” li salutai, curiosa. Non mi avevano mai fatto
visita.
“Ciao Luna!”. Flavia sembrava davvero radiosa, il viso era
illuminato da un non so chè di gioioso, e, cosa molo rara da lei, che era
sempre stata una ragazza acqua e sapone come me, era perfettamente truccata. I
lunghissimi capelli bruni erano raccolti in una treccia, e al suo fianco
Clemente sembrava a sua volta entusiasta. “C’è il proprietario del locale?” mi
chiese.
“Si… Te lo vado a chiamare?” chiesi cordiale, cerando di
osservare meglio le due figure alle loro spalle. Ma mi dissi che era stato un
grosso errore quando incrociai lo sguardo del ragazzo che se ne stava dietro di
loro: lui mi sorrise con una dentatura perfetta e bianchissima. Non avevo colto
il suo fascino prima di quel sorriso, e mi domandavo come ero potuto farmelo
sfuggire. Aveva qualcosa di inumano.
La sua pelle era olivastra, gli occhi castani-dorati erano un po’ tirati e
aveva i capelli biondo scuro lisci e un po’ più lunghi del normale.
Nessuno parve accorgersi- per fortuna- del mio piccolo momento
di smarrimento e Clemente disse: “Si, grazie. Sai, vorremmo ingaggiarlo per il
pranzo nuziale e… Oh, giusto, non vi abbiamo nemmeno presentati!”.
“Giusto!” asserì Flavia. “Luna, loro sono Nina e Feliz, i
due chef esperti in cucina spagnola che si occuperanno del catering. Vogliamo
fare una cosa un po’ particolare a base di cibo spagnolo…”.
Ecco cos’era che rendeva il ragazzo inumano! Era spagnolo,
appartenente alla razza più affascinante che Dio era riuscito a creare in soli
sette giorni. Secondo il mio modesto parere, cinque giorni li aveva dedicati
per creare solo i ragazzi iberici, e negli altri due si era occupato degli
altri. Quello era uno dei motivi per cui adoravo gli spagnoli, la Spagna e lo
spagnolo.
“Oh, piacere! Cioè, ehm, encantada”
dissi, arrossendo come una pazza. La ragazza, Nina, rise ed io la guardai un pò
imbarazzata. Era un po’ cicciottella, non molto alta e rendeva l’idea di essere
molto simpatica, con il naso un po’ a patata e i capelli neri che le
incorniciavano il viso.
“Parliamo italiano” disse Feliz, continuando a sorridermi.
“Il piacere è tutto mio”. Si sentiva una sorta di cadenza spagnola mentre
parlava, e la cosa non poteva non aumentare di altre dieci tacche il suo
fascino.
Cercai di ricambiare il sorriso. “Scusate”.
“De nada” disse
Nina. “Ma Flavia ci ha detto che studi lingue a la universidad”.
Annuii prontamente. “Si, spagnolo e inglese…”.
“E asì puedes aprovechar tu espanol si
quieres hablar con nosotros en el tiempo che pasaremos aquì por el pranzo para
la boda” (*) disse Feliz, facendo l’occhiolino.
“Vale, serà un placer”
risposi, sentendomi decisamente idiota.
“Luna, cosa…?” chiese una voce alle mie spalle, e mi voltai
verso Michele. “Oh, scusate, l’avevo sentita parlare in spagnolo e allora...”
si scusò, quando vide con chi ero.
“Michele, lei è mia cugina Flavia con il suo futuro marito
Clemente…” iniziai le presentazioni.
“Oh, piacere!”.
“Vede, lei è famoso
in tutta la città per le sue specialità etniche, e così abbiamo pensato di
affidarci a lei visto che per il nostro matrimonio volevamo fare un pranzo a
base di cibo spagnolo” spiegò mia cugina dopo i primi inconvenienti.
Dal canto mio, cercavo di non guardare in direzione di
Feliz, ma volevo godermi quello spettacolo della natura finchè potevo, così mi
limitai a guardarlo di sbieco mentre mi
fingevo interessata al discorso in atto.
“Ma certo!” rispose subito Michele.
“Solo che noi abbiamo affittato già un altro locale, non so
se lei di solito…”.
“Per la cugina della mia commessa preferita posso fare tutte
le eccezioni del mondo, anzi, mi onora la vostra scelta” la interruppe Michele,
sorridendo come solo lui sapeva fare.
“La ringrazio” disse Clemente. “Noi avremmo già scelto tutte
le pietanze, se vuole dare un’occhiata… Poi, se le va bene, potrà essere
seguito da loro due, sono due capi chef di Toledo che sono qui per un corso
extra e che saranno felici di aiutarla e darle qualche lezione”. Il suo tono
cercava di non essere offensivo, e Michele lo comprese perché rise e annuì
cordiale.
“Ma certo, il mondo è grande e non posso saper cucinare
tutti i piatti del mondo, e poi è un’esperienza che voglio fare. Sarà un
piacere lavorare con voi” disse, rivolto a loro due.
Gli sorrisero e restarono a leggere la lista delle cose da
mangiare, organizzandosi sui vari ingredienti da comprare e cose simili.
“Luna, vieni a darmi una mano?” chiese Antonio,
affacciandosi dal retro. Lo guardai con un’aria un po’ scocciata, ma il suo
tono non ammetteva repliche così annuii, chiedendo scusa agli altri.
“Credimi, ti ho salvata da una bella figuraccia” disse
appena entrai nel piccolo stanzino dove tenevamo gli ingredienti.
“Che cosa?” chiesi arrossendo.
“Si vede lontano un miglio che ti piace quel tipo, e se non
la smettevi capiva quanto ti ha colpito” rispose con aria di ovvietà.
Levai un sopracciglio, incrociando le braccia. “Signorino, e
chi ti dice che non volessi farglielo capire?”.
“Per favore. Tu, Luna, quella che non ha mai avuto un
ragazzo e ha sbavato segretamente dietro al suo grande amore in silenzio per
anni avresti il coraggio di esporti con uno spagnolo appena conosciuto e che
non vedrai più dopo che questo matrimonio sarà finito?” mi schernì, ridendo.
“Piantala. Non ho bisogno che tu mi ricordi la mia
biografia, ma non sono affari tuoi” ribattei.
“Come vuoi, ma la verità è quella” decretò. “Ora dammi una
mano, prendi tutto ciò che ti passo e poggialo sullo scaffale”. Salì su una
scala e iniziò a prendere varie confezioni di salatini, sale e cose simili.
“La verità è quella?
Ma pensa a te, e poi oggi non è giornata”.
“Per via di tua sorella?”.
Dal mio silenzio capì che ero rimasta sorpresa. “L’ho vista
passare in macchina con quel tipo che è venuto stamattina quando sono andato a
portare il caffè alla signora del tabacchino qui di fronte poco fa”.
Sospirai, mentre prendevo qualche altra confezione. “Si, è tornata
anche lei nel suo paese natale a quanto pare”. Gli raccontai della litigata
avuta con lei e Marco, e quando finii di parlare assunse un’aria mortificata.
Scese dalla scala e mi guardò negli occhi.
“Allora, se le cose stanno così… Scusami, sono stato poco
delicato prima, non volevo peggiorare la tua giornata” sussurrò deciso.
Scrollai le spalle, cercando di sorridere. “E’ la mia vita, Antonio,
questa sono io, questa è la mia vita, questa è la mia realtà, e mi dispiace che
tu debba conoscerla solo ora che è venuta Stella”.
Mi guardò con un’aria di rimprovero. “Che cosa? Tu non puoi
permetterle di rovinarti, Luna! Devi reagire! Devi farle vedere chi sei…”.
“E chi sono, Antonio?” chiesi afflitta, cercando di non mettermi
a piangere. “Sono solo io, quella che non ha nessuno che la difende e che…”.
“Piantala, lo sai che io sono dalla tua parte come quel
Marco sta dalla parte di tua sorella” annunciò.
“Che cosa?”. Ero così sbalordita che mi sentii qualcosa di
caldo propagarsi nel mio stomaco.
“Non fare la parte di quella
sorpresa, insomma, credo di essere tuo amico o no? Hai salvato la
monotonia di questo locale, sul serio, te ne sono grato e penso che tu sia una
bravissima ragazza” continuò. Non era il ragazzo da smancerie da quel che avevo
capito, indossava sempre una maschera di ferro che celava i suoi veri pensieri
e sentimenti, per cui era ovvio che mi sentissi stranita.
“G-Grazie” mormorai, arrossendo. Alzai lo sguardo verso di
lui e ci sorridemmo. E, automaticamente, cosa che non avrei mai creduto
possibile visto come si presentava, ci abbracciammo.
Forse è da quel momento che la nostra amicizia nacque sul
serio, chissà, ma fatto sta che tre secondi dopo continuò a prendermi in giro
riguardo Feliz, cosa che fu ancora più accentuata dal fatto che lui e Nina
mezz’ora dopo entrarono nel retro con Flavia e Clemente per salutarci.
“Adiòs, Luna” mi
disse, salutandomi con la mano.
“Adiòs! Adiòs, Nina” aggiunsi cordiale,
cercando di non impappinarmi. “Ciao ragazzi, per qualsiasi cosa fatemi sapere”
aggiunsi, e Flavia annuì.
Quel piccolo episodio aveva modificato un po’ l’andamento
della giornata, e ciò migliorò ancora di più quando Miriam mi venne a prendere
con la sua auto nuova di zecca.
“Sei stanca?” mi domandò quando entrai nell’auto.
“No, non ci crederai ma mi sono divertita a lavoro”.
“Beata te, io sono stata tutta il pomeriggio a studiare
greco e geografia astronomica…”.
“Io invece ho conosciuto un tipo mozzafiato…”.
Le raccontai di Feliz, del ruolo che ricopriva, e alla fine
lei si disse curiosa ed ammaliata dalle mie descrizioni, e non vedeva l’ora di
conoscerlo.
Tornai a casa verso le dieci, un po’ stanca ma soddisfatta
del modo in cui ero riuscita ad aggiustare la giornata.
“Hai mangiato, Luna?” mi chiese mia nonna appena mi aprì la
porta.
“Si, grazie” risposi. “Sono uscita con Miriam e siamo andate
in pizzeria…”.
“E non mi hai portato niente?” chiese nonno Gianfranco,
spuntando dal corridoio. Sorrideva e mi si avvicinò. Gli gettai le braccia al
collo, sorridendo a mia volta. “No, ma la prossima volta giuro che andiamo in
pizzeria solo io e te” dissi, facendogli l’occhiolino.
“E a me dove mi lasciate?” chiese la nonna, stando al gioco.
“Tu stai a casa a prepararmi il dolce” ribattè il nonno.
Scoppiammo a ridere, prima che le mie povere orecchie
venissero investite da un suono di voci che provenivano dalla mia stanza.
“Uh, sono Stella e Marco, stanno cantando da oggi…”.
“Cantando?!”.
Mi recai nella mia stanza, dopo aver salutato papà che stava
scrivendo un articolo con il suo portatile, e aprii di soppiatto la porta della
mia stanza. La prima cosa che vidi fu un poster sula parete che prima non
c’era: quello di Ligabue accanto a quello di Vasco che avevo affisso io. Io e
Stella eravamo gli opposti anche in questo.
“Oh, sei tornata! Indovina un po’?” mi accolse Stella,
stoppando la base di “Strani Amori” su cui stavano cantando. Marco sembrò farmi
una sorta di radiografia con lo sguardo per poi volgere lo sguardo altrove.
“E un po’ difficile indovinare se non so di cosa stai…”.
“Faccio parte della band di Marco! Mi ha scelto, dice che
gli piace la mia voce e canterò anche io al matrimonio, non è fantastico?”
esultò.
Per un pelo non mi astenni dal riderle in faccia. Marco
comprese perché mi guardò inarcando un sopracciglio.
“Cosa vorresti dire con quell’espressione?” chiese pungente.
“Dico che vi auguro di fare più successo di quelli della
pubblicità della Tim ora che avete la vostra Fiammetta” dissi sarcastica.
“Che cosa? Vuoi paragonarmi a quella sgallettata?” chiese
Stella offesa.
“Sinceramente, Stella, tu non mai cantato…”.
“Queste
sono cose che sta a me decidere” mi interruppe
Marco. Ovviamente ecco che la difendeva. Stella aveva il dono di
sentirsi
sempre adeguata in ogni situazione e nel fare ogni cosa, faceva parte
del suo carattere,
della sua estrema sicurezza, tanto che se non otteneva qualcosa si
meravigliava
e incolpava qualcun altro dato che non poteva essere stata colpa di un
suo
sbaglio. In questo modo Marco non faceva altro che renderla ancora
più sicura in circostanze in cui lei non era esperta. E sapete
come la chiamavo io, quando litigavamo? La strega, proprio
come quella canzone di Vasco che in certe situazioni era
azzeccatissima…
“…A lei piace
ballare
ama farsi guardare
non sopporta la gente
che annoia e che rompe
alza sempre la voce
sa sempre tutto lei
e anche quando c'ha torto
non lo ammette mai
lei è molto sicura di essere sempre la prima
ed è molto nervosa proprio
come una diva”
Reduce da questi pensieri, guardai torva Marco. “Come vuoi.
Anche perché di certo tu non sei il nuovo Michael Jackson asceso in terra… Sono
fatti vostri. Ma almeno evitate di far fare una figuraccia a Flavia al suo
matrimonio”.
Stella incrociò le braccia. “Ecco, lo sapevo. Sei solo
gelosa…”.
“Perché dovrei esserlo?!” domandai.
“Perché io avrò un ruolo al matrimonio e tu no” obiettò con
aria di sfida.
“Non dire cazzate. Io aiuterò Michele che ha avuto
l’incarico del catering, e visto che il pranzo sarà a base di cibo spagnolo c’è
anche uno di quegli spagnoli che tu con la tua ignoranza sai solo definire caliente, quindi vedi quanto me ne frega
di te quanto potrò stare al fianco di un
bel ragazzo” risposi, sentendo di nuovo l’aria intrisa di scariche elettriche
di pura rabbia.
“Appunto, potrai solo stargli vicino, di certo non ti
calcolerà minimamente” la difese Marco.
Sbuffai. “Dimmi, Stella, lo paghi per farti da giudice
difensore? Sai, ho la netta impressione che se non ci fosse lui non sapresti
come cavartela. E leva quel poster di Ligabue, chi tardi arriva male alloggia”
dissi decisa. “In quanto a te, Marco, piantala di darmi fastidio quando non ho
alcuna intenzione di avere a che fare con te, sei davvero ridicolo. Non hai
nient’altro da fare nella vita che seguire e difendere Stella dovunque?”.
Mi ero rotta le scatole sul serio quella volta, e mentre mi
vedevo davanti agli occhi il viso di Antonio che mi ricordava che non ero sola
pronunciai quelle parole.
Ovviamente Marco non fece altro che ridere e prendere la sua
roba per andarsene. L’avevo battuto quella volta, ne ero certa, e mi lasciai
trascinare dal sapore della vittoria mentre andavo a dormire, piena di emozioni
vissute nell’arco di quella giornata che mi era parsa interminabile.
(*) “E così potrai mettere alla prova il tuo spagnolo se ti
andrà di parlare con noi nel tempo in cui staremo insieme per il matrimonio”.
*°*°*°*°*
Ciao! Come va? Io al momento mi sono presa una pausa dallo
studio per l’interrogazione di fisica di domani =S
Allora, cosa ve ne sembra di questo capitolo? Stella entra
nel gruppo di Marco e Luna conosce Feliz… Al momento la trama può risultare un
po’ noiosa, ma vi assicuro che già dal prossimo ne vedremo delle belle,
promesso!
Allora, grazie alle 10 persone che hanno messo la storia tra
le seguite e le 5 che l’hanno messa tra i preferiti e coloro che hanno solo
letto e recensito:
_Armonia_: Grazie mille, mi fa piacere sapere che hai deciso
di leggere questa storia nonostante non sia il genere che leggi di solito e che
tu l’abbia messa tra i seguiti ^^ Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo, un bacio!
CriCri88: Stella docile? Mmm, vedremo cara, tra un po’ non
potrai dire la stessa cosa per quello che farà…. O che non farà ma sembrerà che
avrà fatto…. xD Luna è un peperino, certo, solo che dietro questo lato del suo
carattere si cela una gran timidezza e insicurezza. Spero che anche questo cap
ti sia piaciuto! E Maddaloni, beh, non potevo abbandonarla, è il paese in cui
vivo e per ora mi sembra più credibile usarlo per fare capire la “disperazione”
di Luna che si allontana da una grande città come Firenze per andare in questo
paesino campano pur di allontanarsi dalla gemella… Un bacione!
vero15star: Certo che è corretto tesoro… E poi, stai
tranquilla, anche se preferisci Marco puoi prendere lezioni di spagnolo da
Feliz =P Grazie mille come sempre per il tuo appoggio e per avermi fatto sapere
cosa ne pensi dei cap successivi, ti adoro tanto tanto mi querida! ^^
alina 95: Diciamo che Marco lo inizierai ad amare tra un
po’, non proprio subito, perché continuerà a rompere le scatole e a rendere la
vita impossibile alla povera Luna. Ma mi fa piacere sapere che hai scelto lei
come tua preferita! Anche perché tra un po’ Stella inizierà a farsi odiare… Eheh!
Un bacione tvb!
A presto girls, nel frattempo vi lascio qualche spoiler come
al solito…
“Dobbiamo andarcene. Marco gioca in questa squadra!” dissi
concitata. Paola si voltò verso di me, fissandomi con i suoi occhioni verdi.
Alcuni amici lo guardarono sghignazzanti e lui parve
arrossire lievemente, anche se alla fine si salvò con un: “Oh, finalmente, ce
l’hai fatta, Stella!”.
Gli risi in faccia. “Non far finta di non aver capito che
sono…”.
“Hola, Luna! He conocido tu hermana, tu prima y sus
amigos…” disse
subito Feliz quando mi vide.
Con un certo moto di irritazione vidi che se ne stava seduto
proprio vicino a Stella.
La vostra milly92.