Anime & Manga > Suzumiya Haruhi no yūutsu
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Autore: Fiamma Drakon    17/11/2009    4 recensioni
Questa è la mia prima fic su questo bellissimo anime/manga, perciò siate clementi.
Avete presente il mito di Orfeo ed Euridice?
Bene, scordatevelo. ù.ù
Ora, prendete Kyon, il solito anti-cretinate, mettetelo con Haruhi, la solita iperattiva, e fate conto che siano i nostri Orfeo ed Euridice. XD
Aggiungete un Ade allegro e sorridente 365 giorni l'anno, una timidissima e piagnucolosa Persefone, un Caronte austero e poco loquace e mescolate il tutto...
Il risultato è questa fic, scritta di getto, senza pretese, che spero possa piacere.
Genere: Parodia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Orfeo ed Euridice Orfeo era un giovane cantore e la bellissima melodia della sua lira incantava animali e uomini, chiunque udisse quelle dolci note.
La sua musica era divenuta, se possibile, ancora più bella: era, da tre giorni, lo sposo di Euridice, e la sua felicità era... distrutta, calpestata, ormai inesistente.
I suoi familiari avevano combinato un matrimonio con la più grande condanna della sua miserevole esistenza, la giovane Euridice, e adesso, l'unica consolazione che gli rimaneva era la sua adorata lira, la sua musica.
Nelle sue melodie infondeva la sua stessa anima, cercando così di sfuggire in qualche maniera al triste destino che gli si prospettava al fianco di quell'adorabile fanciulla.
Stava lietamente suonando in una radura, circondato da animali e persone, quando un'ancella arrivò gridando, sconvolta.
- Oh, Orfeo! Strappa i tuoi capelli, le corde della tua lira!!! Un serpente insidioso ha morso il piede di Euridice e lei è morta! Morta! - esclamò l'ancella.
Orfeo venne sconvolto da quella notizia.
- Dici davvero? Euridice? La MIA Euridice? La mia sposa è morta?! - chiese, al colmo dello stupore.
- La bella è morta! - rispose l'ancella.
Niente si può dire del dolore di Orfeo: era distrutto.
- SONO LIBEROOOOOO!!! LIBERO!!! BENEDETTA SERPE CHE L'HAI MORSA!!! -.
- Oh, Orfeo... mi rattrista tanto vederti così afflitto... la tua Euridice è morta! Oh... - continuò l'ancella.
- Sopravviverò... -.
Gli occhi dell'ancella s'illuminarono.
- Oh, Orfeo... adesso impiegherai tutte le tue energie per attraversare monti, mari e fiumi sconosciuti, arriverai allo Stige, entrerai nell'Oltretomba e chiederai al sommo Ade di poter avere di nuovo Euridice, affrontando la prova che il dio ti imporrà di superare per riportare la tua amata nel regno dei vivi? - chiese l'ancella, con occhi pieni d'ammirazione.
- Eh? - domandò lui, perplesso - Ma non ci penso nemmeno!! -.
- Non lasciarti abbattere così, nobile Orfeo, non tutto è perduto! -
- E' davvero confortante esser così compreso... - mormorò lui.
Dopo quella notizia, lo sentirono cantare e suonar più felicemente di prima, intonar canti agli angeli, alla natura, alla vita e nessuno mancava, ascoltandolo, di rivolgergli parole di conforto per la perdita della sua amata, parole che, francamente parlando, gli entravano da un orecchio e dall'altro gli uscivano.
Canti ancor più felici, poi, intonò dopo il funerale della sua sposa, gesto che dai conoscenti fu interpretato come un tentativo di consolarsi dall'immenso dolore di quella perdita così improvvisa.
Un giorno, mentre suonava tranquillo in una radura, dimentico della sua amata Euridice, un lupo sbucò da un cespuglio e strapò dalle sue mani la sua lira.
- No!! La mia lira!! - esclamò il giovane, inseguendo la belva.
Attraversò così pianure immense, valicò monti sconosciuti, guadò fiumi e solcò mari ignoti, finché non giunse al limite estremo del mondo umano, oltre al quale i vivi non erano ammessi: il confine dell'Oltretomba.
Il povero Orfeo era stanco del lungo viaggio e, giunto nei pressi del fiume Stige, si fermò per riprendere fiato, mentre il lupo, con un unico balzo, oltrepassava l'ampio letto del fiume.
Orfeo si domandò se tornare indietro o proseguire, ma decise subito di continuare l'inseguimento: in gioco, c'era la sua adorata lira.
Un rumore di remi attirò la sua attenzione: Caronte, il traghettatore delle anime dannate, fermò la sua barca vicino al giovane.
Era davvero avvenente, considerato che era pur sempre al servizio del signore degli Inferi: capelli corti viola, grandi occhi marroni, pallida.
Tuttavia, il suo sguardo non aveva assolutamente niente di vivo: metteva quasi i brividi.
- Chi sei? - domandò atono, continuando a guardarlo.
- Io sono Orfeo, il cantore -
- Non sei morto - osservò il traghettatore.
- Sono qui per riprendere la mia lira! -
- I vivi non passano -
- Ma quel lupo è passato! Devo passare anche io!! -.
Caronte tacque e lo fissò intensamente.
- Devi pagare il pedaggio - rispose infine.
- Non ho di che pagare -.
Si fissarono per altri istanti, finché Orfeo non si decise a rompere quella snervante assenza di suono.
- B-be'... potrei cantare... -.
Iniziò così a cantare, anche senza il suono della sua fidata lira.
Caronte lo ascoltò, impassibile.
Quando ebbe finito, il traghettatore volse la prua e se ne andò.
- N-no! Aspetta!!!! E la mia lira?!?!? - esclamò Orfeo, gettandosi nella barca.
Caronte gli lanciò un'occhiata imperturbata, quindi lo colpì reiteratamente con un remo, assestandogli infine un colpo talmente forte da scaraventarlo fino sulla sponda opposta.
Il giovane, dolorante, guardò la barca allontanarsi, prima di addentrarsi nel regno di Ade.
"Accidenti a quel lupo! Se non mi avesse preso la lira, non sarei qui!!" pensò Orfeo, contrariato, continuando a procedere.
Nel camminare sovrappensiero, non si era accorto di essere arrivato all'ingresso per il cuore degli Inferi, sorvegliato da Cerbero.
Orfeo camminava ancora, quando il gigantesco guardiano gli poggiò una zampa addosso, schiacciandolo a terra.
Iniziò quindi a giocare con il povero cantore come fosse un giocattolino per cani, finché il disgraziato non si afflosciò privo di sensi tra le sue zampe.
Persa ogni attrattiva per quel bambolotto ormai inerte, il cane tornò a guardia dell'ingresso.
Appena riavutosi, Orfeo cercò di escogitare qualcosa che potesse aiutarlo a superare quell'avversario.
Un'idea gli balenò in mente e subito si applicò per metterla in pratica: si accostò al cagnone ed intonò una ninna nanna che acquietò la bestia, fino a farla sprofondare in un quieto sonno.
A quel punto, fu libero di passare.
Scorse in lontananza il lupo che, fra le fauci, stringeva ancora la sua adorata lira e lo guardava con occhiacci iniettati di sangue.
Un moto di rabbia lo spinse a rincorrere quella fonte di guai.
Nell'inseguimento, passò vicino ad una ruota infuocata, alla quale era legato Issione, colpevole d'aver desiderato Era.
- Oh, Orfeo! Ti prego, canta per me, cosicché possa trovare qualche istante di pace... -
- CAGNACCIO!!!! TORNA QUIIIIII!!!! -.
Orfeo nemmeno considerò l'invocazione di Issione, impegnato com'era a correr dietro al lupo.
Passò vicino a Tantalo, colpevole d'aver condiviso l'ambrosia divina con gli umani, condannato a fame e sete eterne.
Anche questo gli rivolse la sua supplica: - Orfeo, cantore celestiale! Ti prego, fermati e canta, in modo che l'acqua e i frutti non si allontanino da me ed io possa bere e saziarmi! -.
Ma il giovane, preso dalla sua caccia, non si preoccupò neppure di rispondere.
Corse dietro al maledetto animale ancora a lungo, raggiungendo inavvertitamente la parte più remota e intima dell'Oltretomba: il palazzo di Ade.
Qui, finalmente riuscì ad avvicinarsi al lupo.
- Oh, Orfeo!! Finalmente sei qui!!! -.
La voce femminile che lo richiamò era sottile, bassa, ma udibile.
Il giovane allora si guardò intorno e realizzò di essere giunto nel palazzo del Signore degli Inferi.
Dinanzi a lui, vide Persefone, la moglie di Ade, seduto al suo fianco.
Rimase stupito: si aspettava una coppia più inquietante, più... demoniaca.
In realtà, il grande Ade e Persefone sembravano due ragazzi: Ade aveva castani capelli corti, gli occhi chiusi e sorrideva, pensando a chissà cosa.
Persefone era castana, giovanissima, dalle forme accentuate, molto, molto avvenente, decisamente più di Euridice.
- Oh, Orfeo, finalmente sei arrivato! - esclamò Persefone, sull'orlo del pianto.
- Orfeo! Devi portarla via! - tuonò Ade, mantenendo, a dispetto del tono, il suo sorrisino.
- Mmh? - domandò il giovane, perplesso.
- Quella ragazza, Euridice, la tua sposa... - spiegò timidamente Persefone.
Orfeo strabuzzò gli occhi.
- Euridice è QUI!?!? -.
Ade gli indicò un punto alle sue spalle.
Orfeo non fece in tempo a voltarsi che Euridice gli saltò addosso, euforica.
- ORFEOOOOO!!! -
- EURIDICE?!?!? - esclamò lui.
Il giovane cantore impallidì e saltò via.
- C-che cosa ci fai qui? -
- Amoreeeee!!! ORFEOOOO! -
- Toglimi le mani di dossoooo!!! -.
Euridice iniziò a rincorrere il povero Orfeo, che cercava di sfuggire alle sue grinfie.
Nonostante fosse del pallore della morte, era dannatamente viva.
- Orfeo, amor mio! Finalmente sei giunto a salvarmi! -
- Ma non ci penso nemmeno!!! -.
Euridice iniziò a sproloquiare sul loro futuro insieme, includendo anche eventi paranormali e sovrannaturali, oltre alla solita solfa del metter su famiglia, eccetera.
- Basta... basta! Fatela smettere... - piagnucolò Persefone.
In quel momento, gli occhi di Orfeo si posarono su Ade, che stringeva in mano la sua lira.
- LA MIA LIRA!!! RIDAMMELAAAAA!!! - gridò il ragazzo, slanciandosi verso il dio.
- La rivuoi? Allora portala via!! - gli intimò cordialmente Ade, senza abbandonare il suo sorriso innocente, accennando ad Euridice.
- Ma neanche per sogno!! E' morta, ormai è un problema vostro!! -
- Hai la mia autorizzazione a portarla via di qui! Anzi, è un ordine!! Dovrai portarla nel mondo dei vivi, tenendola per mano, senza voltarti a guardarla -
- Ma anche no! -
- Altrimenti non rivedrai mai più la tua lira! -.
A quell'ultima intimazione, Orfeo parve cambiare tutto d'un tratto idea, afferrò Euridice per un braccio e la trascinò di peso verso la porta.
Iniziò così a ripercorrere a ritroso il regno di Ade, con la sua amata che sproloquiava a raffica, riempiendogli le orecchie di un ronzio indistinto di parole e frasi per lui prive di un qualsivoglia senso.
L'unica cosa che gli rammentavano era il suo fortissimo desiderio di mollarla lì nel mezzo del regno dei morti e andarsene, ma non poteva: in gioco c'era la sua lira.
Così era costretto a sopportare quel fiume in piena di discorsi campati in aria, quella pioggia senza fine di parole prive di filo logico.
Tuttavia, anche la sopportazione umana aveva i suoi limiti e, proprio quando ormai era fatta, quando mancavano solo pochi centimetri alla sua ricompensa, il ritorno della sua amata lira, i suoi nervi cedettero.
Mollata la presa sul suo polso, si girò a guardarla dritta negli occhi, furioso.
- ORA MI HAI SCIOCCIATO!!! TACI!! STA' ZITTAAAAAAA!!!!!!!!! -.
La ragazza lo fissò per qualche istante, perplessa.
- Amore... - mormorò.
- Troppo presto ti sei voltato Orfeo! Ora la tua lira non è più tua... -.
Una voce riecheggiò attorno al cantore, che solo in quel momento ricordò della minaccia di Ade.
- No, a-aspetta!!! No, la mia lira no!!! -.
Euridice svanì nel nulla, inghiottita nuovamente dal nero degli Inferi, insieme alla speranza del cantore di rivedere la sua amata lira.






Angolino autrice
Oki, so che è uno schifo, ma l'idea mi piaceva troppo! X3 Probabilmente era l'ebbrezza dell'ispirazione, perché ora sono convinta che non sia venuta un granché -.-'' va be', almeno c'ho provato... spero non me ne facciate una colpa e che, magari, mi lasciate un commentino... ^^'''''
   
 
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