Anime & Manga > Il mistero della pietra azzurra
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Autore: Puglio    18/11/2009    2 recensioni
"...Nadia si coprì gli occhi con le mani e pianse. Qualcuno la toccò sulla spalla, e lei sollevò il viso, rigato di lacrime. Il bambino si era rialzato e ora la fissava attraverso i suoi occhi vuoti, ma accesi di una strana e cieca consapevolezza. Lei gli rivolse uno sguardo disperato. «Perché?» disse. «Perché tutto questo?» Perché è il tuo destino, fu la risposta, prima che lei si svegliasse..." Primo volume del mio seguito della serie “Nadia: il mistero della pietra azzurra”. Sono passati cinque anni da quando Nadia e Jean hanno combattuto contro Gargoyle. Nadia si è trasferita in Inghilterra, dove lavora come giornalista. Jean, dopo aver seguito Hanson a Berlino per motivi di studio, ora insegna in una prestigiosa università americana. Le loro vite sembrano destinate a separarsi per sempre, se non fosse per un evento inaspettato, legato a un misterioso oggetto, che li costringerà a ritrovarsi e a fare i conti con i fantasmi del passato. La trama di questa ff tiene scrupolosamente conto di quanto raccontato nella serie e nel film "Nadia e il segreto di Fuzzy". Tuttavia, essendo ambientata cinque anni dopo la fine della serie, ho creduto necessario pensare e proporre un'evoluzione del carattere dei personaggi. Dunque non stupitevi se incontrerete personaggi apparentemente fuori carattere, o un'ambientazione che si mostra a tratti lontana da quella a cui ci aveva abituato la serie: è proprio ciò che ho voluto fare, cioè immaginare come Nadia e gli altri sarebbero stati una volta "diventati grandi". Da questo punto di vista, i personaggi sono divenuti necessariamente oggetto di una "riscrittura", visto che la storia li presenta più vecchi di ben cinque anni; tuttavia, ho cercato di modellare quelli che sono i nuovi tratti del loro carattere basandoli sui tratti originali, in modo da presentare una loro possibile vita futura che risultasse però coerente con quanto era stato raccontato nell'anime. Per chi non volesse registrarsi sul sito ma intendesse comunque dire la sua: nadia.ilmisterodellapietrazzurra@yahoo.it Ciao!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Dove accidenti eri finita?»

Lisa Stanfields le si affrettò incontro non appena la vide varcare la soglia. Trafelata, Nadia corse ad appendere la giacca e il cappello, cacciandoci dentro i guanti.

«Sono in ritardo?» fece con un sorriso, tanto per sdrammatizzare. Il fiato era ancora corto e le guance ambrate erano accese di rosso.

«In ritardo? Vorrai scherzare! Per un po’ siamo riusciti a far credere a Hunter che eri uscita per un servizio, ma ora penso che gli sia saltata la pulce al naso. Fatti vedere, subito!»

Nadia batté gentilmente la mano sulla spalla dell’amica, in segno di gratitudine. In tutti quei sei lunghi anni, lei e Michael Tippet erano state le uniche persone con cui Nadia era riuscita veramente a legare al giornale.

Lisa era l’altra donna della redazione. Lei e Nadia erano diverse, sotto molti punti di vista. Caparbia e testarda Nadia quanto remissiva e placida Lisa. Alta e dalla pelle ambrata Nadia quanto Lisa era lattiginosa, con una carnagione di un bianco quasi lucido, e con lunghi e ispidi capelli fulvi che le ricadevano in ampi boccoli sulle spalle. Era leggermente bassa e tracagnotta, ma dotata di un viso delizioso, la cui semplicità le conferiva tratti di non comune nobiltà. Il suo sorriso riusciva a sciogliere anche l’animo più disincantato e lei non mancava mai di farne uso, più e più volte in uno stesso giorno.

«Michael è arrivato?» chiese Nadia, correndo alla scrivania.

«Da un’ora. Ti ha lasciato le bozze, lì da qualche parte».

«Gli devo una cena...»

«Non solo a lui» fece Lisa con tono scherzosamente minaccioso, mentre spariva carica di cartelle dietro la porta dell’archivio.

«Naddy, trovate le bozze?» gridò Tippet, sporgendosi dalla porta della sala ristoro. Nadia gli strizzò l’occhio e gli mandò un bacio. Lui alzò il pollice in segno di intesa.

Michael Tippet era un tipo particolare. Alto lo era davvero, almeno rispetto agli standard a cui Nadia era abituata. Camminava per la redazione chino come una canna al vento, la schiena ormai leggermente ricurva a forza di rivolgersi a un mondo sempre più in basso di lui. Era un tipo taciturno e sognatore, che amava vedere nel proprio mestiere una specie di missione. Prendeva tutto quello che faceva tremendamente sul serio, tanto che Nadia lo aveva più volte rimproverato di lasciarsi sfruttare impunemente dai colleghi più quotati, che non si facevano scrupolo di caricarlo del loro lavoro più noioso, ben sapendo che lui non avrebbe mai rifiutato un incarico e mai avrebbe permesso che qualcosa in redazione rimanesse incompiuto.

«Ma non ti accorgi che lo fanno apposta?» gli diceva solitamente lei, in quelle occasioni.

«È il mio lavoro» era il suo semplice commento.

«Il tuo lavoro non consiste nel fare il lavoro degli altri!»

«Ma ormai ho detto che lo avrei fatto...»

In momenti come quelli, Nadia lo avrebbe volentieri preso a schiaffi. Ma tutto quello che invece si limitava a fare, era sedersi in silenzio e tendere la mano, lasciando che lui decidesse quale plico posarci sopra, tra i numerosi che gli erano stati affibbiati.

«Ecco, questo puoi prenderlo se vuoi...» le diceva lui, semplicemente.

«Dà qua, testone!» gli rispondeva lei, seccata. Ma chissà perché, alla fine le scappava sempre da ridere. Al che, anche Lisa li raggiungeva e dava una mano; e allora lavorare diventava difficile e anche il timido e preciso Michael si lasciava andare alle risate e si scioglieva nel raccontare gli aneddoti più succosi sui colleghi d’ufficio.

Nadia amava quei momenti di amicizia più di ogni altra cosa. Erano attimi in cui sentiva che avrebbe potuto passare la vita intera a quella scrivania. Lei insieme ai suoi amici “paria”, Quelli che al Times nessuno sapeva esattamente cosa facessero e perché. E sebbene Nadia avesse ormai lasciato quel club per passare ai piani alti e nonostante tutti, persino Lisa e Michael, si fossero aspettati che cominciasse a frequentare le personalità del giornale – quelli che potevano permettersi un ufficio e il caffè alla scrivania – lei li sorprese ancora una volta, rifiutando ogni prerogativa e accontentandosi di una scrivania ad angolo da sistemare accanto a quelle dei suoi amici. Nessuno di loro osò mai dire nulla in proposito. Ma spesso un silenzio vale più di mille parole.

Nadia bussò alla porta del direttore. Attese qualche secondo, finché una voce roca, preceduta da qualche colpo di tosse risuonò secca oltre il vetro.

«Entra».

Nadia si presentò col sorriso. Si accorse subito che era fuori luogo.

«Che fine hai fatto? Ora ti dai pure alla bella vita?»

Lei fece la finta tonta. «Come dice?»

«Lo so che sei arrivata adesso, Ra Arwol! Che, mi hai preso per scemo?»

«Nossignore».

«Che hai lì?»

«Le bozze mie e di Tippet. Pronte per la revisione».

«Dà qua».

Nadia gli porse il plico.

Improvvisamente, una sorgente di luce, intensa e abbagliante. Qualcosa risuonò. Una luce blu e riflessi di un chiarore accecante.

Svegliati.

Svegliati, Nadia.

Nadia...

Nadia!

Aprì gli occhi. C'era qualcosa di chiaro... Una parete, completamente bianca. Il soffitto. Era sdraiata a terra. Il direttore e Lisa la fissavano con agitazione. Non appena la vide riprendersi, Lisa si chinò su di lei, sollevandole delicatamente la testa.

«Cosa è successo?» chiese Nadia, scossa.

«Sei svenuta. Il direttore è uscito di corsa, chiamandomi. Quando sono entrata ti ho vista già a terra».

«Svenuta? Come...»

Nadia si portò una mano alla testa: le girava e provava un leggero senso di nausea. Vedendo che riacquistava colore, il direttore si rilassò, appoggiandosi con le mani alla scrivania alle sue spalle.

«Maledizione, Nadia. Mi hai fatto pigliare un accidente».

«Mi scusi, signore. Non so cosa mi sia successo» fece lei, cercando di mettersi seduta.

«Lo so io, lo so. Lavori troppo. Prenditi una mezza giornata libera. Anzi, tutta. Non si sa mai che poi torni prima del tempo e mi crepi qui».

Nadia si sollevò a fatica, appoggiandosi a Lisa, il braccio intorno alle sue spalle. Insieme, uscirono dall’ufficio di Hunter, proprio mentre Michael, attratto dal trambusto, spuntava timidamente da dietro lo stipite.

«Che succede? Sta poco bene?» chiese.

«A te che sembra?» ringhiò Hunter. «Fila via».

Michael si precipitò accanto a Lisa, seduta davanti all’amica nella saletta ristoro.

«Michael, puoi fare un tè?» gli disse lei.

Nadia appariva di un pallore disarmante. Si appoggiò con i gomiti alla scrivania, prendendosi il volto tra le mani. Lisa le carezzava i capelli.

«È solo un po’ di pressione bassa, tutto qui» disse.

«Già, credo anch’io» annuì Nadia. «Un tè mi farà bene».

Michael le porse una tazza di tè fumante. Si sedette sul bordo della scrivania, restando a fissare l’amica che beveva a piccoli sorsi.

«Sto già meglio. Grazie» gli disse con un debole sorriso.

«Dovresti riposarti davvero. Lavori come un’ossessa» le fece Lisa.

«Non credo sia il lavoro. Oggi ho dormito fino a tardi, ma al risveglio stavo comunque male» soggiunse Nadia. Lisa e Michael si lanciarono un’occhiata fuggevole. Nadia se ne accorse e preferì sdrammatizzare. «Probabilmente ho solo esagerato un po' ieri sera» disse, bevendo un altro sorso di tè.

Lisa non sembrò del tutto convinta. «È da molto che ti capita?»

«Non so... ogni tanto ho dei vuoti di memoria. Piccole cose. Per esempio, oggi mi sono svegliata e ho trovato la camera tutta in disordine. Ero anche andata a letto mezza vestita. Non ricordavo niente».

«Forse hai davvero esagerato» sorrise Michael. «A volte capita. Metti insieme fiumi di champagne, balli sfrenati...»

«Jonathan lo sa?» chiese Lisa, più pragmatica.

Nadia scosse la testa. «No. Non voglio che si impensierisca. Non mi lascerebbe più respirare».

«Però avrebbe ragione nel pretendere che tu ti riguardassi, non credi?»

«Non so nemmeno di che si tratta» nicchiò lei. «Probabilmente è una sciocchezza».

«Probabilmente sì, ma non sottovalutarla».

Nadia si alzò per versarsi un’altra tazza di tè. «D’accordo, ma non assillatemi, ok? Sono solo svenuta, tutto qui».

«Chi è che è svenuto?» William Ashburne fece il suo ingresso nella stanza lanciando su tutti uno sguardo sostenuto, dall’alto delle sue ottanta sterline al mese e dal suo posto da capocronista. Quando vide Nadia accanto al bollitore, si illuminò. Aveva sempre nutrito una passione per lei, per la sua esotica bellezza; e da quando Nadia aveva acquisito importanza, le appariva una conquista ancora più emozionante. Non vedeva l’ora di aggiungerla alla lista sterminata delle sue amanti, che si diceva contenesse parecchi nomi illustri e che si vociferava fosse il reale motivo per cui William era l’unico in redazione a sapere sempre tutto di tutti, prima di tutti.

«Mio Dio, Nadia. Ancora a perdere tempo con questi incarichi da servetta?» la punzecchiò. Lei alzò gli occhi al cielo.

«Ciao, Will» fece, stancamente.

«Perché non ti cerchi qualcosa di meglio? Non sei ancora stanca di fare il tè?»

«Non so. Tu che dici?»

«Dico che se vuoi posso darti una mano. So che alla Daily Gazette hanno un notevole interesse ad aumentare il numero di croniste femmine. Conosco qualcuno che potrebbe farti entrare in un soffio, se vuoi».

Nadia lo fissò in silenzio. «Davvero?»

«Certo» fece lui, malizioso.

«Beh, Will, ti ringrazio. Se non fosse che il Daily è un giornale scandalistico, che vende metà delle copie del Times e che le sue poche croniste femmina sono famose solo per essere arrivate alla redazione passando prima dal letto del direttore, accetterei subito. Ma ovviamente, dovrei ricambiarti il favore, non è così?»

Lui le sorrise. «Beh, io do una cosa a te... tu la dai a me...»

«E cosa vorresti, esattamente?» gli chiese lei, avvicinando il viso a quello di lui e fissandolo intensamente negli occhi, con un tenue sorriso malizioso.

«Un appuntamento io e te, soli».

Nadia gli voltò le spalle con grazia. «Mi spiace Will» disse, allontanandosi. «Ma per noi croniste femmina non è ancora la stagione degli accoppiamenti».

Lisa e Michael soffocarono una risata.

«D’accordo» le fece William, piccato. «Continua a uscire con quel damerino. Ma so che presto o tardi lo avrai a noia, e allora...»

Nadia gli lanciò uno sguardo di fuoco. «Cosa intendi dire con questo?»

William sorrise soddisfatto. Sapeva di aver colto sul vivo.

«Avanti, lo sanno tutti come fai».

«Come faccio cosa?»

«Usi gli uomini e poi li lasci quando non ti servono più».

Nadia impallidì.

«William, adesso stai esagerando» fece Michael, alzandosi in piedi con fare minaccioso.

«Oh, ma smettila tu» lo zittì lui. «È la verità. Prima viene qui grazie ai soldi di quel poveraccio francese; poi quando conosce il bel diplomatico... chi s’è visto s’è visto!»

Nadia lo incenerì con lo sguardo. «Non è andata affatto così. Sei un imbecille».

«No?» sogghignò lui. «Non è forse vero che ti ha prestato i soldi per vivere qui?»

«Sì, ma...» obiettò nervosamente lei.

«E non è forse vero che quel tipo è rimasto tre anni ad aspettarti, mentre tu gli hai dato il benservito?»

«Non sei nemmeno degno di parlare di Jean» disse lei, stizzita.

«E lui non era degno di te, allora? Evidentemente no, almeno non fino in fondo».

Gli occhi di Nadia si inumidirono. Provava una rabbia intensa. Avrebbe voluto stringere le mani al collo di William e strozzarlo. Ma dentro di sé sentiva solo un’immensa stanchezza.

«Lasciami in pace» disse in un sussurro.

«Come vuoi, vorrà dire che me ne tornerò al lavoro. Mica tutti possono permettersi di star qui a far nulla. Perché voi» disse, guardando prima Lisa e poi Michael «cos’è che fate, esattamente?»

Restarono tutti a guardarlo mentre si allontanava sghignazzando. Nadia era ammutolita. Stavolta William aveva esagerato. C’erano cose che non era lecito toccare: cose personali, dolori privati che dovevano restare tali, sepolti il più possibile sotto montagne di ricordi anestetizzanti. Lui era riuscito a far riaffiorare un dolore antico.

Nadia si prese il volto tra le mani, trattenendo le lacrime che premevano per uscire. Odiava gli uomini. Quando volevano sapevano ferirti come nessun altro.

«Non dare ascolto a quell’idiota. È solo un pallone gonfiato,» Michael le passò una mano sulle spalle. «E tu non devi giustificare nulla».

«Perché dovrei?» scattò lei. Lisa e Michael la fissarono esterrefatti per quella sua reazione inattesa. «Non posso accorgermi di essere innamorata di qualcuno? Devo essere l’unica donna sulla terra a restare insieme alla stessa persona per tutta la vita? Cosa sono, l’eroina di un romanzo per ragazzine?»

Michael lanciò a Lisa uno sguardo allarmato. «Assolutamente no, Naddy. È solo che...»

«Solo che... cosa?»

Lisa le si parò davanti, prendendole le mani.

«Nadia, nessuno ti giudica. Solo tu sei padrona della tua vita. Noi siamo con te».

«E allora lasciatemi stare, tutti quanti!»

Nadia si alzò in piedi, furiosa. Raccolse le sue cose, quindi uscì correndo, senza voltarsi indietro. Michael e Lisa rimasero sbigottiti a fissare la porta aperta e ad ascoltare i passi di Nadia risuonare veloci giù per le scale.

«Non volevo farla arrabbiare» si lamentò lui, abbattuto. «Non credo che abbia capito quello che intendevo dire».

Lisa gli sorrise, mentre rimetteva in ordine la scrivania dell’amica.

«Invece credo che abbia capito» disse, con un sorriso tenero. «È che nemmeno lei sa cosa pensare di sé stessa; e credo che questo sia ciò che la fa soffrire più di ogni altra cosa».

  
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