Anime & Manga > Il mistero della pietra azzurra
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Autore: Puglio    18/11/2009    1 recensioni
"...Nadia si coprì gli occhi con le mani e pianse. Qualcuno la toccò sulla spalla, e lei sollevò il viso, rigato di lacrime. Il bambino si era rialzato e ora la fissava attraverso i suoi occhi vuoti, ma accesi di una strana e cieca consapevolezza. Lei gli rivolse uno sguardo disperato. «Perché?» disse. «Perché tutto questo?» Perché è il tuo destino, fu la risposta, prima che lei si svegliasse..." Primo volume del mio seguito della serie “Nadia: il mistero della pietra azzurra”. Sono passati cinque anni da quando Nadia e Jean hanno combattuto contro Gargoyle. Nadia si è trasferita in Inghilterra, dove lavora come giornalista. Jean, dopo aver seguito Hanson a Berlino per motivi di studio, ora insegna in una prestigiosa università americana. Le loro vite sembrano destinate a separarsi per sempre, se non fosse per un evento inaspettato, legato a un misterioso oggetto, che li costringerà a ritrovarsi e a fare i conti con i fantasmi del passato. La trama di questa ff tiene scrupolosamente conto di quanto raccontato nella serie e nel film "Nadia e il segreto di Fuzzy". Tuttavia, essendo ambientata cinque anni dopo la fine della serie, ho creduto necessario pensare e proporre un'evoluzione del carattere dei personaggi. Dunque non stupitevi se incontrerete personaggi apparentemente fuori carattere, o un'ambientazione che si mostra a tratti lontana da quella a cui ci aveva abituato la serie: è proprio ciò che ho voluto fare, cioè immaginare come Nadia e gli altri sarebbero stati una volta "diventati grandi". Da questo punto di vista, i personaggi sono divenuti necessariamente oggetto di una "riscrittura", visto che la storia li presenta più vecchi di ben cinque anni; tuttavia, ho cercato di modellare quelli che sono i nuovi tratti del loro carattere basandoli sui tratti originali, in modo da presentare una loro possibile vita futura che risultasse però coerente con quanto era stato raccontato nell'anime. Per chi non volesse registrarsi sul sito ma intendesse comunque dire la sua: nadia.ilmisterodellapietrazzurra@yahoo.it Ciao!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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9










«Nadia?»

Lisa strabuzzò gli occhi, quindi passò a sfregarseli vigorosamente con la mano. Indossava una vestaglia da notte rosa, che la faceva sembrare un grosso confetto alla fragola.

«Ma che ore sono? – chiese, sbadigliando».

«Non lo so. Tardi, suppongo» fece Nadia con un sorriso imbarazzato. «Posso entrare?»

Lisa si fece da parte, tenendo gli occhi chiusi e la testa china. Sembrava quasi stesse dormendo in piedi. «Accomodati» farfugliò.

Nadia entrò, guardandosi intorno. Un delicato profumo di lavanda la investì non appena mise piede oltre la soglia. Lisa amava la lavanda. La metteva ovunque, in casa sua.

Nadia si voltò a guardare l’amica, sorridendole debolmente. Lei le si fece incontro scalza, con il passo ondeggiante tipico di chi ha troppo sonno o è ubriaco.

«Cosa succede?» le domandò stiracchiandosi.

«Possiamo parlare?»

Lisa aprì gli occhi, scrutando l’amica. «Certo. Chi credi che ci sia qui, oltre a me? Il barone di Gloucester?»

Nadia ridacchiò, abbassando gli occhi e stringendo le labbra. Lisa soffriva molto della sua mancanza di una vita affettiva soddisfacente, e lei lo sapeva. Ma trovava divertente il suo modo di ironizzare sulla faccenda.

«Vieni, preparo del tè».

Si accomodarono nella cucina. Per quanto non navigasse nell’oro, Lisa poteva comunque contare su un aiuto mensile da parte della sua famiglia, che le permetteva di mantenere un piccolo bilocale vicino a Fleet Street. Tra le comodità che quella soluzione poteva vantare, oltre alla vicinanza al posto di lavoro, vi era anche un piccolo angolo cottura, in cui Lisa poteva sperimentare a piacimento la sua passione per la cucina. Nadia la invidiava per questo – benevolmente, certo. Lei aveva rinunciato a magiare a casa dopo che il suo piccolo fornelletto a gas era esploso tre anni prima, rischiando di mandare a fuoco l’intero stabile. Da allora mangiava sempre con John in qualche ristorante, quando non riusciva a rimediare con delle schifezze trovate in sala ristoro alla redazione. Anche perché, a dirla tutta, era sempre stata una pessima cuoca.

Lisa mise a bollire l’acqua per il tè e dopo poco un gradevole aroma si sparse per l’intera casa. Nadia aspirò quella fragranza conosciuta, che le ricordava il lavoro amato e la vita di redazione. Quindi sorrise, prendendo tra le mani la tazza fumante che l’amica le porgeva.

Mentre sorseggiava il tè bollente, Nadia lasciò che il suo sguardo vagasse per la stanza. La casa di Lisa era minuscola, ma decisamente accogliente: un divano, coperto da un lenzuolo di cotone dalla fantasia floreale, campeggiava in mezzo al salotto, davanti a un tavolino da tè, molto alla buona. Alcuni scaffali, con sopra libri accuratamente affiancati, riempivano le pareti, insieme a qualche quadro dai colori vivaci. Non c’era molto altro da aggiungere, ma quella grazia semplice e modesta con cui la casa era arredata, in realtà non facevano altro che riflettere come uno specchio l’anima di chi vi abitava.

Lisa prese posto di fronte a lei, sedendosi e piegando una gamba sotto di sé. Quindi prese a sorbire il tè a piccoli sorsi, fissando Nadia di sottecchi.

«Dunque?» disse. «Di cosa volevi parlarmi?»

Nadia posò la tazza ed estrasse dalla borsa il diario di Kurtag, che Lisa prese tra le mani, curiosa.

«E questo dove l’hai preso?»

«È di Kurtag. Deve avermelo dato lui».

«Deve?» fece Lisa, sfogliando distrattamente il libriccino.

«Lisa, ora ricordo cos'è successo, tutto quanto!» soggiunse Nadia, sporgendosi verso di lei. «La sera da Kurtag, il suo assassinio... ogni cosa».

Lisa annuì. «Bene. È qualcosa da cui possiamo partire».

Nadia raccontò a Lisa tutto quello che ricordava di quella terribile sera. Lei la ascoltò in silenzio, senza neppure bere il suo tè. Non appena Nadia ebbe finito di parlare, scosse la testa.

«È spaventoso. Devi aver vissuto momenti davvero terribili» Nadia abbassò gli occhi. «Mi spiace, Naddy» le fece Lisa, tendendole una mano. «So quanto tu gli volessi bene».

«Grazie» fece lei, timidamente. «Sei molto cara».

«Ma di cosa si tratta esattamente?» chiese Lisa, indicando il diario. Nadia estrasse la pietra dalla borsetta, porgendola all’amica, che la fissò meravigliata.

«Si tratta di questa».

Mentre Lisa si rigirava la pietra tra le mani, Nadia prese a raccontare.

«Kurtag ha studiato questa pietra per mesi. Il diario non dice esattamente dove l’abbia trovata, ma sta a sentire: secondo quanto è scritto, si tratta di una pietra antichissima, che probabilmente risale a qualche mitica civiltà».

«E allora?»

Nadia sospirò. Era lì per cercare l’aiuto di Lisa. Non era il momento per avere dei dubbi: doveva raccontarle tutto.

«Nel diario, Andrés scrive che la pietra mostra tracce di un’energia nascosta, un’energia talmente potente da poter distruggere qualsiasi cosa nel raggio di miglia. Capisci? Ecco perché è stato ucciso: per questa».

Nadia picchiettò con l’indice sulla pietra. Lisa sporse in fuori il labbro, poco convinta.

«E tu sostieni che lui ti avrebbe dato queste cose...»

«L’altra sera, esatto».

«Ma non ricordi come?»

Nadia scosse la testa. «Purtroppo no. Deve avermele...»

Il vassoio. Ma certo!

«È stato quando mi ha chiesto di portare il vassoio in cucina!»

Lisa sbarrò gli occhi. «Scusa?»

«A un certo punto, Andrés mi ha spedito in cucina e io mi sono trattenuta a mettere a posto alcune cose. Dev’essere stato allora che mi ha infilato queste cose in borsa».

«Ma secondo te perché lo avrebbe fatto?» Le chiese Lisa, alzando le spalle. Continuava a dubitare che quella strada potesse servire a scagionare la sua amica dall’accusa di omicidio. «Voglio dire: non avrebbe potuto darle a qualcuno più in alto di te? Qualcuno capace di proteggerlo e...»

Nadia sospirò. «L’ho pensato anch’io. Non capisco perché Kurtag abbia voluto affidarmi queste cose. È chiaro» disse, scuotendo il libriccino «che qui ci sono mesi e mesi di ricerche, le ricerche più importanti della sua vita, stando a quanto scrive lui stesso. Perché affidarlo proprio a me?»

«Forse eri l’unica di cui si fidava» fece Lisa con un sorriso.

Nadia ricambiò. «Allora devo fare di tutto per non tradire la sua fiducia, non credi?»

La ragazza annuì. Si portò la pietra vicino agli occhi e la scrutò tra le palpebre socchiuse, ancora impastate dal sonno.

«Sembra quasi che ci siano dei segni, sotto...»

Nadia le prese la pietra dalle mani. Lisa restò a guardarla incuriosita, mentre lei la stringeva al petto, gli occhi chiusi come se stesse recitando una preghiera. Improvvisamente, la pietra prese a brillare, sotto il suo sguardo incredulo e stupefatto.

«Naddy, ma cosa...»

«Ecco, guarda».

Le porse la pietra, ora completamente trasparente e luminosa. Un turbinio di segni si agitava sotto la superficie: una intensa luce azzurra illuminava a giorno la stanza e i volti delle due ragazze. Lisa fissò affascinata la pietra misteriosa, prendendola tra le mani e stringendola come se si trattasse di qualcosa di estremamente delicato e sacro.

«È fantastico. A dir poco... incredibile!»

Nadia annuì, gravemente. «E io credo di sapere di cosa si tratta».

«Cosa intendi dire?» le chiese Lisa, preoccupata. Nadia la fissò per qualche istante e fu come se tra loro si fosse alzato un invalicabile muro di diffidenza. Non riusciva a trovare il coraggio per raccontare a Lisa tutta la verità sul suo passato, un passato sconvolgente, che forse le avrebbe allontanate per sempre.

Lisa si rese conto che l’amica le stava nascondendo qualcosa, qualcosa di troppo grande e difficile da sopportare. Le strinse la mano e le sorrise, gli occhi che scintillavano nella penombra della cucina illuminata dalla debole luce di una lampada a gas e dal baluginio azzurrognolo della pietra.

«Nadia, tu lo sai che puoi dirmi tutto. Non c’è nulla che io non possa ascoltare. O sopportare» aggiunse, avvertendo come una sorta di presagio.

Nadia non si mosse. «Forse perché non hai idea di quello che sto per dirti».

Lisa reclinò la testa di lato, assumendo un’espressione preoccupata. «Cosa potrebbe mai essere di tanto terribile? Nadia, tu sei mia amica e...»

«Allora ricordatene, quando avrò finito di raccontarti tutto».

Lisa scosse il capo, incredula. Nadia la guardò ancora una volta, gli occhi inespressivi e lucidi. Quindi sospirò e cominciò a raccontare.

«Non c’è un modo semplice per dirlo, quindi andrò subito al sodo. Ho sempre raccontato che sono cresciuta orfana in un circo, ed è questo quello che sai...» Lisa annuì, in attesa. «Non è vero» riprese Nadia «non del tutto, cioè. Io provengo da un’antica e sperduta regione dell’Africa Sahariana. La mia città natale si chiamava Tartesso, una città antichissima e nobile, che sorgeva nascosta sull'altopiano dell'Ahaggar, al confine tra l'Algeria e il Niger. Mio padre e mia madre erano a capo della città. Io ero la loro secondogenita, la principessa di Tartesso, erede al trono per diritto di successione».

Nadia fece una piccola pausa. Non alzò gli occhi, per la paura di leggere sul volto dell'amica quello che più temeva. Parlava fissando la superficie liscia del tavolo, le mani intrecciate.

«Quando ero molto piccola, la mia città venne distrutta a causa di una guerra scoppiata tra un gruppo di ribelli e le forze governative. Mio padre si salvò, ma credette che tutti i membri della famiglia reale, me compresa, fossero morti. Mio fratello allora era solo un ragazzo: ma aveva appoggiato i ribelli, diventando un loro strumento, ed era morto negli scontri. Per mio padre fu un duro colpo. Da allora, partì alla caccia disperata del responsabile di quella guerra, un uomo spregevole, colui che era stato il suo primo ministro e che aveva tradito la sua fiducia, rivoltandogli contro persino suo figlio: quell’uomo si chiamava Nemesis Ra Algol ma si faceva chiamare Gargoyle».

«Gargoyle... quel Gargoyle? Quel pazzo che aveva messo in piedi una setta razzista e che aveva minacciato di distruggere mezza Europa, sei anni fa?» fece Lisa, ancora incredula davanti alle parole dell’amica.

Nadia chiuse gli occhi. «Quando la guerra finì, di Tartesso non restò più che un cumulo di macerie. Io avevo poco più di un anno, allora. Venni salvata per grazia di mio fratello, che mi affidò a qualcuno perché mi portasse oltre le mura della città, prima che si scatenasse l’inferno. Lui sapeva quale sarebbe stato il mio destino, se fossi rimasta a Tartesso: e mosso a compassione per me, decise di salvarmi. Venni trovata dal padrone di un circo ambulante, come sai. Da allora non rividi mai più l’Africa e non seppi mai nulla del mio passato finché non rincontrai Gargoyle. Era sulle tracce di un oggetto particolare, un gioiello che mi era stato lasciato in eredità da mia madre quale legittima erede al trono. Era un ciondolo, una pietra azzurra...»

Lisa abbassò gli occhi sulla pietra splendente che aveva davanti, quindi li sollevò lentamente, riportandoli sul volto di Nadia. «Azzurra, dici?»

«Esatto. Proprio come la pietra che hai davanti agli occhi. L'aspetto è diverso, questa sembra meno luminosa rispetto alla mia: è più simile a un sasso, finché non la si attiva. Ecco perché non l'ho subito collegata a quella che avevo».

«Ma cosa voleva Gargoyle da te? Perché quella pietra era così importante?»

«Per la stessa ragione per cui questa è così importante. Essa non è una pietra qualsiasi. Aveva ragione Andrés a ritenere che la pietra racchiudesse un’energia insolita. Essa ha al suo interno un potere nascosto assolutamente terrificante, capace di distruggere qualsiasi cosa. Gargoyle cercava la pietra per questo motivo. Per usarla contro l’umanità e piegarla così al suo dominio. Io ero rimasta l’unica a poter usare la pietra, perciò... aveva bisogno di me come di essa».

Lisa rabbrividì, allontanandosi leggermente. «Io...»

«Hai paura?» fece Nadia, sorridendo dolcemente. «Ne avresti tutte le ragioni. Io ho portato quella pietra per anni e ho visto di cosa era capace. Era grande solo un terzo di questa, e da sola poteva distruggere un’intera città. Posso solo immaginare di cosa sia capace una pietra di queste dimensioni».

«Nadia, ascoltami» Lisa si tese verso l’amica, stringendole entrambe le mani tra le sue. «Solo perché un uomo come Gargoyle ti ha dato la caccia allora, non vuol dire che anche stavolta debba andare così, no?»

«Gargoyle è morto» rispose Nadia, inespressiva. «È morto tentando di portare a compimento il suo piano assurdo. La sua setta, la società di Neo Atlantide, si è sciolta nel momento in cui lui è stato ucciso e di essa non resta più nulla. O almeno così credevo. Invece, qualcuno sta cercando nuovamente di recuperare questa pietra ed è disposto ad uccidere per essa, esattamente come Gargoyle».

«Ero solo una ragazzina allora,» notò Lisa «ma ricordo che quando Gargoyle scomparve e si scoprì dell'esistenza della sua setta, saltarono fuori un mucchio di scandali al riguardo. Circolarono pettegolezzi sul fatto che uomini politici di diversi stati fossero coinvolti nel suo assurdo progetto: sembrò che persino il barone Von Stockmar, il consigliere segreto della regina Vittoria, avesse finanziato Neo Atlantide prima di morire».

«Proprio così» aggiunse Nadia. «E credo che qualcuno appartenente a quella società sia ancora vivo, e agisca, ora come allora, con lo stesso intento criminoso: trovare la pietra e usarla per sfruttarne il potere segreto a proprio vantaggio».

«Ma come fai a essere sicura che questa pietra sia come quella che avevi tu?» domandò Lisa, rigirandosi la pietra tra le mani. «Potrebbe davvero trattarsi di qualcosa di diverso, o che so...»

«Lo so perché me lo sento» fece lei, triste. «C'è una specie di legame fisico, tra me e questa pietra, proprio come accadeva con l'altra. Sento la sua energia scorrermi nelle vene, ogni volta che la stringo: è come se il mio corpo vibrasse insieme ad essa. Ma non è solo per questo. Vedi quei segni?» le fece Nadia, indicandole le figure che risplendevano sotto la superficie. «Sono una particolare forma di scrittura definita Rongo-rongo. È tutto scritto nel diario del professore. Andrés era riuscito a decifrarla».

«Cos'è la scrittura Rongo-rongo?»

«Non lo so con esattezza, ma stando a quanto è scritto qui» disse Nadia, agitandole il libriccino davanti agli occhi «è una scrittura che sembra possedere tratti comuni a diverse antiche civiltà del Pacifico. La teoria del professore era che in un tempo remoto, nell’Oceano Pacifico si fosse sviluppata una civiltà molto progredita, che aveva portato la scienza e il progresso a tutte le civiltà che la circondavano, colonizzandole. Poi, a causa di un qualche cataclisma o di una devastazione, questa civiltà decadde, e i suoi sopravvissuti si spostarono, portando con loro le proprie conoscenze e tradizioni nei luoghi in cui andarono ad abitare. Alcuni di essi si spinsero fino all’Egitto: furono loro a creare le piramidi e a fondare anche la mia città, Tartesso. Altri si stabilirono ad Harappa, in Pakistan, dove il professore aveva trovato alcune tavolette recanti i medesimi segni... Altri, infine, abitarono le isole del Pacifico, tra cui l’isola di Pasqua. È tutto scritto nei libri di Andrés. Sono le cose a cui ha dedicato un’intera vita».

Nadia fece una pausa, e si passò un ciuffo ribelle di capelli dietro l’orecchio. Lisa cercava nel libro la conferma a quanto stava raccontando, ed annuiva quando credeva di averla trovata.

«Quando vennero cacciati dall'isola di Pasqua, fuggirono nuovamente, spingendosi fino all’America meridionale. Il professore cita diverse leggende Maya a proposito di uomini venuti dal mare che possedevano conoscenze incredibili, e che loro presero a venerare come dei».

«E tutto questo... cosa c’entra con la pietra?» domandò nuovamente Lisa.

«Non capisci? Tutte queste civiltà hanno in comune la stessa scrittura, le stesse leggende che parlano di un popolo proveniente da lontano che portò la civilizzazione. I segni incisi sulla pietra appartengono all’alfabeto Rongo-rongo... Quindi questa pietra appartiene alla stessa civiltà che ha colonizzato mezzo Pacifico, senza contare il bacino dell’Indo e l’Africa a nord del Sahara: la civiltà a cui io appartengo. Il professore scrive che i simboli sulla pietra narrano l'origine di quel popolo: secondo quanto riportato sul suo diario, la pietra narra di una popolazione che Andrés fa coincidere con quelli che gli Inca chiamavano Viracochas... o qualcosa di simile. Secondo le loro leggende, erano un popolo venuto dall'Oceano, che si stabilì vicino al lago Titicaca, dove fondarono una mitica città. Erano esperti nelle scienze e nelle arti magiche, ma sparirono misteriosamente. Andrés non è riuscito a tradurre il testo completamente, perché i simboli che ci sono pervenuti dell’alfabeto Rongo-rongo sono limitati a poche decine e la pietra presenta, tra gli altri, alcuni ideogrammi sconosciuti. Ma io... io riesco a leggerla. Posso tradurla, non chiedermi come. È qualcosa che è scritto dentro di me, e che sento del tutto naturale».

«Tu sei in grado di leggere questi segni assurdi?» fece Lisa, incredula. E spostò gli occhi sulla pietra. «E cosa dicono?»

«Narrano la storia della pietra. È un testo sacro, come aveva capito anche Andrés, solo che è molto di più di questo. È la storia stessa dell'universo, che è inscritta in questa pietra; qualcosa di antico milioni di anni. Fa riferimento a una "eredità di stelle"... ma il racconto non è compiuto. Mancano delle parti».

Lisa trattenne il fiato. «Quindi... ce ne sono altre?»

Nadia annuì vigorosamente. «È molto probabile, sì».

Lisa posò cautamente la pietra. «Mio Dio. Ma se quello che dici è vero... se una pietra come questa può causare tutto quel male...»

«Cosa potrebbero fare molte di esse?» concluse Nadia al suo posto. «Vedo che hai capito».

«Ma come mai la tua gente ha avuto accesso a un potere simile? Voglio dire, sembra quasi il potere di Dio!»

Nadia arrossì. Abbassò gli occhi, incapace di sostenere lo sguardo sincero della ragazza. «Questo... è qualcosa che non posso ancora dirti. Ti prego di perdonarmi».

Lisa fissò l’amica, che ora la guardava quasi sprezzante, come a sfidarla a mantenere la sua promessa e a non abbandonarla, nonostante tutto. Era sconcertata da quello che Nadia le aveva appena raccontato, un segreto talmente inaspettato che non sapeva davvero come reagire.

«Ti chiedo scusa» disse Nadia, sommessamente «Io... non ti ho detto la verità sul mio conto. Ma se non l’ho fatto, è perché dopo la morte di Gargoyle e di mio padre, ho provato a lasciarmi tutto il passato alle spalle. Credevo di esserci riuscita, ma evidentemente... mi sbagliavo».

Lisa vide una lacrima caderle sulle mani intrecciate e si intenerì.

«Posso chiederti com’è morto tuo padre?»

«Si è sacrificato per salvarmi» disse Nadia. E un sorriso dolcissimo le si allargò sul volto. «Per salvare me e tutti quelli che erano con me. Stavo scappando da Gargoyle, quando incontrai casualmente mio padre. Né io né lui sapevamo nulla l’uno dell’altra. Non lo avevo mai conosciuto, non sapevo chi fosse, né che fosse ancora vivo. Di quell’uomo, sapevo solamente che lottava contro il mio nemico, l’uomo che mi voleva catturare. Che era mio padre, lo scoprii solo alla fine, quando era troppo tardi per qualsiasi scusa o tentativo di...» Nadia si asciugò le lacrime, tirando su con il naso. «Vedendo che lottavamo per la stessa causa, mi unii a lui e alle persone che lo seguivano nella guerra contro quel mostro. Dopo l’ultima battaglia contro Gargoyle, mio padre si sacrificò, per permettere a me e a tutte le persone che insieme a noi avevano combattuto, di salvarsi. Con la sua morte permise la nostra fuga. Fui salva, ma lo persi di nuovo... lo avevo appena ritrovato...»

Nadia lasciò che le lacrime scorressero liberamente. Lisa le teneva sempre le mani e ascoltava in silenzio.

«Le persone che erano con te...» azzardò «...ti riferisci a Jean, non è così?»

Lei tirò su con il naso, annuendo debolmente. Sollevò il volto a guardare l'amica, gli occhi velati dalle lacrime. Non appena incrociò lo sguardo di Lisa, Nadia non riuscì a trattenersi e sebbene si stesse sforzando di sorridere, le labbra le si serrarono, e scoppiò a piangere. Lisa accostò una mano al suo volto e lei chiuse gli occhi.

«Sì» disse, tra i singhiozzi. «Lui... sai, quando ci conoscemmo eravamo solo due ragazzini, ma Jean mi aiutò da subito. Lasciò tutto per me, sebbene non mi avesse mai visto prima. E mi ha salvata tante di quelle volte che...»

Scosse il capo e sorrise. Un sorriso dolce, ma che velava una tristezza inconsolabile.

«Vi volevate bene?»

«Lo amavo. Più... più di ogni cosa. Lui...» la guardò, sorridendo. E una lacrima solitaria le scorse lungo la guancia. «Era Jean» disse, come se questo chiarisse ogni cosa.

Lisa sorrise, comprensiva.

«Come mai, allora, vi siete lasciati?»

Nadia strinse le labbra, sollevando la testa. «Fu per la lontananza, credo. Ho dimenticato perché mi ero innamorata di lui».

Lisa annuì. Tornò col pensiero alla pietra e il suo volto si incupì.

«Hai già parlato di tutto questo con John?» le chiese.

«No, e come avrei potuto?» fece lei, scuotendo energicamente la testa. «L’ho già trascinato suo malgrado in questa faccenda orribile, non ci penso neanche a coinvolgerlo ulteriormente».

«Cosa pensi di fare, ora?»

Nadia sospirò, drizzandosi a sedere. «Non lo so. Ma penso che la cosa migliore sia cercare di capire cos’è questa pietra, se veramente essa sia quello che penso o no; e per farlo, dovrò cercare di scoprire come Kurtag ne è entrato in possesso. Dovrò sentire da chi ha lavorato con lui. Credo già di sapere come muovermi, in tal senso. C'è un mio amico, che lavorava con Andrés. Si chiama Hanson Garrett. Era con lui, durante l'ultimo viaggio. Forse sa qualcosa».

«Frena, Naddy» le fece Lisa. «Per il momento, è meglio se ti fermi qui a dormire. Domattina ne parleremo anche con Michael e vedremo di riuscire a scoprire qualcosa. Dovremo innanzi tutto vedere se c’è qualcosa dietro alle ricerche che Kurtag stava compiendo: se qualcuno l’ha ammazzato e lui ti ha affidato la pietra perché tu la difendessi, vuol dire che c’è qualcosa sotto di molto più grande di quanto non pensiamo. Ma ora,» aggiunse, dando un leggero buffetto a Nadia «è meglio se ti riposi. Un buon sonno ti farà bene».

«Ti ringrazio, ma non vorrei...»

«Non cominciare, Nadia» fece Lisa perentoria, mentre tirava già fuori da un vecchio armadio a muro delle lenzuola e una coperta in più, che poi gli posò tra le braccia. «Da qui non te ne vai. Sei più sicura in questo posto che in qualsiasi altro».

Nadia arrossì, commossa. «Grazie» fu tutto quello che riuscì dire.

«Davvero hai pensato che ciò che avevi da raccontare potesse allontanarmi da te?» le domandò Lisa, abbracciandola. «Tu non mi hai mai abbandonato, Nadia, mai. Nemmeno quando ti sarebbe stato comodo e utile farlo» le disse, fissandola dolcemente negli occhi.

«Ma non ti ho detto tutto» le fece presente lei, quasi vergognandosene. Lisa scrollò le spalle.

«Se non l'hai fatto, avrai il tuo valido motivo. Non mi interessa. Io mi fido di te. Solo, non nascondermi qualcosa con la paura che io non possa comprenderlo. Non può accadere, non tra me e te».

Nadia serrò le labbra, commossa. Eppure, quel suo segreto così inconfessabile non avrebbe mai potuto raccontarlo nemmeno a lei. Solo Jean lo sapeva, e i suoi vecchi amici. Era qualcosa che credeva di aver sepolto insieme a loro in una vita passata, ma che ora stava risorgendo a terrorizzarla.

«Sei gentile» disse, glissando su quanto le stava nascondendo. «Non so come farei, senza di te».

Lisa sorrise. «È questo che fanno gli amici, no? Si aiutano. Tu sei mia amica, Nadia, la più grande. E tutto quello che posso fare per aiutarti, ebbene: io ti giuro che lo farò. E adesso, fila a dormire».

  
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