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Autore: Princess Kurenai    18/11/2009    1 recensioni
[Inghilterra/Giappone/America] Stavano seduti sul portico che dava al giardino e osservavano quasi incantati quel fenomeno per loro innaturale. Era Agosto inoltrato e lì, in Giappone, pioveva da ormai ore - da leggera pioggerellina si era passati ad un vero e proprio acquazzone, con tanto di fulmini.
" Da me in Agosto non piove.", commentò secco Inghilterra, dopo che il cielo grigio venne sinistramente illuminato da un lampo, seguito qualche secondo dopo da un rumoroso tuono.
" Piove e c'è sempre la nebbia a casa tua.", ribatté America, coricandosi sul portico per posare la testa sulle gambe di Giappone, ignorando completamente lo yukata che indossava che finì per alzarsi quasi del tutto lasciando le gambe scoperte. Kiku, in risposta, balbettò qualcosa arrossendo leggermente: non solo per la pelle messa a nudo ma anche per la posizione per lui compromettente.
" È sempre grigio a Londra. Come il tuo carattere. Da me ad Agosto c'è il sole e dal caldo quasi si soffoca. Meno male che ho aperto tanti McDonald: lì si sta veramente bene.", continuò ridendo.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Giappone/Kiku Honda, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Temporale d’Agosto

Fandom: Axis Power Hetalia

Personaggi/Pairing: Inghilterra (Arthur Kirkland), Giappone (Kiku Honda), America (Alfred F. Jones)

Prompt: Temporale d’Agosto

Rating: Verde

Conteggio Parole: 1085 (Word)

Avvertimenti: Shonen-ai, OneShot

Note: Scritta per la mia cartella della Criticombola su Criticoni.

 

 

{ Temporale d’Agosto ~

 

Stavano seduti sul portico che dava al giardino e osservavano quasi incantati quel fenomeno per loro innaturale. Era Agosto inoltrato e lì, in Giappone, pioveva da ormai ore - da leggera pioggerellina si era passati ad un vero e proprio acquazzone, con tanto di fulmini.

" Da me in Agosto non piove.", commentò secco Inghilterra, dopo che il cielo grigio venne sinistramente illuminato da un lampo, seguito qualche secondo dopo da un rumoroso tuono.

" Piove e c'è sempre la nebbia a casa tua.", ribatté America, coricandosi sul portico per posare la testa sulle gambe di Giappone, ignorando completamente lo yukata che indossava che finì per alzarsi quasi del tutto lasciando le gambe scoperte. Kiku, in risposta, balbettò qualcosa arrossendo leggermente: non solo per la pelle messa a nudo ma anche per la posizione per lui compromettente.

" È sempre grigio a Londra. Come il tuo carattere. Da me ad Agosto c'è il sole e dal caldo quasi si soffoca. Meno male che ho aperto tanti McDonald: lì si sta veramente bene.", continuò ridendo.

Arthur grugnì, non apprezzando né l'insulto dell'altra Nazione, né il suo vantarsi da tipico americano e né tantomeno la posizione che aveva assunto sul giapponese, troppo buono e gentile per mandarlo a quel paese dal quale proveniva.

Nel mentre, a rompere quel breve silenzio che si era creato, un altro lampo illuminò i tre, seguito all'istante da un tuono che fece tremare i vetri dell'abitazione data l'intensità.

" Sta arrivando un temporale...", commentò Kiku con voce bassa.

" Bene, America fila dentro.", ordinò imperioso Inghilterra.

" Non sono più tuo fratello.", si lamentò subito Alfred. " E non ho più paura dei temporali. Sono un eroe e devo proteggere Kiku.", continuò, muovendosi per allacciare le braccia attorno alla vita di Giappone che, preso alla provvista, sussultò avvampando e balbettando qualcosa di incomprensibile, il tutto mentre l'americano strusciava, lascivo e affettuoso, il viso sul suo ventre come era ormai solito fare.

" A-america-san..."

" La vuoi piantare?! Lo stai mettendo a disagio, damned America!", lo rimproverò l’inglese, senza riuscire a nascondere un chiaro moto di gelosia nella voce.

Aveva finalmente trovato un posto dove stare in pace e in buona compagnia, perché con Kiku si trovava veramente bene ormai, era dolce e gentile, un buon ascoltatore e, quando voleva, anche ottimo oratore di leggende e storie del passato. Adorava passare qualche giorno con il giapponese, rilassandosi e abbandonando per qualche tempo l'occidente ma, tanto per cambiare, quell'ameba di Alfred rovinava tutto.

Era un buono a nulla, in grado solo di rovinare ogni cosa che rendeva Arthur felice.

" N-non ti p-preoccupare, Igirisu-san...", mormorò Giappone anche se era chiaramente a disagio. Non era ancora abituato - e forse non ci sarebbe mai riuscito - ai modi affettuosi delle altre Nazioni. E nonostante tutto il tempo passato con Italia, che elargiva baci e abbracci come caramelle, ancora continuava a vergognarsi quando veniva stretto tra le braccia di qualcuno.

" Kiku è mio~", continuò infantilmente l'americano.

" Ancora con questa storia?", esclamò esasperato Inghilterra. " L'avevamo detto perché eri stressante."

" Sono io che l'ho aiutato dopo la Seconda Guerra Mondiale."

" Sei tu che l'hai distrutto, idiota!"

" Mmh...", pensieroso America, allentò leggermente la presa, salvo poi sussultare quando un fulmine squarciò violentemente il cielo seguito poi da un potente rombo che, per un attimo, lo assordò.

Decisamente, per quanto desiderasse stare con Giappone - amava quel ragazzino timido e impacciato che nascondeva dietro il rossore forza e onore, era un tipo speciale e ogni volta che lo vedeva aveva sempre voglia di abbracciarlo, anche se sapeva di metterlo alquanto a disagio -, per lui quelli erano temporali fuori stagione e proprio non gli piacevano. Sinceramente, non gli sarebbero piaciuti neanche se erano d'inverno e non ad Agosto, ma se si potevano evitare era sempre meglio.

Quindi, per quella volta - ma solo quella! -, avrebbe lasciato campo libero a Inghilterra con Kiku ma la prossima - non nella stagione delle piogge possibilmente - sarebbe stato solo suo e non l'avrebbe lasciato per nulla al mondo. Né a quel musone di Arthur né a nessun altro: perché Giappone era suo.

Quindi, sciogliendo l'abbraccio, tentò di assumere una parvenza seria che fece ovviamente intuire il suo disagio a entrambe le Nazioni.

" Mi piacerebbe stare qui, ma io al contrario di qualcun'altro lavoro e non poltrisco in casa l'altri.", insinuò, alzandosi e sistemandosi lo yukata.

" Sicuro di non voler rimanere, America-san?", chiese Giappone cordialmente. " Non è di alcun disturbo."

" Grazie Kiku.", sorrise ampio e, aggiungendo un: " Ma il mondo ha bisogno di un eroe.", si congedò senza salutare l'inglese, donando però al giapponese un furbo e veloce bacio sulle labbra.

" Bastardo! Io ti ammazzò!", esclamò all'istante Arthur, scattando in piedi per uccidere, come appena promesso, l'americano che, conscio del pericolo e del temporale sempre più vicino, se l'era data a gambe.

" Lo uccido. Lo lego dentro la Casa Bianca e gli do di nuovo fuoco.", ringhiò minaccioso Inghilterra. Non lo sopportava proprio e crescendo aveva perso i pochi neuroni che possedeva quando era un bambino: avrebbe fatto meglio a lasciarlo a Francia, almeno non avrebbe avuto tutti quei problemi.

" Calmati... n-non... è stato n-niente...", balbettò Kiku, tenendo il capo basso per nascondersi dietro la lunga frangia, riuscendo miracolosamente nell'impresa di calmare Arthur che, subito, tentò di fargli sollevare il viso.

" Tutto bene?", domandò preoccupato, carezzandogli la guancia rossa. La sola idea che quell'idiota avesse sfiorato con le sue luride labbra da mangiatore di hamburger, quelle del suo dolce Giappone lo faceva ribollire di rabbia, ma sapeva benissimo quanto questo non amasse più la violenza: ne aveva subita troppa per tollerarne altra.

" H-hai..."

" Scusa.", mormorò poco dopo, inginocchiandosi davanti al giovane. Kiku lo guardò interrogativo, stupito da quella parola che, secondo lui, non doveva essere pronunciata dall'inglese. Era lui infondo che, impacciato com’era con i contatti umani, non riusciva a muoversi quando Alfred lo abbracciava.

" Non dovevo permettere che ti toccasse. E ti prometto che non lo farà mai più.", avrebbe preservato e protetto quel suo piccolo angolo di paradiso con le unghie e con i denti se necessario. Perché solo lui poteva toccare Kiku e baciarlo.

E mentre Giappone sorrideva, luminoso e grato per quell'affermazione - Inghilterra per quanto strano fosse, riusciva sempre a tranquillizzarlo con quel suo incondizionato affetto -, Arthur si piegava leggermente verso lui, sfiorandogli le labbra con le sue dolcemente.

Sì, solo Inghilterra poteva permettersi di toccarlo in quel modo.

 

 

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