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Autore: endif    19/11/2009    14 recensioni
“«Edward…» non mi accorgo neppure di avere sussurrato il suo nome, ma forse l’ho fatto perché lo vedo girarsi verso di me come a rallentatore. Il tempo si cristallizza qui, in questa stanza, in questo momento, restando sospeso a mezz’aria.
Sgrano gli occhi a dismisura quando capisco chi è tra le sue braccia.
No. Non può essere.”
Piccolo spoiler per questa nuova fic, il seguito di My New Moon. Ci saranno tante sorprese, nuove situazioni da affrontare per i nostri protagonisti. Un E/B passionale e coinvolgente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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CAP.17

ALICE

Allora che ne pensi? Sei d’accordo? Sarebbe perfetto, no?

Edward …

Ehi, ma mi ascolti?!
Mio fratello non si muove nemmeno di un millimetro. E’ seduto sullo sgabello del suo pianoforte, ma non è in procinto di suonare. E’ seduto e basta, e dà le spalle alla fila di tasti bianchi e neri nascosti dal frontale abbassato.
Ha le gambe distese, le mani nelle tasche e con i gomiti è appoggiato ad un lato dello strumento.
Il capo è inclinato in avanti, il mento appoggiato in giù sul petto. Non mi guarda, non capisco se ha sentito i miei pensieri oppure è perso nei suoi.
La seconda eventualità mi pare la più credibile.
«Edward …» dico allora.
«Ok» dice secco.
Ok … cosa? Ok, mi senti; ok, credi che la mia idea sia perfetta; ok, sei d’accordo?
«Quello che ti pare, Alice. Tanto non ho nulla da fare. Né ora, né fra una settimana.» I suoi occhi sono puntati sulle sue scarpe.
Odio vederlo in questo stato. E odio non poterci fare nulla.
Scusa, ma non sarebbe più semplice chiamarla e dirle di tornare perché ti senti un rottame senza di lei?
Questa volta sposta gli occhi su di me.
«Alice …» comincia a dire con quel tono infastidito ed esasperato che ben conosco.
Guarda che non c’è nulla di male ad ammetterlo. Io non posso stare lontana da Jasper nemmeno un attimo, figuriamoci un mese! E poi, ma cosa ti preoccupa? Te l’ho detto che sta lavorando ad un prog…
«Smettila» sibila lui «non mi interessa sapere cosa sta facendo al campus» fa una breve pausa «e poi le tue congetture mi fanno male alla testa»
I vampiri non soffrono di mal di testa … penso io di rimando.
Mi scruta ancora, sovrappensiero.
«Eccetto te.» conclude.
Già, eccetto me. Da quando Bella è andata al campus due giorni fa, la mia mente si è come liberata, schiarita. A volte non riuscivo nemmeno a stare  vicino a lei, tanto la testa mi pulsava, una sensazione opprimente come un macigno sulle spalle.
Annuisco con il capo.
Carlisle non è riuscito a spiegarselo questo strano fenomeno, ma crede che è come se la capacità di Bella di tenere Edward escluso dai suoi pensieri si stia estendendo anche alla mia dote.
Invece, Jasper non ha risentito di alcun cambiamento, anzi. Ha detto che è come se sentisse le emozioni di Bella amplificate all’ennesima potenza. Gli arrivano più chiare, più forti di come succede con gli umani, ma meno chiaramente rispetto a quelli della nostra specie.
«Dì un po’, hai ancora tutti quei momenti di buio?» mi chiede un po’ curioso.
«Non proprio. Da quando Bella non è più … in casa» stavo dicendo tra noi, ma mi riprendo dalla battuta di pessimo gusto che mi stava uscendo dalle labbra giusto in tempo.
Edward fa una smorfia con la bocca ed inarca le sopracciglia verso l’alto.
«Alice, hai davvero un umorismo tetro» e sottolinea le parole con lo scuotimento del capo. Ovviamente ha letto nella mia mente.
«Scusa, lo so era fuori luogo.» gli dico mordendomi un lato della bocca.
Lo osservo un po’. E’ davvero giù di morale.
«A volte la vedo, però» gli dico e spero di fargli cosa gradita. Magari alleggerisco un po’ la sua preoccupazione.
Poi continuo: «Stamattina giocherellava con il cuoricino che le hai regalato per il diploma, quello appeso al braccialetto» lo sbircio e vedo che mi guarda con un guizzo negli occhi.
Focalizzo l’immagine di Bella nella mia mente.
E’ vero. Da quando non è in casa la vedo un po’ meglio. E’ come se fisicamente vicino a lei si creasse un campo di interferenza.
Lancio un’altra occhiata a mio fratello e butto lì:«Penso proprio che le manchi molto»
«Alice, guarda che non l’ho buttata fuori di casa. Se n’è andata di sua spontanea volontà» dice con un tono un po’ duro, infastidito.
«Lo so, lo so» annuisco con il capo e mi avvicino al pianoforte. Cerco di prenderla alla larga.
«Forse aveva solo bisogno di un po’ di tranquillità» sussurro.
Edward alza lo sguardo su di me.
«Non mi pare che qui ci sia tutto questo baccano.» dice sorridendo di scherno.
«La tranquillità che serve a Bella sta qui» e mi indico il capo con un dito «ma anche qui» e poggio lo stesso dito sul petto, all’altezza del cuore.
«Cioè vorresti dire che io sono la sua fonte di stress?» mi chiede dubbioso.
Scuoto lentamente il capo «No, Edward. Non sei tu che la agiti, ma è come se Bella avesse bisogno di … ritrovarsi » aspetto che le mie parole facciano il loro effetto.
«Se ha deciso di stare al campus per un mese, tu non puoi andare in paranoia. Significa che avrà le sue ragioni. E, poi, anche se nemmeno io ne so molto, non mi turberei troppo. E’ studio, Edward. Punto. Lei ha bisogno di dimostrare quanto vale, soprattutto a se stessa»
Mi guarda scettico. E’ evidente che non lo convinco nemmeno un po’.
Stringo gli occhi a due fessure. Mi concentro un attimo per vedere se posso osare nel commento che ho a fior di labbra …
La visione di Edward che si alza ed esce dalla stanza come un lampo, mi chiarisce che il silenzio è la scelta più appropriata in questo momento.
Lo sento ridere sommessamente.
Mi volto verso di lui con lo sguardo interrogativo.
«Si può sapere cosa vorresti dire di tanto grave?» mi chiede con il sorriso ancora sulle labbra.
Serro le labbra con forza, indispettita.
«Proprio non riesci a non ficcare il naso, eh?» continua lui con sguardo eloquente ed un sopracciglio inarcato in su.
Incrocio le braccia ancora più stizzita.
Si raddrizza sullo sgabello ed intreccia le mani distendendo le braccia davanti a sé, in mezzo alle ginocchia, le caviglie incrociate, in attesa.
«Sentiamo … giuro che non me ne andrò» promette solennemente.
Soppeso il suo sguardo con l’incredibile voglia di rompergli il muso: «Secondo me quello che ficca il naso dove non dovrebbe sei tu» sentenzio allora e poi continuo nella mia mente: guarda che non ti stavo spiando, IO. Ma mi chiedevo cosa doveva essere successo per farmi avere una visione di te che demolivi mezza Dartmouth … visione che si è poi dissolta quando Bella è salita su in camera l’altro giorno … e un attimo dopo ti ho visto in macchina con lei diretto proprio al college.
Vedo il suo sguardo indurirsi e la mascella irrigidirsi.
Poi sento il suo profondo sospiro. Abbassa il capo e dice in un sussurro:« E’ vero, ho dato un’occhiata al cellulare di Bella»
«Edward …»
«Alice, per favore non metterti anche tu, mi sento già male abbastanza di mio» aggiunge. Poi riprende: «Quel Jensen le mandava a dire che … non poteva fare a meno di lei e poi, che … sarebbe venuto lui se non si decideva a dirmi che andava al campus. E … diceva che non c’era più molto tempo e dovevano sbrigarsi» chiude un attimo gli occhi e digrigna i denti.
«E ti assicuro che i pensieri di “Rodolfo Valentino” per Bella non sono per nulla solo professionali». Vedo che inspira ed espira lentamente, mentre stringe forte i pugni.
Quando si sente nuovamente padrone di sé, riprende:«Ma lei mi ha detto la verità … credo … quando mi ha riferito della telefonata di Charlie e mi ha informato che si allontanava per un mese per andare al dormitorio.»
Prende fiato e continua:«Cioè, non è stata molto esplicita, ma so che non mi ha mentito almeno. Io non lo so cosa mi sta succedendo. So che Bella ha diritto alla sua vita, che io per primo l’ho spinta a fare le sue esperienze da umana, però …» e la voce gli muore in gola.
«… però sei geloso» concludo io.
Non risponde, ma sempre seduto sullo sgabello poggia i gomiti sulle cosce e unisce i palmi come in preghiera direzionando le punte verso il basso.
Resta in silenzio per un po’, poi dice:«Alice, io la amo come non credevo fosse possibile amare. Ma i sentimenti che provo per lei sono così … complicati.»
«Guarda che non c’è nulla di complicato. Tu sei un vampiro, non un santo» dico io e poi continuo più decisa: «Edward tu non devi perdere di vista le cose essenziali. Noi siamo qui ad Hanover per dare a Bella l’opportunità di sperimentare situazioni che non potrà più ripetere in seguito, non per tenderle una trappola nella speranza, o nel timore, che lei ci cada»
Scuote piano il capo, lo fermo con un gesto della mano.
«Dalle il tempo che ti ha chiesto. Di che ti preoccupi? Pensi che lei non voglia più essere cambiata? Lei è innamorata di te. »
«Alice, sarei un ipocrita se dicessi che faccio i salti di gioia al pensiero di cosa attende Bella, della trasformazione, della sofferenza sia prossima che futura che l’attende. E so che sarò io ad infliggergliela.
Ma lo sarei ancora di più se dicessi che sono felice sapendola lontana da me e che non desidero che stia con me per l’eternità.»
Fa una breve pausa, cerca le parole adatte, poi continua.
«So che è coinvolta in qualcosa al college che la prende molto e … sono felice per lei, per l’impegno che ci mette e per i risultati che sono certo raggiungerà. Ma se sente la necessità di vivere questa esperienza da sola, è più che plausibile che ne possano seguire delle altre, che ne voglia ricercare delle altre, con ... altre persone.» si ferma ancora, prende un respiro e dice:«Alice, io non voglio che un mio desiderio egoistico scelga per lei, io non voglio essere un intralcio nella sua vita» termina concludendo con una smorfia.
Porto una mano sulla fronte e comincio a scuotere il capo.
«Edward, porca miseria! Sei davvero un testone …» comincio a dire incredula.
«Come fai a non capire che adesso più che mai Bella ha bisogno di te? Proprio ora che tu vuoi lasciarle tutta la libertà possibile, proprio ora lei ha bisogno di sentirti vicino, di sentire che hai fiducia in lei, nelle sue capacità. Si allontana, ti allontana, ma la verità è che ha un disperato bisogno di te» cerco di spiegarmi meglio :«Ascolta. Non ti ha mai sfiorato l’idea che Bella potesse sentirsi … “inferiore” a noi?» e mimo con gli indici e i medi in aria le virgolette.
Aggrotta le sopracciglia, mi fissa come se fossi un’aliena.
«Non dire sciocchezze, lei … lei è dolce, è altruista, è luminosa, è … perfetta» dice secco.
«Non ho detto che è inferiore, ho detto che forse lei si sente inferiore …» chiarisco.
Mi guarda cercando di dare un significato alle mie parole.
Abbassa gli occhi. Li rialza su di me.
Poi comincia a scuotere il capo:«Alice tu vaneggi.» ma il suo tono non è più molto convinto.
Gli passo davanti che ancora muove la testa: «Dici?!» gli chiedo con sufficienza.
Chiamala … aggiungo mentalmente.
Mi guarda con gli occhi ridotti a due fessure, le labbra strette.
E non essere troppo duro con te stesso! Dai retta a me, sei molto più umano di quello che credi …
La vista mi si oscura per un attimo.
Quando lo sguardo ritorna di nuovo limpido le labbra mi si piegano in un sorriso ed esco dalla stanza con passo leggero.


BELLA

Joshua tamburella pensieroso con la matita sul piano della scrivania. Lo osservo senza battere ciglio.
Nessuno dei due pronuncia una parola da cinque minuti.
Scribacchia velocemente con la matita su uno dei fogli svolazzanti sparsi in quantità impressionante di fronte a sé ed osserva il suo operato.
Riprende a tamburellare nervoso.
Mi alzo dalla mia sedia e mi avvicino alla grande vetrata. Da qui su è possibile avere la visuale di uno scorcio davvero suggestivo dei viali ricoperti di neve del campus. Appoggio leggermente la fronte contro il vetro del finestrone.
E’ freddo.
Fuori nevica da un bel po’. Fortuna che il dormitorio non è così distante.
La Libreria Rauner a Dartmouth è una delle cinque librerie di cui questo campus immenso è dotato. L’abbiamo eletta a nostra sede di studio, io e Joshua. A farmela scoprire è stato lui, dicendomi che c’era un solo posto in tutta Dartmouth ad essere degno di ospitare un’idea geniale sul nascere.
All’inizio sono diventata rossa come un peperone per il complimento velato nascosto dietro quelle parole.
Poi ho capito che aveva ragione, intendo sul luogo.
La Rauner ha un che di magico. Innanzitutto è tranquilla, ci vengono pochi studenti. Poi, è luminosa, con sei enormi vetrate a semicerchio – tre per lato -che lasciano entrare la luce naturale dall’esterno al piano superiore e che danno sui giardini del campus. Inoltre ha un fascino unico, conservando alcuni dei libri più antichi e preziosi di tutta Dartmouth.
Appena sono entrata, sono rimasta incantata a guardare la prima edizione di Paradise Lost esposta in una vetrina e allora ho capito che questo era il posto giusto per me.
Ho come avuto la sensazione di essere a “casa”. Anche nello studio di Carlisle ci sono moltissimi libri antichi quasi tutte prime edizioni, così come  giù in salone, di fronte al camino.  
Qui, in questa antica biblioteca, mi sento al sicuro.
«Che ne dici di un abbinamento di luci e suoni?» mi chiede Joshua avanzando una ennesima proposta dalla fattibilità non troppo complessa.
Non rispondo subito. Mi prendo un attimo per valutare la cosa.
Cooperare con lui su questo progetto mi ha portata a riconsiderare in una nuova luce le mie idee. Per quanto potessero essere innovative, geniali o come si vogliano definire, l’impatto con la realtà le ha messe a dura prova.
Sono due giorni che io e Joshua non usciamo da qui se non per andare a dormire.
In questo tempo ho assistito impotente allo sgretolarsi di ogni mia certezza e ho realmente capito quanto sia complicato ciò che voglio mettere in pratica. Bisogna tenere in conto tantissime cose: è necessario restare aderenti alle linee guida del progetto e nonostante la discreta autonomia che ci è stata concessa alcune cose non possono essere cambiate.
Innanzitutto il target. E qui c’è stato tutto un lavoro di dietro le quinte fatto con Helèna: indagini di mercato, ricerca dell’utente giusto, studio della spesa sostenibile, previsione di calcolo e di risposta. Ma poi l’abbiamo selezionato: il mio sono i bambini da sei mesi a due anni.
Poi c’è stata l’analisi dell’appropriatezza tecnologica alla psicologia del fruitore, un'altra spina nel fianco che mi ha portato con ogni probabilità a perdere diversi gradi alla vista per tutte le ore spese davanti al monitor del portatile. La psicologia non è propriamente il mio campo ed era necessario motivare e sostenere le mie idee con i fatti, non solo con le parole.
Ultimo fra tutti, ma primo per importanza: il tetto di spesa massimo che ci è stato imposto e che è la cosa che fa impazzire Joshua.
Mentre io sono la mente che lavora pressoché ad un metro da terra, lui è l’ancora che mi riporta alla realtà e che in ogni momento mi ricorda cosa non possiamo fare.
Non possiamo sacrificare la conformità alle norme di sicurezza a beneficio di un’estetica più accattivante. Non possiamo impiegare materiali, colori e forme geometriche che, se da un lato sono gradevoli alla vista, possono essere nocivi o addirittura tossici. Su questo aspetto non ho potuto fare altro che inchinarmi all’esperienza del mio collega. E’ stato un susseguirsi incessante di me che proponevo e lui che bocciava.
In questo momento stiamo facendo un braccio di ferro su qualcosa che io ritengo immodificabile e lui no.
Sospira alla scrivania e dice:«Bella ascolta, ti rendi conto di quanto ci farebbe uscire fuori budget realizzare questa cosa su cui ti ostini a non cedere?» la sua voce è implorante.
Continuo a guardare fuori attraverso la finestra e a pensare.
Se la situazione si fosse evoluta diversamente forse, avrei potuto anche farci su un pensierino. L’alternativa di Joshua non è poi così malvagia e devo ammettere che ha ragione. Risparmieremmo un bel po’ sul nostro già misero budget. Ma ora non sono disposta a capitolare. Non su questo, almeno.
Mi mordo le labbra nervosa.
«Non potremmo chiedere una revisione del tetto massimo di spesa?» chiedo rivolta sempre verso la finestra.
Joshua non risponde, allora mi volto.
Mi guarda con il viso poggiato al palmo aperto di una mano e gli occhiali penzoloni in bocca per una delle due stecche.
Resta in silenzio ancora un po’.
«Bella, ma tu mi vuoi vedere morto?» dice quindi con calma.
Si sfila gli occhiali dalle labbra e li poggia con cura sulla scrivania. Si massaggia gli occhi lentamente e poi rimette gli occhiali.
Posa nuovamente lo sguardo su di me:«Questa cosa è impossibile.» afferma serio.
«Ma no Joshua, pensaci bene. L’hai detto anche tu che l’idea era meravigliosa, che avrebbe fatto scalpore, che …» comincio a parlare avvicinandomi alla scrivania.
Lui alza una mano in aria a fermarmi:«Frena, frena, questo era prima. Quando non c’erano ancora questi.» e batte il dorso della mano sui prospetti relativi alla spesa del prototipo.
«Si, ma se l’idea era buona prima, non è che è diventata mediocre solo perché ci viene a costare di più …» cerco di convincerlo, ma lui scuote il capo.
«Bella, questa è la realtà. E noi dobbiamo attenerci al badget» risponde categorico.
Lo osservo stringendo forte le labbra.
No, non mi lascio scavalcare dal budget.
«Da chi dipende?» domando piano.
«Cosa?» chiede lui perplesso.
«Chi prende la decisione, chi stabilisce il tetto massimo di spesa per ciascun progetto.»
Silenzio.
«Bella …» comincia a dire inclinando il capo di lato e osservandomi eloquentemente.
«Dimmi chi è!» gli dico esasperata.
«Bhè, il consiglio direttivo determina lo stanziamento globale, poi un ricercatore scrive un razionale che verrà approvato in sede di …»
«Joshua, ti ho chiesto un nome, non di snocciolarmi la “Genesi”!» gli dico impaziente.
Serra le labbra, ma poi sospira:«Jensen» ed aggiunge subito:«Ma togliti dalla testa che vado a chiedergli una cosa del genere, perché come minimo mi scuoierebbe vivo»
«Tranquillo, la tua pelle è perfettamente al sicuro.» dico sorniona.
«No, Bella tu non capisci. Se credi che io sia testardo, non ti immagini neppure quanto lo sia lui. E poi,» aggrotta le sopracciglia guardandomi «io sono d’accordo con lui».
«Infatti non andrai tu a parlargli. Ci vado io» e detto ciò comincio a raccogliere i miei appunti.
Lui mi osserva in silenzio:«Sarà inutile, non lo convincerai mai»
«Almeno ci proverò» dico, ficcando tutto il mio materiale nella borsa.
Joshua segue ogni mio movimento con gli occhi, ma resta immobile:«Si arrabbierà. Questo non è un gioco per lui.»
Chiudo la zip con uno scatto secco e poggio con forza la borsa sul tavolo. Alcune teste si voltano. A voce bassa, ma decisa dico:«Nemmeno per me è un gioco. Non puoi nemmeno immaginare quanto.» i suoi occhi si spalancano e chiude la bocca di scatto.
«Ci parlerò domani» e, afferrando borsa e cappotto mi avvio verso le scale.

Sono appena rientrata nel dormitorio, rimuginando ancora sulla discussione avuta con Joshua, che mi ricordo di avere il telefono spento. Lo tengo così quasi tutto il tempo essendo in un posto che lo esige, ma ogni paio d’ore lo accendo di nascosto per vedere se mi ha chiamato qualcuno.
Cioè per vedere se Edward mi ha chiamata.
In due giorni non l’ha fatto nemmeno una volta.
La prima sera in camera con Helèna ho saltellato per tutta la stanza con il cellulare in mano cercando il punto esatto in cui c’era la migliore ricezione. Vicino al mio letto era scarsa,  a quello di Helèna ancora di più, così come pure sulla scrivania.
In fine ho optato per il davanzale della finestra. Ricezione discreta.
Ho ascoltato le chiacchiere della mia amica distrattamente, lanciando ogni cinque minuti lo sguardo alla finestra. Niente.
Ho continuato a guardarlo poggiato in bilico in un angolo mentre ero a letto, sperando di vederlo illuminarsi, nulla. Fino a quando il sonno non mi ha vinta e alle tre del mattino ho chiuso gli occhi.
Pigio il tasto dell’accensione e attendo il ripristinarsi delle funzioni di apertura. Il telefono vibra nelle mie mani e faccio un salto.
E’ un messaggio, ed è la prima volta che me ne arriva uno da quando sono qui.
In piedi in mezzo al corridoio del dormitorio, con la neve ancora poggiata sulle spalle e sul cappello entro nella sezione dei messaggi non letti.
E’ Edward, è lui. Finalmente … mi dico trepidante, mentre le dita si muovono alla velocità della luce.
Apro il messaggio e resto pietrificata.
-Stasera opterei per una bella pizza, che ne dici? Dillo anche a Joshua se gli va- E’ Helèna.
Helèna e basta.
Chiudo la finestra degli sms senza cancellare.
Non mi ha chiamata. Niente, nemmeno un messaggio.
Neanche oggi.
Ficco il cellulare nella tasca laterale della borsa e comincio a salire le scale, trascinando con me il mio morale a pezzi. Giunta davanti alla stanza della mia amica busso. Non sono ancora entrata nell’ottica che per le prossime settimane questa sarà anche la mia stanza e continuo a considerarmi un’ospite.
Helèna viene ad aprire la porta:«Bella! Ma le tue chiavi non funzionano?»
Non le dico nulla, faccio solo spallucce ed entro.
«Giornatina lunga eh?» dice richiudendo la porta dietro di sé.
Poggio la borsa a terra e comincio a sfilarmi la sciarpa ed il cappello.
«Più o meno.» rispondo laconica dandole le spalle e appendendo i miei indumenti.
Helèna mi supera e si getta letteralmente sul suo letto:«Io sono stremata! » dice guardando il soffitto «Anne non mi da tregua, è implacabile.» Anne è la studentessa di ingegneria che collabora con lei al suo progetto.
Continuo a non parlare ed entro in bagno. Non mi va di fare salotto adesso.
La voce della mia amica mi raggiunge anche qui.
«Mmm … nessuna novità?» dice e so cosa intende.
«No.» rispondo secca, sperando che la cosa finisca qui.
Prendo lo spazzolino e comincio a lavarmi i denti a ritmo sostenuto. Helèna si affaccia con la testa inclinata:«Niente, nemmeno un messaggio?»
Mi sciacquo la bocca dal sapone e mentre mi tampono le labbra con un asciugamano le dico:«In effetti, uno»
«Ecco! Te lo dicevo io che l’incazzatura gli passava subito! E che c’era scritto?!» Helèna chiede smaniosa entrando nel già minuscolo bagno.
Mi guardo nello specchio per un attimo, poi abbasso gli occhi e ripongo l’asciugamano al suo posto:«Se mi andava la pizza stasera» e mi giro verso di lei.
«Ah.» mi guarda con le sopracciglia inarcate e subito dopo chiude la bocca. Esce dal bagno mentre io prendo la spazzola dal beauty e comincio a martoriarmi il cuoio capelluto. Credo di essere riuscita a zittirla. Se mi impegno davvero magari riesco anche a diventare calva.
Dopo qualche minuto riecco la sua voce dall’altra stanza.
«Ehm … Bella …?» il suo tono è un po’ strano.
Sospiro e contemporaneamente chiudo gli occhi.
Resto un attimo così, poi, li riapro e rispondo:«Helèna non ho altre novità da riferirti» cerco di non essere troppo dura, ma in realtà sono seccata.
«Credo che il tuo telefono invece ne abbia. Qualcuno ti sta chiamando» e dalla porta fa capolino la sua mano che regge il mio cellulare.
Vibrante ed illuminato.
Faccio  cadere la spazzola nel lavandino e lo afferro con tutte e due le mani.
Strabuzzo gli occhi e leggo il nome che lampeggia sul display.
Edward. E’ lui. Mi sta chiamando. In questo momento.
Premo il tasto della risposta e con il cuore in gola avvicino il telefono all’orecchio.
La voce mi trema quando dico:«Pronto»
Silenzio.
Ripeto :«Pronto?»
Ancora silenzio. Distacco il telefono dall’orecchio e osservo il display.
Assenza di segnale! Ricezione di merda!!!
Esco come una dannata dal bagno e mi fiondo alla finestra, pregando che non sia già caduta la linea e ripetendo pronto, pronto come un’ossessa. Arrivo al davanzale e ci manca davvero un soffio che non mi ci appenda per il bordo esterno per avere una ricezione migliore.
«Pronto!» esclamo, ormai disperata.
«Bella»
Sentire la sua voce è un colpo di fucile in pieno petto. Il respiro mi si mozza in gola e mi sembra di non aver mai udito un suono più caldo, carezzevole e sensuale di questo.
«Edward» pronuncio il suo nome con un alito di voce, ed è un sollievo, quasi una liberazione poterlo fare. Ma brava Bella, pensi che non si ricordi come si chiami?
«Ciao» aggiungo, quindi, in un sussurro.
«Ciao» mi risponde di rimando e aspetta un attimo, forse per darmi la precedenza nella conversazione.
Poiché la voce sembra avermi salutata dopo l’ultima parola pronunciata, stringo forte il cellulare tra le dita e me lo premo sull’orecchio come se lo volessi far diventare parte del mio corpo. Cerco di schiarirmi la gola e comincio ad emettere dei sinistri gorgheggi misti a delle rumorose deglutizioni.
Mi sento un’imbranata.
Con la solita grazia, lui mi toglie dall’imbarazzo:«Come stai? Come va la nuova sistemazione?» chiede con fare tranquillo.
«Bene, grazie. Il dormitorio è molto accogliente» dico rapida e atona come se stessi leggendo per il telegiornale.
Dall’altra parte c’è un attimo di silenzio.
«Ne sono lieto» e nel suo tono mi pare di scorgere un accenno di sorriso.
Bella, cazzo, cerca di essere più originale!
Mi porto una ciocca dietro all’orecchio libero e dico con un finto tono noncurante:«A casa tutto … a posto?»
Altra domanda intelligente, Bella, che vuoi che possa succedere a dei vampiri immortali?
«Sì, direi di … sì» dice e gli sento ancora una nota divertita nella voce.
«Bene» dico.
Vorrei chiedergli tante cose, domandargli se gli manco, se mi pensa, se soffre così come succede a me. E le domande sembrano quasi voler uscire fuori, quasi sono sulla punta della lingua, ma poi mi ricordo di come ci siamo salutati. E’ vero che sono andata io via, che forse avrei dovuto chiamare io e non lui, ma è come se lui mi avesse gentilmente, ma fermamente accompagnata alla porta.
Lui voleva che io andassi via.  
Mi accorgo che mi ha chiesto qualcosa, ma complice lo scarso segnale e lo stato di rimbambimento che Edward mi provoca anche a considerevoli distanze, mi ritrovo a dovergli chiedere di ripetere.
«Ti chiedevo se il lavoro procede bene» mi dice nuovamente, ma non sembra seccato che non gli abbia prestato attenzione.
«Più o meno. E’ più impegnativo di quello che credessi» dico e non mento affatto. Lavorare con Joshua prosciuga ogni mia energia.
Dall’altro capo non proviene alcun suono, quasi mi chiedo se per caso non si è interrotta la comunicazione: «Bella non è che ti stai stancando troppo …» il suo tono è vagamente inquisitorio. Ci risiamo. Lui e le sue smanie di protezione.
«Edward no, non dal punto di vista fisico, ma da quello mentale intendevo» chiarisco cercando di evitare di incorrere sempre nel solito discorso: la mia salute.
Passa qualche secondo e mi pare che quasi voglia aggiungere qualcosa, ma poi dice:«Domani abbiamo lezione con la Watsford, se hai tempo … se ti va, possiamo vederci per pranzo» butta lì con disinvoltura.
Esulto nella mia mente e vorrei gridargli che non aspettavo altro che poterlo vedere e riabbracciare. Che due giorni mi sono sembrati due anni e che mi viene da piangere se penso che fra qualche minuto mi infilerò in un letto sconosciuto senza il calore delle sue braccia gelide. Penso tutto nell’arco di un secondo e cerco di modulare l’entusiasmo nella mia voce dicendogli semplicemente:«Certo, domani. E’ … sì … è … perfetto» e trattengo il sorriso che vuole tagliarmi il viso in due metà.
«Ok, allora ci vediamo al Tandem intorno alle dodici.» dice e mi sembra che abbia appena letto un passo della Bibbia tanto le sue parole mi suonano angeliche, sacre.
«Sì, alle dodici, al Tandem.» prendo un respiro prima di salutarlo e di entrare in apnea «A domani»
«A domani» ed è come se la sua voce mi avesse voluta avvolgere in un caldo abbraccio.
Chiudo la comunicazione e trattengo il telefono in mano per un po’, guardandolo come un’ebete.
Mi sento felice ed emozionata come una bambina al Luna Park.
Mi ha chiamata.
Gli mancavo, ne sono sicura. E domani vuole vedermi.
Cammino fino al mio letto e mi ci siedo su che ancora guardo il cellulare, come se mi aspettassi di vedere uscire Edward da lì dentro.
Alzo lo sguardo e vedo Helèna distesa di spalle sul suo letto che tiene il ritmo battendosi l’indice sulla coscia.
Le mie labbra si incurvano in un sorriso. Ha messo su l’IPod per lasciarmi un minimo di privacy. Che gentile!
Mi avvicino e le tocco una spalla. Lei si gira con le labbra che si muovono probabilmente a mimare le parole della canzone che sta ascoltando. Le sfilo una cuffia e le dico trionfante:«Mi ha chiamata!», mentre mi siedo al suo fianco sotto lo sguardo beffardo di Einstein e l’occhietto vispo di Golia, il gatto di Helèna, entrambi in bidimensione sulla parete dietro di noi.
«Dai, sputa il rospo!» dice lei.
Sedute entrambe sul letto, racconto alla mia amica la telefonata, le mie sensazioni. Mi ascolta con un sorriso, e non mi ferma mai, nemmeno per un commento.
Alla fine dice con un sospiro:«Ah, l’amore! Che cosa meravigliosa!!!» e si alza cominciando ad arrotolare le cuffie su due dita. Le faccio una boccaccia e lei tira fuori la lingua, fino a che mi rendo conto che ha smesso di sistemare le cuffie.
Solo le cuffie.
E l’IPod?
Dov’è l’IPod?
Aggotto le sopracciglia e la guardo interrogativa:«Ma …» comincio a dire e le mi ferma con un sorriso:«Nessuna musica poteva tenermi lontana dalla telefonata del secolo!!!» esclama e scivola via chiudendosi in bagno prima che possa acciuffarla.

NOTA DELL’AUTRICE: Miei cari eccomi a voi. Il cappy si è fatto un po’ attendere, ma è lunghetto almeno.
Fra poco si comincia a ballare … tenetevi pronti.
La Libreria Rauner in due immagini. Qui e qui.

Piccola Ketty: Cara Ketty, l’happy ending non è così vicino come sembra … Per il discorso frainteso: TU SAI che è stato frainteso, ma Bella ha solo sentito senza capire una cicca. Gli interessati non si sono affatto curati che Bella potesse sentire o meno. Nessuno crede che lei abbia associato quelle parole a se stessa. Forse, credono che non fosse nulla di che … Bacioni. PS: fra poco comunque il mistero sarà svelato!!!!!!
arual93: Ciao Laura, hai proprio detto bene! Oggi un bell’abbonamento ad un terapista di coppia dovrebbe essere inserito nelle liste di nozze!!! Abbi fiducia, tra poco dipaneremo qualche mtassina, ma solo qualcuna!! Baci
bella_josephine Ciao carissima, grazie della tua recensione :))) come hai potuto vedere Edward è più umano di quello che sembra …, spero di aver chiarito il suo comportamento. Bacioni e a presto
Michelegiolo: Carissima, come puoi ben capire, anche se in fondo non ha letto nulla di compromettente, ciò non toglie che lui sa che J. è attratto da Bella e che la gelosia agisce lentamente, ma inesorabilmente una volta instillato il dubbio … Baci e grazie della tua costante presenza! *_*
vitti: Bhè cara, quando gli equivoci saranno risolti, credo che la storia starà volgendo al termine. Direi che ci mancano più o meno qualche migliaio di capitoli!!!!! Baci
RenEsmee_Carlie_Cullen: E sì cara, direi che la tua analisi è stata un centro perfetto!!! Vediamo un po’ che succede adesso!!! Bacionissimi
ginny89potter: Mia cara, cinica e masochista lettrice ricevere il tuo commento è un piacevole formicolio nelle dita, che mi spinge a risponderti con altrettanta attenzione.
Ti ringrazio innanzitutto. Per me è davvero importante che, al di la della lettura d’insieme i “miei” personaggi vengano anche accuratamente vivisezionati, delle volte. Serve anche a me per non perdere il filo del discorso.
Devo dire che sei davvero implacabile. Questo mi piace, perché mi spinge a non rammollirmi e a stare sul chi vive. Su Edward non credo che debba aggiungere altro. Il suo comportamento come hai fatto giustamente notare è molto simile a quello dell’originale (forse io lo esaspero di più anche perché ci sono gli EPov). Per Bella ti giuro che ho ancora il sorriso sulle labbra. Probabilmente hai ragione, scaverebbe ancora un altro po’, ma l’EPov , se permetti, te lo do io. –Epov “Tesoro, non ti inginocchiare, fai scavare me che ho le dita più lunghe …”
Carissima, ho iniziato questa risposta appellandoti come cinica e masochista. Vorrei spiegarmi meglio: il masochista sta per quando mi dici che il capitolo era splendidamente angosciante. Lo penso io per prima che li scrivo. Da qui, poi, viene il cinica. Che ovviamente è retorico. Perché in realtà penso che si deve credere davvero tanto nell’amore per parlare in modo così disilluso ed ironico. E’ un po’ quello che mi succede quando penso ad un capitolo e decido di scriverlo: la realtà è così differente da quella che vorrei che per vederla me la devo scrivere da me. Per chi legge è l’inverso: ciò che si legge è, a volte, talmente somigliante a quello che vorremmo ci fosse nella realtà, che è necessario un po’ ridicolizzarlo per poterlo accettare.
Questo è ciò che penso.
Spero di non essere stata troppo enigmatica, né troppo sfacciata. La mia non è una critica, ma è un sorriso che voglio scambiare con te.
Baci e a presto
Spider Monkey: Cara ti ringrazio per i complimenti. Sai è importante che mi lasciate la vostra opinione, perché è una bella soddisfazione sapere che siete coinvolti e che la storia ha fatto presa (come il cemento rapido….!) Grazie grazie Baci
Aleu : Mia cara, tu vuoi uno spoilerone!!!! Ti dico questo, così capirai meglio: Edward e Bella vanno ancora d’amore e d’accordo. Il peggio non è ancora arrivato!!!! Baci
sily85 : Ciao Ale, anche a me la fisica faceva il tuo stesso effetto!!! Grazie per il tuo entusiasmo. Sei coinvolgente!!! Baci
keska: Ciao Francy, la senti eh nell’aria la tempesta che sta giungendo?! Ci stiamo avvicinando a capitoli  difficili, ma adesso mi ci vuole un po’ per organizzare il filo del discorso …
Grazie sempre. Di TUTTO.  
Baci
LOVA: Ciao Lorena. ALLOVA direi che ci hai azzeccato e siccome che lui non è propriamente un santo, mi aspetterei qualche caz… se fossi in voi lettori. Stop ho detto troppo!!!! Baci
Holly__: Grazie mia cara, purtroppo adesso mi devo dare una regolata con gli aggiornamenti perché ho strafatto un po’ … Ma non sono riuscita a resistere avendone già pronti un paio. Baci
rodney: Cara Simona, lo so, vi sto confondendo un po’ le idee…, ma ricordate che lui è il LEONE e lei è l’AGNELLO. Non dimenticatelo, io non lo farò!!! Baci
Grazie a tutti voi. Ho raggiunto il record del record di recensioni per un capitolo!!!
Grazie anche a chi preferisce leggere in silenzio. Se siete ancora così numerosi, suppongo che non troviate questa storia così brutta!
Oggi è il mio turno di andare a vedere New Moon … vi farò sapere!
Un saluto speciale a Cami.
Baci a tutti
M.Luisa
 


   
 
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