Fianchi rotondi
Capitolo 6
- Come mai tutta questa fretta di partire per un viaggio?
- Ho voglia di godere
dell’aria nuova, di uscire da questo palazzo, di vedere il mondo,
e soprattutto di accarezzare i tuoi muscoli non più così tesi,
sentire la tua pelle non più così nervosa. Non avresti voglia di
fuggire, di prendere tutto e andartene, lasciarti alle spalle guerre e
conquiste, vivere finalmente in pace con me, e con i figli che avremo? Potremo goderci tutto quello che abbiamo in tutta
tranquillità, potremo visitare l’India, l’Italia,
l’Africa, tutto quello che vorremo, se solo accetti. Pensaci: per quale
scopo stai spargendo tutto questo sangue lungo il tuo percorso?, per quale motivo giurasti fedeltà al tuo re prima
di partire? Ti saresti mai immaginato che il vostro sogno di gloria avrebbe
comportato tutte quelle perdite di soldati, che avreste
condotto una così dura vita castrense? Alessandro è pazzo se
crede che i suoi soldati gli rimarranno fedeli fino alla fine di questa folle
scampagnata! Per il suo sogno sta sacrificando un ingente numero di uomini e di fondi finanziari, e se è vero che
finora il Fato gli ha puntato il sole in faccia, un giorno potrebbe ritrovarsi
nella più totale oscurità. Cosa succederebbe se veniste sconfitti? A cosa sarebbero valse tutte queste
guerre, tutta questa fatica? Guardati, Efestione.
– gli accarezzò dolcemente il viso – Hai appena ventisei
anni, e non c’è parte del tuo corpo che non sia marchiata
da cicatrici. Ma ci pensi? La morte ti affianca da quando hai deciso di seguire Alessandro in
quest’impresa e potrebbe colpirti da un momento all’altro. Al petto per mano di un nemico nel furore della battaglia, o nella
schiena per mano di uno dei tuoi amici nell’ebbrezza di un banchetto.
Sai bene che non sei più benvoluto come una volta, non siete più dei ragazzi, e quando ricchezza e potere
fanno sentire la loro voce, l’invidia e il rancore non esitano a
rispondere. E sai ancora meglio che è proprio l’invidia ad animare
critiche e commenti tra gli altri soldati, che non
vedono di buon occhio il tuo rapporto così intimo con Alessandro. Anche se ora vi siete staccati, le cose non cambieranno.
Rifletti, Efestione: se partiremo, non avrai nulla da rimpiangere. Non c’è più amicizia, non c’è
più amore, solo guerra e sofferenza.
- Hai pensato a tutto questo in una sola notte
che non ci siamo visti? – sorrise – Dormire senza di me ti fa male,
Narda.
Narda sgranò gli occhi, incredula.
– Cosa vuoi dire, Efestione?
- Che non ho alcuna intenzione
di partire.
- Ma perché? Perché
ti ostini a rischiare la tua vita inutilmente? Non hai nemmeno voglia di
tornare a casa, rivedere la tua famiglia, la tua
patria, il tuo luogo natio?
- Non avrei il coraggio di abbandonare il mio
re nel bel mezzo dell’Asia e tornarmene a casa. No, se tornerò a
casa, un giorno, terrò la testa alta e lo sguardo fiero dinnanzi a me di
chi ha osato sfidare l’impossibile, tra deserti e montagne, dormendo in
una tenda d’accampamento, cibandosi di umili
tozzi di pane, concedendosi qualche volta il lusso di dormire tra le mura di un
palazzo conquistato con sangue e sudore. Giurai ad Alessandro che gli sarei
stato per sempre vicino, e anche se non provo più amore nei suoi
confronti, non ho la minima intenzione di calpestare
il mio orgoglio e la parola data. Rischio ogni giorno la mia vita sul campo di
battaglia, ma sono stato addestrato per combattere e per rendere onore alla mia
patria, non oserei mai infangarla e ritornare come se
nulla fosse. – fu un attimo e si rivide a Pella, quando giocava nel
giardino del palazzo reale assieme ad uno scricciolo biondo, e quelle
parole… “Fino alla morte?”
“Fino alla morte.” - Un giorno, tanto tempo fa, qualcuno mi disse che i grandi uomini non muoiono sul proprio letto.
Narda rimase interdetta. Doveva usare tutte le
armi possibili per convincerlo a lasciare per sempre l’esercito, a lasciare per sempre Alessandro.
– E a me non ci pensi? Non pensi a questa povera
donna che piangerà sul tuo cadavere strappandosi i capelli e i vestiti,
picchiandosi il petto e versando lacrime sul tuo ventre esanime? Ti avrò
perso per sempre, e non avrò mai la certezza d’averti goduto
completamente!
- E non pensi che
sarebbe peggio piangere sul cadavere di un vigliacco che quand’era un
giovane leone pieno di forze abbandonò i suoi sogni e la sua parola per
condurre una vita senza sofferenze e senza gloria? No, Narda. Ho appena
ventisei anni, e sono troppo abituato a tremare di commozione davanti ad una
nuova conquista per potervi rinunciare.
L’amore non funzionava. L’animo di Efestione, farcito di ideali eroici e cavallereschi sin
dall’infanzia, era qualcosa di troppo nobile, a quanto pare, per cedere
alle passioni terrene; si innalzava oltre, e oltre, e oltre… ma forse
l’orgoglio che vantava tanto avrebbe potuto fungere da esca. – Hai
forse paura che Alessandro ti condanni per tradimento? Le tue decorose parole nascondono
un semplice timore della morte? – le sue parole assunsero un tono quasi
di sfida.
- Questo discorso non ti fa onore, Narda. Non
capisco come in una notte ti sia venuta questa smania di partire, ma se vuoi
farlo, io non ti tratterrò. E non ho intenzione
di spiegarti il perché. Ti basti sapere una cosa: resterò a
fianco del mio re. – “Fino alla morte?”
– Fino alla morte, Alessandro.
“Non sarà l’amore a
distrarmi dai miei doveri e dalla mia parola,
Alessandro. Riesci a sentirmi? Quel pomeriggio di primavera, tanto tempo fa, ci
scambiammo un pegno d’amicizia eterna e io ti chiesi: “Fino alla morte?” e tu mi rispondesti “Fino alla
morte”. E fino alla morte sarà, anche se
non provo più amore, la stima e l’affetto nei tuoi confronti non
sono affatto scemati, e mi piacerebbe ancora poter entrare nella tua stanza e
intrattenermi in lunghe conversazioni con te. So che soffrirai nel vedermi
accanto a te e non poter protendere una mano nel disperato tentativo di
toccarmi e forse sciogliermi, ma ti prego di cercare di dimenticare, di
apprezzare quello che mi è rimasto da donarti,
accettalo, mio re, perché qualsiasi cosa sia, sarà scaturita da
questo cuore.”
Aristandro gli prese una mano tra le sue e gliela strinse fortemente.
Alessandro aveva ceduto un’altra volta,
quella situazione appannava i suoi sensi come una cappa scura ed asfissiante, e
gli impediva di muoversi, di ragionare, di immaginare qualsiasi tipo di vita
senza la mano del suo compagno di sempre sulla sua
spalla.
- Coraggio, Alessandro. Andrà tutto
bene. Sono sicuro che, insieme, troveremo una soluzione.
Era sorprendente quanto l’animo di Alessandro, forgiato dal fuoco di mille battaglie,
mostrasse tutta la sua nuda fragilità e non fosse in grado di trattenere
le lacrime che da troppo tempo gli pulsavano alla
gola. Nello sguardo avvilito e sulle guance umide sbatteva ancora le ali il ragazzino che aveva lasciato a Pella sulla tomba di
suo padre.
- Ci basterà scoprire chi è
l’artefice, e tutto sarà risolto. Sei il re, disponi
di macchine da tortura, e non sarà difficile convincere chiunque
sia stato ad annullare l’incantesimo.
Ma non erano quelli i tormenti che
abbrancavano il cuore di Alessandro. Anche se fosse riuscito a spezzare l’incantesimo, non
avrebbe mai dimenticato lo sguardo del suo amato compagno che fissava il
pavimento e le sue labbra screpolate che pronunciavano quella parola: no. Non l’amava più; e non
avrebbe mai dimenticato gli occhi inerti, fissi sui suoi muscoli tremanti, che
gli intimavano di andarsene e lasciarlo
dormire. Gli sembrava così remota la possibilità di annullare
l’effetto della pozione, e una lacrima luccicava sgorgando dai suoi occhi
al pensiero di dover combattere contro quelle iridi nere come il carbone ogni
qual volta le avesse guardate per cercarvi conforto.
…E in quell’immenso giardino, tra
il vociare di quei fanciulli appena in erba e il
verdeggiare degli alberi e del prato, quella promessa.
“Fino alla morte?”
“Fino alla morte.”
- Avanti, cerchiamo di fare mente locale.
Conosci qualcuno che avrebbe trovato interesse nel far
disamorare Efestione di te?
Le sue labbra tremavano ancora. – Quella
donna… Narda…
- Solo lei?
Alessandro fece scivolare la testa tra le mani come se queste
potessero in qualche modo tirare fuori informazioni dai suoi ricordi.
- Perché non
ne parliamo anche al tuo servo, Bagoas? Mi sembravi molto
vicino a lui in questi ultimi tempi, ed egli, essendo servo, potrebbe
aver carpito qualcosa tra i corridoi del palazzo.
- Bagoas… no, meglio di no. Lui non ha
mai sopportato Efestione. E poi ultimamente mi porgeva
domande strane. Domande sugli dei, sulle
volontà divine, su Eros e… Dei… Bagoas… non
c’è da escludere che sia coinvolto.
- Non ti viene in mente nessun altro?
- Potrei sospettare di chiunque. Il nostro
rapporto non era ben visto tra gli altri compagni:
loro erano invidiosi di Efestione per ovvie ragioni,
era l’uomo che entrava nella mia tenda di sera e non usciva fino alla
mattina dopo, era l’uomo che mi abbracciava quando di notte restavo
sveglio, assorto nei miei pensieri, a contemplare il mare, era l’uomo che
cavalcava al mio fianco e discorreva con me quando volevo rilassarmi; era
l’uomo che godeva dei miei maggiori favori e questo gli ha sempre
alienato le simpatie di tutti: è un uomo fondamentalmente solo.
- Ma c’è qualcuno tra i tuoi compagni che avrebbe
potuto preparare una pozione d’amore con tale abilità?
- Non credo che tra i miei compagni ci fosse
qualcuno interessato all’esoterismo, ma non mi sento di escludere anche
questa possibilità. – si zittì e si grattò nervosamente
il mento – Quello che non capisco esattamente,
è lo scopo per cui questa droga è stata somministrata.
Sicuramente per allontanarmi da Efestione, ma per quale motivo? Potrebbe essere
stata Narda, innamorata di Efestione, ad averlo voluto
solo per sé. Potrebbe essere stato qualche mio compagno, deciso ad allontanarci cosicché Efestione non
sarebbe più stato il mio favorito, e in caso di morte senza figli
non l’avrei nominato mio erede. Potrebbe essere stato Bagoas, per avermi
tutto per sé, ma allora perché non avrebbe
diluito la pozione direttamente nella mia coppa? Sarebbe stato di gran lunga più semplice… oppure potrebbe
essere stato qualcun altro con il semplice intento di farmi in qualche modo
soffrire…
- Io sono sempre dell’idea di parlarne
con il tuo servo, Bagoas. Potrebbe saperne di più, oppure, se
effettivamente egli stesso è il colpevole, potrebbe lasciar trasparire
involontariamente qualche parola… qualche espressione… che ci possa mettere sulla buona strada per accusarlo.
- Non credo che sarà così: i
servi sanno fare il loro mestiere, e quando questo
coinvolge la menzogna, sanno comportarsi magistralmente.
- Potrebbe essere comunque
un passo avanti. Finché ci limiteremo a
scambiare opinioni nella mia stanza, non riusciremo mai ad arrivare fino in
fondo.
Alessandro si guardò stizzosamente
attorno. – Dei, se scoprissi che il mio servo ha
osato affrontarmi in questo modo…
- Calmati, Alessandro. Dobbiamo agire con
calma.
Alessandro sembrò non curarsi delle
parole dell’indovino e si precipitò verso la porta.
- Mio signore… - Aristandro gli si
rivolse con un tono fortemente sarcastico.
Il re si voltò di scatto, ulteriormente
incollerito. – Cosa c’è?
- Non ti stai dimenticando qualcosa?
Alessandro sbuffò, aprì la porta
e fece per uscire ma la mano dell’indovino lo
frenò bruscamente afferrandolo per una spalla. Il re si voltò e
dalla sua espressione si sarebbe detto che avrebbe
voluto imprecare contro chissà quale dio, ma una mantellina blu cobalto
ricamata con fili d’argento intrecciati in estrosi motivi arrivatagli
direttamente in faccia gli impedì di aprir bocca.
- Sei completamente nudo, mio signore.
Chissà dove avrebbe potuto essersi
recato, il suo re, senza vestiti.
Erano lì, sulla sedia dove li aveva
appoggiati la sera prima, quando si era spogliato davanti a lui esibendo
fieramente quella pelle spessa e sfregiata, eppure così morbida al
tatto, scolpita dalla flebile luce della lucerna, quello sguardo corrucciato
che tanto amava, quelle morbide onde che lambivano deliziosamente le sue
spalle, e gli era apparso come un dio, come uno di quegli
dei raffigurati nei quadri greci che aveva osservato nelle case dei nobili in
cui aveva servito prima di arrivare in quel palazzo; e con quelle labbra
carnose gli aveva succhiato anche l’anima via dal corpo, e gli aveva
imposto di non avere tabù; gli aveva intimato di non avere pudori, di
rinchiudere il suo servilismo e di abbandonare quello sguardo riverente che
tanto eccitava gli altri re: lui no, lui non era attratto da quei fanciulli così
giovani e inibiti, che abbassavano il capo al suo passaggio e arrossivano alle
sue parole. Era un rozzo macedone, lo
aveva capito sin dall’inizio, ma il modo
rozzo in cui lo prendeva sotto le lenzuola era così maledettamente eccitante, anche per un composto eunuco persiano.
Dei, quanto lo amava.
Indossò i suoi vestiti e si
sentì mancare quando venne fasciato da
quell’inconfondibile profumo… cos’era… mirra? Sandalo?
Rosa canina? Muschio bianco? Qualche fragranza proveniente dalla lontana
Macedonia, o un olio arabo? Ma no, era il suo profumo,
quello della sua pelle, quello che lo contraddistingueva da tutti quei soldati
puzzolenti, quell’aroma che parlava di lui e che nessun altro profumo
avrebbe mai potuto annientare.
Si stava specchiando, vanesio più che
mai avvolto da quelle vesti così strane per lui eppure indubbiamente
belle, ricamate d’oro, argento e lapislazzuli, e
assumeva le pose caratteristiche del suo re, inclinava il capo a sinistra,
scuoteva la testa ondeggiando i capelli, camminava col suo passo deciso e le
gambe leggermente divaricate, quando la porta si spalancò ed
entrò lui, assieme al vecchio
indovino che seguiva l’esercito nella marcia.
- Mi… mio signore… mi hai
spaventato.
Alessandro non fece neanche caso ai propri
vestiti addosso a Bagoas. - Bagoas… dobbiamo parlare.
L’eunuco sbiancò. Alessandro non
si era mai rivolto a lui con quelle parole e con quello
sguardo inquisitorio. E Aristandro, l’indovino,
stringeva in mano una coppa di bronzo.
- Certo, mio signore.
Alessandro ed Aristandro si accomodarono
semplicemente sul letto ancora disfatto; il re tremava d’emozione e
quando l’indovino se ne accorse gli
appoggiò una mano sul ginocchio.
- Bagoas… durante l’ultimo
banchetto hai notato qualche movimento strano da parte
dei cuochi o di qualche altra persona presente nella sala?
Come avevano potuto scoprire? Come? Doveva
ricorrere a tutte le sue capacità di buon servo camaleonte per poter
fronteggiare una simile situazione. Dei, il suo re
sedeva davanti a lui con un’espressione così affranta, dove
avrebbe potuto scovare il coraggio necessario per mentirgli di nuovo? –
In che senso, sire? – la mossa migliore era prendere tempo.
Alessandro sbuffò e abbacchiò la
testa tra le mani. Aristandro comprese che il sovrano non ce l’avrebbe
fatta a parlare, e quindi s’intromise. – Abbiamo trovato tracce di
una strana sostanza in questa coppa di bronzo. Ne sai qualcosa, Bagoas?