Capitolo
1
Adorava
quel luogo. Doremi era sicura che non ci fosse posto a Misora più bello di
quello. Una grandissima distesa verde, gli alberi che cedevano un'ombra
rilassante ed il laghetto poco lontano dove specchiarsi o dove dare da mangiare alle tartarughe che vi vivevano
dentro. Ci era andata per tutta l'estate, quando il mondo intorno era troppo
assillante ed aveva bisogno di un attimo di pace. Con la bella stagione la
tranquillità della sua camera non bastava più, aveva bisogno d'aria, aria aperta.
Sospirò più forte, assaporando la sensazione dell'ossigeno che le attraversava
le narici. Poi aprì gli occhi, decidendo di andare al lago per dare, come al
solito, da mangiare alle tartarughe. Prese un sacchettino dalla tasca,
avvicinandosi al grande specchio d'acqua. Si era resa conto, ultimamente, di
amare in maniera particolare gli animali, e quell'anno, in cui avrebbe dovuto
decidere l'indirizzo universitario migliore per lei, aveva deciso di scegliere
veterinaria. Avrebbe avuto molto tempo per cambiare idea, ma per ora voleva
pensarla così.
-Ecco a
voi!- esclamò gettando il cibo nell'acqua. Subito un gruppetto di tartarughe
circondò il cumulo di cibo. In breve però era già tutto finito, e Doremi si
disse che forse ne doveva portare di più perchè, evidentemente, non bastava per
tutte. Si sedette sul bordo di quel laghetto, le braccia intorno alle gambe e
il viso perso nei suoi pensieri. Ultimamente era un po' triste. Si era resa
conto di stare crescendo, e questa presa di coscenza era stata talmente improvvisa
che l'aveva lasciata completamente scossa. Prese a giocherellare con un filo
d'erba. E se avesse fatto delle scelte sbagliate? Probabilmente avrebbe
condizionato la sua vita futura. Chiuse gli occhi. La cosa che la metteva più a
disagio e che più la rendeva triste era il fatto di non essere innamorata di
nessuno. Strinse il pugno e riaprendo gli occhi si chiese se l'immagine
riflessa nell'acqua fosse così terrificante. Possibile che i lunghi capelli
rossi non facessero avvicinare alcun ragazzo? Che quegli occhi grandi ed
espressivi non suscitassero la curiosità di nessuno? Forse, come le diceva
sempre Tetzuia per farla arrabbiare, aveva un seno troppo piccolo. O ancora le
sue erano solo stupide convinzioni. Sua madre le aveva insegnato che c'è tempo
per tutto. Quindi c'è tempo anche per l'amore? Chiuse gli occhi. Forse il suo
tempo non sarebbe mai arrivato. Si chiese se la scelta di lasciar perdere i
propri sentimenti verso Tetsuia, tanti anni prima, fosse stata una scelta
sbagliata. Magari ora non sarebbe stato il suo migliore amico... oppure,
invece, sarebbero diventati la coppia più bella del mondo. Sentì dei passi
proprio dietro di lei, immaginando che dovessero appartenere ad una coppietta
di innamorati. Ma quando sentì che i passi si fermarono proprio dietro di lei
la curiosità l'assalì, e decise di aprire gli occhi. Riflessa nell'acqua, oltre
alla propria immagine, c'era quella di un ragazzo alto, dal fisico asciutto ed
i capelli rossi lunghi fino alle spalle. Il volto era pulito e gentile, e quasi
le parve di averlo già visto.
-Ciao
Doremi.- e si stupì quando udì il proprio nome chiamato da quella voce. Una
voce adulta, ben diversa da quella che le sue orecchie avevano sentito anni
prima. Il giovane notò lo stupore dipinto sulla faccia della giovane, e quando
lei si voltò gli parve di rivedere dentro la propria testa tutte le immagini e
le occasioni che li avevano visti protagonisti: le battaglie, gli scontri e
anche dolci e teneri appuntamenti che li avevano uniti quando aveva cercato di
prenderla in giro. La guardò. Si guardarono. E quasi gli parve impossibile che
la stessa bambina di 9 anni prima fosse proprio lei. Osservò con cautela la
folta cascata di capelli rossi che, con una frangetta disordinata, le
sfioravano il viso; Poggiò l'attenzione sui grandi occhi gentili, di un colore
bello quanto indefinibile. Si stupì nel notare quanto i lineamenti fossero
rimasti infantili, nonostante potesse scorgervi un'aria di donna.
-Scusa...-
sussurrò lei, sbattendo le palpebre. -Ci conosciamo?- domandò sempre più
confusa. Akatsuki sorrise, poi si piegò sulle ginocchia per raggiungere la
stessa altezza della giovane.
-Direi
proprio di sì.- le diede un buffetto sul naso. -Sono stato un tuo grande
amico...- si guardò distrattamente intorno. -Un magico amico!- gli occhi di
Doremi divennero enormi, mentre uno stupore sempre più grande le si dipingeva
sul viso.
-A...
Aka...-
-Akatsuki!
Che bello, ti ricordi ancora il mio nome!- sorrise piegando appena le labbra, e
Doremi ricordò come un flash improvviso che Akatsuki aveva la tendenza di
sorridere così: piegando appena le labbra, senza farsi coinvolgere troppo nelle
cose. Da piccola aveva sempre creduto che glie l'avessero insegnato perchè era
un principe. Invece, ora che era più grande, poteva immaginare che quel suo
strano modo di sorridere fosse solo frutto del suo essere così. Di essere
Akatsuki. Un sorriso scritto nel suo DNA.
Le venne una strana felicità nel cuore.
-Certo
che mi ricordo!- improvvisamente salì l'imbarazzo: era da talmente tanto tempo
che non si vedevano che quasi le pareva
un estraneo; eppure sapeva delle cose su di lei che nemmeno i suoi genitori
potevano immaginare! Si ritrovò ad avere quel pensiero, e ciò la tranquillizzò.
-Ma cosa ti ha portato qua?- Inizialmente nessuno dei due aveva fatto caso alla
loro posizione, ed il primo ad accorgersene parve Akatsuki che si sedette sul
prato verdeggiante. Incrociò le gambe, e con aria assorta lasciò che il
venticello di inizio settembre gli solleticasse il viso ed i capelli.
-E' una
questione molto importante...- si voltò e la guardò intensamente. Le guance di
Doremi di conseguenza divennero ancora più rosse. -Ma prima... parlami un po'
di te.- lei si stupì: non poteva essere venuto fino a là solo per sapere come
stava!
-Bè
Akatsuki-san... ti sei perso un po' di cose!- esclamò lei, portandosi una mano
dietro alla nuca.
-Già...
so che alla fine tu e le tue amiche non siete diventate streghe...- disse, con
una nota di dispiacere.
-Già...-
la mente di Doremi tornò a ricordi lontani, troppo lontani. -Ormai sembra solo
un sogno quel periodo... tutta quella magia, le raganelle, il Maho... un sogno
lontano... che quando ci penso mi chiedo se sia stato realtà.-
-E' più
vero di quanto pensi... ed ora sta tornando.- Doremi lo fissò intensamente, con
gli occhi sgranati.
-Cosa?-
sospirando Akatsuki si disse che era arrivato il momento finalmente di dirle
tutto. E le raccontò di quel che era successo ad Hana-chan. Di quanto era
cresciuta e diquanto improvvisamente il suo corpo si fosse rimpicciolito. Le raccontò
della regina delle streghe e del compito che era stato loro assegnato. Terminò
la propria storia quando il sole stava tramontando, e le lacrime avevano fatto
capolino tra le ciglia di Doremi. Fu proprio mentre la giovane si asciugava una
di quelle gocce salate che ella si rese conto di quanto quella vita le fosse
mancata.
Il sibilo
di un violino suonato alla perfezione aveva inondato l'intera sala. L'ambiente
era perfetto: mobilio antico, tappeti costosi e lampadari di cristallo
appesi al soffitto. Al centro
dell'enorme sala c'era una ragazza che avrà avuto 17 anni o poco più. Sulla
spalla un violino costoso, ai piedi un paio di ballerine nere con un fiocco
sulla punta. Vestiva di scuro, ma i suoi occhi erano ridenti e la pelle nivea
dava un gran contrasto con la stoffa nera. Era bella la piccola Azuki Fujiwara,
una giovane donna con i capelli castani ed un paio di occhiali sobri
nonostante, con i soldi di cui disponeva la sua famiglia, avrebbe potuto avere
montature molto più originali e appariscenti. Suonava così bene che il pubblico
chiudeva gli occhi e sembrava rimanere assorto. Lei ogni tanto abbassava le
palpebre, per concentrarsi di più nel suono e nell'odore caldo che emanava il
suo violino. Terminò il proprio brano con delle note secche ed acute. E subito
dopo seguì un secondo di silenzio. Riaprì gli o cchi. Ed inaspettatamente notò
che nella sala non c'era nessuno.
-Dove...
dove sono tutti?- si chiese facendo un passo avanti. Lasciò scivolare il
violino lungo il fianco, tenendolo a fatica fra le mani. -Dove siete?- chiese a
bassa voce. -C'è qualcuno?- questa volta aveva urlato. Ed improvvisamente le
luci si erano spente e lei era caduta in un vortice buio e oscuro. -No... no!-
si svegliò in un bagno di sudore. il fiato corto, il cuore che le batteva a mille nel petto. Si mise seduta sul letto,
stringendo tra le dita le lenzuola di seta bianca. Si guardò intorno. Ancora
quel sogno. Ancora quel maledetto sogno! Si alzò in piedi, portandosi davanti
ad una grossa custodia di pelle a forma di violino. Nonostante il buio fu in
grado di portarla fuori dalla stanza, chiudendo poi la porta con due mandate.
Si appoggiò con la schiena su di essa. Ora sarebbe riuscita a dormire. Ora che
il suo incubo era fuori dalla camera.
-Signorina!-
la voce di Balia le entrò nelle orecchie come un eco lontana. -Signorina, mi
sente?- aprì a fatica gli occhi, voltando il viso verso la porta.
-Sì!- si
alzò dal letto, poi andò ad aprire la porta.
-Ho
trovato questo fuori dalla sua stanza.- disse la donna anziana porgendole il
violino posto all'interno della custodia. Azuki lo guardò quasi con ribrezzo, e
lo prese tra le mani come se fosse un oggetto infetto da chissà quale malattia.
-Signorina!
Che le succede?- chiese ancora la donna. Azuki scosse la testa.
-Emmh...
nulla! Mi vado a vestire.- disse voltandosi e chiudendo la porta alle proprie
spalle. Si vestì in fretta. Mise una cannottierina rossa e una gonnellina nera. Messi un paio di
sandalini uscì fuori stringendo tra le mani il violino. -Vuole che la faccia
accompagnare dall'autista alla sua lezione di violino?- ad Azuki scivolarono un
pochino gli occhiali, mentre una nota di preoccupazione le si dipingeva sul
volto bianco.
-No, no
tranquilla... farò quattro passi! Ci vediamo dopo... ciao!- ed iniziò a correre
per il lungo viale che precedeva la sua villa. Era difficile correre con quel
grosso peso tra le mani, ma aveva bisogno di farlo. Odiava dover mentire ai
propri genitori, ma non aveva più intenzione di suonare il violino, ne tanto
meno di andare a lezione. Faceva così ormai da 2 mesi e prima o poi i suoi
genitori lo avrebbero scoperto. A quel punto sarebbe stato difficile trovare
una scusa. Si disse che ci avrebbe pensato più avanti, e quando finalmente vide
in lontananza il parco dove si rifugiava tutte le volte che diceva di essere a
lezione, rallentò il passo. E finalmente si sentiva tranquilla. Nessuno sapeva
del suo segreto. Solo lei e il suo violino. Chiuse gli occhi respirando l'aria
di quel posto tranquillo. Era piccolo, e solo durante il pomeriggio si potevano
vedere alcune mamme o papà che portavano i figli a giocare. C'era un'altalena.
Ci si sedette sopra.
-Azuki-chan.-
sentì. Voltò il capo e riconobbe subito con infinita sorpresa il proprio
interlocutore.
-Fu...-
-Fujo.-
rispose lui annuendo. Ad Azuki mancò il fiato. E probabilmente anche a lui dato
che non la ricordava così bella. –Sono onorato del fatto che ti ricordi ancora
il mio nome.- le disse con un leggero sorriso. La raggiunse, sedendosi accanto
a lei.
-Cosa ci…
cosa ci fai qua?- sapeva di essere maleducata. Sapeva che non era da lei, man
la sorpresa aveva catturato tutte le sue
facoltà intellettive. La visione di quel ragazzo alto e slanciato con i capelli
arruffati ed un sorriso mozzafiato avevano fatto si che tutte le cellule
cerebrali che albergavano nella sua testa si incenerissero. Sospirò piano,
trattenendo i battiti del cuore.
-Domanda
più che legittima.- disse con un sorriso lui. Azuki si sentì eno in colpa
sentendo quell’affermazione. Poi si chiese come diavolo avesse fatto a riconoscerlo
subito. Era cambiato parecchio dall’ultima volta che si erano visti, eppure
pareva che si fossero incontrati anche solo il giorno prima. –Il re dei aghi ha
mandato me, Akatsuki, leon e Tooru per svolgere una missione molto importante.-
Azuki aprì e richiuse più volte gli occhi, confusa.
-Di che
missione si tratta?- domandò.
-La
piccola Hana.- durante tutto il racconto del giovane mago Azuki era rimasta ad
ascoltare senza fare nemmeno una domanda. Si sentiva contenta per la fiducia
che la regina delle streghe aveva riposto in lei, ma al contempo avrebbe
dovuto trovarsi di fronte alla piccola
Hana che, da quanto aveva capito, era malata. –Sono contento del fatto che tu…
collaborerai con noi.- le aveva detto alzandosi. Si erano dati
appuntamento per il giorno dopo al Maho
con la promessa di una bella sorpresa.