Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Cip93    22/11/2009    2 recensioni
"Non pentirti di qualcosa che hai fatto, se quando l'hai fatta eri felice." Questa frase ormai era diventata la mia filosofia di vita.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
6th chapter
The calm after the tempest.







Premetti il tasto rosso del cellulare così velocemente che non riuscii nemmeno e sentire la risposta di Nicole.
Quando il bisogno di fare una pazzia ti prende devi soddisfarlo subito. Non importa se poi la scelta che hai preso si rivela quella sbagliata, perché se in quel momento la ritenevi giusta significa che la tua mente o il tuo cuore era quello di cui avevano bisogno. Non esitare, poiché più passa il tempo e più questa necessità svanisce.
Presi il casco, cellulare e chiavi di casa e uscii dalla mia camera.
Stavo per uscire quando mia madre mi bloccò sulla porta.
“Dove vai?”
“A casa di Nicole”, mentii.
“Con questo tempo?”. Guardò fuori la finestra. “Il cielo non promette nulla di buono”
“Non ti preoccupare, torno presto”, la rassicurai.
“Okay, mi raccomando”, disse lasciandomi libero il passaggio.
Montai in sella al mio scooter e percorsi la solita strada, quella che d’estate avevo fatto chissà quante centinaia di volte.
Il tragitto mi sembrò più breve del previsto. I chilometri scivolavano via insieme ai miei pensieri fugaci. Il vento era sfavorevole, come lo era stata la mia vita. Da un po’ di tempo c’era in me solo un’aurea da pessimista, provavo rabbia verso quel tipo di routine quotidiana che sembrava quasi come una prigione. Ancora dovevo capire che l’unico modo per evadere non era quello di vendicarmi con la vita, ma perdonarla e prendere una rivincita solo e soltanto con l’amore.
Quando arrivai lasciai lo scooter accanto al marciapiede, non mi curai di mettere il catenaccio e mi incamminai a passo spedito verso la spiaggia. Guardai dritto di fronte a me. Ecco il mare, scuro, increspato, ma fortunatamente non molto agitato. Mi sedetti con le braccia attorno le ginocchia e i piedi caldi affondarono nei granelli di sabbia fredda. Un brivido mi corse lungo la schiena.
Osservavo il susseguirsi delle creste, una dopo l’altra, grandi, piccole, rumorose, silenziose, si infrangevano sulla riva e ricominciavano. Di tanto in tanto la sabbia mi arrivava sul viso.
Cosa ci facevo lì? Mi rassicuravo, era perché mi andava di farlo. Certo, era stato l’istinto… o il cuore? Sì, la voglia di vedere il mare era una scusa. Dentro avevo bisogno di una pausa per riflettere, per star un attimo con me stessa, per ascoltare quello a cui avevo chiuso la bocca un po’ per orgoglio, un po’ per paura. Ero lì per fare i conti con il passato, con la delusione. Non volevo ammettere che ero in crisi e non potevo più prendere in giro nessuno: il suo ritorno mi aveva sconvolto e il mio ego era diviso in due: una parte masochista che pretendeva, o meglio, sentiva il bisogno di riprendere i rapporti con Roberto e perché no, magari anche di ricominciare la nostra relazione; l’altra invece era quella più spaventata, soffocata dalla paura di una nuova delusione, o forse di amare ancora.
Il mio cellulare squillò, risvegliandomi da quei pensieri. Era sicuramente mia madre che mi raccomandava di tornare a casa presto.
“Mamma?”, risposi.
“Cri ho fatto una cazzata!”. Era Nicole e dalla voce sembrava agitatissima.
“Calmati, che è successo?”, dissi lentamente cercando di tranquillizzarla.
“Mi… Mi ha chiamata Roberto e… mi ha chiesto dov’eri. Ero in panico! Credevo che ti fosse successo qualcosa e…”. I miei battiti aumentavano a ogni parola che diceva. Non tolleravo più quell’attesa.
“Arriva al dunque, Nicole”
Riuscii a percepire il gruppo in gola che le si era formato. Poi buttò fuori le parole, tutto d’un fiato. “Sta arrivando”, disse semplicemente.
Sgranai gli occhi. Questo era sicuramente un fuori programma.
“Che cosa?!”. La mia voce risuonava stridula.
“Cri scusami. Non potevo mica immaginare che sarebbe venuto lì…”
“Lo so, non è colpa tua. Il problema si risolve: ora torno subito a casa così non ci sarà il rischio di incontrarlo.” Appena finii la frase vidi un fascio di luce abbagliante partire dal cielo scuro per poi arrivare sulla superficie dell’acqua, seguito poi da un tuono che rimbombò nell’aria. Sobbalzai.
“Piove?”, mi chiese preoccupata Nicole.
“No. Sono ancora in tempo. Quando arrivo a casa ti chiamo, a dopo”.
Mi incamminai a passo svelto allo scooter, salii sopra e lo accesi. Portai indietro il freno e girai la manopola dell’acceleratore. Il motore emesse il suono familiare, ma dopo un attimo si interruppe. Calma. Ci riprovai. Nulla.
“Dio, può andare peggio di così?”, urlai gettando la testa indietro con gli occhi chiusi rivolti verso il cielo. Proprio in quel momento sentii qualcosa di piccolo e delicato sfiorarmi la guancia. Una volta, due, tre… Aprii gli occhi. Pioveva.
Li richiusi e assaggiai quelle goccioline che si mischiarono con il sapore salato delle lacrime.
Ci riprovai ancora, ma fu tutto inutile. Sembrava che la sfortuna volesse umiliarmi e ce l’aveva fatta.
Proprio in quel momento sentii una macchina accostarsi vicino a me e al mio motorino. Era inutile girarsi per vedere chi fosse.
Abbassò il finestrino e si sporse verso lo sportello.
“Serve un passaggio, signorina?”
Senza nemmeno degnarlo di uno sguardo mi alzai e inizia a camminare, consapevole del fatto che non avevo la minima idea di dove stessi andando. La pioggia iniziava a diventare sempre più fitta. Non osavo immaginare quali fossero le mie condizioni in quel momento, tra vestiti e capelli completamente fradici.
Sentii lo sportello aprirsi e poi chiudersi violentemente. “Lo sai che non potrai scappare per sempre, vero?”, gridò. Quella frase mi spiazzò e fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Mi girai e camminai a passo svelto verso di lui. Mi sovrastava dal suo metro e novanta e mi guardava con gli occhi nocciola completamente disorientati. Chissà qual era la mia espressione in viso.
“L’ho imparato da te”, sibilai.
Lo spinsi con entrambe le mani facendolo arretrare di un passo. Da quando ero diventata così manesca?
“Sei un vigliacco. Non hai mai avuto il coraggio di affrontare la discussione a quattr’occhi. Ti ho fatto una semplice richiesta: parlare. Ma tu niente.”. Non riconoscevo più il mio tono di voce normale.
“Poi riappari dal nulla. E te ne esci con un “ricominciamo?”. Ma sai cosa vuol dire almeno?”, feci una risatina sarcastica.
"Mi hai usata solo e soltanto per un bisogno temporaneo, mi hai preso in giro, mi hai illusa, sei un bugiardo, falso, strafottente e superficiale! Vuoi davvero sentire la mia risposta?”. Mi avvicinai al suo viso.
“Vaffanculo”.
Le mie labbra si curvarono in un sorriso maligno.
Mi girai ma le sue dita mi afferrarono e bloccarono il braccio.
“Ora resti qui e mi ascolti. Capisco tutta la tua rabbia repressa e hai fatto bene a sfogarti.
Adesso tocca a me e resterai in silenzio finché non avrò finito quello che ho da dirti, così come ho fatto io.” Lo fissai in silenzio aspettando che continuasse. Si guardava intorno in cerca delle parole giuste.
“Riesci… riesci a capire come mi sia sentito io? Voglio dire… se ti avessi vista dopo aver preso quella decisione? Forse non sei mai riuscita a capire l’effetto che tu provochi su di me. Avrei cambiato idea, Cristina. Questo era certo.” E io invece non ero più sicura di me, delle mie certezze. Una di quelle per esempio era di dimenticarlo, di evitarlo.
“Lo so che mi reputi un codardo e hai ragione. Ma… io non ti ho mai dimenticata e non lo farò mai. Ogni giorno rivolgevo un pensiero a te sperando che stessi bene, che la scelta che avevo preso fosse stata quella giusta. Sai come si dice, veloce e indolore.
Ci tenevo a dirti questo, mi sembrava giusto che lo sapessi.”
Rimasi stupita dalla sua dolcezza, dal suo dispiacere, dalle sue parole sentite.
Inconsciamente non mi accorsi di quell’improvviso e violento colpo di vento che segretamente stavo aspettando. Ed eccolo lì, nel giro di un niente, si è presentato a spazzare via ogni mia protezione, proiettandomi verso qualcosa d'inaspettato, di rassicurante.
Tutto quello che di positivo c’era in lui, d’un tratto mi saziò di gioia.
Succede sempre così. Nel momento di maggiore tranquillità, la vita ti sorprende. Ti pone davanti delle situazioni che ti spiazzano.
Gli tirai piano un pugno sul petto. Lui invece rispose con un gesto dolce e del tutto inaspettato.
“Vieni qui”, sussurrò sorridendomi.
Mi avvicinò a sé e mi abbraccio. Mi irrigidii, ma subito mi sciolsi quando mormorò vicino al mio orecchio: “Lasciati andare… se è quello che vuoi”. Ricambiai l’abbraccio e mi sentii così bene al contatto con il suo corpo caldo. Lo strinsi forte a me… da troppo tempo avevo sognato e desiderato quel momento. Per un momento non pensai più al passato, lasciai da parte i ricordi negativi e evitai anche di preoccuparmi del futuro. Nella mia testa c’era solo lo spazio per il presente: noi eravamo il presente. Era questo che importava.





Ringraziamenti:
-- wonderwall: Giùùùù! Te l'ho già detto che sei un tesoro? Pure qui <3 Spero ti sia piaciuto il capitolo, un bacio.
-- Beeble: sono contenta di averti fatto scoprire una nuova canzone! Grazie di seguirmi sempre :]
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Cip93