Ed eccomi qua a pubblicare il sesto
capitolo… avviso ai naviganti, è un po’ lunghetto, anzi lo è parecchio quindi
equipaggiatevi bene, perché sono previste lunghe ore (non terrorizzatevi…).
Ringrazio le lettrici silenti e
soprattutto eminae e bebe che
recensiscono…
Ah! Piccola nota: avrete notato che nel
precedente capitolo, compare un certo DUNCAN… in realtà è stato un cambio di
nome a HUGH, solo che la sottoscritta ha lasciato qualche HUGH inalterato a
causa della demenza senile della sottoscritta, per cui chiedo venia a tutte.
Bene, dopo questo sproloquio, vi lascio
alla lettura del capitolo… besitos,
Klood
THERE’S NO PLACE LIKE LONDON
CAPITOLO VI
Q |
uel mattino, fu Orlando a svegliarsi per primo, sentendosi
estremamente rilassato e tranquillo; aveva dormito divinamente, come non gli
era capitato da tempo. Continuò a bearsi di quella meravigliosa sensazione ad
occhi chiusi, fin quando non percepì qualcosa appoggiata sopra di lui. Aprì di
colpo gli occhi, ritrovandosi nella stanza degli ospiti di casa Wollstonecraft,
e abbassando lo sguardo trovò Juliet ancora addormentata che sorrideva serena,
persa in chissà quale sogno, abbracciata a lui che la teneva stretta a sé. Si
chiese quando fosse arrivata lì e come fosse riuscito a sentirne la presenza
tanto da ritrovarsi la mattina in quella posizione incredibilmente pericolosa
per lui, ma allo stesso tempo meravigliosamente unica: le loro gambe erano
intrecciate le une alle altre ed i loro corpi erano incastrati alla perfezione,
tanto da far fantasticare la mente dell’attore. S’immaginò svegliarsi tutte le
mattine così, trovandosela tra le braccia ancora nel mondo dei sogni; andare in
cucina a preparare la colazione per entrambi; portarla nella stanza e svegliarla
dolcemente, vedendola aprire gli occhi castani stringendosi a lui per non
vederlo scappare via di fretta.
In un attimo di razionalità cacciò via quelle
immagini tornando alla realtà quel tanto che bastava per ricordargli che per
quel giovedì aveva tassativamente obbligato Aileen a disdire qualsiasi impegno
avesse, lasciandogli un giorno di totale libertà, con la promessa di buttarsi a
capofitto nel lavoro dal giorno seguente; aveva deciso di riprendersi il suo
posto di attore con le unghie e con i denti, volendo dimostrare al mondo quello
che era veramente, un attore in gradi di dare tanto, e non solo il ragazzo dal
bel faccino ultimamente più dedito al gossip che alla recitazione. Con questi
pensieri, si accomodò meglio nel letto, stringendo Juliet a sé, e mentre le
accarezzava la schiena delicatamente con il sorriso stampato sul volto, chiuse
gli occhi, cadendo nuovamente tra le braccia di Morfeo.
Fu il trillo del telefono a svegliare Juliet
qualche ora dopo; si mosse nel letto per un po’ prima di realizzare che non
stava sognando. Aprì stancamente un occhio, sbuffando: l’ultima cosa che voleva
fare era sciogliersi da quell’abbraccio. Sentiva chiaramente il braccio di
Orlando stringerla a sé, mentre l’altro era steso sopra la sua testa; dalla
posizione in cui si trovava, veniva pervasa dal suo odore e dal calore che
emanava la sua pelle… avrebbe dato qualsiasi cosa per poter restare sotto le
coperte, ma quel maledetto telefono continuava a trillare senza sosta, così la
giornalista si alzò dal letto, senza svegliare Orlando, e andò nell’ingresso,
prendendo il cordless tra le mani e andando in camera sua.
“Pronto?”
“Juliet, sono Caroline.” le rispose la voce
allegra della segretaria.
La giornalista roteò gli occhi, quando si accorse
di una carpetta con un biglietto sopra.
Nonostante
gli anni siano passati, sono ancora in grado di calarmi nel ruolo di Romeo…
sono ancora nel pieno delle forze!!!!!!!!!!
Tornando a
noi, mi sono permesso di entrare nella tua stanza per fare una consegna
speciale. Spero gradirai…
Giusto per
informarti; visto che avrai dormito con mio cugino (è una supposizione, giuro
che non ho spiato), preparati ad un cazziatone di prima mattina. Per evitarlo
consiglierei una bella colazione a letto…
Io il mio
sporco lavoro l’ho fatto, per entrambi…ora vedete di darvi voi una mossa.
Bacio,
Sebastian.
P.S. Ho
mandato una copia delle foto in redazione…
Mentre leggeva il biglietto, sorrise, per poi
rispondere a Caroline.
“Ti ricordo che è il mio giorno libero, e detesto
che mi si parli di lavoro.” la avvertì, ricordandosi che quello era il primo
giorno libero che si era presa negli ultimi due anni. In redazione avrebbero
potuto fare a meno di lei per un giorno, ma a quanto pare non era così.
“Scusami tanto, davvero, ma la McMiller ti ha fatta
chiamare. Sembra abbia urgente bisogno di parlarti… riguardo l’intervista.”
“L’ho terminata; sarei venuta a consegnarla nel
pomeriggio.” La interruppe, mentre apriva la carpetta, contenente le foto del
servizio di Orlando, sviluppate su fogli in formato A4. Guardandole
attentamente notò l’atmosfera totalmente casalinga e per certi versi normale che quelle foto esprimevano,
soprattutto grazie ad Orlando, che non sembrava nemmeno accorgersi
dell’obbiettivo puntato su di lui. Era in quei momenti che riusciva a tirare
fuori quello che era veramente, attraverso piccoli gesti ed espressioni di cui
lui solo era capace. Le ultime foto lo ritraevano in compagnia di Sidi; Juliet
non poté fare a meno di notare i tratti distesi e sereni che si avvicendavano
sul volto dell’attore, ed il suo inimitabile sorrido, che la donna trovò
affascinanti. In quegli scatti era di una bellezza disarmante…
Jules si bloccò per un attimo; aveva appena
definito il suo migliore amico con le stesse parole che aveva usato da
adolescente. Ripensò a quegli ultimi giorni focalizzandosi sul loro rapporto, e
capì. Capì il motivo per cui quella notte non aveva dormito nella sua stanza;
perché quella mattina non voleva alzarsi dal letto… quella famosa cotta che lei
aveva definito come stupida, era
cresciuta… si era innamorata di lui.
“Che casino…” le uscì, di getto.
“Ma mi stai ascoltando?” le chiese Caroline, in un
leggero tono di rimprovero.
“Scusa, mi ero persa nei miei pensieri.”
Sentì la segretaria sospirare.
“Ho detto che è probabile che tu debba fare delle
aggiunte all’intervista. Fiona ha del materiale a riguardo. Non posso
parlartene al telefono; devi essere qui al più presto.”
“Non prima di un’ora…” si arrese, chiedendosi cosa
avesse quella gallina isterica di Fiona di tanto interessante da farle perdere
il giorno libero.
“Ok, avviso la McMiller. A dopo.” E riattaccò.
La giornalista salutò la sua segretaria per poi
posare il telefono sul letto, accanto alla carpetta che le aveva portato
Sebastian. Era aperta su una delle tante foto raffiguranti Orlando ed il suo
cane. Guardandola per l’ennesima volta si passò le mani tra i capelli; quella considerazione l’aveva
completamente colta impreparata ed incapace di reagire. Pensava che quella
stupida cotta fosse sparita anni prima, mentre invece era solo rimasta sepolta
per tutti quegli anni, alimentata da quell’amicizia, che l’aveva nutrita e
fatta crescere, trasformandola in un sentimento pronto a palesarsi
all’occasione propizia. Ed eccola lì, l’occasione; e come si era presentato
davanti ai suoi occhi, così chiaro e limpido, lei ne aveva preso coscienza,
come se dentro di sé sapesse che prima o poi sarebbe accaduto. Ora era giunto
il momento di affrontare quella situazione, nel bene, o nel male, dovunque
l’avrebbe portata.
Con un movimento veloce, prese in mano la carpetta
e il telefono, che ripose nell’ingresso. Scese le scale, avviandosi in salotto
dove mise le foto sotto l’intervista all’interno della carpetta gialla, che
portò con sé in cucina. Lì preparò una veloce colazione a base di caffè, latte
e biscotti che mise s un vassoio (sul quale aveva già posato la carpetta)
portandolo al piano di sopra.
Quando aprì la porta della stanza degli ospiti,
Orlando era ancora beatamente addormentato, abbracciato al cuscino come l’aveva
visto la notte prima. La tentazione di tornare sotto le coperte ad abbracciarlo
era fortissima, ma resistette ricordandosi del suo impegno lavorativo. Piano,
iniziò a svegliare, l’attore, chiamandolo per nome e scuotendolo delicatamente.
Dopo qualche secondo aprì un occhio, ancora mezzo addormentato. Trovandosi
davanti il viso sveglio e sorridente di Juliet pensò per un attimo di essere
ancora nel mondo dei sogni.
“Ancora cinque minuti…” protestò, affondando la
testa nel cuscino che aveva ancora l’odore della ragazza…sorrise pensando che
sarebbe restato lì a vita.
A quella visione Juliet contenne le risate;
nonostante gli anni era rimasto il solito dormiglione da svegliare con le
buone… Sebastian come al solito ci aveva visto giusto.
“Ti sono concessi.” gli rispose, avvicinandosi al
suo viso. “Io purtroppo però devo scappare; sembra ci sia una sorta di
emergenza in redazione e mi vogliono lì.” gli spiegò, dispiaciuta.
Orlando alzò la testa. “Non puoi mandarli a
fanculo tutti, e prenderti un giorno di pausa?”
“Era quello che avevo fatto, ma il mio capo vuole
assolutamente vedermi.” sospirò. “Non sai quanto avrei voluto restarmene a
letto.” si sbilanciò, per poi tornare seria. “Spero di farmi perdonare con la
colazione.” concluse, andando a recuperare i jeans e le scarpe.
L’attore si mise a sedere sul letto, appoggiando
la schiena contro i cuscini, osservandola mentre si vestiva in tutta fretta,
pensando a quanto avrebbe voluto fermarla e confessarle tutto; ma aveva ancora
troppa paura della sua possibile reazione. Continuò ad osservarla, rapito da
quei movimenti così semplici ed eleganti, finché lei non si voltò verso di lui.
Vedendo che aveva assunto un’espressione piuttosto sbattuta a triste, si mise a
sedere sul letto accanto a lui, mettendogli un biscotto in bocca.
“Non sto andando in guerra, e ho serie intenzioni
di recuperare questi 6 anni…” e gli scompigliò i capelli “Quindi stai in
campana, Bloom.”
“Da domani sarò pieno d’impegni; avevo preso il
giorno libero apposta.” si lamentò, facendo il labbrino come un bambino.
“Vorrà dire che usciremo quando sai libero. C’è
sempre la sera, e soprattutto la notte.” osservò, alzando un sopracciglio.
Quante volte da ragazzi erano usciti la notte all’insaputa dei rispettivi
genitori, combinandone di cotte e di crude. “Poi devi venire in redazione per
darmi il nulla osta per la pubblicazione.” e gli diede le chiavi di casa in
mano. “Lasciale a casa dei tuoi. Passo a prenderle io appena ho due minuti.”
Si avvicinò quel tanto per baciargli una guancia,
appoggiando una mano sull’altra. Poi si staccò e con un occhiolino lo salutò
catapultandosi fuori di casa.
Dopo 40 minuti, si ritrovò davanti alla redazione
di Vogue: era la prima volta in
assoluto che si presentava in jeans e t-shirt, ma non le importava nulla; fosse
stato per lei sarebbe stata ancora a Canterbury. Parcheggiò la moto ed entrò
nel palazzo: ricevette parecchie occhiate stupite dal look di quel giorno, ma
non se ne curò particolarmente, facendo rotta verso il suo ufficio. Fuori vi
trovò Caroline, seduta alla scrivania, che non appena la vide si alzò
strabuzzando gli occhi.
“Qualunque commento sui miei abiti può essere
posticipato.” iniziò, frenando qualsiasi domanda della segretaria.
“La McMiller e Fiona ti attendono in sala
riunioni.” le spiegò, mentre Juliet le porgeva casco e giubbotto, e tirava
fuori dalla cartella una carpetta verde.
“Ottimo, ma posso sapere che è successo?” chiese,
consegnando a Caroline anche la cartella.
“Te ne parleranno loro.” fu l’unica risposta.
“Ho capito; è successo un qualche casino. Io vado
e qualunque telefonata arrivi per me, fingi che io non ci sia. E se sono i
miei, digli che sono in riunione e che li richiamo.”
Detto ciò si avviò verso la sala riunioni, dove
trovò il suo capo assieme alla collega Fiona Richardson, responsabile del settore
moda nonché giornalista con uno spiccato senso del gossip. Aveva iniziato a
carriera in quel settore, poi era stata trasferita, prima ancora che Juliet
venisse assunta; a quanto pareva le piaceva parecchio lo scoop anche
all’interno del suo luogo di lavoro.
Era sempre perfetta, in qualsiasi situazione si
trovasse; i lunghi capelli biondi sempre legati in una coda alta, il trucco mai
sbiadito, gli abiti sempre perfetti come appena stirati. Più volte Juliet si
era chiesta se non passasse più tempo a rendersi così maniacalmente impeccabile
piuttosto che a lavorare. Com’era prevedibile, le due non erano mai andate
d’accordo, e per Fiona ogni occasione era buona per rovinare la reputazione
della collega.
“Scusate il ritardo e l’abbigliamento, ma ero a
casa dei miei genitori e sono venuta direttamente in ufficio.” esordì
quest’ultima, vedendo il sorriso beffardo della collega farsi largo sul suo
viso.
“Non ti preoccupare,” le sorrise il suo capo. “la
tua dedizione al lavoro è impeccabile come al solito.
E questo è
un punto per me, stronzetta… pensò Jules sorridendo,
mentre veniva fatta accomodare.
“Allora, cos’è tutto questo mistero?” chiese.
Il ghigno sul volto di Fiona, che era sparito per
un attimo, tornò a farsi largo, mentre la McMiller passò alla giornalista una
carpetta.
“Come sai, Fiona e Diane erano presenti al party
di Paris Hilton a LA.” iniziò. “Queste sono alcune
foto.” e indico la carpetta.
Quando Juliet la aprì, l’impulso di spalancare
occhi e bocca fu fortissimo, ma riuscì a trattenersi. Questo sì che è un gran casino, si trovò ad osservare, mentre
l’ultima foto le apparve davanti agli occhi; quella volta non riuscì a
trattenere un sospiro. Cercò di trovare dentro di sé la fredda ed impassibile
giornalista di cui aveva un disperato bisogno in quel momento e dopo un ultimo
respiro, alzò lo sguardo, incontrando quello del suo capo e di una
soddisfattissima Fiona.
Se speri di
incasinarmi la vita, cocca, hai sbagliato.
“Ne sapevi qualcosa?” le chiese la prima.
“No.” negò Jules, stupendosi lei stessa del tono
con cui le aveva risposto.
“Queste foto sono scattate anche da People; ho parlato con il loro capo
redazione e mi hanno detto che se ne occuperà Jane Banks.” riprese il capo.
Perfetto, ci
mancava solo Jane in questo casino…
“Visto lo scoop, pensavo di affidarlo a Diane, che
era presente. Fiona si occuperà come al solito del settore moda.” continuò la
McMiller. “Per quanto ti riguarda, hai qualche idea?”
Eccoci. Di
sicuro vorrà una confessione; infondo non può mica buttare uno scoop come
questo e lasciare l’esclusiva a People… non con l’intervista in primo piano.
“Posso convocarlo in ufficio e provare a
chiedergli chiarimenti, ma è stato ermetico a riguardi ieri… non so cosa possa
venirne fuori.” fu la risposta della giornalista, che consegnò la carpetta
verde al suo capo. “Questa per ora è l’intervista completa. Ho aggiunto le foto
che mi sembravano più adatte; mi sono arrivate via e-mail da Copeland.”
“Oggi sono arrivati gli scatti sviluppati in
redazione.” le spiegò l’altra, prendendo la carpetta. “Ti faccio sapere nel
pomeriggio se servono modifiche. E quella puoi tenerla.” concluse, indicando la
carpetta aperta su quell’ultima foto. Dulie la chiuse e si alzò tranquilla,
come se nulla fosse successo.
“Se non c’è altro, io vado a fare il mio lavoro.”
Sentenziò, con un sorrido che fece innervosire Fiona ancora di più; oltre a non
aver scalfito minimamente la collega, non avrebbe nemmeno potuto occuparsi
dello scoop.
“Puoi andare.” confermò la McMiller.
Con un ultimo saluto, la giornalista uscì dalla stanza,
con la carpetta incriminata tra le
mani; avrebbe voluto gettarla fuori dalla finestra, o nel primo cestino
disponibile, ma sapeva bene che sarebbe stato totalmente inutile. Quelle foto
erano forse l’unico mezzo per riuscire nel suo scopo.
Arrivata davanti all’ufficio, si fece dare da
Caroline il numero dell’agente di Orlando, per poi pregarla di non disturbarla.
Dopo di ché entrò nel suo ufficio, lasciandosi cadere sulla sedia;si sentiva a
pezzi, come se la vista di quelle foto ed il suo totale distacco fossero stati
spossanti come una lunga scalata a mani nude. Si fece forza e dopo un respiro
profondo compose il numero, mentre scriveva un sms a Viola.
Ho
intenzione di mandare a puttane la carriera e questi ultimi 22 anni da qui alla
fine del mio orario di lavoro…
Le
spiegazioni al termine della missione…wish me luck!* :P
Julesxx
Dopo una paio di squilli la voce di Robin rispose.
“Salve,” iniziò Jules, mostrandosi tremendamente
professionale. “sono la giornalista Juliet Wollstonecraft, della rivista Vogue. Volevo informarvi che l’articolo
è quasi pronto e gradirei alcuni chiarimenti dal signor Bloom, oltre che un suo
parere.”
“Purtroppo oggi non è reperibile, e sarà impegnato
fino a lunedì.” le rispose cortesemente Robin.
Peccato che l’unico
motivo per cui aveva preso il giorno libero sia qui con te al telefono…
“Può farmi il piacere di informarlo e chiedergli
se possiamo vederci in giornata? E’ una questione piuttosto urgente.”
insistette, supplicandola.
“Proverò…” le disse l’agente, chiedendosi il
perché di tutta quell’urgenza.
“Grazie! Mi faccia chiamare in ufficio…” la
ringraziò la giornalista, per poi congedarsi.
Chiusa la conversazione trovò un messaggio di
Viola
Complimenti!
Mi chiedo cosa tu possa aver combinato.
Attendo una
chiamata…
Baci,
Vioxx
Passarono una decina di minuti, prima che il
telefono squillasse di nuovo.
“C’è Bloom al telefono.” l’avvisò Caroline,
dall’altro capo.
“Passamelo…”
Aspettò che la segretaria riagganciasse il
telefono prima di parlare.
“Mr. Bloom…”
“Che sta succedendo?” la interruppe lui,
preoccupato.
Sin dal mattino aveva intuito che c’era qualcosa
che non andava, così dopo aver sistemato tutto in casa Wollstonecraft, era
tornato a Londra, doveva aveva ricevuto la chiamata di Robin che dava conferma
ai suoi sospetti. Aveva capito che le era successo qualcosa di grave,
altrimenti non l’avrebbe mai chiamato. Così si era precipitato verso la
redazione senza pensarci due volte.
Dall’altro capo del telefono, Juliet chiuse gli
occhi, mentre sentiva di non riuscire a sopportare più quel peso.
“Ho bisogno che tu venga qui in ufficio al più
presto.” Gli disse, seppellendo la giornalista, e fregandosene di dove si
trovava, mentre le saliva un tremendo groppo in gola.
“Sono già qui vicino, Jules. Cinque minuti e sono
lì.” La rassicurò, mentre accelerava il passo.
“Grazie…” concluse lei, mentre il groppo in gola
si stava sciogliendo attraverso le lacrime, prima di chiudere la conversazione.
Mentre attendeva l’arrivo del suo migliore amico,
la giornalista cercò di calmarsi tornando alla sua professionalità, e
scacciando le lacrime che erano scese, nonostante si fosse imposta di rimanere
tranquilla; doveva mostrarsi quantomeno distaccata da tutta quella faccenda
altrimenti non avrebbe ottenuto nulla. Da quando aveva visto le foto per la
prima volta, sapeva cosa doveva fare e in che modo.
Pochi istanti e bussarono alla porta.
“Avanti...”
La porta si aprì e ne comparve Caroline. “C’è qui
Orlando Bloom.”
Juliet sorrise. “Fallo pure accomodare…”
La segretaria ubbidì, facendo spazio ad Orlando,
vestito come la sera precedente: portava una camicia chiara, jeans larghi a
vita bassissima e scarpe da tennis. Sorrise a Caroline per poi entrare in
quell’ufficio, dove l’attendeva la donna che meno di 24 ore prima l’aveva
intervistato, tirando fuori quell’articolo che aveva letto poche ore prima, in
esclusiva, ancora seduto nel letto intento a fare colazione.
Richiuse la porta dietro di sé prima di muovere un
passo in direzione della scrivania, dove spiccava il mazzo di fiori gialli.
“Miss Wollstonecraft.” La salutò.
“Mr. Bloom, la ringrazio per essere venuto.”
Iniziò lei, alzandosi dalla sedia, lanciando istintivamente un’occhiata
divertita alla freccia, dietro di lui. Notando quell’occhiata, l’attore si voltò
e alzando gli occhi sopra la porta, rimase basito. Appesa alla parete c’era una
sua freccia; e non una a caso, ma quella con cui aveva ucciso Peter Jackson durante la sequenza dei corsari di Umbar
presente nella extended cut di The Return of the
King. Era stato il regalo che le aveva fatto a fine riprese.
Si era voltato per commentare la presenza della
freccia in quell’ufficio, quando li vide: i due teschi e i vari pezzi di
artiglieria sparsi qua e là sulle mensole.
“A parte che quello” e indicò uno dei due teschi,
“è un prestito, e come tale devi restituirlo al suo legittimo proprietario; poi
non mi sembra che tu tenga molto ben nascoste la tue amicizie.” le fece notare,
ironico, alzando un sopracciglio.
Jules sorrise divertita, facendogli cenno di andare
accanto a lei di fronte alle mensole. Quando se lo trovò affianco, girò i due
teschi; su entrambi i crani c’erano delle scritte. La prima era in inglese,
mentre la seconda era scritta con caratteri eleganti che Orlando riconobbe
immediatamente.
Lesse prima la dedica sul teschio più vicino a
lui, che era in inglese.
Il tuo
ragazzo è un fifone, il tuo migliore amico manco ti pensa quando fa il
ladruncolo da quattro soldi… mi chiedo cosa ci stai a fare con loro, quando hai
a portata di mano uno come me!!!
In ricordo
di questa fantastica esperienza,
Billy.
Poi si fece passare l’atro cranio, in cui impiegò
più tempo, dovendo tradurne il contenuto in quella lingua che non usava più da
lunghi anni.
Alla
principessa britannica, i cui occhi vedono ben oltre i tempi moderni, affinché
trovi la sua strada attraverso le insidie di questo mondo e possa un giorno
sedere sul trono costruito per lei, accanto al suo re.
Juliet, vanimelda, namarië!*
Infondo ad essa, una scritta in inglese.
P.s. Al primo di voi due che si
lamenta del regalo, giuro che vengo di persona a staccargli un dente, e
rompergli le costole una ad una (fatti realmente accaduti sono VOLUTAMENTE
messi in evidenza… :P)
Viggo.
L’attore sorride; mentre a Jules aveva regalato
quel teschio, a lui Viggo aveva donato una copia dell’anello di Barahir. Ovviamente Orlando, che a quell’epoca era ancora
ventenne, si era lamentato definendo il suo anello un regalo da donna, mentre quello di Juliet una patetica scusa per fare l’idiota. Viggo però non aveva
mantenuto la promessa di rompergli qualcosa; la mattina dopo il giovane attore
si era trovato le scarpe completamente inzuppate e tutti i vestiti nascosti per
la casa. Ci aveva impiegato 2 ore per trovarli tutti, e ne aveva altrettante
per fare le valigie, visto che quel pomeriggio sarebbe tornato a casa dopo 18
mesi passati in Nuova Zelanda.
Juliet al contrario aveva apprezzato il suo dono
come anche quello di ogni altro componente di quella squadra si pazzi, e di
conseguenza non era stata sottoposta alla tremenda vendetta di Viggo.
“Alla fine ho dovuto buttarle quelle scarpe.”
osservò lui a voce alta.
“Se non sbaglio, qualcuna te la ha poi regalate il
Natale dopo.” gli rispose.
“Già… comunque non trovo giusto che ci siano solo
i regali miei e di Viggo.” protestò.
Juliet roteò gli occhi. Possibile che non gli
andasse mai bene nulla?
“In casa mia la freccia non centrava una mazza,
quindi l’ho spostata qui; ed il teschi era più bello qui, in coppia con la refurtiva di Billy.” gli spiegò “Quindi
come vedi il tuo teschio non ce l’ho io. Per me Sonia l’ha messo da qualche
parte.” molto probabilmente nel primo
cestino che si è trovata davanti… “E smettila di fare osservazioni
inutili!”
Gli sorrise, e dopo aver riposto i teschi, si
voltò verso la scrivania, prendendo tra le mani la carpetta.
“A proposito di perspicaci osservazioni, che mi
dici di queste?” chiese, porgendogliela.
Quando l’attore l’aprì, non poté far altro che
chiudere gli occhi, lasciandosi scappare un sospiro. E pensare che aveva
creduto di trovare Juliet in quello stato per colpa di qualche collega, o del
suo capo che voleva farle riscrivere l’articolo; di certo non pensava che la
ragione lo riguardasse direttamente.
Guardò quelle foto una ad una, dando conferma ai
suoi sospetti: ormai tra lui e Miranda era finita. Non erano mai stati la
coppia perfetta di cui tutti parlavano, ma loro stessi –Orlando soprattutto-
alla fine ci avevano creduto; non si erano mai amati e quelle foto stavano
mostrando all’attore i suoi errori per l’ennesima volta. Questa volta però non
poteva scappare: doveva alzare lo sguardo, incontrare quello di Jules e dirle
tutto, dall’inizio alla fine. E così fece. Chiuse la carpetta, la mise sulla
scrivania, e puntò i suoi occhi dritti in quelli della giornalista.
Stava per parlare, quando due dita si posano sulle
sue labbra, delicatamente, quasi accarezzandole. Per lui fu durissimo non
perdere la concentrazione, abbandonandosi a quello che gi comandava il cuore,
ma ancora una volta resistette.
“Sono state scattate a Los Angeles.” iniziò, e vide
il volto dell’attore farsi sorpreso. “A quanto pare è tornata dall’Australia.”
osservò. “Comunque, anche People è in
possesso di quelle foto. Il mio capo mi ha comunicato che se ne occuperà Jane
Banks, mentre da noi Diane Brown scriverà l’articolo;
sono entrambe ottime giornaliste nel loro campo, oltre che parecchio
obbiettive.”
Fece una pausa, prima di continuare, tenendo
sempre le due dita sulle sue labbra.
“Non posso vietare la pubblicazione; sei il volto di
copertina. Però posso fare un’altra cosa; aveva assicurato a Robin che non
avrei fatto domande dirette riguardo la tua vita privata, e a ciò mi attengo.”
“Scusa patetica, Jules…” osservò lui, spostandole
la mano.
“Non per il mio capo. Le dirò che ti ho mostrato
le foto, provando a farti qualche domanda a riguardo, ma senza ottenere nulla
di ché; e non ho insistito troppo in virtù dell’accordo pattuito con la tua
agente.”
“Quindi non vuoi una confessione nell’articolo?
Vendereste molto di più.” osservò lui, sorridendo.
“Non mi interessa venderti al mondo come
l’innocente attore inglese cornificato dalla sua dolce ed amorevole ragazza
australiana.” gli rispose. “Anche perché se vogliamo dirla tutta, era ora;
finalmente paghi per tutte le corna che mai messo alle tue ex, Viola esclusa.”
Orlando alzò gli occhi al cielo divertito. “Sappi
che non tutt’è oro quel che brilla…” inarcò un sopracciglio. “Non sto con
Miranda da due mesi ormai. Dovevamo dare un comunicato stampa la prossima
settimana; ma a quanto pare, mi sono risparmiato questa idiozia.” concluse,
guardando Juliet, stupefatta da quella inaspettata confessione. Aveva gli occhi
spalancati ed un’espressione che non riuscì a decifrare, ma gli infuse la forza
necessaria per concludere. Si avvicinò a lei, e sfiorò con le labbra il suo
orecchio sinistro.
“Viola è stata fortunata; non avevo il coraggio di
provarci con quella che mi piaceva…nemmeno dopo che ci siamo lasciati.” le
sussurrò, per poi staccarsi.
L’espressione della giornalista era tranquilla,
come se quel contatto e quelle parole non l’avessero nemmeno toccata. Lì per lì
Orlando ne rimase parecchio turbato, ma non aveva intenzione di darsi per
vinto; tuttavia non reputava che quella fosse la situazione adatta per andare
oltre.. così le sorrise e andò verso l’uscita.
In realtà, per Jules era stata un’impresa non
reagire alla confessione e al contatto di quelle labbra sul suo orecchio. La
frase che le aveva sussurrato l’aveva appena udita, troppo intenta a non
mostrare le sensazioni che le aveva procurato.
Vedendolo andarsene, gli andò incontro, e quando
era a pochi passi da lui, lo afferrò per un braccio, pochi attimi prima che
aprisse la porta. Cogliendolo di sorpresa, riuscì ad attirarlo a sé, e
alzandosi sulle punte dei piedi, gli sfiorò le labbra in un morbido bacio; si
staccò pochi secondi dopo, sorridendogli. L’attore, dal canto suo, era ancora
parecchio stordito da quel gesto… piacevolmente stordito, dovette ammettere con
sé stesso.
“Mr. Bloom, la ringrazio per il tempo che mi ha
concesso.” gli disse, tornando la fredda giornalista, mentre apriva la porta
dell’ufficio.
“La ringrazio già in anticipo, Miss
Wollstonecraft.” le rispose, lievemente irritato.
E poi dicono
che non è capace di recitare… vorrei che quei critici lo vedessero ora...
I due si salutarono con una stretta di mano
abbastanza formale, sotto gli occhi di un’attenta Caroline che però non aveva
notato nulla di anomalo; Orlando se ne andò, salutando cordialmente la
segretaria, per poi dirigersi verso l’ascensore, dove, una volta chiuse le
porte, si lasciò andare in un sorriso, sereno e felice, passandosi
istintivamente la lingua sulle labbra che avevano ancora il suo dolcissimo
sapore.
Juliet lo osservò qualche secondo, prima li
lanciare un’occhiata irritata a Caroline, tanto per farle capire cos’era
successo, prima di tornare nel suo ufficio. Arrivata lì si lasciò nuovamente
cadere sulla sedia, sorridendo; aveva agito talmente d’istinto che era rimasta
inizialmente stupita di sé stessa.
Guardò l’orologio di fronte a lei: erano le 11.30.
Stava pensando di chiamare Viola ed invitarla a pranzo, quando il telefono
squillò. Era il suo capo.
“Ho appena terminato l’articolo.” le spiegò. “Non
pensavo che avresti scritto una cosa simile.”
“Nemmeno io, prima di entrare in quella casa; e
non penso che nemmeno lui se l’aspettasse.” le rispose.
“È veramente bello…e reale…” osservò. “Hai fatto un ottimo lavoro, come al solito.”
Direi anche
meglio, visto che non hai capito il rapporto che intercorre tra noi.
“Grazie; avrei voluto fare di meglio, ma è stato
ermetico poco fa e con la sua agente avevo accordato di non indagare troppo
sulla sua vita privata.”
“Fa niente; almeno ci hai provato.”
Come no… ci
ho provato in ben altro senso.
“Giusto. Quindi l’articolo va bene?”
“Assolutamente sì.” le confermò la McMiller.
“Ottimo! A questo punto mi prenderei il pomeriggio
libero.”
“Accordato; e penso che tu possa prenderti il
giorno libero per la giornata di domani. Infondo oggi non hai potuto goderne.”
Juliet sorrise. “Allora ne approfitto. Grazie.”
“Grazie a te per la disponibilità.”
Le due donne si salutarono, e non appena riattaccò
il telefono, la giornalista telefonò a Viola, che le rispose poco dopo.
“E dire che mi sembrava una missione impossibile.”
“Ma io sono mille volte meglio di Tom Cruise… comunque,
ti offro il pranzo, se hai tempo e soprattutto voglia di avermi tra i piedi.”
“Dipende che pranzo.”
“Fish and chips?”
“Andata; almeno mangio schifezze buone e non
orride come quelle della mensa.”
“Dammi una ventina di minuti e sono da te.”
Detto ciò si salutarono e Jules mise la carpetta
in cartella, infilò il giubbotto, prese il casco, e uscì dall’ufficio. Spiegò
tutto a Caroline e si congedarono.
Dopo 20 venti minuti esatti, era davanti
all’ospedale, attendendo la sua migliore amica appoggiata alla moto, con il
casco sul cruscotto. Scrutava i volti delle persone che entravano ed uscivano,
chiedendosi perché in un mondo così avanzato, bastava un fabbricato per
cambiare la vita delle persone, donando speranza o distruggendola interamente.
Pochi istanti e dalla porta ne uscì Viola, avvolta
nel cappotto.
“Ma tu non eri al lavoro?” le chiese squadrandola.
“E da quando in qua non posso andare al lavoro
vestita così?”
Il chirurgo sorrise. “Non so perché ma sento che
sarò entusiasta di sapere cos’hai combinato. Lo sento…”
“Nell’aria,
nell’acqua, e nella terra. La conosco quella battuta.” la interruppe Jules.
“Guarda che sei tu che citi quel film, non io.”
osservò l’altra. “E ora forza, andiamo a mangiare che sono curiosa.”
“Non sarai entusiasta…”
“Io dico di sì. Scommettiamo?” le chiese. “Anzi,
meglio di no. Una mi basta.”
La giornalista la guardò interrogativa.
“Un giorno lo scoprirai…forse…” le rispose,
criptica, Viola.
Così si avviarono insieme verso un locale dove
ordinarono fish and chips e
due birre. Mentre aspettavano, Juliet iniziò.
“Quale parte della missione vuoi sentire prima?”
“La prima, ovvio.”
Detto ciò, la giornalista passò la carpetta
all’amica, che rimase basita alla vista delle foto.
“Sono state scattate a LA qualche giorno fa.
Sabato sera, credo. Avevo quasi pensato di non farle pubblicare, ma poi mi sono
detta che mi avrebbero licenziata. Così ho avuto un’idea migliore.”
“Ovvero?”
“Che pubblichino pure quelle foto; sia Vogue che People. Diane e Jane non possono negare i fatti. E la mia intervista
farà il resto.”
Viola la guardò incuriosita.
“Non c’è una singola critica, se non qualche
piccola provocazione, in tutto l’articolo. Non credo di avere mai elogiato
qualcuno quanto lui, se non DiCaprio.” si spiegò meglio Jules.
Il chirurgo sorrise. “Sei tu che non ti fidi prima
di tutto delle tue capacità, poi di quello che ti dicono gli altri. Lui come
l’ha presa?”
“Non stanno più insieme da un pezzo ormai;
dovevano dirlo al mondo la prossima settimana, ma lei l’ha preceduto.” le
rispose.
“…interessante…”
“Vio, per la miseria, mi spieghi che sono tutti
questi misteri? Sono la tua migliore amica e mi sembra di parlare con
un’estranea.” si lamentò Juliet.
L’amica richiuse la carpetta,restituendola alla
giornalista, che la ripose nella cartella.
“Allora, me lo dici o no di che stai parlando?” la
incalzò.
“Prima finisci di raccontarmi della missione, poi
forse ti dirò qualcosa.”
Jules sospirò; se inizialmente le sembrava la cosa
migliore, ora non ne era più tanto convinta. Aveva paura, perché sarebbe stata
una chiara ammissione di ciò che aveva tenuto nascosto persino a sé stessa in
quegli anni.
“Quando Orlando è venuto in ufficio l’ho visto
preoccupato” iniziò, “e pensavo che sapesse già delle foto. Il fatto è che non
era quello il motivo! Penso che la causa fossi io; non avrei mai voluto che
quelle foto venissero pubblicate. Quando ho sentito la sua voce al telefono
sono crollata, per un attimo, ma ho sentito il peso di quella notizia.”
Viola l’ascoltava attentamente, mentre un sorriso
si allargava furtivo.
“Quando è arrivato abbiamo cominciato a divagare,
e sulle foto non ci siamo nemmeno dilungati!” continuò.” E io non lo so perché,
o meglio lo so eccome, ma quando se n’è andato non ci ho visto più, e prima che
aprisse la porta l’ho fatto.” Concluse, alzando solo in quel momento lo sguardo
verso la sua migliore amica, che la guardava con un sorriso impertinente e
divertito.
“E di grazia, cos’avresti fatto?” le chiese,
conoscendo forse già la risposta.
“Cazzo, Vio; giuro che ti prenderei a randellate
ora! Sembra di parlare con un alieno venuto da un’altra galassia! In che lingua
ti devo dire che l’ho baciato?!” esclamò al colmo della frustrazione.
Il chirurgo la guardò per qualche istante,
osservandola attentamente. Poi prese il telefono e compose un numero.
“Due parole…” le disse, avvicinando il cellulare
all’orecchio. “Era ora!”
“Coosa???” le chiese Juliet, capendoci sempre di
meno; quella sua domanda restò tale, perché dall’altra parte avevano risposto.
“Salve, Bastian!” esclamò pimpante l’altra donna.
Sebastian??
E che cavolo centra lui?
“Posso rendere partecipe anche Jules della
conversazione?...Oh, ottimo!” e spostò il cellulare dall’orecchio, premendo il
pulsante del vivavoce.
“Eccoci!”
“Ciao Juliet!” la salutò la voce di Sebastian.
La giornalista rispose al saluto e stava per
chiede cosa stesse succedendo quando fu interrotta.
“Jules…” la salutò la voce flebile ma chiara di
Orlando.
Io Viola la
uccido questa volta!
“Bando alla ciance!” interrupe il silenzio
quest’ultima. “Bast, spero che le tue finanze siano
salde.”
“Perché?” le chiese, mentre Orlando e Juliet ci
capivano sempre meno.
“Mi devi quelle famose 100 sterline!” esclamò lei tutta contenta.
Per un attimo calò il silenzio; Juliet si chiedeva
su cosa la sua migliore amica avesse scommesso con il fotografo, anche se
cominciava a temere il peggio. La risposta non si fece attendere molto.
“Che palle, Orlando! Ma possibile che anche quando
sei in vantaggio perdi?!” lo rimproverò suo cugino.
“Se non cominciate a spiegarvi voi due giuro che
vi mando tutti a quel paese!” lo minacciò Juliet, lanciando un’occhiataccia a
Viola.
“Mi aggrego!” asserì Orlando.
“Qui siamo a rischio mazzate.” osservò Sebastian.
“Ma visto che sono cavaliere, lascio la parola alla mia collega.”
“Grazie, caro.” rispose, ironica, per poi
sorridere a Jules. “Sono…quanti anni?”
“18…” le venne in soccorso il fotografo.
“Grazie! Dicevo, sono 18 anni che io e Bast aspettiamo questo giorno…”
“No so Jules, ma io sinceramente non so di cosa tu
stia parlando.” la interruppe Orlando.
“Gibbo, che è successo 18 anni fa?” gli chiese.
Fu Juliet a rispondere. “Lo sanno anche i muri
ormai. Vi siete mollati; o meglio, l’hai mollato.”
“E perché?” chiese Viola, ponendo la domanda a cui
solo Sebastian sapeva rispondere. Orlando aveva accettato la decisione
dell’allora ragazza, troppo preso dalla sue cotta per Juliet per ragionarci.
Jules, invece era stata liquidata con un criptico un giorno te lo dirò.
“Che palle, però! Mi sa che non hanno capito una
mazza!” si lamentò Seb, prima di ricevere uno
scappellotto dal cugino. “Ahia!” protestò. “Se mi meni ora, dopo che fai, mi
uccidi a coltellate?”
“Viola concludi.” La intimò Juliet. “Io e Orlando
non lo sappiamo il perché.”
“Semplice; si era follemente innamorato di
un’altra.” rispose. “E prima che tu prenda un coltello, Gibbo, sappi che
l’avevi stampato in fronte. Se n’erano accorti tutti… persino gli insegnati.”
“Io no!” osservò Juliet cercando di apparire
serena. Nel momento in cui Viola aveva risposto, la giornalista si era
ricordata di quella frase detta dall’attore nel suo ufficio qualche ora
prima…ma chi cavolo era quella tipa?
“Perché sei deficiente!” le rispose il fotografo.
“E tu non provare a menarmi,” si rivolse ad Orlando. “perché ce n’è anche per
te. Aveva scritto a caratteri cubitali il tuo nome, e tu lì fermo a farti seghe
mentali sui se e sui ma. E dopo tutti questi anni non siete
migliorati affatto; anzi, siete peggiorati di brutto! Continuate imperterriti,
dritti per la vostra strada come un direttissimo.” sbottò. “Juliet ti ha pure
baciato e tu sei qui con una faccia da pesce lesso!”
La giornalista sbiancò. Ecco perché Orlando era
andato lì; gli aveva detto tutto.
“E Jules, no. Questo cretino patentato non mi
aveva ancora detto nulla.” fermò i suoi pensieri Bastian. “Io e Viola
scommettemmo su chi sarebbe stato il primo a svegliarsi… e ovviamente da
cretino convinto delle doti di mio cugino, raddoppiai con l’aggiunta del
bacio.” concluse.
Le due donne si guardarono: a Juliet non sembrava
possibile che una cosa così palese per gli altri, fosse rimasta oscura a lei
per tutti quegli ani. Non riusciva a dire nulla; continuava a guardare Viola in
cerca di parole che non conosceva nemmeno lei.
E per quanto riguardava Orlando, aveva capito che
aveva provato qualcosa per lei, ma erano passati anni… ma allora che senso
avevano le parole di Sebastian?
Dall’altra parte del telefono sentì sospirare.
“Vabbè, ho capito, è inutile.” iniziò
quest’ultimo. “Io vado a lavorare; ho un servizio fra mezz’ora. Vio, appena ci
becchiamo ti do i soldi che ti devo.” concluse, abbattuto.
“Tranquillo.” lo rassicurò. “E sii ottimista.”
“Ottimista un cazzo dopo 20 anni” protestò. “Vado.
Ciao ragazze.”
La due stavano per salutarlo quando Orlando
strappò di mano a suo cugino il telefono.
“Jules!” chiamò, attirando l’attenzione degli
altri tre, stupiti da quel tono supllichevole e dolce
allo stesso tempo.
“Dimmi…”
“I tuoi sono tornati oggi, a quanto pare con tuo
fratello e Marion.” iniziò. “Mia madre ha invitato a cena tutti…stasera.”
Juliet sospirò: temeva un nuovo incontro con lui,
specialmente se erano presenti le loro famiglia, ma non poteva tirarsi
indietro, anche perché le mancava un sacco il fratello.
“A che ora?” chiese, tranquilla, mascherando
l’ansia.
“Indovina un po’?”
“Sette e mezza, possibilmente puntuale. Altrimenti
non si mangia.” rispose citando le parole di Sonia. “A questo punto ci vediamo
dopo, Gibbo.” lo salutò. “Seb, grazie mille per il
servizio. L’ho semplicemente adorato.” e detto ciò chiusero la conversazione.
La giornalista si sedette più comodamente sulla
sedia, lanciando all’amica un’occhiata omicida, anche se vagamente divertita.
“Certo che voi due non siete normali. Su certe
cose non dovreste pensarci nemmeno di scommettere.” la rimproverò bonariamente.
“E comunque potevi avvisarmi. Magari facevo durare la vostra attesa molto
meno.”
“Vuoi dire che se l’avessi saputo, ci avresti
provato prima?” le chiese, scettica.
“Chissà…” rispose, criptica.
“Ora che intenzioni hai?”
“Detta in tutta sincerità, a parte una lieve ansia
latente, non ho intenzioni di farmi troppe paranoie; quel che è successo è
successo. Ormai mi sono sputtanata, quindi non ha molto senso farsi inutili
seghe mentali.”
“Sebastian sarebbe orgoglioso di te…in parte.”
“Almeno la vostra strigliata è servita a
qualcosa…” concluse Juliet, prima che arrivasse il cameriere con i piatti.
Per tutto il pranzo le due chiacchierarono del più
e del meno, evitando l’argomento Orlando e affini, fino a quando non arrivò
l’ora –per Viola- di tornare al lavoro. S’incamminarono verso l’ospedale,
salutandosi davanti all’entrata, con la promessa di vedersi al più presto.
Il chirurgo era quasi sulla porta, quando si voltò
verso l’amica, che si stava infilando il casco.
“Jules!” la chiamò, facendola voltare. “Lui adora
le donne intraprendenti!” le ricordò, ridacchiando.
Per tutta risposta, la giornalista le fece una
linguaccia, scuotendo la testa sconcertata, ma con uno splendido sorriso sulle
labbra. Montò a cavallo della moto e con un rombo e un ultimo saluto se ne andò
alla volta di casa sua.
*: cit. The Devil
wears Prada (Il diavolo veste Prada)
*: cit. The Lord of the Rings (Il Signore degli Anelli)