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Autore: endif    24/11/2009    14 recensioni
“«Edward…» non mi accorgo neppure di avere sussurrato il suo nome, ma forse l’ho fatto perché lo vedo girarsi verso di me come a rallentatore. Il tempo si cristallizza qui, in questa stanza, in questo momento, restando sospeso a mezz’aria.
Sgrano gli occhi a dismisura quando capisco chi è tra le sue braccia.
No. Non può essere.”
Piccolo spoiler per questa nuova fic, il seguito di My New Moon. Ci saranno tante sorprese, nuove situazioni da affrontare per i nostri protagonisti. Un E/B passionale e coinvolgente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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CAP. 18

BELLA
Allora … appunti, borsa.
Sistemo i libri nella borsa e ne osservo l’interno un po’ perplessa sbattendo le palpebre.
Mmmm c’è troppo spazio ancora … qualcosa non mi quadra.
Controllo soppesando la borsa nella mano … il peso è più o meno lo stesso di sempre. Mi volto verso la scrivania.
«Il telefono!» esclamo afferrandolo rapida e mettendolo nella tasca laterale.
Adesso devo proprio aver preso tutto … ma il senso di disagio non smette di accompagnarmi. Sono euforica e nervosa allo stesso tempo. Euforica perché a pranzo vedrò Edward, e nervosa perché in pomeriggio devo andare a rapporto da Jensen.
Oggi è il mio turno di lavoro singolo con lui.
Ci marca ad uomo, non lasciandoci nemmeno un attimo di respiro. Ed io ho meno di due ore per esporre i miei progressi e convincerlo ad operare una revisione del bilancio previsto per il mio progetto, dimostrandogli che ne vale la pena …
Mi blocco con la tracolla a mezz’aria, pronta per uscire dalla camera e andare a lezione, quando mi ricordo di non avere preso la cosa più importante: «Oh merda!» dico e lascio cadere borsa e cappotto a terra per dirigermi spedita all’armadio.
Rovisto, sposto, apro buste, frugo ogni angolo.
Niente.
«Non è possibile» mormoro a me stessa mentre scuoto il capo e riprendo a fare lo stesso percorso iniziale solo con più smania.
«Oh no … no … noooo» comincio ad imprecare con la testa ancora immersa nei miei abiti.
Mi raddrizzo con le guance accaldate ed il respiro affannoso.
Signore fa che non l’abbia lasciato a casa!
Mi avvento sulla borsa e ne rovescio tutto il contenuto sul letto. Non può essere, sono sicura di averne fatto una copia … Passo i palmi su tutti gli oggetti più e più volte: fazzoletti, elastici per capelli, occhiali, agenda, libri.
Niente!!!!
Mi siedo affranta sul copriletto e mi passo le mani fra i capelli.
E adesso? Che faccio?
Come convinco Jensen senza mostrargli concretamente quello che voglio realizzare? Le parole basteranno?
Forse, se mi ci metto d’impegno …
Aggrotto le sopracciglia. Ma chi prendo in giro … non posso farne a meno.
Bella pensa …
Allora … chi posso chiamare …
Edward e Alice sono da scartare a priori. Saranno già a lezione.
Jasper anche.
Carlisle a quest’ora è a lavoro …
Rosalie … ugh! Nemmeno per scherzo!
Rimane … Emmett!
Prendo il cellulare e cerco in rubrica il suo numero, mentre già mi avvicino al davanzale della finestra.
Due squilli, poi :«Ehi sorellina!»
Grazie Dio! Esulto non appena sento la sua voce.
«Ehm ciao Emmett, come va?» gli dico per cortesia.
«A me una favola, tu piuttosto … Come và la tua vacanza?»
Vacanza?!
«Emmett, guarda che io sono al college, non su un’isola tropicale …» gli dico perplessa, ma anche vagamente infastidita.
«Sì, sì … e senti, ti stai divertendo?» chiede ancora giulivo e non capisco se lo fa apposta o sul serio.
Decido di sviare il discorso.
«Emmett devo chiederti una cortesia» poi mi sorge un terribile dubbio «sei a casa?»
«Tecnicamente sì …» sembra tentennare.
Un dubbio ancora più terrificante si fa strada dentro la mia mente: «Sei con Rosalie?!!»
Silenzio.
Sto quasi per riattaccare, letteralmente terrorizzata di aver interrotto un momento di intimità tra loro due che sento una fragorosa risata dall’altro capo del telefono.
«Bella … tu … pensi che in tal caso … risponderei al telefono?» chiede mentre erompe in un’altra risata. «Sono sul tetto, cioè … appeso al cornicione» spiega tranquillo.
Trattengo il fiato immaginandomelo in quella posizione: «Sul tetto?!»
«Sistemo la parabolica» chiarisce e sento un rumore sinistro. Subito dopo un’imprecazione irripetibile esce dalla sua bocca e chiudo gli occhi cercando di scacciare la visione di Emmett che cade da svariati metri di altezza.
Anche se so che non si farebbe nemmeno un graffio, non posso non pensare che in questo momento sta contemporaneamente reggendosi al bordo del tetto, aggiustando l’antenna, facendo il giocoliere con le chiavi inglesi e rispondendo al telefono.
E tutto con due sole mani.
«Spara, Bella! Che posso fare per te?»
Decido di lasciar perdere le chiacchiere e gli dico svelta: «Emmett devi prendere una cosa nella stanza mia e di Edward. E me la devi portare qui. Al più presto.» parlo tutto d’un fiato, e poi aggiungo: «E’ importante.»
«Mmmm così pare … cos’è il vostro ultimo gioco da tavolo?!» chiede fingendo un comico interesse.
«Emmett!!!» lo appello esasperata.
«Ok, ok. Ho capito. La smetto.» dice e contemporaneamente sento un altro rumore soffocato. Forte. Sembra un boato.
Evito di chiedermi a cosa può corrispondere un suono del genere e dico flebile: «Emmett per favore …»
«A posto.» un attimo di silenzio, un fruscio, poi: « Carina la vostra stanza … il letto è ancora tutto intero a quanto vedo …» cerco di reprimere la stizza per i commenti sarcastici di Emmett e stringo le labbra.
«Allora sorellina, sono tutto orecchi. Dov’è il tesoro?!» mi chiede e riesco quasi a vederlo in mezzo alla stanza con lo sguardo che si sposta a destra e a sinistra e un palmo aperto girato in su.
Prendo un respiro e dico:«Nel primo cassetto della scrivania»

EDWARD
Oh. Mio. Dio! Ma questo lo vendono al Tandem? Marge mi aveva detto che era un posto magnifico, ma non COSI’ MAGNIFICO … i pensieri di una giovane donna che ha rallentato la sua camminata fino quasi a fermarsi del tutto vicino alla vetrata del Tandem, mi investono con prepotenza.
Mi lancia delle occhiate fugaci, mentre non esercita il minimo sforzo su se stessa per evitare di divorarmi con il pensiero.
Appoggiato ad un lampione a pochi passi dal locale, attendo che arrivi Bella.
Alzo un braccio e mi passo una mano tra i capelli. Spero così di nascondere a questa ragazza il mio viso, almeno parzialmente. Piego le dita nella massa di capelli ribelli e fingo di dare un improbabile sollievo al mio cuoio capelluto, vittima del più impossibile dei pruriti.
Magari pensa che ho i pidocchi. Magari crede che sono un tipo trascurato che non si lava da chissà quanto … e decide di passare oltre.
Oddio adesso svengo! Che goduria … che dita affusolate! E il collo?! O Signore, lo succhierei fino a raggiungere l’osso!!!!
Strabuzzo gli occhi e fatico non poco a trattenere una risata. In più di cento anni nessuna persona – uomo o donna – ha mai pensato di volermi  azzannare al collo. Almeno non in prima battuta. Avvicino la mano chiusa a pugno alla bocca e fingo un colpo di tosse per nascondere il sorriso.
Forse crederà che ho la tubercolosi. Gli umani hanno paura delle malattie, in genere. Accentuo il gesto, inclinandomi leggermente con il busto ed emettendo un rumoroso singulto. Ci aggiungo anche un bello starnuto.
Un tipo che nello stesso momento mi sta passando davanti fa quasi un saltello per mettere la maggiore distanza tra me e lui. Bene.
Lancio un’occhiata veloce alla giovane ancora impalata vicino alla vetrata. Non voglio che Bella possa turbarsi in qualche modo se arriva e si rende conto che l’ennesima ragazza è in piena crisi mistica al mio cospetto.
La ragazza si mordicchia un angolo delle labbra e fa saettare lo sguardo dalla sua borsa a me.
Oh che dolce! Ha il raffreddore!! Adesso gli offro un fazzoletto, e magari attacco bottone … pensa in uno slancio di altruismo la stessa umana che un attimo prima era particolarmente propensa a dedicarsi al cannibalismo.
Mi passo una mano sulla fronte ed alzo gli occhi al cielo.
Alcune sono davvero ostinate, non c’è verso di scoraggiarle.
Mi accorgo immediatamente che Bella è nei paraggi perché il suo profumo raggiunge le mie narici all’istante. Avverto l’odore del suo sangue, la fragranza della sua pelle, e mi volto istintivamente in quella direzione.
E’ dall’altro lato della strada, ferma e mi guarda.
I suoi occhi si spostano immediatamente alla mia destra quando nota la ragazza che nel peggiore dei momenti ha deciso di tradurre i pensieri in azioni e comincia ad avanzare verso di me, una mano a frugare nella borsa.
Contemporaneamente al primo passo della tipa in questione mi distacco dalla mia posizione e attraverso la strada diretto verso Bella. Gli occhi di mia moglie si riposano su di me e segue immobile il mio spostamento.
Non l’ho abbandonata con lo sguardo per un solo attimo.
Appena le sono vicino, abbozza un timido sorriso e scorgo nei suoi occhi un guizzo di gioia prima che li abbassi verso la strada davanti a sé.
E’ come se un cerino fosse caduto per sbaglio in una tanica di benzina.
Sento il fuoco scorrermi in corpo e mi dico che sono un pazzo.
Perché può essere solo pazzia il groviglio di sensazioni ed emozioni contrastanti che mi stanno esplodendo in corpo in questo istante.
E poi mi dico che sono un illuso.
Perché ho creduto di poter affrontare la nostra lontananza con il minimo risentimento possibile. Sono un idiota. Bella mi manca.
Tanto.
Troppo.
«Ciao Bella» le dico stringendo ed aprendo piano il palmo della mano. Devo darmi una calmata. Sono qui per farle compagnia a pranzo, non per saltarle addosso e trascinarla alla Volvo con me.
 «Ciao Edward» dice e sento il calore affiorarle alle guance. E’ arrossita! Un fremito mi scuote all’altezza dello stomaco ed il mio braccio trema un po’ quando lo faccio scivolare lungo il suo fino a trovare la sua mano.
«Vieni entriamo. Fa freddo qui» le dico forse per cercare in un locale affollato un briciolo di motivazione in più per non comportarmi come un bambino deficiente.
Riattraverso la strada con Bella al mio fianco e quando passiamo davanti alla ragazza che è rimasta ferma sull’altro marciapiede con ancora in mano i fazzolettini per il mio “raffreddore”, lancio un’occhiata di sbieco a mia moglie. Mantiene gli occhi bassi, e, sebbene tenga ancora la sua mano nella mia, cammina un po’ discostata da me.
E’ a disagio.
Stringo gli occhi per una frazione di secondo. Vorrei fermarmi qui, afferrarla per il capo e mozzarle il respiro con il bacio più sconvolgente della sua vita. Ma timida ed insicura com’è so che non apprezzerebbe le svariate teste che faremmo girare.
Per una volta Alice ha torto. Bella non si sente solo “inferiore” a noi, ma anche alla maggior parte delle persone che la circonda.
Anche a quella spudorata e squallida umana che avrebbe perfino strisciato in terra pur di farsi guardare dal sottoscritto.
Stringo le labbra e serro la mascella sentendomi travolgere da un moto di rabbia.
Come è possibile che l’opinione che Bella ha di se stessa sia così misera?!
Come può una persona così buona, dolce, luminosa, bella, sensuale, intelligente e spiritosa non riconoscere le sue qualità, che sono così … lampanti!
Mi accorgo di essermi irrigidito e di aver stretto forse troppo la sua mano, quando sento i suoi occhi su di me. Mi guarda perplessa.
Allora prendo un respiro, mi stampo un sorriso sul viso e le apro la porta del Tandem lasciandole la precedenza all’ingresso. Non voglio turbarla in alcun modo.
Lei lascia la mia mano ed entra nel locale.
Ci accoglie Paul, il fidanzato di Helèna. Non lo conosco personalmente e, quindi, Bella ci presenta. La sua stretta di mano è forte e decisa. Il gelo esterno mimetizza il freddo della mia pelle e il ragazzo non sembra farci affatto caso. Ma un’occhiata veloce mi dice che, con ogni probabilità, non avrebbe battuto ciglio comunque. Al di là dell’aspetto trasandato, Paul è uno sveglio e sa rapportarsi agli altri. Non avrebbe mai messo a disagio il marito di Bella per non offenderla, anche se io avessi avuto due teste e quattro braccia.
Ci accompagna ad un tavolino un po’ riparato, in un angolo abbastanza tranquillo e lontano dal chiacchiericcio generale. Mi stupisco vagamente del fatto che ci sia un posto ancora libero. Il locale è pieno.
Speriamo che vada bene, o Helèna mi farà a pezzi … pensa lui.
Abbozzo un sorriso e lo ringrazio per la sistemazione perfetta. Paul sorride di rimando e appare visibilmente sollevato. Avere Helèna come fidanzata deve essere più difficile di quanto si direbbe.
Si trattiene ancora un attimo e ci chiede se vogliamo subito qualcosa da bere. Mentre aiuto Bella a sfilarsi il cappotto mi colpisce una certezza terribile.
Bella ha perso ancora peso.
Senza tradire la minima emozione chiedo: «Bella?»
«Ehm … il solito, acqua liscia» dice lei e Paul annuisce. Poi si volta verso di me :«Anche per me. Grazie» mi limito a dire.
Paul si volta e sta per andarsene quando lo fermo dicendogli affabile:«Ah Paul ci porteresti anche un menu?» e dopo un attimo di esitazione in cui lancia un’occhiata a Bella, va via mormorando solo un incerto:«D’accordo»
Aspetto che Bella si accomodi e mi siedo subito dopo. Mi osserva perplessa. Sperando di non aver urtato la sua suscettibilità, mi affretto a dire:«Avrai fame immagino. E’ più o meno ora di pranzo per gli umani» e accenno ad un sorriso.
«Ehm sì … in effetti.» mi lancia un’occhiata in tralice ed aggiunge « ma di solito cerco di non appesantirmi troppo quando in pomeriggio c’è da studiare …» e abbassa gli occhi sul tavolino.
E’ chiaro come il sole che Bella al Tandem non ha mai toccato cibo.
Faccio scivolare la mia mano sulla sua che tortura il portatovaglioli e le dico  dolcemente:«Bella devi nutrirti se vuoi avere la forza per studiare» e visto che non mi risponde le chiedo:«Hai ancora difficoltà a prendere sonno?»
Annuisce con un breve cenno del capo e dice:«Un pò». Lascia scorrere lo sguardo sui tavolini accanto ai nostri e sembra perdersi in chissà quali pensieri.
Stringo le labbra. Nonostante sappia perfettamente che mi rivela solo una minima parte dei sintomi che l’affliggono, capisco di non poter indagare ulteriormente se non voglio rischiare di trasformare questo incontro in una seduta medica.
Un’occhiata rapida mi conferma, però, che le sue condizioni generali non sono peggiorate.
Sospiro e cerco di mettere da parte la mia preoccupazione mista al senso di ansia nel sapere di non poterla tenere sotto controllo come vorrei. Adesso Bella è con me e non mi lascio sfuggire questa occasione preziosa.
Ripenso alle parole di Alice, al fatto che Bella ha bisogno del mio sostegno e della mia fiducia e cerco di apparire rilassato mentre le chiedo:«Allora raccontami un po’ come procede lo studio. Progressi?»
Spalanca gli occhi e arrossisce fino alla punta dei capelli: «Uhm, ci … ci sto lavorando» risponde e noto come si muove a disagio sulla sedia.
Ma bravo Edward! Le hai fatto proprio la domanda giusta per rompere il ghiaccio. Mi dico infastidito, mentre Paul arriva con una bottiglia, due bicchieri con relativi sottobicchieri ed un menu.
Lo ringrazio e lui si allontana.
Faccio scivolare il menu sul tavolino avvicinandolo alle mani di Bella e lei comincia a scuotere il capo.
I miei occhi si induriscono per un breve attimo e, cercando di modulare la voce, le dico:«Amore ti prego, mangia qualcosa. Fallo per me» e le sorrido osservando i suoi occhi lievemente dilatati e la sua bocca semiaperta. Queste espressioni del suo viso così innocenti e nel contempo così buffe mi sono mancate da morire.
Tasta il menu con le dita senza distogliere lo sguardo dai miei occhi, lo afferra  e lo alza fra noi come una barriera.
Soffoco una risata sul nascere e avvicino il bicchiere alle labbra fingendo di bere, ma sfiorando appena il liquido trasparente.
Intanto che lei scorre il menu, lancio un’occhiata alla sala e mi accorgo di un ragazzo, quasi dal lato opposto che mi fissa. Quando i miei occhi scontrano i suoi sposta lo sguardo rapidamente, ma non abbastanza. L’ho già notato al nostro ingresso, perché ha squadrato Bella da capo a piedi accompagnando la cosa con pensieri che sfioravano l’indecenza. Purtroppo questa cosa non mi è nuova: mia moglie è una ragazza molto bella e non sarebbe possibile per me essere in un posto insieme a lei senza che qualche rappresentante dell’altro sesso indugi in qualche pensiero proibito. Ma con il tempo ho imparato a mascherare bene il senso di fastidio e a reprimere l’istinto subitaneo di far volare qualche testa.
Cerco di isolare i pensieri del ragazzo, ma Bella abbassa il menu e dice:«Ok, ho scelto» con voce sicura.
Con un movimento lieve della mano catturo l’attenzione di Paul che arriva rapido e contemporaneamente sfila il blocchetto delle ordinazioni dalla tasca posteriore dei jeans.
«Pronti?» dice lui guardando me ed io indico con un gesto mia moglie. Paul si volta nel momento in cui Bella dice:«Per me un’insalata mista» e chiude il menu porgendoglielo senza guardare nella mia direzione.
Un’insalata mista. E questo Bella me lo chiama cibo.
Sempre con gli occhi su di lei dico:«Per me una bistecca al sangue, con contorno di verdure al vapore»
Alle mia parole lei alza lo sguardo su di me ed in risposta le sorrido candidamente. Paul segna le ordinazioni e sgattaiola via.
Certa di non essere più a portata d’orecchio Bella si porta entrambe le mani in grembo e con gli occhi fiammeggianti dice:«Non ti aspetterai che mangi tutta quella roba?!»
«Ovviamente no. Puoi lasciare l’insalata se vuoi» le dico io serafico.
Bella apre la bocca per controbattere, ma io la precedo:«Perché fai così? Il cibo  è talmente cattivo qui?»
Si ferma e aggrotta le sopracciglia: «No, cioè … non credo. Oh, insomma! Non ho pranzato spesso qui.» conclude con un tono di sconfitta.
«Ad occhio e croce direi che non hai pranzato da nessuna parte in questi giorni» le dico con lo sguardo affilato e la voce dura, sforzandomi di contenere la rabbia.
Lei serra le labbra, ma non mi smentisce.
Cerco di reprimere le parole che sento affiorare sulla punta della lingua riguardo l’assurdità di questa nuova sistemazione in un periodo così delicato per la sua salute e le chiedo di Helèna.
Anche Bella decide di lasciar cadere il discorso e mi parla della sua camera al  dormitorio, della sua amica e di quanto sia premurosa con lei.
La ascolto incantato dal suono carezzevole della sua voce, dalle espressioni del suo viso che accompagnano le sue parole in molteplici sfaccettature diverse, beandomi del solo fatto di poterle essere accanto.
Poi lei mi chiede di noi, di Alice. Le racconto brevemente di come si sia fatta coinvolgere dalle lezioni della Wastford, tralasciando di sottolineare la similitudine del suo attaccamento al college con quello di mia sorella, e le accenno al fatto che è stata inserita in un programma speciale di scambio culturale con università straniere. La cosa sembra aver attirato la sua attenzione, perché mi invita a spiegarmi meglio.
«Tre studenti provenienti dal Centro di Dialettologia di Bellinzona, dalla Società Italiana di Glottologia e dall’Università di Berna verranno qui per approfondire il concetto di percorso evolutivo del linguaggio» cerco di chiarire e poi aggiungo:«In pratica Alice farà da baby-sitter ad uno di loro. Non è più nei panni.» concludo con un mezzo sorriso ed un’alzata di spalle.
Sorride anche lei e in un secondo scompare tutto: la folla , le voci, i rumori, i pensieri. C’è solo lei.
Lei e il suo meraviglioso sorriso.
«Probabilmente anche Jasper … » dice quindi, con ancora il sorriso a fior di labbra.
«Precisamente» confermo io e le labbra mi si incurvano automaticamente nello stesso atteggiamento delle sue.
Restiamo a fissarci negli occhi intensamente fino a che sento con chiarezza il battito del cuore di Bella accelerare pericolosamente e il mio corpo rispondere in maniera altrettanto imbarazzante. Con uno sforzo degno d’un titano distolgo lo sguardo. Non è questo il luogo giusto, né il momento.
Con un tempismo perfetto Paul ci raggiunge con la mia ordinazione fumante e l’insalata multicolore di Bella. Le appoggia sul tavolino e si allontana velocemente.
Avvicino il piatto con la bistecca al lato di mia moglie e le dico calmo:«Manda giù qualche boccone, prima che si freddi»
Bella distoglie gli occhi dal piatto e si appoggia allo schienale scuotendo la testa.
La cosa mi irrita notevolmente, ma cerco di mantenere la calma e non darlo a vedere:«Bella …» dico io con un tono che vorrebbe essere di convincimento, ma in realtà suona vagamente minaccioso.
Interrompe il movimento del capo e chiude li occhi:«No, io … non posso» sussurra e mi pare che il suo viso sia diventato più pallido del solito.
Mi maledico per il mio scarso tatto e, facendo scivolare la mia mano sulla sua,  proseguo con più dolcezza«Che significa “non posso”? Non vuoi la carne? Bene ordiniamo qualcos’altro … pesce, uova … quello che vuoi» dico e faccio per richiamare Paul con un cenno, ma lei riprende a muovere il capo lentamente in segno di diniego.
«Tu … non capisci» dice ancora più flebilmente di prima
Aggrotto le sopracciglia e acuisco tutti i sensi.
Nel medesimo istante Bella si copre la bocca con una mano «Io … Edward, scusami» e cerca di alzarsi puntando l’altro palmo sul tavolino per fare forza.
Sono da lei in una frazione di secondo e le cingo la vita con un braccio, sorreggendola.
Un’ occhiata alla sala mi permette di individuare subito la zona riservata alle toilette, per fortuna non troppo distanti da noi e mi dirigo spedito in quella direzione sostenendo il suo peso con la sola forza del braccio che l’avvolge all’altezza della vita.
Entriamo e quando un rapido sguardo mi conferma che siamo soli, lascio da parte ogni cautela, prendo Bella tra le braccia e alla mia velocità mi porto  vicino ad un lavandino appena prima che un colpo di tosse mi preannunci l’inevitabile. La sostengo per la fronte e per la vita, lasciando che si appoggi con una mano al lavabo e con l’altra alla mia maglia.
Se non ci fossi io non riuscirebbe nemmeno a reggersi in piedi.
Quando la situazione sembra essersi stabilizzata, sempre senza mollare la presa ai suoi fianchi, scendo con la mano dalla sua fronte a dietro al collo, cercando di darle un minimo di sollievo e le sussurro piano:«Tranquilla amore, è passato.»
Annuisce con il capo e comincia a sciacquarsi la bocca.
Le passo una tovaglietta monouso per asciugarsi e lei si tampona le labbra, lanciando un breve sguardo alla nostra immagine riflessa nello specchio. I suoi occhi si soffermano su di me e repentinamente li abbassa e cerca di discostarsi un po’.
«Grazie e … scusami. Mi dispiace che tu abbia dovuto assistere a questa scena pietosa» dice leggermente imbarazzata.
Stringo la presa facendole capire che non ho la minima intenzione di lasciarla e le dico con la voce bassa:«Bella, non essere sciocca.» Poi aggiungo «Ti senti un po’ meglio?»
Fa un cenno affermativo con la testa.
«Bene. Ce la fai a raggiungere il parcheggio o preferisci che porti l’auto qui fuori?» chiedo osservandola attentamente. Non voglio che sminuisca il suo stato e che si stanchi eccessivamente cercando di camminare.
Mi guarda in silenzio.
«Ok» dico «vieni, ti accompagno al tavolo, così mi aspetti seduta intanto che prendo la Volvo» ed accenno ad un passo. Ma lei non si muove e continua a guardarmi.
«Edward, ma dove vuoi andare?» mi chiede perplessa.
Reprimo un moto di stizza. Di certo non voglio portarla a fare un giro panoramico di Hanover.«Ti porto in ospedale. Da Carlisle» ed evito di aggiungerci un ovviamente che sento a fior di lingua.
«Non è necessario» dice piano.
La guardo un attimo, prendo un respiro: «Certo che è necessario» e riprendo a muovermi tirandola leggermente verso di me.
Mi segue – non potrebbe opporsi comunque – ma prima che riesca ad aprire la porta dice con tono insicuro:«Edward … ascoltami, per favore»
Mi volto e la guardo:«Bella, in macchina potrai parlare quanto vuoi. Ma  adesso ti porto in ospedale.»
Mi strattona con tutta la sua forza, che in questo momento è minima. Mi fermo e lei dice:«Io non voglio venire in ospedale. Mi … sento meglio adesso» e mi guarda con gli occhi supplichevoli.
Ruoto completamente il corpo verso di lei e le poggio le mani ai lati delle spalle:«Bella» e sfodero un tono pericolosamente calmo e deciso «non è il momento di fare i capricci. Tu hai bisogno di un medico. Ed io ora ti porterò da un medico»
«Io … non posso venire in ospedale» dice e si tira indietro con il corpo. Lascio che sfugga alla mia presa «non devi preoccuparti. Ti ho detto che sto bene. E’ già successo e bastano un paio di minu …»
Chiudo gli occhi per una frazione di secondo e alzo una mano per interromperla: «Aspetta. Che significa “è già successo”? Vuoi dire che in questi tre giorni ti sei sentita male altre volte?!» il mio tono è basso, quasi sinistro.
Distoglie lo sguardo da me ed io avanzo verso di lei prendendole il mento in una mano costringendola con una lieve pressione a guardarmi: «Sei stata male altre volte?» ripeto contenendo la voce a malapena.
Vedo il labbro inferiore tremarle un po’ mentre dice:«Un paio di volte»
Abbasso il braccio lungo il corpo e chiudo gli occhi per un interminabile  istante voltando il capo in direzione opposta a quello di mia moglie. Prendo due respiri profondi, riapro gli occhi e la guardo:«Ok» dico e credo di non essere mai stato più furente con lei come in questo momento «passiamo per il dormitorio» continuo cupo, e al suo sguardo interrogativo specifico meglio:«raduniamo le tue cose. Tu adesso torni a casa con me».
Faccio contemporaneamente un passo in avanti e lei ne fa due indietro.
«Io non … non posso tornare a casa adesso» dice con voce appena udibile.
Mi avvicino ancora di un altro passo  e lei indietreggia di nuovo.
«Devo … non posso … andarmene così!» esclama esasperata.
«Con Helèna ci parlo io» dico «adesso dobbiamo pensare a te». Cammino verso di lei mentre lei procede in senso opposto fino a che le sue spalle non toccano il muro. Mi fermo, le braccia lungo i fianchi, la mascella rigida e la guardo scuotere il capo.
«Sei stato tu a volere che andassi a Dartmouth, tu hai insistito che facessi le mie esperienze da umana! E ora, non … non puoi decidere per me» dice e la cosa mi fa imbestialire ancora di più perché in fondo so che ha ragione. Ma in questo momento non mi sento affatto in vena di ragionamenti.
«Bella. Io sono un individuo paziente, ma tu stai mettendo a dura prova il mio controllo» deglutisco un fiotto di veleno e prendo un altro respiro. Nel contempo cerco di rilassare l’espressione del viso: mia moglie la devo convincere, non spaventare a morte «Stai male. Hai perso ancora peso, sei pallida più di me, vomiti anche solo guardando in un piatto» faccio una pausa «Non puoi rimanere qui. Non ne vale più la pena, soprattutto se in gioco c’è la tua salute.» Guardo i suoi occhi saettare ai lati del mio corpo, le sopracciglia aggrottate. «E’ importante che Carlisle ti visiti. Dobbiamo capire cosa c’è che non va in te» concludo duro.
Sussulta alle mie parole e mi maledico per non essere stato più delicato, ma la rabbia per essere stato tenuto all’oscuro e la preoccupazione per lei offuscano la mia lucidità.
I suoi occhi si riempiono di lacrime.
Alza il capo con uno scatto e mi fissa intensamente:«Io non voglio venire con te ora. Devo … fare una cosa prima. Una cosa importante»
«Niente è più importante di te! Lo capisci questo?» ed il mio tono è alterato fuori controllo.
«No no, tu non capisci!» grida e le lacrime prendono a rotolarle giù per le guance «Non capisci il tempo, l’importanza, l’impegno, l’aspettativa che io … che io …» e la voce le si spezza.
Stringo forte i pugni e le labbra. Vederla in questo stato, debole e scossa dai singhiozzi è un’immagine che mi trapana la mente, che mi devasta.
Ma non cederò.
Questa volta non posso. Qui la posta è troppo alta.
E Bella deve tornare a casa.
Resto fermo, in silenzio.
Poi prendo il coraggio e la forza necessarie:«Bella, te lo chiederò solo una volta» lei alza gli occhi su di me, enormi, spalancati, lucidi e spaventati «Torna a casa con me. Adesso»
Mi guarda.
Sulle sue guance le lacrime riprendono a scorrere copiose.
E trema.
Dalla testa ai piedi.
Poi, lentamente, ruota il capo una sola volta a destra e a sinistra.
Chiudo gli occhi per un breve attimo.
Mi volto e in due falcate sono fuori dal locale.

NOTA DELL’AUTRICE: Ragazze grazie per la pazienza. Con New Moon in mezzo questa settimana è stata … strana. Non riuscivo a concentrarmi, a scrivere. I miei commenti al film li trovate nel mio account di facebook, così come anche una novità introdotta la scorsa volta … i teaser per i capitoli successivi.

tsukinoshippo: Mia cara cosa dire se non ancora “grazie”? So che potrai leggere questa risposta solo fra un bel po’, ma al tuo ritorno sarà qui ad aspettarti. Ovviamente non avevo dubbi sul fatto che fossi molto arguta e molte delle tue supposizioni sono esatte. Grazie per avermi detto che la trama si sta sviluppando bene. C’è sempre il rischio di strafare. Con le mail mi pare che stiamo migliorando. Mi arrivano quasi tutte!! Un Bacione
ginny89potter E no, non ci siamo. Helèna ti sta simpatica?!! Non la mettiamo alla gogna?!!!! Eh eh eh, visto che prima o poi riuscivo a scalfire la tua corazza? Credo che in futuro ti sarà ancora più simpatica. In quanto ad Alice, la piccoletta è la mia forza, cerchiamo di trattarla bene! Spero di averti angosciata abbastanza con questo capitolo, a me ha fatto abbastanza male. Baci e come sempre grazie.
 keska: Helèna me la immagino proprio una peste, una specie di Alice in versione umana, un po’ più goffa, ma una vera forza! La storia sta prendendo una direzione, speriamo che riesca a scrivere così come la immagino nella mia testa. Adesso che è un po’ più complicata devo essere ancora più accorta a non uscire fuori dai binari. Sono sicura che capisci cosa intendo. Grazie gioia per il tuo supporto :)))Questi giorni saranno un po’ duri … Baci
LOVA: il tuo intuito ti ha detto benissimo. Ovviamente non c’è mai da fidarsi con me nei paraggi! Bacioni
sily85: Ehmmm, non credo che questo cappy te lo aspettassi proprio così, ma il teaser è stato carino, no?! Spero di ritrovarti su fb, mi sono divertita un mondo sia all’evento che nei vari commentini sparsi! Al prossimo teaser! Baci
arual93: Cara Laura non mi uccidere! Lo so che questi capitoli angoscianti ti fanno male, ma pensa che se sono brava a farli stare uno schifo, sarò anche brava a farli andare in paradiso … Bacioni
Aleu: Tesoro mio grazie a te per essere ancora qui a leggere le mie paranoie e soprattutto a commentarle! Resto sempre un po’ sospesa quando posto e aspetto le vostre recensioni. Sarei un’ipocrita se non vi dicessi che mi chiedo sempre “piacerà, no, mi odieranno, poco sesso, troppe parolacce …?”Ma vabbè, l’importante è scrivere! Per Jensen … no, ancora non ha finito la sua parte. Anzi. Baci.
cloe cullen: Cara più presto di così non sono riuscita a postare, perché come hai capito la storia si intricherà ancora di più. Il prossimo è in cantiere. Pazienza plissss. Baci
RenEsmee_Carlie_Cullen: Agiranno d’istinto prima o poi, non ti preoccupare ….Muaaaaaaaa!!!!! New Moon è stato una favola, non tutto mi è piaciuto, ma E mi ha fatto uscire dal cinema con gli occhi a cuoricino. Su fb ho scritto qual cosina in più, ma ho intenzione di metterci un bel commentone. Quando ho tempo, s’intende. Baci cara
bella_josephine: Grazie carissima, Alice è la mia eroina, devo ammetterlo. Non a caso ho tagliato i capelli in suo onore. Magari non è proprio un monumento …, ma è almeno un piccolo riconoscimento!!! Bacioni
Piccola Ketty: Tanto per citare Helèna :”Giornatina eh?!” Spero vivamente che le cose siano migliorate, anche se ti giuro che un paio di volte a settimana io vorrei non alzarmi proprio la mattina … Comunque grazie piccola mia, sei stata il mio primo commento la volta scorsa e ti aspettavo con ansia. Baci
Mmmm ci tengo a mettermi sul patibolo … non si scrive badget, ma budget!! Ho corretto l’ORRORE. Perdono plissssss
Ringrazio le new entry … so che ci siete perché io tengo tutto sotto controllo!!!!!
Vi aspetto su fb.
Baci
M.Luisa




 



 
   
 
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