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Autore: JulyAneko    24/11/2009    2 recensioni
Un caso, un avvocato. Una nuova conoscenza, un vecchio legame. Cosa succederà al nostro team se le sue acque verranno scosse non solo da nuovi atroci casi?!
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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...

JJ sorrise aprendo la porta dell’ufficio di Aaron che si era appena destato dal proprio lavoro.
-Io allora vado a casa.. sicuro che per la serata del convegno non hai bisogno di me?-
-No, è tutto sistemato. Ho sentito April.-
-Come sta? So che le hanno tolto il gesso.-
-Sì, qualche giorno fa. Noi eravamo a Los Angeles.-
-Ricordo- mormorò Jennifer mentre le veniva in  mente tutto quel caso orribile che avevano affrontato là.
-JJ..- cominciò Aaron con una sorta di sorriso tirato sul viso -..salutami Harry e stagli vicino il più possibile quando puoi.-
A quelle parole Jennifer si sorprese, non se le aspettava dal suo capo. Sorrise dolcemente guardando quell’uomo e vedendo nei suoi occhi il riflesso di un padre innamorato dal proprio bambino.
-Ci vediamo lunedì allora.-
-Sì, saluta Will e non pensare al lavoro!-
-Ok, ci proverò.- esclamò lei uscendo da quell’ufficio e lasciando il proprio capo ad osservare dolcemente la foto di Jack mentre un sorriso vero si impadroniva delle sue labbra illuminando quel volto solitamente così serio.

Si svegliò di soprassalto balzando a sedere sul letto.
Le ci volle un attimo per capire che era nella sua stanza a casa di Aaron.
Cercò di respirare ritmicamente per riprendere il controllo di se stessa mentre si passava una mano sulla fronte imperlata di sudore.
Da quando era stata rapita almeno una notte a settimana aveva degli incubi ricorrenti che terminavano sempre nello stesso modo: un uomo riverso nel proprio sangue, morto.
Si districò i capelli mentre i suoi occhi si socchiudevano stanchi.
Sapeva benissimo che quell'uomo che vedeva in sogno non era un uomo qualunque ma era Sebastian Jenkins.
Sebastian Jenkins.
Il suo rapitore.
Il suo torturatore.
L'uomo che aveva ucciso.
Riusciva a ricordare ogni singolo istante passato assieme a quell'uomo ma soprattutto riusciva a ricordare perfettamente il suono sordo della pallottola che usciva dalla canna della pistola per centrare la carne viva e vibrante di Jenkins.
Non aveva mai sparato prima di allora. In realtà.. non aveva mai toccato una pistola.
Sospirò.
Sapeva di aver fatto la cosa giusta. Sapeva che se non avesse sparato quell'uomo avrebbe fatto del male a Spencer e poi a lei. Lo sapeva benissimo. Lo sapeva ma questo non le impediva di sognarsi quel corpo inerte, abbandonato a se stesso.. ormai morto.
Credeva che quegli incubi sarebbero passati col tempo ma più andava avanti e più sentiva una morsa allo stomaco che le attanagliava l'anima.
Aveva ucciso un uomo.
Lei aveva ucciso un uomo.
Per quanto quell'uomo fosse meschino, brutale.. per quanto l'avesse picchiata, torturata.. per quanto meritasse di morire.. lei si sentiva in colpa.
Pietà.
Era stata questa la sensazione che aveva provato lì per lì, vedendo quel corpo morto, ormai senza vita.
E adesso? Adesso cosa provava?
Non lo sapeva. Il suo corpo era avvolto da un misto di sensazioni scombussolate, contrastanti.. ingannevoli.
Tornò a distendersi sul letto, lasciando che la sua nuca si poggiasse delicatamente sul morbido cuscino.
Forse anche tutto quello sarebbe passato.
Forse avrebbe dovuto solo aspettare.
Forse avrebbe dovuto solo parlarne.
Forse avrebbe dovuto solo aspettare la persona giusta che la facesse sentire bene.
Forse.
Forse.

 

-Reid.- chiamò David guardando il ragazzo sprofondato nella poltrona di pelle marrone che faceva da arredamento a quella stanzetta dov'erano chiusi a riguardare le ultime cose per il discorso del convegno. Lo vide mordersi il labbro inferiore e continuare a fissare il foglio della loro relazione lasciato abbandonato sulle sue gambe. Quel ragazzo decisamente non stava leggendo quella cosa. Cosa gli passava per la testa?
-Reid!- provò ancora, stavolta con un tono di voce più alto, tanto che fece sobbalzare il giovane ragazzo.
-Scusami, stavo pensando.-
-E non alla conferenza.-
-Stavo pen.. come?- si riscosse Spencer fissando i suoi occhi sulla figura di David che si era appollaiato sulla bella scrivania di legno appena davanti alla poltrona.
-Non stavi leggendo il discorso della conferenza e decisamente non ci stavi nemmeno pensando.-
-Ho una memoria eidetica.- ribatté.
-Sì, certo..- mormorò David scendendo dalla scrivania e posandovi sopra il suo foglio della conferenza.
Al vederlo Spencer sospirò portandosi una mano alla tempia.
-Tu lo farai, vero?-
-Dipende a cosa ti riferisci. Di sicuro non ti lascerò nuovamente raccontare qualche barzelletta!-
Reid scosse la testa mentre vedeva Rossi sogghignare. Quell'uomo aveva decisamente capito a cosa si riferisse.. perché continuare a torturarlo a quel modo? Perché fargli dire quello che lui aveva già capito? Perché farglielo ammettere?
-Tu mi lascerai solo con lei, non è vero?- sospirò.
A quella domanda Rossi si fermò, dandogli le spalle, proprio davanti alla porta che li divideva dalla grande stanza nella quale si sarebbe tenuta la conferenza.
-Perché non sei mai stato a trovarla, Spencer?-
Reid inclinò un sopracciglio, come diavolo faceva a saperlo? Scosse la testa farfugliando qualcosa.
-Perché?- chiese ancora Rossi girandosi verso il ragazzo e puntando i suoi occhi penetranti in quelli spauriti di lui.
-Tom, il suo ex, era con lei all'ospedale.. mi ha chiuso la porta in faccia.. credevo che lei volesse stare con lui.-
-Stupidaggini.-
-Come?-
-Prova a darmi la risposta giusta, Spencer!- batté il pugno sulla scrivania scuotendo la testa.
Sospirò facendo un giro su se stesso e portando la mani alla testa.
-Solo allora, magari, ti lascerò fare l'esatto opposto di quello che vuoi veramente.. prima tenterò di farti cambiare percorso.-

-Finalmente sei pronta!- esclamò la bella donna castana ad Emily che era appena uscita dalla propria camera con addosso un bel vestito porpora.
-Siamo in anticipo di quasi un'ora, mamma!-
-Emily.- esclamò la donna afferrando i propri occhiali -Sono un'ambasciatrice, una figura di spicco.. odio essere in ritardo.-
-Sì, certo.- roteò gli occhi Emily sospirando prima di andare verso il divano per recuperare la propria borsetta.
Era sempre stato burrascoso il rapporto con sua madre e rivederla così all'improvviso la faceva catapultare nuovamente all'età di sedici anni e a tutti i problemi che aveva dovuto affrontare.
Quando la settimana scorsa aveva ricevuto la telefonata dall'ambasciatrice si era sentita onorata per il fatto che avesse scelto lei come accompagnatrice poi aveva ripensato all'ultima volta che si erano viste, a quel caso che avevano affrontato insieme.. e allora si era sentita un po' di più sua figlia.
Non si vedevano spesso ma negli ultimi tempi avevano iniziato a riallacciare un po' di più i loro rapporti e a coltivarli.. beh, almeno per telefono.
Ritrovarsela davanti però faceva un altro effetto.
Doveva ammetterlo, sua madre non sarebbe mai cambiata, non avrebbe mai abbandonato il suo sarcasmo, la sua determinazione e la sua alta opinione di se stessa. Beh, quest'ultima almeno in presenza degli altri. Non poteva mai farsi vedere vacillante. Nemmeno un attimo.
Sospirò vedendo come la madre teneva la porta del suo appartamento spalancata, aspettandola sull'entrata.
Scosse la testa sorridendo prima di arrivare da lei, chiudere la porta a chiave e avviarsi a quella serata di gala.
No, non sarebbe mai cambiata.

Non sapeva davvero da dove iniziare ad elencare tutte le cose negative che quella serata poteva portarle così decise, semplicemente, di non pensarci. Già, di non pensarci e così di non stressare Aaron per il fatto di averla costretta a indossare delle scarpe con un poco di tacco che le stavano facendo sputare anche l'anima e, essenzialmente, per averla costretta ad andare a quella serata.
Si sentiva fuori posto. Non era affatto abituata a serate mondane!
No, non lo era proprio. La cosa più vicina a quella serata alla quale aveva partecipato era stato sicuramente il ballo del college. Decisamente.
E decisamente stava meglio senza dover elargire sorrisi a destra e a manca senza nemmeno sapere a chi stava realmente sbattendo le palpebre in un'espressione fra l'idiota, il dolce e il rassegnato.
-Una volta eri più brava a fingere.- le sussurrò Aaron.
-Perché adesso non mi sto impegnando.- ammiccò April assumendo un'aria leggera e felice.
-Guarda che il bello deve arrivare, siamo appena arrivati.-
-Lo so.. ed è questo che mi spaventa.- sospirò puntando gli occhi in quelli di Aaron che la stava guardando con fare ilare.
-Ma dai! Sei anche stupenda stasera!- esclamò l'uomo guardandola mentre si sistemava il vestito nero lungo con un grande scollo sulla schiena e un bel punto di seno.
-Oh certo!- sbottò April sorridendo però all'uomo che le stava davanti. -Andiamo a prendere da bere che è meglio.-
Aaron la guardò allontanarsi e dirigersi verso il bancone del bar sistemato in fondo ad un'enorme sala dal pavimento a mosaico. Era davvero diventata una bella donna. Sicuramente non era una di quelle ragazze perfette che ti giravi ad osservare anche se sapevi che il loro quoziente intellettivo non superava la cifra unica, ma era decisamente una donna affascinante e i sorrisi che regalava la facevano apparire come una delle persone più gradevoli che conoscesse. E lui aveva conosciuto moltissime belle donne.
April rientrava in quella rara categoria di donne che lui stimava davvero.
L'osservò ancora per qualche secondo prima di tornare al suo fianco ed afferrare il bicchiere di spumante che lei gli stava porgendo.
-Tu non mi lascerai sola un attimo, capito?-
A quelle parole Hotch scosse la testa increspando le labbra in un sorriso -Paura dei pescecani che ci saranno stasera?-
-Non mi ci far pensare.- sospirò April.
-Non sei mai stata il tipo da farsi impressionare.-
-Uhm.- sbuffò lei alzando un sopracciglio e incrociando le braccia al petto -Diciamo che non sono nella condizione migliore.-
Aaron fissò gli occhi su quella figuretta che stava osservando un punto imprecisato del pavimento e sentì una strana sensazione di dolcezza pervadergli il corpo. Quella ragazza lo aveva colpito più a fondo di quanto credesse, lui ci teneva veramente. Non gli importava più di poter sembrare un rimpiazzo, non gli importava più di nessun Gideon. Lui voleva semplicemente bene a quella ragazza come lei ne voleva a lui. Tutto qui, nella sua semplicità.
Sospirò portando una mano sulla spalla della giovane donna che gli stava di fianco -Probabilmente dovresti risolvere.. l'intoppo.-
A quelle parole April si girò verso di lui con aria sorpresa. Credeva che Aaron fosse contrario ai sentimenti che lei provava verso Spencer. Ne era certa ma.. ma mai si era sbagliata così tanto. Quello che vedeva adesso negli occhi di quell'uomo era tutta la comprensione di qualcuno che provava la stessa cosa. La stessa identica cosa.
-Se io risolvo il mio..- incominciò titubante -..tu risolverai il tuo?-
Era una promessa quello che gli stava chiedendo.
La promessa che non si sarebbe opposto ai suoi sentimenti.
-Credo che dovrei farlo.-
Al sentire quella frase appena sussurrata April sorrise. Forse si erano davvero decisi ad affrontare le loro vite? I loro cuori?

Non sapeva esattamente come mai si sentisse così dannatamente agitata. Lo era stata per tutto il giorno, era stata di una sbadataggine irreale che proprio non le donava.
E tutto per quella sera. Sì, questo lo sapeva bene. Sapeva che la causa di tutto era quella stupida serata alla quale doveva forzatamente partecipare per colpa di sua madre.
Sospirò sistemandosi il vestito rosso, prima di notare l'occhiataccia che l'ambasciatrice le stava rivolgendo. Sorrise forzatamente al gruppetto di persone che la madre le aveva presentato e che si stavano dilungando su discorsi economici di cui proprio non le interessava nulla.
In fondo alla sala intravide la figura di Morgan che stava ridendo felice assieme ad Alexis ed altre persone. Almeno lui si stava divertendo!
Tirò le labbra ancora di più dischiudendo la bocca al pensare a come il collega si fosse lasciato coinvolgere in una relazione un poco più stabile rispetto al suo solito. Con Alexis Derek aveva trovato una stabilità che gli stava riempiendo le giornate di nuovi sorrisi.
Ed Emily lo invidiava. Ma non per l'affetto che provava verso quella ragazza, bensì per il modo così naturale col quale si era lasciato andare, col quale aveva deciso di avventurarsi in una relazione che stava procedendo a piccoli passi verso un futuro che si prospettava radioso.
Lui si era lasciato coinvolgere.
Lui non aveva rinnegato i propri sentimenti.
Lui aveva agguantato il suo treno e stava correndo a testa alta verso la sua vita.
-Oh, Emily per queste cose è magnifica!- esclamò l'ambasciatrice, destandola dai propri pensieri.
Puntò il suo sguardo in quello della madre mentre faceva un cenno negativo con la testa. Non sapeva assolutamente di cosa stavano parlando. Non aveva ascoltato nulla e, sinceramente, non era nemmeno intenzionata a farlo.
-Magnifica.- mormorò una voce da dietro che la costrinse a girarsi e, appena lo fece, i suoi occhi brillarono di nuova luce.
Il suo principe azzurro era arrivato a salvarla dai brutali mostri!
A quel pensiero Emily sorrise e abbassando lo sguardo ringraziò.
Ringraziò. E tutti pensarono che fosse riferito al complimento. Solo due persone aveva davvero capito. La principessa stava ringraziando il suo bel principe di averla tratta in salvo.
-Vogliate scusarmi..- disse prima che qualcuno tornasse sull'ignoto argomento precedente e, prendendo a braccetto il proprio capo, si diresse nel punto più lontano da dove si trovava sua madre assieme a tutti i suoi noiosissimi amici.
-Sembrava tu ti stessi divertendo.- disse Aaron non appena raggiunsero dei divanetti.
-Sbaglio o era ironia, quella?- esclamò Emily sorridendo.
Ne era sempre più convinta. Aaron Hotchner si stava pian piano sciogliendo.

Vagò con lo sguardo per la stanza che si stava riempiendo di gente ben vestita coi bicchieri colmi di prosecco.
Vagò con lo sguardo per la stanza, inconsapevolmente in cerca di due paia di occhi da cucciolo.
Quando se ne accorse fermò immediatamente la corsa folle delle sue pupille e, sospirando, chiuse le palpebre cercando di riprendere possesso della sua persona, cercando nuovamente la supremazia del cervello e non quella del cuore.
Respirò profondamente per darsi coraggio prima di aprire gli occhi e ritrovarsi davanti, in lontananza, l’immagine nitida di quegli occhi castagna che la stavano osservando silenziosi.
Appena la vide girarsi verso di lui, assunse quella sua buffa espressione data da un goffo sorriso sincero e dalle guance colorite di un lieve rossore.
Sapeva esattamente che non sarebbe più riuscito a staccarle gli occhi di dosso. Era come una calamita per lui.
E le parole di Rossi continuavano a rimbombargli nella testa.
Stupidaggini! Prova a darmi la risposta giusta, Spencer! Solo allora, magari, ti lascerò fare l'esatto opposto di quello che vuoi veramente.. prima tenterò di farti cambiare percorso.
Lui sapeva quale era la risposta giusta? Lui la sapeva? Il suo cervello in quel momento, per la prima volta si ritrovava senza una spiegazione ovvia, senza un responso. Lui non conosceva la risposta a quella domanda. O meglio.. il suo cervello non la conosceva ma il suo cuore aveva già da tempo trovato la soluzione a quel quesito.
-La sciuperai a forza di fissarla a quel modo!- esclamò una voce ilare da dietro il ragazzo che subito si girò incontrando il bel sorriso del collega di colore.
-Ehm.- si schiarì la voce Spencer prima di abbozzare un timido: -Fissare chi?-
A quelle parole Derek scosse la testa rassegnato. Non c’era niente da fare, quando ci si metteva quel ragazzo era più duro di un mulo!
Cercò qualcosa di sensato da dirgli, qualcosa che gli facesse capire cosa si stava perdendo a comportarsi in quel modo stupido, ma le parole gli morirono in gola e il sopraggiungere di Alexis lo fece desistere dal parlare con l’amico di quell’argomento così delicato.
-Ciao Spencer!- sorrise Alexis prendendo a braccetto il suo cavaliere –Ho sentito la relazione tua e di Rossi, siete stati davvero magnifici.. mi ha sempre affascinato la psicologia!-
-Grazie.- disse subito Reid, felice che l’arrivo della ragazza avesse spezzato qualsiasi intenzione dell’amico che continuava, però, a guardarlo serio in volto.
-In queste cose è bravissimo.- intervenne Derek calcando le prime parole. In qualche modo doveva fargli capire che sotto l’aspetto di vita vera, la sua vita, stava sbagliando.. e lo stava facendo di grosso!
Alexis vagò con lo sguardo da uno all'altro mentre i due si stavano osservando senza dire parola, non sopportava di essere trattata come una di troppo ma soprattutto non sopportava due persone che avevano tante cose da urlarsi in faccia ma che non lo facevano.
-Credo che qualcuno mi debba portare un drink!- esclamò posando una mano sull'avambraccio di Derek che subito le sorrise portando una mano alla fronte.
-Certo capo!- esclamò dirigendosi verso il bancone degli alcolici.
-Siete molto carini assieme.- borbottò Spencer mentre una strana tristezza aveva invaso il suo animo. Non era affatto abituato a quei discorsi tanto duri con Derek ma soprattutto non era abituato ad ignorarlo. Forse la sua mente sapeva esattamente che quello che l'amico gli stava dicendo era giusto.. ma adesso, proprio, non riusciva a capacitarsene.
-Carini è quasi un'offesa.- ironizzò Alexis, osservando meglio il dottore che si ritrovava davanti.
Dopo il caso in cui era stata coinvolta la sua società, le era capitato di dover passare molto tempo assieme all'avvocato Johnson e così, una cosa tira l'altra, aveva imparato a conoscerla semplicemente come April. Avevano iniziato a parlare di loro stesse, a svelarsi e a ritrovarsi amiche. Solo per questo, adesso, poteva dire di vedere sotto un'altra ottica quel ragazzo che le stava davanti guardandola con una buffa aria imbronciata.
Respirò profondamente prima di portare l'indice sul mento di Spencer e mormorare -Carini direi che sareste tu e.. la ragazza che mi sta alle spalle, non è vero?-

Guardò dritta davanti a sé e vide due occhi impauriti fissarla. Inclinò la testa ed osservò quella scenetta con aria stralunata. Cosa diamine stava facendo Alexis? Perché, anche se con i capelli lisciati, poteva giurare che la ragazza che si trovava davanti a Spencer fosse proprio Alexis.
-Non chiederlo a me.- sentì esclamare Derek mentre le si affiancava con due bicchieri di spumante in mano.
-Cosa?- domandò distogliendo lo sguardo e facendo miseramente finta di non essere interessata a quel certo dottore che si ritrovava troppo spesso ad osservare.
-Prima o poi mi dovrete spiegare tutti con chi credete di parlare..- scosse la testa sospirando.
A quella frase April si girò ridacchiando -Con un bravissimo profiler che sa esattamente il perché delle nostre finte risposte.-
-Quindi lo sapete anche voi di star commettendo sbagli su sbagli.- esclamò con quel tono di voce misto fra l'ironico e il serio. L'avevano buttata sullo scherzo ma sapevano benissimo che quella era conversazione molto seria.
April stette qualche secondo in silenzio con la faccia di una che sta pensando alla cosa giusta da dire poi, portando una mano ad afferrare uno dei due bicchiere di spumante di lui, disse: -Beh, mi piacciono le cose complicate!-
Derek scosse la testa sorridendo, mentre la guardava allontanarsi verso una stanzetta laterale. Quella ragazza sapeva esattamente cosa stava facendo, sbagli e non. Lo sapeva ma andava dritta verso il suo futuro cercando di limitare i danni. E col suo bicchiere di spumante in mano.

Non capiva come potevano essere arrivati a quel punto. Loro due, da soli, a chiacchiere delle proprie vite e dei propri interessi.
Era una magia che si stava ripetendo per la seconda volta dopo quella sera a cena insieme.
-Immagino sia difficile ripartire da capo ogni volta.- disse Aaron più riferito alla loro situazione che a quella fra Emily e sua madre di cui stavano parlando.
-Vedendoci molto poco e non essendo mai state in buoni rapporti.. credo sia normale.- alzò le spalle la donna per poi poggiarsi meglio sullo schienale del divanetto dalla federa blu sul quale erano seduti ormai da un bel po' di tempo.
-Spero che non diventi così fra me e mio figlio.-
-Oh, non hai di che preoccuparti. Sei un padre fantastico.-
-Che pensa troppo al lavoro.- si rimproverò da solo.
Emily lo guardò qualche attimo prima di rispondere, -Lo fai per lui. Per rendere questo mondo un posto migliore dove lui possa vivere.-
Alzò lo sguardo sulla figura di quella donna che riusciva a capirlo più di quanto sua moglie era riuscita a fare in tanti anni di matrimonio. Si sorprese a paragonare le due ma approfondendo l'argomento arrivò alla conclusione che Haley ed Emily non avevano proprio nulla in comune. Erano due caratteri diversi e due bellezze diverse. Ed Emily riusciva ad incastrarsi nella sua personalità molto meglio rispetto ad Haley.
Sospirò. Non sapeva perché quei ragionamenti assalivano il suo cervello proprio in quel momento, quando poteva sfruttarlo al massimo per stare assieme alla donna che riusciva a regalargli sorrisi sconosciuti. Beh, forse anche lui si era stufato di alludere a qualcosa che poteva esserci ma che, in affettivo, non c'era. Doveva proprio darsi una svegliata e far diventare realtà quello che la sua immaginazione sognava da tempo.
Emly accavallò le gambe notando come lui si fosse estraniato nel proprio mondo. Avrebbe pagato oro per sapere almeno qual'era l'argomento dei pensieri dell'uomo che le stava davanti. Avrebbe davvero pagato oro.
-Beh.- interruppe il silenzio che si era creato fra loro -Devi sempre dirmi qual'era l'argomento di cui stavano discutendo gli amici di mia madre prima che tu intervenissi a salvarmi dalle loro grinfie.- scherzò.
-Non capisco di cosa stai parlando.- fece finta di niente lui, mentre il suo sguardo si spostava dal pavimento di cotto agli occhi color pece di Emily.
-Ohh, Aaron Hotchner!- esclamò la donna contrariata -Necessito di sapere per quale motivo sarei meravigliosa!- disse con finto tono autoritario.
E a quel punto, a quelle parole, a quel comportamento solare, a quella bellezza acqua e sapone, Aaron non seppe proprio resistere.
-A far sentire bene le persone.- sussurrò lasciando che i suoi occhi fossero così catturati dallo sguardo di lei che si animava di un sorriso delicato che aveva tutta l'aria di provenire dal cuore. Come le semplici e chiare parole che lui le aveva dedicato.

Sentì una morsa allo stomaco appena intravide quel vestito nero che cadeva a pennello su quel corpo che ormai credeva di conoscere a memoria. La presa si irrigidì appena la vide portare il bicchiere di spumante a sfiorarle la bocca e inumidirle le labbra.
Distolse lo sguardo mentre un brivido gli percorreva la schiena.
Respirò profondamente cercando di riprendere il controllo di se stesso. Da quando il suo cervello perdeva la padronanza di se stesso? Da quando era scavalcato da qualcosa che decisamente non riusciva a dominare? Da qualcosa di tremendamente affascinante?
Si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio prima di decidersi a colmare quella breve distanza che lo divideva dall'oggetto dei suoi desideri.
-Bello, non trovi?- disse cercando di non balbettare e fissando il suo sguardo sul quadro appeso alla parete che la ragazza stava osservando da qualche minuto.
-Adoro le tele che rappresentano l'infuriarsi delle onde del mare.- mormorò April senza girarsi ma continuando ad osservare quella tempera bluastra.
Poteva riconoscere quella voce fra mille, avrebbe sempre saputo a chi apparteneva.
Continuarono a stare in quella posizione per qualche attimo, come se quel quadro li potesse svelare il mistero delle loro vite e della loro incapacità ad amarsi davvero.
Potevano sentire il proprio profumo, i propri respiri e il calore della loro pelle senza nemmeno sfiorarsi, solo standosi vicino e immaginandosi in peripezia fra quelle onde. Insieme.
Fu quando April abbassò il braccio col suo bicchiere di spumante che i loro corpi si sfiorarono davvero, portandoli velocemente alla realtà di una stanza immersa di persone che cercavano di scavalcarsi a vicenda mostrandosi migliori degli altri.
Si girarono l'uno di fronte all'altra mentre i loro occhi si decisero ad incontrarsi e fondersi in una danza sconosciuta di cui tutti gli altri erano ignari. Solo loro due ne conoscevano i passi.
-Come va il piede?- ruppe il silenzio Spencer.
-Meglio..- balbettò April bevendo un altro sorso del suo spumante ormai sciapito -..con questi tacchetti cerco di non pensare al dolore.-
-Vuoi sederti?- le chiese mentre la sua mano si posava, automaticamente, sulla sua schiena come per incoraggiarla a camminare in direzione di un piccolo divanetto lasciato libero.
Spencer sorrise mentre sentiva la seta leggera del vestito di lei premere sul suo palmo.
Non avrebbe mai scordato la sensazione che quella sera gli lasciò addosso.
April lasciò che la mano di lui facesse pressione sulla sua carne prima di muovere il primo passo per andare a sedersi.
Non avrebbe mai scordato la sensazione che quella sera le lasciò addosso.

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"L'amore è come un'alga sulla superficie di uno stagno: anche se la scosti nulla le impedirà di tornare a galla" Anonimo.

 

 

  
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