Prima
pubblicazione: 24/11/2009
Revisione:
01/10/2011
1. Pomodori e giuramenti
«Etchù!»
«Salute.
Il moccioso ti ha di nuovo attaccato qualche simpatica malattia
infantile?»
Itachi decise di ignorare il ghigno di suo cugino.
D'altro canto, aveva già provveduto a picchiare Shisui meno di due
settimane prima, quando aveva avuto l'ardire di scompisciarsi dalle
risate dopo che lui si era ritrovato a letto col morbillo insieme a
Sasuke. Quel bambino sembrava un amplificatore di germi: li
assimilava, si beccava la forma più intensa che la malattia poteva
procurare e poi, non contento, emanava bacilli contagiosi che
attecchivano su chiunque gli si avvicinasse.
In conclusione,
Itachi optò per un più diplomatico «ci vediamo, Shisui» e
superò la casa degli zii, senza fermarsi.
«Ci si vede, vecchio
mio!» rispose Shisui, imitando l'espressione seria del cugino, prima
di voltarsi per raggiungere la porta di casa.
Fortunatamente per
lui, Itachi si era già allontanato.
«Sono
tornat... tou san, che stai facendo?»
Lo spettacolo di Fugaku
Uchiha, piegato a gattoni nell'ingresso, non era cosa di tutti i
giorni.
«Ah! Alla buon ora, anche tu! Che stavi facendo in giro,
invece di essere qui nel momento del bisogno?»
Dal pulsare
sinistro di una vena sulla tempia di suo padre, Itachi dedusse che
non era il caso di ribattere.
«In realtà ero in missione, ma non
importa. Serve aiuto?» tentò, conciliante.
«Cerca la fede».
Itachi tacque. Forse era incappato nel bel mezzo di una
crisi mistica. Non pensava che suo padre fosse tanto religioso.
«Ehm,
quindi tu stai cercando la tua fede... sul pavimento
dell'ingresso» ripeté, cauto, tentando di dare un senso alla
situazione.
Fugaku strabuzzò gli occhi.
«Non la mia
fede, sciocco di un primogenito! Quella di tuo zio, dannazione!»
Ora
Itachi stava seriamente iniziando a pensare che, più che mistica,
quella di suo padre fosse una crisi epilettica con allucinazioni
associate.
Annuì lentamente e, mantenendosi impassibile, aggirò
Fugaku, dirigendosi con cautela verso la cucina.
«Kaa san, credo
ci sia un problema con tou san, di là. Dice che sta cercando...»
«Dannazione, ma dove può essere finita quella fede? Eppure
era qui!»
Mikoto Uchiha emerse da sotto il tavolo con
espressione corrucciata.
«Oh, Itachi, bentornato! Che dicevi? »
A
mali estremi, estremi rimedi.
Itachi uscì alla svelta dalla
cucina e si fiondò in corridoio.
«Sasuke!»
Sasuke
trotterellò fuori dalla sua stanza e gli corse incontro.
«Nii
san!» esclamò felice, abbracciandogli le gambe.
Itachi pregò
che almeno il fratellino fosse stato risparmiato da quella che -
iniziava a pensare - fosse un'ondata di follia dilagante.
«Si può
sapere che sta succedendo qui, Sasuke?» chiese in tono un po'
allarmato. La vista di suo padre che gattonava nell'ingresso come un
indemoniato lo aveva un tantino sconvolto.
Il bambino assunse
un'espressione mortalmente seria.
«Oh... tou san ha combinato un
pasticcio, nii san. » disse, con fare da cospiratore.
Itachi
sollevò un sopracciglio. No. Decisamente c'era qualcosa che non
andava.
«E sentiamo, che avrebbe combinato tou san?»
«Ha
perso una fede. E non doveva perderla. No no. Perché kaa san ha
detto che lui le deve dare allo zio e alla zia, domani. E invece ne
ha persa una, e allora...»
Itachi si batté una mano sulla
fronte.
Ma certo! Il matrimonio degli zii! L'aveva dimenticato.
Probabilmente perché non aveva neanche ben presente di quale zio si
trattasse. Scoppio in una breve risata: si era immaginato chissà
quale catastrofe e invece stavano solo cercando uno stupido
anello.
Sollevato, scompigliò i capelli di Sasuke, che lo
guardava un po' confuso.
«Ho detto una cosa buffa, nii-san?»
«No,
no, lascia perdere».
Fu interrotto da Mikoto, che annunciava la
cena.
«E chiamate vostro padre! La cercheremo dopo, quella
dannata fede».
La
cena non fu esattamente uno spasso.
Fugaku, con la vena pulsante
sempre più sporgente, attaccò il riso impugnando le bacchette come
se gli avessero fatto un torto personale e a nulla valsero le parole
di Mikoto, che cercava di placarlo.
«La troveremo caro. Dopotutto
era lì. Le fedi non hanno le gambe».
Itachi ebbe la prontezza
di sollevare la sua ciotola e quella del fratellino, un secondo prima
che il pugno di Fugaku si abbattesse sul tavolo, schizzando riso
sulle facce dei presenti.
«Tu non capisci, Mikoto. Sono il
testimone! Non posso presentarmi al matrimonio di mio cugino
dicendogli che ho perso...» sottolineò la parola con un
rantolo addolorato, «la sua fede nuziale. Sono un Uchiha! Gli Uchiha
non perdono quello che gli viene affidato!»
Questa gli
giungeva nuova, pensò Itachi tra sé.
Ogni giorno suo padre
inventava almeno un paio di nuovi super poteri Uchiha, di cui, a suo
dire, tutti gli appartenenti al clan dovevano essere dotati fin
dalla nascita.
«Ma io» sussurrò Sasuke, preoccupato, «ho
perso due pastelli, ieri».
Itachi sospirò. Se continuava così,
suo fratello sarebbe venuto su complessato.
«Non preoccuparti,
otouto. Tou san scherza» rispose, piano.
«Quindi devo trovarla!
» concluse Fugaku, alzandosi in piedi. «È una questione di
onore!»
Mikoto osservò suo marito varcare la porta della cucina
a passo marziale e scosse la testa.
«Beh, peccato, c'era anche il
secondo» commentò, prendendo un'insalatiera. «Allora, chi vuole i
pomodori?»
«Mh... no, grazie».
Itachi rivide la sua stessa
espressione sconvolta dipinta sul volto di sua madre che, come lui,
si era voltata a guardare Sasuke come se stesse seriamente
delirando.
«Ma... ma a te piacciono tanto i pomodori, Sasuke
chan. Hai insistito tu perché li comprassi...» balbettò Mikoto,
esterrefatta.
«Hai battuto la testa?» chiese Itachi,
preoccupato.
Insomma. Sasuke adorava i pomodori. L'aveva beccato a
fare merenda con i pomodori. Colazione con i pomodori. Spuntini
notturni a base di pomodori. Se gli chiedevi di scegliere tra
pomodori e gelato, sceglieva i pomodori.
Era un pomodoromane in
stadio avanzato, per citare testualmente Shisui.
«Ho mal di
pancia...» mugolò Sasuke in risposta. E quasi a conferma di quelle
parole, il suo stomaco scelse proprio quel momento per protestare con
un gorgoglio sinistro che strappò al bambino una smorfia di
dolore.
«Oh, povero gnagno della mamma!»
Itachi inorridì al
ricordo di quando anche lui, a suo tempo, si era ritrovato
appiccicati addosso graziosi nomignoli quali “bimbino”e
“patatino”, spesso sostituiti dai più originali “ninnoso”,
“pacchio” e “gnagno” (nelle varianti “gnagnuccio” e
“gnagnino”).
«Ha quasi cinque anni, Kaa san. Potresti anche
smetterla di chiamarlo in quel modo» tentò.
«Sei geloso, Itachi
chan? Non ti preoccupare» cinguettò lei, dandogli un pizzicotto
sulla guancia. «Tu sarai sempre il mio puccio pacchioso!»
Ah,
ecco. Sapeva di averne dimenticato uno.
Sospirò, massaggiandosi
la guancia, mentre Mikoto prendeva in braccio il suo “gnagno che ha
la bua al pancino” e lo portava di là.
Era appena uscita quando
Fugaku spalancò nuovamente la porta scorrevole, rischiando
seriamente di far sgretolare la carta di riso.
«Itachi. Ti
ricordi quello che ti ho detto l'altro giorno?» esordì,
autorevole.
«“tagliati i capelli, sembri un
fricchettone”?»
«No, non quello. Anche se sono sempre della
stessa opinione».
«A me piacciono così, tou san. E poi, se
permetti, i capelli sono miei».
«Di questo parleremo un'altra
volta. Intendo... ricordi quello che ti ho detto due giorni
fa?»
Itachi tentò di fare mente locale.
«Qualcosa sul clan?» In realtà non rammentava nulla in proposito ma
sapeva che, quando
suo padre assumeva quell'espressione grave, novantanove volte su
cento la faccenda riguardava il clan.
«Proprio così, figliolo»
Fugaku annuì, soddisfatto.
«E ricorderai anche cosa ti ho detto»
affermò, come se l'ipotesi contraria non fosse neanche
contemplata.
C'è da dire che Itachi era ancora molto concentrato
sulla cena.
Infatti, sebbene fosse da poco rientrato da una
missione e stesse morendo di fame, i suoi gentili familiari si
stavano prodigando tutti per impedirgli di finire il
pasto.
«Veramente no, tou san» rispose, un po' più stizzito di
quanto volesse apparire, «ma immagino che tu provvederai a
ricordarmelo. Sappi che pendo dalle tue labbra».
Fugaku ignorò
il sarcasmo di fondo.
«Itachi. Un Uchiha si riconosce nel momento
del bisogno».
Ah. E lui che aveva sempre pensato si
riconoscessero dallo sharingan e dal ventaglio sulla schiena.
Itachi
si riscosse e balzò all'indietro quando il volto di Fugaku, con gli
occhi quasi lucidi, si parò davanti al suo.
Non poté
allontanarsi quanto avrebbe voluto, però. Perché suo padre gli mise
entrambe le mani sulle spalle e lo costrinse a fissarlo negli
occhi.
«Dovrò essere più diretto» disse. «Aiutami a
cercare quella dannata fede, o io non potrò più guardare in faccia
almeno due terzi del nostro clan! »
Itachi deglutì.
«Basta
chiedere, non c'è bisogno di...»
«Lo farai, Itachi? Per
preservare l'onore e la dignità di tuo padre? Giuri di ritrovare
quella dannata fede?»
Itachi avrebbe volentieri rettificato
che, per quanto lo riguardava, si perdeva più dignità a supplicare
un figlio a quel modo, piuttosto che a perdere un anello. Ma ebbe il
buon senso di restare in silenzio. E giurò.
Nda
Ciao,
sono wari e questa è la mia prima fanfic *scivola sulla sua stupidità*
No,
riproviamo.
Sono
passati tre anni da quando un dì ho scoperto che le mie ridicole
fantasie da teenager disadattata potevano venire condivise con altri
esseri senzienti. Da allora, questo è diventato il mio principale
hobby, e a suo tempo ha salvato il mio umore e la mia sanità mentale
più d'una volta.
Questa
storiella stupida in sei capitoli è stata scritta di getto in meno
d'una settimana (sì, sono lenta. Questo non è cambiato) e ci
sono molto affezionata, nonostante tutti i suoi madornali difetti.
Comunque, visto che sta tra le scelte (Dark, wtf?!
XD) e qualche
essere meraviglioso si ferma persino a lasciare due righe di
recensione nonostante sia così vecchia (grazie **), ho deciso di
sprecare qualche mezz'ora della mia frivola esistenza per
revisionarla.
Se
dovessi riscriverla, certamente sarebbe diversa (ah, l'Omino
dell'Ovvio!), ma
mi dispiacerebbe modificare un ricordo dei miei quindici anni, indi,
in pratica ho corretto principalmente html, punteggiatura sbarellata
e qualche scemeria, giusto per renderla un po' meno mostruosa. Sono
rimaste giappominkiosità, frasi grezze e IC tirato con le molle. Che
poi, a conti fatti, non è che sia così lontana da quel che scrivo
adesso XD
Cielo, c'è mica da esserne contenti *sviene*