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Autore: Pandora_2_Vertigo    25/11/2009    2 recensioni
Una storia. Presente e passato. Ambientata in un futuro ipotetico, dove le differenze tra gli uomini portano il mondo all'auto-distruzione. Gli umani da una parte, i mutanti dall'altra. In mezzo una giovane ragazza rifiutata da entrambi i mondi e una voce che l'assilla.
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Apre la porta, sente il fiato corto della bambina appena dietro la sua spalla. È spaventata e lui non è da meno. Si ritrovano nel corridoio. Non li hanno chiusi dentro  e nemmeno li controllano. Troppo impegnati?

Forse troppo occupati in altro, non è un buon segno. Guarda lungo il corridoio, nessuno.

Fa segno alla bambina di seguirlo fuori. Poi fissandola negli occhi si pone un dito sulle labbra, non devono fiatare.

La piccola Pan annuisce e stringe la mano che il ragazzo gli tende.

Insieme cominciano a correre silenziosamente. Non incontrano nessuna guardia. Non percepiscono più suoni strani. Tutto troppo tranquillo.

Si orientano e si ritrovano nelle vicinanze del salone. Nuovamente li. Ora le porte sono aperte, ma controllate da uomini in uniforme nera. I buoni in teoria. Lui fa per rivolgersi a loro, chiedere aiuto, ma la bimba lo ferma.

Lo trattiene scuotendo la testa. Non capisce.

-          Pan che c’è? Sono i buoni, hai paura?

La piccola continua a fare segno di no. Lui le si inginocchia davanti.

-          Non ti faranno nulla di male – prova a convincerla.

-          È lui, lui ti ha picchiato.

E capisce. La piccola ha visto chi li ha rinchiusi nella stanza e legati, lui no. È riuscito solo ad intravedere un ombra.

-          Dici sul serio piccola? Sono stati loro?

La testolina bionda si muove in su e in giù. Lui sospira. La guardia presidenziale, al di sopra dell’esercito, il secondo potere più potente dello stato ha fatto questo. Avverte un brutto presentimento. Dalle porte spalancate giungono voci e suoni, ma l’oratore non è più il presidente, il padre di Pan. È una voce più rude, autoritaria, disciplinata. Quelli che escono da quella bocca sono ordini.

-          ….Un nuovo Stato… Accordo coi mutanti…non rispettato. Pronti a combattere. …

Solo stralci di conversazione giungono fino a loro. Poche parole, ma per nulla rassicuranti.

-          Ascoltami , dobbiamo raggiungere e tuoi genitori che probabilmente sono ancor là dentro. Io cercherò di distratte la guardia e tu ti fiondi nel salone. Te la senti?

La piccola ha paura, gli si stringe. Non vuole lasciarlo.

-          Non preoccuparti, ti raggiungo subito ok?

Si solleva e la prende per mano. Si guarda intorno, non vede nulla di utile, maledizione. Osserva la figura davanti alla porta.

È alto e muscoloso, ma dalla faccia sembra poco intelligente. Porta una pistola nella fondina e una mitraglietta nera e lucente a tracolla. La ricetrasmittente nel taschino gracchia in continuazione.

-          Cancello a sala, rispondete, passo.

-          Qui sala, che succede? Passo.

-          La situazione non è più così tranquilla, i mutanti vogliono sapere se ci sono novità. L’inganno non durerà per molto, passo.

-          Non manca molto, resistete. Chiudo.

Cosa sta succedendo? L’inganno? Ma cosa….!

Un forte boato e tutto trema. Stare in piedi è difficile, le guardie corrono via, verso i corridoi. I bambini si nascondono subito dietro una poltrona, poi passate le guardie si lanciano verso il salone. Ciò che vedono li impietrisce. Un uomo, grosso, enorme, col petto ricoperto di medaglie è sul palco, microfono alla mano, probabilmente a lui apparteneva la voce di poco prima.

Un folto gruppo di persone è ammassato sul lato est del salone, tutti vestiti in modo elegante, molti sono a terra, probabilmente in seguito all’esplosione. Sono tenuti sotto tiro da una decina di guardie vestite di nero, che imbracciano dei fucili. La tensione si avverte ovunque.

La piccola urla. Il bambino cerca di bloccarla ma non riesce. Ormai tutti sono voltati verso di lei.

In pochi secondi sono circondati. Ancora in trappola.

Una voce di donna chiama il nome della piccola. Lei riconosce subito la voce della madre e squadra tutti i volti che le si parano davanti fino a che non la vede. Vorrebbe tanto correrle incontro, ma la trattengono, prendendola per le braccia, puntandole addosso armi.

Lei è solo una bambina che vuole andare da sua mamma. Cade a terra e comincia a piangere.

Il bambino le si accascia accanto e cerca di calmarla.

-          Pan calmati. Adesso ti lasceranno andare da tua mamma calma.

Le accarezza i morbidi riccioli, ma lei no si calma. È scossa da singhiozzi e tremiti, non riesce a fermare le lacrime. Si sente il viso in fiamme, come il petto e le mani. È troppo agitata.

Cerca di rialzarsi, ma ricade a terra.

-          È quella piccola peste - dice una voce grossa alle sue spalle – lasciatela andare dai genitori o non smetterà di straziarci.

Il ragazzo si volta e vede il comandante di quel gruppo di ribelli voltare la schiena a quella scena. Aiuta Pan a sollevarsi, è bollente, il volto arrossato. Le prende una mano, ma la lascia subito andare, anche con le bende attorno alle dita il calore è insopportabile. La piccola capisce e stringe i pugni. Poi si volta e corre verso sua madre. Le si getta tra le braccia e scoppia a piangere, si libera finalmente della tensione e della paura che le attanagliano il cuore. La madre le accarezza la testa, bisbigliandole parole tranquillizzanti.

Uno schianto e di nuovo viene strappata via da quel dolce calore, da quella pace.

Si volta e lo vede a terra, sul pavimento, circondato dalle guardie, torturato dai loro calci, preso in giro dalle loro amare risate. Le si spezza il cuore. Lui no. Non il suo unico amico.

-          Ragazzo – parla il graduato – a te non andrà altrettanto di lusso.

 

 

Il silenzio mi avvolge di nuovo. Ho quasi paura di pensare, di realizzare, di metabolizzare. I suoi occhi freddi dritti nei miei. Quel sorriso malvagio. Non può essere, non possono appartenere alla stessa persona. Non può essere la sua voce.

Non potrebbe. Non dovrebbe. Loro non possono! Ci perseguitano per i nostri poteri! Per le nostre qualità extra! Non può essere! È contro le loro leggi!

Ma allora come è possibile? Suggestione forse? Me lo sono immaginato? Lo stress?

-          Caricatela sul camion!

Che cosa? Fa per alzarsi quando viene bloccato da uno dei suoi uomini.

-          Ma signore…!

-          Ho detto di caricarla! E ammanettatela! – fa aprendo la porta per abbandonare la stanza.

Una volta uscito, i suoi uomini si guardano e poi guardano me. Uno di loro mi si avvicina, mi afferra le mani e subito chiudo gli occhi e mi concentro. Devo scottarlo! Dalle mie mani subito fluisce calore, tremendo calore, le sento bruciare, ardere le bende che mi fasciano i palmi. Poi subito dopo un urlo, l’ho ferito! Vorrei ridere per la mia piccola vendetta, per il dolore inflitto, ma non faccio in tempo. Vengo scaraventata a terra e presa a calci in pancia. Mi rannicchio per cercare di difendermi.

-          Maledetta mutante! Cosa credevi di fare, eh?

Un altro calcio, e ancora, mentre le risate degli altri soldati nella stanza mi riempiono le orecchie. Mi sollevano di peso, con attenzione questa volta mi bloccano i polsi e trascinandomi per le spalle mi guidano lungo i corridoi freddi e umidi. Una porta, l’ennesima e siamo all’aperto. Aria pulita finalmente, che inspiro a fondo a depurare i miei polmoni. Un'altra spinta. Fuori è buio, quanto sono rimasta chiusa la sotto? Gli altri si saranno accorti che non sono tornata? E Damian? Sarà preoccupato per me? Verranno a salvarmi? Si organizzeranno e poi…e poi niente. Mi rendo conto improvvisamente che nessuno ha mai fatto nulla. Quando uno della colonia non tornava, semplicemente…semplicemente si continuava. Nessuno ha mai provato a salvarlo. Non se ne è mai parlato, nemmeno è stata suggerita l’idea qualche volta. E questa realtà come un macigno mi crolla addosso. Sono sola, più di quanto sia mai stata…

Strattonandomi mi obbligano a camminare, ma ormai non pongo più resistenza. Le loro risate e prese in giro non mi stimolano più. Sono un peso morto. Giungiamo davanti a una camionetta militare. Aprono i tendoni posteriori e molto poco gentilmente mi caricano sopra.

Richiudono il tutto e mi lasciano da sola, circondata da scatole e scatoloni. Cerco di rimettermi in piedi, ma senza poter usare le braccia l’equilibrio scarseggia e faccio molta più fatica. Cerco con la scarsa luce che filtra dai pesanti tendoni cerati cos’altro c’è in questo camion, ma non faccio in tempo.

Il motore del mezzo viene accesso e i sobbalzi mi fanno cadere col sedere sul piano. Che male!

Ci muoviamo, ma lentamente. Tendo di nuovo di rialzarmi. Ecco ci sono quasi…quando il camion prende una curva e mi sbilancio di nuovo. Questa volta finisco su uno dei sostegni laterali col muso e poi finita la curva di nuovo a terra con un tonfo. Maledizione!

-          Ehi voi! Accidenti volete fare un po’ più di attenzione?

Comincio a urlare mentre nuovamente cerco di rimettermi in piedi, ma il mezzo è instabile, e la strada decisamente poco rettilinea. Continuo a essere sbalzata i qua e di la, pesantemente, a urlare e a cadere dolorosamente. Di questo passo non arriverò intera, ovunque stiamo andando!

-          Ehi, mi sentite? Maledizione! Fermatevi e venite qua a darmi un mano!

-          Vuoi stare un po’ zitta dannazione? – una voce da una fessura che si è aperta dalla parete che separa il vano posteriore dalla cabina d guida.

-          Almeno liberatemi, così potrò reggermi!

-          Pensi che siamo così sciocchi? Ora zitta!

E la fessura viene nuovamente chiusa.

-          Devi essere veramente ridicola

Fottiti bastardo! Urlo nella mia mente ma pure con tutta la voce che riesco a tirare fuori.

Di botto il camion si ferma e da in ginocchio com’ero finisco per sbattere la faccia sul pianale dalla forza della frenata! Di nuovo, che male!

Il suono di una portiera che sbatte, il portellone posteriore che viene aperto e quella maledetta uniforme nera che sale sul rimorchio. Sbuffando mi solleva di peso e mi mette a sedere su una i quelle casse, mentre io protesto vivamente.

-          Si può sapere perché vi siete fermati? – dice una voce profonda alle nostre spalle.

Sia io che il soldato ci voltiamo un pò sorpresi. Appena lo vedo indurisco lo sguardo. Indossa sempre una stupida maschera a coprirgli il volto, ma questa volta non porta il lungo mantello o le protezioni, semplicemente la canonica uniforme nera della guardia.

-          Signore. – risponde il soldato mollandomi di colpo sulla cassa per mettersi sull’attenti. Che male, l’ennesima botta sul sedere!

-          Parla soldato!

-          La prigioniera cercava di liberarsi, sfondare le casse e non smetteva di urlare…

-          Ehi! Non è vero! Eravate voi con la vostra guida spericolata a farmi cadere in continuazione!

-          Silenzio! – urla il comandate mascherato.

Ammutolisco per il suo tono autoritario, ma solo per un momento! Che si crede! Non accetto ordini da lui! Con uno sguardo arrabbiato riapro la bocca per parlare, ma non faccio in tempo..

-          Soldato, immobilizzala e se lo ritieni necessario imbavagliala, ma in fretta. Dobbiamo ripartire subito. Non sono previste ulteriori soste fino a mezzo giorno.

-          Si signore! – scatta all’istante il sottoposto.

-          Cosa? Aspettate un secondo! Dove mi state portando? Ho il diritto di sapere! – continuo a sbraitare, cercando di farmi ascoltare.

Il soldato mi mette uno straccio sulla bocca, bagnato di una qualche sostanza. Appena provo a respirare sento i vapori penetrarmi nei polmoni, annebbiarmi la mente e le palpebre calare pesanti. Crollo mentre sento che qualcosa mi afferra.

Finalmente giunse l'ispirazione! Grazie tantissimo chi ha letto, commentato ( _New_Moon_ spero che qua troverai qualche risposta alle tue domande, ma soprattutto ti ringrazio per l'entusismo che hai messo nel commentare, ti giuro che ho iniziato a saltare sulla sedia!) e aggiunto alle seguite (CharmingVampire, Jennifer90 e _New_Moon_)! spero continuiate a seguire Pan! Anzi, se avete suggerimenti, idee..lasciateli pure nei commenti! grazie e a presto
  
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