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Autore: StillAnotherBrokenDream    30/11/2009    3 recensioni
E se l'isola e i suoi segreti fossero solo un sogno? E se tutte le sue vicissitudini fossero solo ingredienti di un brutto e contorto incubo? Benjamin Linus si sveglia di soprassalto e scopre che.... (Ben&Juliet)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Svegliati, adesso

N.d.A. : Fan Fiction nata per caso e del tutto inaspettatamente, dopo aver visto la puntata 4x6. Dopo il “Tu sei mia!” sono andata in paranoia e la mia testolina ha partorito o meglio sta partorendo questa storia. Dove andrà a parare? Chissà! Non è il massimo ma a me piace scriverla! Ciao a tutti XD!!!

 

 

 

Un’insolito risveglio.

 

 

 

Svegliati, adesso.

 

Non ce la faccio, non ci riesco. Sono bloccato, paralizzato, non riesco a muovere neanche un muscolo. Mi sembra di morire!

 

− Tesoro? Tesoro svegliati.- sussurrò posandogli una mano sulla spalla. Ma l’uomo non si mosse, continuando a tremare.

Lei lo guardò perplessa. − Amore, svegliati è tardi. − insistette la donna scuotendolo più forte.

Sembrava piombato in un sonno così profondo da renderlo sordo e insensibile a richiami di qualsiasi genere, tanto che sua moglie cominciò a temere che stesse male. Gli posò una mano sulla fronte e si accorse di quanto fosse imperlata di sudore.

− Buon Dio ma tu stai male. Benjamin, svegliati per favore! − implorò allarmata.

Finalmente l’uomo si svegliò con uno scatto così brusco da spaventare sua moglie, si mise seduto cercando di riprendere fiato.

Ansimava come se avesse corso per chissà quale distanza ed era scosso da tremiti profondi.

− Caro, ti senti bene? Non riuscivo a svegliarti, mi hai spaventata. − gli disse lei con premura, accarezzandogli il viso.

Suo marito si voltò a guardarla, e quando incontrò quegli occhi tanto amati rimase senza fiato.

− Juliet? − esclamò con sorpresa, non riuscendo a credere di trovarsi faccia a faccia con lei.

− Certo, ti aspettavi qualcun’altra per caso? − fece lei in tono indignato, ma poi le sue labbra si allargarono in un sorriso affettuoso.

− Stavi facendo un brutto sogno vero? Ti sei agitato tutta la notte e per questo ti ho lasciato dormire…− gli disse alzandosi dal letto, si diresse verso la grande finestra e aprì le tende in un colpo, caldi raggi di sole colpirono il letto al centro della stanza.

Benjamin osservava i movimenti di Juliet a bocca aperta, ancora incredulo e disorientato da ciò che stava vedendo.

− Mi stai ascoltando o stai ancora dormendo? − gli domandò lei guardandolo divertita.

Aveva quei meravigliosi capelli ondulati di quando l’aveva vista la prima volta. Quelle onde dorate che l’avevano incantato.

− Io… scusami sono ancora… un po’ assonnato. − si giustificò, riuscendo finalmente a pronunciare qualche parola.

− Sì, lo vedo. Come ti dicevo poco fa, parlando da sola, ti sei agitato per tutta la notte in preda a chissà quali incubi e solo quando mi sono alzata io hai smesso di trasalire e lamentarti. −  gli raccontò Juliet, intenta a mettere  via alcuni maglioni da uomo.

Dormiamo insieme?

Pensò di scusarsi ma era ancora troppa la sorpresa e le parole gli morirono in gola.

− Avanti bell’addormentato, alzati e vieni a fare colazione. Le ragazze sono già uscite e io sto per farlo. − annunciò lei.

L’uomo sorrise e la guardò uscire dalla stanza: era di una bellezza folgorante e se era un sogno non voleva svegliarsi mai più.

Già, un sogno. Pochi istanti e tutto sarebbe svanito nel nulla, ritrovandosi di nuovo dove era sempre stato.

Si guardò intorno, tutto gli era estraneo ma allo stesso tempo familiare, una strana sensazione come di un dejà-vu incerto.

Le pareti di un caldo color crema, le lenzuola candide del letto matrimoniale, l’armadio, i comodini: tutto, gli diceva la logica, era sconosciuto, eppure aveva la sensazione di averli già visti. Spostò lo sguardo sul cuscino accanto a se, era stropicciato e qualcosa di dorato disturbava il suo candore. Allungò la mano e riuscì a prendere quel filo d’oro: era un capello, un capello di Juliet, lei aveva dormito lì accanto a lui! In quel momento ebbe come una visione, un ricordo talmente nitido da sembrare lì davanti ai suoi occhi.

Era un matrimonio, il loro matrimonio: Juliet neanche ventenne in abito bianco e un bouquet di rose bianche e blu in mano, sorridente e bellissima, sottobraccio a….lui! Erano sposati, Juliet era sua moglie! Non poteva essere vero, Juliet lo detestava anzi no, lo odiava e voleva vederlo morto! La donna che poco prima gli aveva sorriso accarezzandogli il viso non aveva l’aria di odiarlo.

− Tutto questo non ha senso, dove sono capitato e perché tutto questo! − chiese esasperato a se stesso alzandosi dal letto.

Camminò per la stanza, esaminando tutti gli oggetti che lo circondavano comprese alcune foto incorniciate sulla cassettiera.

Sentì un tuffo al cuore talmente profondo da costringerlo ad appoggiarsi alla parete, quella che aveva tra le mani era una foto… di famiglia. Ritraeva Benjamin, Juliet e due ragazzine dai capelli scuri e gli occhi chiari. Tutti e quattro sorridenti e spensierati.

Alex!  la chiamò soffocando un urlo, la sua Alexandra era viva ed era lì in quella foto insieme a…

Sarah.... − sussurrò guardando l’altra ragazzina della foto: l’altra sua figlia.

Ricordava entrambe come sue figlie, cioè nate da lui e da sua moglie... oh era pazzesco, era impossibile, folle… ma bellissimo.

Assorto nella contemplazione di quel ritratto familiare, non si accorse dell’arrivo di Juliet.

− Se non fossero mie figlie ne sarei gelosa. − esordì sorridendo. Benjamin si voltò e ricambiò il sorriso con uno più grande.

− Gelosa delle nostre bambine? Non ne avresti motivo, vi amo tutte talmente tanto che non saprei quantificarlo! − confessò.

Era vero, maledettamente vero. Sentiva un amore così grande per le sue donne da metterlo in imbarazzo addirittura con se stesso.

− Lo so, e lo sanno anche loro. Sei il loro idolo! − gli disse con una risatina melodiosa. Lui non seppe cosa rispondere.

− Sei un bagno di sudore, tesoro. Se non ti cambi di prenderai un malanno. − lo avvertì posandogli una mano sul petto, esaminando la casacca del pigiama.

Benjamin abbassò lo sguardo su quella mano calda e amorevole, adornata dalla fede d’oro bianco e da un diamante di notevole dimensione: quindici anni di matrimonio, ricordò.

Era il regalo di Benjamin a sua moglie per il loro quindicesimo anniversario. Lei si era talmente commossa da mettersi a piangere, correndo in un’altra stanza per non farsi vedere.

Tanti ricordi cominciavano a farsi spazio nella sua mente, e quello che fino a pochi istanti prima gli era parso solo un’allucinazione o qualcosa del genere, cominciò a sembrargli reale e tangibile e… normale. Una vera vita, normale.

Hai… hai ragione cara. Vado a fare una doccia e arrivo subito. − assicurò l’uomo le prese la mano e gliela baciò con trasporto.

Juliet annuì e gli sorrise di nuovo, allontanandosi da lui e dirigendosi verso il letto.

Prese il cuscino sul quale aveva dormito suo marito e lo osservò. Si voltò verso Benjamin guardandolo preoccupata.

− Tesoro, hai perso sangue. Sul tuo cuscino ci sono macchie di sangue. − Juliet gli si avvicinò rapidamente.

− Santo cielo, hai perso sangue dal naso mentre dormivi. Ti senti bene caro? − gli chiese prendendogli il viso tra le mani.

Sangue dal naso… non è un buon segno – pensò Benjamin mentre Juliet lo guardava preoccupata.

− Sì… amore. Sto bene. Non so come sia potuto succedere.. mi dispiace per il cuscino… − si scusò.

− Oh, cosa vuoi che me ne importi di un cuscino! L’importante è che tu stia bene. Hai mal di testa? Vista annebbiata? −

Juliet è un medico anche in questa realtàricordò l’uomo.

− Niente di niente Juliet, davvero sto bene. Non so.. anzi a pensarci bene ieri al lavoro… un libro è caduto dallo scaffale e mi è praticamente arrivato in faccia. A parte il dolore del momento, non è successo niente. Forse è per questo che stanotte ho perso sangue… − una bugia un po’ contorta e inverosimile…. peccato che nei suoi ricordi c’era davvero questo episodio.

Anche a sua moglie sembrò un incidente strano.

− Un libro in faccia? E neanche un livido? – gli fece notare alzando un sopracciglio.

− Sì…. beh dai non era un mattone! E poi è colpa del naso… oserei dire che si tratta di un esemplare “importante”, difficile per un libro non centrarlo in pieno! − Juliet si mise a ridere.

Sei impossibile, davvero. Trovi sempre come buttarla sul comico. Comunque, se mi assicuri ti stare bene, ti credo. −

Sta’ tranquilla, sto benissimo. Ora.. ora vado a fare quella famosa doccia.. − le disse con un sorriso.

Lei annuì posandogli le mani sulle spalle. − Okay, vai tesoro. Ti aspetto di là. Sbrigati perché sto per uscire. −

Juliet lasciò la stanza, lasciando Benjamin da solo con un turbine di pensieri in testa: era un sogno o cosa?

Quella non doveva essere la sua vita, eppure lo era. Sempre più ricordi riaffioravano alla sua mente.

Ricordi di gioventù, di vita familiare, del lavoro e…..

− Sono un avvocato? Oh Dio… − esclamò ricordando quale fosse la sua professione. Poi si mise a ridere.

Un lavoro perfetto per… un doppiogiochista manipolatore! Era folle ma estremamente divertente. E ricordava una valanga di codici, norme, leggi e pratiche e fascicoli… era tutto nella sua testa: tutto reale.

Entrò nel bagno e riconobbe ogni suppellettile, sapeva dove cercare le sue cose e tutto gli era familiare.

Si guardò allo specchio e vide che effettivamente era lui, Benjamin Linus.

Era strano però, sul suo viso non c’erano tracce di sangue: sarà stata una goccia che sul cuscino si è sparsa, pensò.

Lasciò perdere la faccenda del sangue, si tolse il pigiama ed entrò nella doccia.

 

 

 

/-------------------/

 

 

Quando uscì dal bagno, si diresse verso l’armadio: sapeva benissimo dove fossero le sue cose.

L’aprì e scelse una camicia bianca, una giacca grigia e un paio di pantaloni dello stesso colore. Scelse una cravatta blu ma poi decise di farne a meno. A pensarci bene, non era mai stato un tipo da cravatta.

Si vestì e uscì dalla camera da letto, dirigendosi verso la cucina. Spaziosa, arredata con cura e accogliente. E familiare.

Benjamin sorrise. Era felice di trovare familiare anche quella stanza.

− Finalmente, ce ne hai messo di tempo. Stai diventando più vanitoso di una donna, sai? – lo canzonò Juliet.

− Scusami tesoro.. questa mattina sono proprio fuori fase. Non ho dormito bene. −

− Lo so. Succede di trascorrere una notte agitata, ti passerà vedrai. Adesso fa’ colazione. − lo invitò versando del caffé in una tazza.

Benjamin si sedette al tavolo guardando sua moglie: era davvero lì davanti a lui? Davvero Juliet Burke era sua moglie?

− Grazie, Juliet. − la ringraziò pronunciando il suo nome con dolcezza.

Lei lo guardò negli occhi e gli diede un bacio sulle labbra. − Di nulla. − gli rispose.

Benjamin ebbe l’impressione che il suo cuore si fosse fermato per un momento: un bacio di Juliet, per lui!

− Tu.. tu non fai colazione? − riuscì a dire Benjamin dopo alcuni secondi di confusione.

Lei scosse il capo. − L’ho fatta prima con le ragazze.. devo proprio scappare. Le mie pazienti arriveranno a momenti e io sono ancora qui… a prendermi cura del più grande dei miei figli! −

Benjamin sorrise divertito. − Sono tuo figlio maggiore? Non potrei avere mammina migliore! −

− Se ti sentisse Emily… − lo ammonì lei con un sorriso compiaciuto.

Benjamin rimase di ghiaccio: sua madre era viva?

Sì che lo era, e lo era anche suo padre. E tutti e tre avevano un rapporto…. meraviglioso.

Sua madre non era morta di parto. Suo padre era stato ed era ancora un buon padre. E non era morto.

Erano in età ma stavano benissimo.

− A proposito, una di queste sere dobbiamo invitare i tuoi a cena, e da un po’ che non ci riuniamo, che ne dici? −

− Sì, sarebbe un’ottima idea. − convenne  lui : voleva vedere sua madre.

− Okay, per me qualsiasi sera va bene purché lo sappia con qualche giorno d’anticipo. −

− Va bene. Telefonerò a … mia madre e vedrò quando possono venire… − gli faceva uno strano effetto dire che avrebbe telefonato a sua madre, quando dall’altra parte lei era morta dandolo alla luce. Dall’altra parte? Nel suo incubo, forse.

Tutta quella storia dell’isola… dello schianto… di tutto insomma, doveva essere stato un grosso, brutto e contorto incubo.

− Non mangi nulla, Benjamin? −

− Ehm.. non ho molta fame questa mattina. Prendo solo il caffé. −

− Sicuro di stare bene? Sei pallido. − si informò sua moglie.

− Sì, sto benissimo. Anzi… credo di non essere stato meglio prima d’ora. E poi fare un po’ di dieta non può che farmi bene. Sai che stamattina ho avuto l’impressione che la camicia mi stesse stretta? − Juliet si mise a ridere.

Smettila, voi uomini potete permettervi un po’ di pancetta. E tra l’altro personalmente trovo le maniglie dell’amore una cosa fantastica. È bello sentirti morbido quando ti abbraccio. –

Il chiaro riferimento sensuale lo mandò in tilt. Aprì la bocca per dire qualcosa ma non ci riuscì.

Si alzò dal tavolo imbarazzato.

Che hai tesoro? Mi sembri turbato…− lo provocò lei con voce suadente.

Devo … devo andare. − farfugliò lui facendo sorridere Juliet.

− Ho detto qualcosa di sbagliato? Ti ho messo in imbarazzo per caso? −

Benjamin le si avvicinò rapidamente e prendendola per la vita l’attirò a sé.

− No. Solo che dopo quell’allusione se resto altri due minuti non so cosa potrebbe succedere. −

Sembrava che in un attimo tutti i dubbi e il conseguente imbarazzo per quello strano risveglio si fossero dissolti come nebbia.

La strinse forte a sé e la baciò con una passione che sorprese entrambi. Nel cervello di Benjamin si materializzò un letto.

− B.. Benjamin.. non è il momento.. sono in ritardo…. − disse lei cercando di divincolarsi da suo marito.

− Chi se ne importa… il mondo non si fermerà se tardi di un’ora o due… − e la baciò di nuovo.

− No, ma… una mia paziente partorirà senza di me. Ho un cesareo tra meno di un’ora…−

Benjamin si arrese, sospirò e la lasciò andare.

− Cattiva. − la rimproverò.

− Non sono cattiva, è solo che non era il momento di abbandonarci alla passione. Anche se l’idea era allettante, ho un bambino da far nascere e di certo non aspetta i miei comodi… −

Benjamin annuì poco convinto. − Sì, capisco. Il dovere ti chiama. −

Juliet gli sorrise e gli accarezzò una guancia. − Saprò farmi perdonare…− gli promise.

Perfetto, benzina sul fuoco – pensò lui limitandosi a sorridere.

− Ora devo proprio andare, o quando arriverò il bambino è già al college. Buona giornata, amore. − e lo salutò con un altro bacio.

Anche a te, cara. −

Guardò Juliet indossare una giacca scura e prendere la borsa, si voltò verso di lui e lo salutò ancora una volta.

Quando fu uscita, Benjamin si ritrovò da solo a meditare.

Ma davvero aveva fatto allusioni sessuali con Juliet?

E soprattutto, davvero l’aveva ripetutamente baciata senza che lei lo schiaffeggiasse o peggio?

E ancora: aveva capito male o lei gli aveva davvero detto che si sarebbe fatta perdonare…. nel senso fisico del termine?

− Se continua così mi prenderò un colpo prima di stasera. − disse a se stesso, incredulo.

Qualsiasi cosa fosse tutta l’altra faccenda, adesso non c’era più. Forse era stato un incubo, o un’allucinazione: non lo sapeva e non gli interessava. Voleva viversi quel momento così bello senza pensare a quello. C’erano Juliet e Alex e Sarah, che ora ricordava perfettamente dal giorno del concepimento fino alla sera prima. Non gli importava più di nient’altro.

Si diresse al suo studio, aprì la porta e senza pensarci due volte raccolse esattamente tutte le carte e i documenti che gli servivano quel giorno. Li mise nella propria ventiquattr’ore e la richiuse. Uscì dallo studio, prese le chiavi della macchina e uscì.

Quella era la sua vita, la sua vera vita. Tutto il resto non esisteva. Non più.

   
 
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