N.d.A. : Fan Fiction nata
per caso e del tutto inaspettatamente, dopo aver visto la puntata 4x6. Dopo il
“Tu sei mia!” sono andata in paranoia e la mia testolina ha partorito o meglio
sta partorendo questa storia. Dove
andrà a parare? Chissà! Non è il massimo ma a me piace
scriverla! Ciao a tutti XD!!!
Un’insolito risveglio.
Svegliati, adesso.
Non ce la faccio, non ci riesco. Sono bloccato,
paralizzato, non riesco a muovere neanche un muscolo. Mi sembra di
morire!
− Tesoro? Tesoro svegliati.-
sussurrò posandogli una mano sulla spalla. Ma l’uomo
non si mosse, continuando a tremare.
Lei lo guardò perplessa. − Amore, svegliati è tardi. − insistette la donna scuotendolo più forte.
Sembrava piombato in un sonno così profondo da renderlo
sordo e insensibile a richiami di qualsiasi genere, tanto che sua moglie
cominciò a temere che stesse male. Gli posò una mano sulla fronte e si accorse
di quanto fosse imperlata di sudore.
− Buon Dio ma tu stai male. Benjamin, svegliati per
favore! − implorò allarmata.
Finalmente l’uomo si svegliò con uno
scatto così brusco da spaventare sua moglie, si mise seduto cercando di
riprendere fiato.
Ansimava come se avesse corso per chissà quale distanza
ed era scosso da tremiti profondi.
− Caro, ti senti bene? Non riuscivo a svegliarti,
mi hai spaventata. − gli disse lei con premura,
accarezzandogli il viso.
Suo marito si voltò a guardarla, e quando incontrò quegli
occhi tanto amati rimase senza fiato.
− Juliet? − esclamò con sorpresa, non
riuscendo a credere di trovarsi faccia a faccia con
lei.
− Certo, ti aspettavi qualcun’altra per caso? −
fece lei in tono indignato, ma poi le sue labbra si allargarono in un sorriso
affettuoso.
− Stavi facendo un brutto sogno vero? Ti sei
agitato tutta la notte e per questo ti ho lasciato dormire…− gli disse
alzandosi dal letto, si diresse verso la grande
finestra e aprì le tende in un colpo, caldi raggi di sole colpirono il letto al
centro della stanza.
Benjamin osservava i movimenti di Juliet a bocca aperta,
ancora incredulo e disorientato da ciò che stava vedendo.
− Mi stai ascoltando o stai
ancora dormendo? − gli domandò lei guardandolo divertita.
Aveva quei meravigliosi capelli ondulati di quando l’aveva vista la prima volta. Quelle onde dorate
che l’avevano incantato.
− Io… scusami sono ancora…
un po’ assonnato. − si giustificò, riuscendo finalmente a pronunciare
qualche parola.
− Sì, lo vedo. Come ti dicevo poco fa, parlando da
sola, ti sei agitato per tutta la notte in preda a chissà quali incubi e solo
quando mi sono alzata io hai smesso di trasalire e lamentarti. − gli raccontò Juliet,
intenta a mettere via alcuni maglioni da
uomo.
Dormiamo
insieme?
Pensò di scusarsi ma era ancora
troppa la sorpresa e le parole gli morirono in gola.
− Avanti bell’addormentato, alzati e vieni a fare colazione. Le ragazze
sono già uscite e io sto per farlo. − annunciò lei.
L’uomo sorrise e la guardò uscire dalla stanza: era di
una bellezza folgorante e se era un sogno non voleva svegliarsi mai più.
Già, un sogno. Pochi istanti e tutto sarebbe
svanito nel nulla, ritrovandosi di nuovo là dove era sempre stato.
Si guardò intorno, tutto gli era
estraneo ma allo stesso tempo familiare, una strana sensazione come di un
dejà-vu incerto.
Le pareti di un caldo color crema, le lenzuola candide
del letto matrimoniale, l’armadio, i comodini: tutto, gli diceva la logica, era
sconosciuto, eppure aveva la sensazione di averli già visti. Spostò lo sguardo
sul cuscino accanto a se, era stropicciato e qualcosa di dorato disturbava il
suo candore. Allungò la mano e riuscì a prendere quel filo d’oro: era un
capello, un capello di Juliet, lei aveva dormito lì
accanto a lui! In quel momento ebbe come una visione, un ricordo talmente
nitido da sembrare lì davanti ai suoi occhi.
Era un matrimonio, il loro matrimonio: Juliet neanche
ventenne in abito bianco e un bouquet di rose bianche e blu in mano, sorridente
e bellissima, sottobraccio a….lui! Erano sposati, Juliet era
sua moglie! Non poteva essere vero, Juliet lo detestava anzi
no, lo odiava e voleva vederlo morto! La donna che poco prima gli aveva sorriso
accarezzandogli il viso non aveva l’aria di odiarlo.
− Tutto questo non ha senso, dove sono capitato e
perché tutto questo! − chiese esasperato a se stesso alzandosi dal letto.
Camminò per la stanza, esaminando tutti gli oggetti che
lo circondavano comprese alcune foto incorniciate sulla cassettiera.
Sentì un tuffo al cuore talmente profondo da costringerlo
ad appoggiarsi alla parete, quella che aveva tra le mani era una foto… di
famiglia. Ritraeva Benjamin, Juliet e due ragazzine dai capelli scuri e gli
occhi chiari. Tutti e quattro sorridenti e spensierati.
− Alex!
− la
chiamò soffocando un urlo, la sua Alexandra era viva
ed era lì in quella foto insieme a…
− Sarah.... − sussurrò guardando
l’altra ragazzina della foto: l’altra sua figlia.
Ricordava entrambe come sue
figlie, cioè
nate da lui e da sua moglie... oh era pazzesco, era impossibile, folle… ma
bellissimo.
Assorto nella contemplazione di quel ritratto familiare,
non si accorse dell’arrivo di Juliet.
− Se non fossero mie figlie
ne sarei gelosa. − esordì sorridendo. Benjamin si voltò e ricambiò il
sorriso con uno più grande.
− Gelosa delle nostre bambine? Non ne avresti motivo, vi amo tutte talmente tanto che non
saprei quantificarlo! − confessò.
Era vero, maledettamente vero.
Sentiva un amore così grande per le sue donne da metterlo in imbarazzo
addirittura con se stesso.
− Lo so, e lo sanno anche
loro. Sei il loro idolo! − gli disse con una risatina melodiosa. Lui non
seppe cosa rispondere.
− Sei un bagno di sudore, tesoro. Se non ti cambi di prenderai un malanno. − lo avvertì
posandogli una mano sul petto, esaminando la casacca del pigiama.
Benjamin abbassò lo sguardo su quella mano calda e
amorevole, adornata dalla fede d’oro bianco e da un diamante di notevole
dimensione: quindici
anni di matrimonio,
ricordò.
Era il regalo di Benjamin a sua moglie per il loro
quindicesimo anniversario. Lei si era talmente commossa da mettersi a piangere,
correndo in un’altra stanza per non farsi vedere.
Tanti ricordi cominciavano a farsi spazio nella sua
mente, e quello che fino a pochi istanti prima gli era parso solo
un’allucinazione o qualcosa del genere, cominciò a
sembrargli reale e tangibile e… normale. Una vera vita, normale.
− Hai… hai ragione cara.
Vado a fare una doccia e arrivo subito. − assicurò l’uomo le prese la
mano e gliela baciò con trasporto.
Juliet annuì e gli sorrise di
nuovo, allontanandosi da lui e dirigendosi verso il letto.
Prese il cuscino sul quale aveva dormito suo marito e lo
osservò. Si voltò verso Benjamin guardandolo preoccupata.
− Tesoro, hai perso sangue. Sul tuo cuscino ci sono
macchie di sangue. − Juliet gli si avvicinò rapidamente.
− Santo cielo, hai perso sangue dal naso mentre dormivi. Ti senti bene caro? − gli chiese
prendendogli il viso tra le mani.
Sangue dal
naso… non è un buon segno – pensò Benjamin mentre Juliet lo guardava
preoccupata.
− Sì… amore. Sto bene. Non so come sia potuto
succedere.. mi dispiace per il cuscino… − si
scusò.
− Oh, cosa vuoi che me ne importi di un cuscino!
L’importante è che tu stia bene. Hai mal di testa? Vista annebbiata? −
Juliet è un
medico anche in questa realtà – ricordò l’uomo.
− Niente di niente Juliet, davvero sto bene. Non so.. anzi a pensarci bene ieri al lavoro… un libro è caduto
dallo scaffale e mi è praticamente arrivato in faccia. A parte il dolore del
momento, non è successo niente. Forse è per questo che
stanotte ho perso sangue… − una bugia un po’ contorta e inverosimile…. peccato che nei suoi ricordi c’era davvero questo episodio.
Anche a sua moglie sembrò un incidente
strano.
− Un libro in faccia? E
neanche un livido? – gli fece notare alzando un sopracciglio.
− Sì…. beh dai non era un
mattone! E poi è colpa del naso… oserei dire che si
tratta di un esemplare “importante”, difficile per un libro non centrarlo in
pieno! − Juliet si mise a ridere.
− Sei impossibile,
davvero. Trovi sempre come buttarla sul comico. Comunque,
se mi assicuri ti stare bene, ti credo. −
− Sta’ tranquilla, sto
benissimo. Ora.. ora vado a fare quella famosa
doccia.. − le disse con un sorriso.
Lei annuì posandogli le mani sulle spalle. − Okay,
vai tesoro. Ti aspetto di là. Sbrigati perché sto per uscire.
−
Juliet lasciò la stanza, lasciando
Benjamin da solo con un turbine di pensieri in testa: era un sogno o cosa?
Quella non doveva essere la sua vita, eppure lo era. Sempre più ricordi riaffioravano alla sua mente.
Ricordi di gioventù, di vita familiare, del lavoro e…..
− Sono un avvocato? Oh Dio… − esclamò
ricordando quale fosse la sua professione. Poi si mise
a ridere.
Un lavoro perfetto per… un doppiogiochista manipolatore!
Era folle ma estremamente divertente. E ricordava una
valanga di codici, norme, leggi e pratiche e fascicoli… era
tutto nella sua testa: tutto reale.
Entrò nel bagno e riconobbe ogni suppellettile, sapeva
dove cercare le sue cose e tutto gli era familiare.
Si guardò allo specchio e vide che effettivamente era
lui, Benjamin Linus.
Era strano però, sul suo viso
non c’erano tracce di sangue: sarà stata una goccia che
sul cuscino si è sparsa, pensò.
Lasciò perdere la faccenda del sangue, si tolse il
pigiama ed entrò nella doccia.
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Quando uscì dal bagno, si diresse verso
l’armadio: sapeva benissimo dove fossero le sue cose.
L’aprì e scelse una camicia bianca, una giacca grigia e
un paio di pantaloni dello stesso colore. Scelse una cravatta blu ma poi decise di farne a meno. A pensarci bene, non era
mai stato un tipo da cravatta.
Si vestì e uscì dalla camera da letto, dirigendosi verso
la cucina. Spaziosa, arredata con cura e accogliente. E
familiare.
Benjamin sorrise. Era felice di trovare familiare anche
quella stanza.
− Finalmente, ce ne hai messo di tempo. Stai
diventando più vanitoso di una donna, sai? – lo canzonò Juliet.
− Scusami tesoro.. questa
mattina sono proprio fuori fase. Non ho dormito bene. −
− Lo so. Succede di trascorrere
una notte agitata, ti passerà vedrai. Adesso fa’ colazione. − lo
invitò versando del caffé in una tazza.
Benjamin si sedette al tavolo guardando sua moglie: era
davvero lì davanti a lui? Davvero Juliet Burke era
sua moglie?
− Grazie, Juliet. − la ringraziò pronunciando
il suo nome con dolcezza.
Lei lo guardò negli occhi e gli diede un bacio sulle
labbra. − Di nulla. − gli rispose.
Benjamin ebbe l’impressione che il suo cuore si fosse fermato per un momento: un bacio di Juliet, per lui!
− Tu.. tu non fai
colazione? − riuscì a dire Benjamin dopo alcuni secondi di confusione.
Lei scosse il capo. − L’ho fatta prima con le
ragazze.. devo proprio scappare. Le mie pazienti
arriveranno a momenti e io sono ancora qui… a
prendermi cura del più grande dei miei figli! −
Benjamin sorrise divertito. − Sono tuo figlio
maggiore? Non potrei avere mammina migliore! −
− Se ti sentisse Emily… − lo ammonì lei con un sorriso compiaciuto.
Benjamin rimase di ghiaccio: sua madre era viva?
Sì che lo era, e lo era anche suo padre. E tutti e tre avevano un rapporto…. meraviglioso.
Sua madre non era morta di parto. Suo padre era stato ed
era ancora un buon padre. E non era morto.
Erano in età ma stavano
benissimo.
− A proposito, una di queste sere dobbiamo invitare i tuoi a cena, e da un po’ che non ci
riuniamo, che ne dici? −
− Sì, sarebbe un’ottima idea. − convenne lui : voleva vedere
sua madre.
− Okay, per me qualsiasi
sera va bene purché lo sappia con qualche giorno d’anticipo. −
− Va bene. Telefonerò a … mia madre e vedrò quando possono venire… − gli faceva uno strano
effetto dire che avrebbe telefonato a sua madre, quando dall’altra parte lei era morta dandolo alla luce. Dall’altra parte? Nel
suo incubo, forse.
Tutta quella storia dell’isola… dello schianto… di tutto
insomma, doveva essere stato un grosso, brutto e contorto incubo.
− Non mangi nulla, Benjamin? −
− Ehm.. non ho molta fame
questa mattina. Prendo solo il caffé. −
− Sicuro di stare bene? Sei pallido. − si informò sua moglie.
− Sì, sto benissimo. Anzi… credo
di non essere stato meglio prima d’ora. E poi
fare un po’ di dieta non può che farmi bene. Sai che stamattina ho avuto
l’impressione che la camicia mi stesse stretta? − Juliet si mise a
ridere.
− Smettila, voi uomini potete
permettervi un po’ di pancetta. E tra l’altro
personalmente trovo le maniglie dell’amore una cosa fantastica. È bello
sentirti morbido quando ti abbraccio. –
Il chiaro riferimento sensuale lo mandò in tilt. Aprì la
bocca per dire qualcosa ma non ci riuscì.
Si alzò dal tavolo imbarazzato.
− Che hai tesoro? Mi sembri turbato…− lo provocò lei con voce suadente.
− Devo … devo andare. −
farfugliò lui facendo sorridere Juliet.
− Ho detto qualcosa di sbagliato? Ti ho messo in
imbarazzo per caso? −
Benjamin le si avvicinò
rapidamente e prendendola per la vita l’attirò a sé.
− No. Solo che dopo
quell’allusione se resto altri due minuti non so cosa potrebbe succedere. −
Sembrava che in un attimo tutti
i dubbi e il conseguente imbarazzo per quello strano risveglio si fossero
dissolti come nebbia.
La strinse forte a sé e la baciò con una
passione che sorprese entrambi. Nel cervello di Benjamin si materializzò
un letto.
− B.. Benjamin.. non è il momento.. sono in
ritardo…. − disse lei cercando di divincolarsi da suo marito.
− Chi se ne importa… il mondo non
si fermerà se tardi di un’ora o due… − e la baciò di nuovo.
− No, ma… una mia paziente partorirà senza di me. Ho un cesareo tra meno di un’ora…−
Benjamin si arrese, sospirò e la lasciò andare.
− Cattiva. − la rimproverò.
− Non sono cattiva, è solo che non era il momento
di abbandonarci alla passione. Anche se l’idea era
allettante, ho un bambino da far nascere e di certo non aspetta i miei comodi… −
Benjamin annuì poco convinto. − Sì, capisco. Il
dovere ti chiama. −
Juliet gli sorrise e gli
accarezzò una guancia. − Saprò farmi perdonare…−
gli promise.
Perfetto,
benzina sul fuoco
– pensò lui limitandosi a sorridere.
− Ora devo proprio andare, o quando arriverò il
bambino è già al college. Buona giornata, amore. − e
lo salutò con un altro bacio.
− Anche a te, cara. −
Guardò Juliet indossare una giacca scura e prendere la
borsa, si voltò verso di lui e lo salutò ancora una volta.
Quando fu uscita, Benjamin si ritrovò
da solo a meditare.
Ma davvero aveva fatto allusioni
sessuali con Juliet?
E soprattutto, davvero l’aveva ripetutamente baciata senza che lei lo schiaffeggiasse o peggio?
E ancora: aveva capito male o lei
gli aveva davvero detto che si sarebbe fatta perdonare…. nel
senso fisico del termine?
− Se continua così mi prenderò un
colpo prima di stasera. − disse a se stesso, incredulo.
Qualsiasi cosa fosse tutta l’altra faccenda, adesso non c’era più. Forse era stato un incubo, o
un’allucinazione: non lo sapeva e non gli interessava. Voleva viversi quel
momento così bello senza pensare a quello. C’erano Juliet e Alex e Sarah, che ora ricordava perfettamente dal giorno
del concepimento fino alla sera prima. Non gli
importava più di nient’altro.
Si diresse al suo studio, aprì la porta e senza pensarci
due volte raccolse esattamente tutte le carte e i documenti che
gli servivano quel giorno. Li mise nella propria ventiquattr’ore
e la richiuse. Uscì dallo studio, prese le chiavi
della macchina e uscì.
Quella era la sua vita, la sua vera
vita. Tutto il resto non esisteva. Non più.