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Autore: StillAnotherBrokenDream    15/12/2009    3 recensioni
E se l'isola e i suoi segreti fossero solo un sogno? E se tutte le sue vicissitudini fossero solo ingredienti di un brutto e contorto incubo? Benjamin Linus si sveglia di soprassalto e scopre che.... (Ben&Juliet)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Il traffico di Washington era infernale

Ti adoro, papà.

 

 

 

 

Il traffico di Washington era infernale. Benjamin impiegò almeno un'ora per arrivare al suo studio. Già, il suo studio, o meglio era un associato: ma il suo nome campeggiava a grandi lettere sulla porta. Era emozionato. Ricordava tutto ormai della sua vera vita, ma quell'incubo era stato così... realistico e odioso che ne era ancora scosso. Aveva paura di entrare nello studio e scoprire di essere ancora nella giungla. Ma si fece forza, tirò un profondo sospiro ed entrò.

− Buongiorno a tutti. − salutò con un sorriso.

− Buongiorno a lei, avvocato. − gli rispose la sua segretaria che gli sorrise ammiccante.

Era una bella quarantenne mora, ma a lui piacevano le bionde. E poi amava follemente la sua Juliet. Una bionda mozzafiato.

− Alla buon’ora, Benny! Non riuscivi a svegliarti stamane? − proruppe Mark, il suo socio e amico.

Non immagini quanto hai ragione, pensò Benjamin sorridendogli.

− Ti chiedo scusa, ma questa mattina non solo mi sono effettivamente svegliato tardi, ma ho trovato un traffico da paura. –

L’altro fece un sorriso strano. − Beh, visto la bella moglie che ti ritrovi… sfido io che la mattina non ce la fai ad alzarti. –

Benjamin lo fulminò con lo sguardo. − Mark… ti dispiacerebbe evitare di parlare così di mia moglie? Sai che non mi divertono un granché le battute da bar. –  L’altro sembrò sorpreso dalla sua reazione.

Scusami amico, non volevo certe offendere la tua signora. Siamo permalosetti oggi, eh? – e gli diede una pacca sulla schiena.

Vaffanculo, lo insultò mentalmente. − Già, può darsi. –

− Mi scusi avvocato, c’è il signor Tower che l’aspetta nel suo ufficio. Avevate appuntamento per le dieci. −

Benjamin guardò l’orologio, erano già le dieci e mezza. − Dannazione. − imprecò avviandosi verso il suo ufficio.

 

 

 

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− Signor Tower, mi perdoni. − esordì Benjamin entrando nel proprio ufficio.

Ad aspettarlo c’era Arnold Tower, un uomo di mezz’età magro e pallido, seduto su una poltrona intento a leggere un giornale.

− Non si preoccupi avvocato, l’importante è che ora lei sia arrivato. Deve assolutamente aiutarmi. − gli disse in tono grave.

− Se posso, certamente. Prego si accomodi qui. − disse indicandogli la sedia davanti alla propria scrivania.

È per quella stronza di mia moglie, ha chiesto il divorzio! − attaccò sedendosi. Benjamin lo fissò stupito.

− Capisco. È una situazione dolorosa, per cui io… −

Ma Tower lo fermò. − Dolorosa un corno! Non me ne frega niente che quella lì voglia andarsene. Voglio solo riuscire a non darle un centesimo! Capisce cosa voglio dire? −

Cominciamo proprio bene, pensò Benjamin scoraggiato.

− Non è così semplice, dovrebbe saperlo. Perché non comincia col dirmi perché sua moglie vuole il divorzio?

L’altro fece una smorfia. − Perché l’ho tradita. − disse con noncuranza.

− Ah. E non le sembra un buon motivo per chiedere il divorzio? − gli fece notare l’avvocato.

Il suo cliente lo guardò come se avesse detto un’oscenità. − Vuole scherzare? Lei sapeva benissimo che non sono un uomo votato alla monogamia, e mi ha sposato accettandolo pienamente. E ora viene a dirmi che sono un disgraziato? Pazzesco! −

Benjamin non sapeva se ridere o mandarlo al diavolo: e lui avrebbe dovuto curare gli interessi di un tale bastardo?

− Signor Tower, come suo …. avvocato, comincerei col consigliarle di moderare i toni e di evitare certi aggettivi. Poi, mi rincresce contraddirla, ma sua moglie potrebbe anche aver detto di accettare la sua indole infedele per poi sentirsene offesa. Non è una bella sensazione scoprire che la persona che si ama ha un amante. −

Come Juliet e Goodwin…. Basta! Era solo uno stupido sogno. Un incubo. Si rimproverò.

− Beh non mi interessa, io gliel’ho detto dal primo giorno che una relazione esclusiva mi stava stretta. E ora lei usa questa scusa del sentirsi oltraggiata per spillarmi quanti più soldi possibili! Lei deve aiutarmi a spuntarla, e non doverle dare nulla o al limite, a darle il meno possibile! Cosa farebbe lei al posto mio? − sputò tutto d’un fiato il fedifrago.

Benjamin sorrise. − Se mia moglie mi lasciasse? Mi sentirei morire, soprattutto se la colpa è totalmente mia, come nel suo caso. Non me ne fregherebbe nulla dei soldi, delle macchine o delle case. La supplicherei di perdonarmi, e di restare con me. −

Tower boccheggiò senza emettere suoni. − Sta scherzando, vero? − disse alla fine.

− Oh no Signor Tower, sono molto serio. Ascolti, in questo momento sto agendo contro gli interessi del mio studio, ma voglio farle una domanda da uomo a uomo: lei ha amato sua moglie? −

− Certo. −

E la ama ancora? −

L’altro gesticolò in aria. − E che c’entra? Tanto vuole divorziare! −

Benjamin annuì. − Sì, lo so. Ma risponda alla domanda: la ama?

− Sì, certo che la amo. Non l’avrei sposata altrimenti. Io ero contrario al matrimonio, alla monogamia, eccetera. Ma lei voleva il matrimonio e allora… l’ho accontentata. − raccontò l’uomo, cambiando espressione come se avesse finalmente realizzato qualcosa.

− Ecco perché sua moglie non accetta il suo essere libertino. Era convinta che l’amasse e si è sentita presa in giro. Solitamente quando si ama, non si tradisce. Forse questo è un concetto estraneo a lei, ma non a sua moglie. Quando l’ha sposata, lei probabilmente era convinta che sarebbe riuscita a farle cambiare idea riguardo la fedeltà. 

L’altro non rispose, aveva perso ogni esuberanza e ora anzi sembrava mortificato e imbarazzato.

− Ascolti. Anche se, come presumo, sua moglie ha già contatto il proprio legale, lasciamo in sospeso la sua pratica. Se lei si sente ancora legato in qualche modo a sua moglie e in fondo le piacerebbe restarle accanto… provi a ricucire lo strappo.

− Mi ha sfasciato la casa, non c’è proprio niente da ricucire. − affermò l’uomo.

− Lasci perdere la casa e tutto il resto, pensi a sua moglie. Le ripeto che io in questo momento mi sto dando la zappa sui piedi perché a quanto mi è sembrato di capire, lei è decisamente benestante e potrei guadagnarci molto. Ma mi urta i nervi vedere persone che per orgoglio o per paura, lasciano andare via il coniuge senza tentare di ristabilire un contatto. Provi a chiederle perdono, se non c’è niente da fare torni da me e le prometto che combatterò come una belva per farle vincere la causa. −

Va bene, ha vinto lei. − e si alzò dalla sedia.

− Io non ho vinto niente, anzi ho perso. Perché sono sicuro che lei e sua moglie metterete ordine nel vostro matrimonio e io non prenderò il becco di un quattrino. Mi creda, ho avuto altri casi simili al suo. − gli assicurò tendendogli la mani.

− Vedremo, ma aspetti mie notizie, perché io invece ho la sensazione che sarà solo fatica sprecata. −

Evviva l’ottimismo!

− Vorrà dire che sarò qui ad aspettarla a braccia aperte. −

 

 

 

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Arnold Tower uscì dal suo studio con un’espressione strana, e tutti gli altri capirono cos’era successo.

− Ecco fatto, ne ha convertito un altro. Questo ci farà fallire! − protestò qualcuno.

− Lui è fatto così, se può mettere a posto qualcosa, lo fa. È un cuore tenero. Per nostra fortuna la maggior parte delle volte, i clienti tornano più arrabbiati che mai! − disse Mark, scatenando l’ilarità generale.

Benjamin fece capolino dal suo studio. − Hai ragione Mark, è così che è successo con il tuo divorzio, se non ricordo male. −

L’uomo smise di ridere all’istante e si incurvò imbarazzato. − Mi fa fare sempre figure di merda… − bisbigliò all’uomo vicino a lui.

− Sì, ma tu spesso te le meriti tutte. −

− Già, me le leva proprio di bocca. − intervenne di nuovo Benjamin avvicinandosi ai due.

− Ma tu hai le orecchie alle sulla porta? − inveì Mark, indispettito.

Benjamin sorrise e gli posò una mano sulla spalla. − Avanti non te la prendere. Stavo solo scherzando! −

Invece non scherzava affatto, non gli piacevano le libertà che quell’uomo si prendeva con lui. Erano soci certo, ma non poteva permettersi di chiamare in causa la sua famiglia. Per nessuna ragione.

− Sì come no. Ma mi spieghi come diavolo fai a sapere sempre cosa dire facendoci sempre tutti fessi? Anche quello che è appena uscito dal tuo studio. Quando è arrivato sembrava volesse scatenare una guerra e invece è uscito sorridendo!−

Benjamin si strinse nelle spalle. − Non è colpa mia se so sempre cosa fare. − fu la sua risposta.

Lui aveva sempre un piano.

 

 

 

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La giornata passò rapidamente senza avvenimenti importanti. Poco prima di andarsene, prese il coraggio a due mani e telefonò a casa dei suoi genitori. Era stupido sentirsi in difficoltà, ma il suo cervello era ancora un po’ scosso dalla notte precedente.

− Pronto? − rispose una donna di una certa età. Benjamin la riconobbe subito.

− Mamma, sono Ben..jamin. − ricordò di detestare sentirsi chiamare “Ben”.

− Tesoro! Come stai? − gli chiese lei affettuosamente.

− Ehm.. benissimo mamma. Tu come stai? − non riusciva a credere di parlare veramente con sua madre. Era emozionato.

− Ringraziando il cielo, sto bene. È un piacere sentirti, caro! −

Benjamin si commosse. Emily non aveva idea di che piacere era per lui, sentire sua madre… per la prima volta.

No, era come se fosse la prima volta, dopo quella brutta esperienza. Doveva smetterla di pensare a quello stupido sogno.

Anche per me, mamma. Ehm… io e Juliet avevamo pensato di invitarvi a cena una di queste sera. Sempre se vi va.

Ma certo, grazie! Juliet è sempre un amore. Aspetta che chiedo a tuo padre quando possiamo venire. Non vorrei costringerlo a privarsi delle sue partire! Roger? Benny e Juliet ci invitano a cena, quando andiamo? Va bene, caro. − Benjamin ascoltò la conversazione sorridendo: era meraviglioso tutto ciò.

Benny caro, tuo padre dice che per lui va bene qualsiasi sera. E lo stesso vale per me. −

Che ne dici di giovedì? − propose lui.

− Per noi va benissimo! Non vediamo l’ora di rivedere voi e le nostre nipotine! −

E Benjamin non vedeva l’ora di rivedere lei. Anche se riguardo a suo padre aveva ancora qualche riserva.

Anche noi, mamma. Le ragazze impazziranno di gioia quando sapranno del vostro arrivo. − le disse.

− Piccole care! Oh, non dove assolutamente dimenticare di fare quei biscotti che piacciono tanto a Sarah!-

− Non preoccuparti mamma, non c’è bisogno che ti metta a cucinare. −

Ma è un piacere! Tanto lo so che alla fine sarai tu quello a mangiarne più di tutti. Hai sempre adorato quei biscotti! Ricordi? −

Certo, mamma. Come potrei… dimenticarlo? −

I biscotti di sua madre, quelli che gli faceva praticamente tutti i giorni, da bambino. Lo ricordava davvero.

− A presto mamma, e… salutami papà. − le chiese prima di riattaccare.

− A giovedì figliolo. Ti saluta papà dal salotto. −

− Ciao, mamma. − ed entrambi riattaccarono il telefono.

 

 

 

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Pochi minuti dopo aver terminato la telefonata, Benjamin raccolse le sue cose ed uscì, lasciando alle segretarie il compito di chiudere lo studio. Arrivato in strada, si accorse immediatamente che il traffico era addirittura più intenso della mattina.

Ma che bello! Un’altra ora tra smog e clacson! − sbottò entrando in macchina.

Aveva fretta di tornare a casa, nella sua bella e accogliente casa. E soprattutto, aveva fretta di tornare dalla sua famiglia.

Un trillo rapido e acuto gli segnalò che sul suo cellulare era appena arrivato un messaggio. Era di Alex.

 

Papà scusami, potresti venire a prendermi? Sono a casa di Mary Anne. Sua madre è dovuta uscire e non so come tornare a casa. Ti dispiace, papino?

 

Benjamin non riuscì a trattenere le lacrime. Pianse da solo in macchina, come un idiota, semplicemente leggendo un messaggio di sua figlia Alex. Le rispose con un altro messaggio, era stata proprio lei a insegnargli come fare.

 

Aspettami tesoro, papà arriva subito. Traffico permettendo.

 

Una manciata di secondi dopo, un altro messaggio da parte di Alex.

 

Ti adoro, papà.

 

Benjamin sorrise soddisfatto. − Ti adoro anche io, figlia mia. − e partì. Ricordava benissimo dove abitava Mary Anne.

 

 

 

 

N.d.A. : Spero che a voi cari lettori, sia piaciuto almeno un po’ leggere questo capitolo, come a me è piaciuto scriverlo XD

 

Un grazie speciale a PaleMagnolia per l’idea dell’avvocato divorzista, una figata XD!!

   
 
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