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Autore: Hilda Polaris    19/06/2005    1 recensioni
- 2019, ATTO I rimaneggiato e corretto. ATTO II revisionato e aggiunta scena V! -
Il Silenzio dei ghiacci, la maestosità dei monti, l'infinito fulgore dei cieli... Le Alfe, fate del gelo, si riuniscono in una radura tra gli abeti durante un'abbondante nevicata, e iniziano, a turno, a raccontarsi una favola.
What If strutturata come un'opera teatrale per chi ama il mondo di Asgard, vorrebbe sapere di più sul passato, presente e futuro dei protagonisti e, soprattutto, vorrebbe che la storia non fosse finita così.
Grazie in anticipo a chi vorrà leggere e commentare.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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SCENA IV

 

 

- Cos'è mai una macchia di verde nel biancore dell'inverno?

- Oh, un fiore... No?

- Non è sempre così, Seelye.

- Ma i bucaneve possiedono questo nome per un motivo... Sono inaspettati, sono i doni con i quali l'inverno corteggia l'arrivo della bella stagione.

- Lascia, allora, che io ti narri delle primavere apparenti…

 

***

 

"Era piccolo, anzi piccolissimo. Spuntava appena dal terreno ghiacciato, quasi temesse di mostrarsi. Freya capitombolò letteralmente accanto ad esso, ansimando. Il suo respiro produceva piccole nuvole di vapore che le solleticavano il naso. Ne accarezzò il bocciolo, quasi con tenerezza.
Hagen, che l'aveva vista precipitarsi in un punto imprecisato senza un motivo visibile, si era spaventato a morte credendo il suo entusiasmo nell'intravedere il fiore una caduta da cavallo.

- Principessa! Cosa succede?

- Guarda, Hagen! L'ho trovato, guarda qua!

Indicò il fiorellino non ancora sbocciato.

- Un bucaneve... E allora? - Rispose il ragazzo, con un sospiro di sollievo.

- Oh, Hagen, come sei prosaico! É il primo fiore. La primavera sta arrivando, e lui ce lo annuncia.

Incredibile - pensò Hagen, a metà tra il serio e il faceto - A volte sembra quasi una bambina...

Freya gli offrì uno di quei sorrisi disarmanti che lo facevano rabbrividire. Ma sarebbe stato meglio che lei non avesse mai potuto intuire la natura dei suoi pensieri. Non sempre erano... innocenti. Fortunatamente lui sapeva dissimularlo con estrema disinvoltura, e di questo era grato a se stesso.
Cercò quindi di nascondere il proprio turbamento quando Freya lo prese per mano invitandolo ad inginocchiarsi accanto a lei sulla neve. E, con uno dei suoi atti quasi fanciulleschi, lo aveva tirato così tanto che il ragazzo era stato sul punto di perdere l'equilibrio e di franarle addosso.

- Sai, - annunciò allegramente - questa consuetudine del primo fiore proviene da Hilda. Lei mi ha raccontato che da bambina, all'approssimarsi della fine dell'inverno, girava per giorni alla ricerca del primo fiore che le annunciasse la primavera. Era quasi un rito magico, per lei.

- Adesso non lo fa più?

Chiese Hagen, cercando disperatamente di interessarsi alla conversazione e non alle labbra di Freya.

- Non credo... Ma io sono qui per continuare la tradizione!

Detto ciò, si alzò in piedi, rimuovendo la neve rimastale sulla gonna con una piroetta che coinvolse Hagen in un ballo improvvisato.

- Come fai ad essere sempre così raggiante, sorellina? Svelami il tuo segreto!

I due giovani si voltarono allo stesso momento. Astrid scese dal suo cavallo bianco per andare ad abbracciare Freya con tenerezza. Hagen ebbe il tempo di notare che si trattava del cavallo di Hilda.

- Ero uscita dal Palazzo per una passeggiata... - Disse Astrid, accarezzando piano il muso del cavallo, - ... E vi ho intravisti. Disturbo? - aggiunse, con una punta di malizia. Hagen distolse lo sguardo, mentre Freya scoppiò a ridere.

- Assolutamente no, Astrid. Come ti vengono certe idee? Stavamo solo giocando!

- Questo l'avevo notato. Ma... Sei certa che al tuo accompagnatore piacciano certi giochi... ? -

La naturale continuazione di quella frase, rimasta a mezz'aria, era "... e non altri?", e Hagen lo capì immediatamente. Corrugò la fronte: non gradiva certe insinuazioni. Ma Astrid aveva stampato in volto un sorriso candido, e Freya non aveva, per fortuna, compreso il doppio senso dell'affermazione della sorella, per cui disse, leggermente stupita:

- Oh, beh, se gli avessero dato fastidio me l'avrebbe detto, credo... - Si voltò verso Hagen con aria interrogativa - ...Sì, vero?

Hagen annuì.
Astrid si strinse nelle spalle e rimontò a cavallo, salutandoli, dopo aver fatto una carezza a Freya. Ad Hagen, però, non sfuggì la punta d'ironia del suo sorriso di congedo, ragion per cui si limitò ad un mugugno di circostanza in risposta alla sua principessa che commentava entusiasta i capelli al vento dai bagliori infuocati della sorella maggiore.

***

Poche ore più tardi Hagen si trattenne per un po' davanti ad un caminetto, in una delle piccole stanze del castello di solito usate per trascorrervi del tempo libero o per prendere un the. Seduto per terra, su un tappeto, aveva la testa appoggiata al divano retrostante e guardava la danza delle fiamme quasi ipnotizzato da esse e dalla loro luce.
La sensazione di disagio provata quella mattina era dovuta non solo alle battute di Astrid, ma anche ai suoi sguardi: avevano il potere di farlo sentire inadeguato. Lui, un figlio di nessuno, in compagnia della sorella della regina di Asgard. Era normale che Astrid lo guardasse dall'alto in basso, e con una punta di commiserazione nel constatare in lui dei sentimenti senza speranza per una fanciulla d'alto rango e destinata a ben altri partiti. Aveva combattuto per anni con la convinzione di essere troppo poco, per meritare quello che aveva. Era stato accolto a Palazzo quando era ancora un bambino, da Harald e da sua moglie, che l'avevano fatto allevare tra gli agi garantendogli vitto, alloggio, istruzione e soprattutto affetto.
Freya aveva poi riempito il suo mondo, e dalla più tenera età il giovane aveva inseguito con tutte le proprie forze il potere e i ranghi di Guerriero Divino per diventare qualcuno e convincersi di meritare la sua vita nel castello, ma soprattutto per lei. Per essere degno di lei.
Chiuse gli occhi, e il calore delle fiamme gli scottò leggermente le palpebre.
Era abituato da anni di allenamenti ad interagire con il fuoco, unico tra i Guerrieri scelti da Odino, avvezzi per lo più al controllo dei poteri del freddo. Lui, Hagen, aveva imparato a manipolare energie calde e fredde, perché sentiva di dover fare di più, per essere al livello dei loro famosi antenati e delle loro famiglie nobiliari. E per acquistare credito agli occhi delle sue due regine, per essere notato e distinto.
Ma era ancora troppo poco. Troppo poco. Gli sguardi di Astrid gliel'avevano confermato: perfino quelli di una parvenue come lei. E nel cuore di Hagen, cominciava a farsi strada la convinzione che nulla sarebbe stato mai abbastanza.

- Ancora qui? - Domandò una voce alle sue spalle.

Era Mime. La sua compagnia più gradita nei momenti come quello; viveva anch'egli a Palazzo ma da molto meno tempo. Ad Hagen sembrava di ricordare che Mime avesse quindici anni quando era arrivato al castello. Non parlava, non guardava nessuno. Era andata avanti così per mesi, finché si seppe che era successa una disgrazia all'uomo che l'aveva allevato, il famoso Fölken. Quasi nessuno conosceva i particolari della vicenda, e Mime era una delle persone più criptiche e riservate che si potessero incontrare. Proprio perché, come lui, era orfano e non era chiaramente di famiglia nobile, Hagen lo sentiva molto vicino. Ma, come sempre, certe volte finiva per sentirsi inferiore anche a lui, che comunque vantava un padre adottivo ch'era stato uno dei più noti soldati mai esistiti ad Asgard pur non facendo parte dell'élite dei Guerrieri Divini, nonché l'enorme dono del talento musicale. A giudizio di Hagen quel dono lo rendeva quasi divino, specie se in comunione con la profondità intellettuale e spirituale del ragazzo. Ma era soprattutto grazie a questa che apprezzava la sua compagnia e i suoi silenzi.
Mime andò a sedersi sul divano accanto al punto a cui era appoggiato Hagen. Con la luce mobile delle fiamme riflessa su di lui, i suoi capelli biondo/arancio e i suoi occhi di rubino sembravano quasi incendiarsi. Buffo, per una persona apparentemente così gelida."

***

Specchio di anima in fiamma... Lucente cangiante accecante.

Profonda oltre ogni dire.

Ma che nessuno ne sveli il segreto.

Scolpiscilo in musica, affidalo al vento: i loro linguaggi non hanno parole.

***

"Per un po' i due giovani rimasero in silenzio. Poi, insolitamente, fu Mime ad iniziare.

- Sono passato di qui un'ora fa, e dall'uscio ti ho visto seduto in quel modo... Non sembravi aver bisogno di compagnia e me ne sono andato. Adesso ritorno e ti ritrovo nella stessa posizione. Sei troppo immobile per i tuoi standard. -

Hagen sorrise. Nel linguaggio di Mime, quello significava sollecitudine e una domanda simile a "Che cos'hai?".

- Mah, uno dei miei splendidi discorsi mentali privi di senso. Nulla di nuovo.- Gli rispose.

- Il fuoco è un interlocutore incostante e poco attento... Non ne vorresti uno in carne ed ossa?

Una domanda diretta? pensò Hagen, fantastico... Sta migliorando.

- Probabilmente mi sopporteresti meno di lui e meno di me stesso. Ma ti ringrazio comunque. - Sospirò, poi si rivolse a Mime - Tu ti sei mai sentito indegno della tua vita?

Mime strinse gli occhi, quasi colpito da una fitta di dolore improvvisa. Ed Hagen temette di aver premuto un tasto che non avrebbe dovuto toccare.

Ma gli occhi si riaprirono.

- Un'infinità di volte. Capita a tutti, no?

Il suo sguardo fisso davanti a sé si posò su Hagen, inquietandolo, perché quegli occhi dicevano molto di più della voce di chi li possedeva. Abissi inesplorati ed inesplorabili. E avevano il colore del sangue.
Hagen, per un momento, fu sul punto di chiedergli di più.
Ma voci concitate nei corridoi e passi affrettati fermarono le sue intenzioni prima che potesse pensare sul serio di metterle in pratica.
Bastian, il guardiano delle prigioni e cacciatore che era da talmente tanto tempo al servizio dei Polaris da essere ormai considerato un amico, aprì con violenza la porta. Aveva il fiato grosso e lo sguardo agitato.

- Finalmente ho trovato qualcuno! Venite, presto. Thor è andato ad inseguire i lupi. - Disse, tra un respiro affannoso e l'altro.

Mime e Hagen si guardarono, poi guardarono lui. Una folata di vento improvviso, proveniente dalla porta spalancata, fece ondeggiare pericolosamente il fuoco del caminetto, unica fonte di luce della stanza. Ma Hagen si apprestò ad accendere una lampada, subito interrotto da un gesto deciso del guardiano.

- Lascia perdere ed esci di qui. Venite tutti e due... Presto! -

- Ma che è successo? - Domandò Hagen.

- Si tratta di Astrid. I lupi l'hanno ferita.

Mime spalancò gli occhi. - I lupi? E Fenrir dov’è? I suoi lupi non attaccherebbero mai il castello e i suoi abitanti!

Bastian abbozzò un sorriso: probabilmente riteneva poco possibile che un branco di animali affamati di notte si ponesse problemi di divieto d'accesso ad una possibile riserva di cibo, solo per amore di un ragazzo in grado di comunicare con essi. Quando i giovani furono sulla soglia, egli pose le mani sulle loro spalle, spingendoli lievemente, con paterna condiscendenza. Quei ragazzi erano un po' anche figli suoi.
Mentre camminavano, Hagen gli chiese dove fossero Freya e Hilda.

- Visitano le tombe dei genitori in questo momento. Non temete per loro, hanno buona scorta. Ma mi occorre ognuno di voi.

Giunti davanti ad uno degli ingressi laterali del palazzo, Bastian si calò sugli occhi il cappuccio del mantello innevato che ancora portava addosso e ne lanciò uno ad Hagen, che lo prese al volo.

- Devi venire con me, ragazzo. È probabile che Fenrir e Thor abbiano bisogno d'aiuto. - Poi si interruppe, e scosse la testa - ... O forse no. Un Guerriero come voi non teme nessuna bestia, e Fenrir sa parlare con i lupi. Ciò nonostante loro hanno attaccato Astrid, e la mia esperienza di cacciatore mi ha insegnato che il comportamento degli animali non può sempre essere prevedibile. E infine io sono un maledetto vecchio ansioso... Devo comunque assicurarmi che entrambi stiano bene.

Hagen sorrise, mentre indossava il mantello: - Andiamo, Bastian, tu non sei affatto vecchio! Tiri con l'arco meglio di me e Thor messi insieme.
Ebbe in risposta uno sbuffo di Bastian, a metà tra l'imbarazzato e il grato, e poi lo scricchiolìo dei cardini arrugginiti della porta che veniva aperta a fatica, sorprendendo i tre uomini con una folata di vento gelido e neve.
Bastian sospirò.

- Una bufera ad inizio primavera... Gli Asi non sono proprio clementi, quest'anno... Noi vediamo il sole già troppo poco, e loro prolungano l'inverno! - Scosse la testa, poi si rivolse a Mime, che stava mantenendo la porta per permettere loro di uscire, e che fino ad allora non aveva proferito verbo - Tu resta qui. Anzi, va' da Astrid e vedi se ha bisogno di qualcosa. L’hanno portata nella sua stanza poco fa.

Mime corrugò la fronte e fece per protestare.

- Alt! - Lo fermò Bastian con un gesto imperioso della mano - Non accetto lamentele. Tranne i domestici, non c'è nessun altro a Palazzo... Astrid è la sorella della tua regina, ed ora è ferita e spaventata. Servi lei come serviresti Hilda.
Spinse fuori Hagen e chiuse la porta dietro di sé, lasciando Mime scontento e insoddisfatto. “Io non faccio il badante di Hilda, però”, pensò Mime.
Bastian avrebbe dovuto essere ben altro che un custode di celle, per come era autorevole: nemmeno Hilda riusciva a dirgli di no. Sembrava un po' il padre di tutti coloro che ne avevano bisogno, e a tutti andava bene ch'egli ricoprisse questo ruolo: non avrebbero potuto chiedere miglior genitore. Di padri ne ho avuti sin troppi, si trovò a pensare Mime, mentre saliva ai piani superiori verso le stanze di Astrid, ce ne sarà mai uno giusto per me?

Quando fu sulla porta, vi trovò Suzanne, la moglie di Bastian, che usciva dalla stanza proprio in quel momento.

- Oh, è una fortuna che tu sia qui. Forse avrebbe dovuto esserci Hilda o Freya, ma tu sarai senz'altro all'altezza della situazione...

- … All'altezza di quale situazione, precisamente? - Si stupì Mime.

- È molto scossa. L'ultima cosa di cui ha bisogno è di star sola. Falle compagnia mentre io vado a prendere dei tranquillanti, tu sei una persona tranquilla di tuo... È questione di pochi minuti.

Pochi minuti erano più che accettabili. Mime si era già rassegnato a sentirsi a disagio con Astrid per almeno qualche ora, e questa notizia gli risollevò l'umore. Preparò un sorriso ed entrò nella stanza, stupito, sulle prime, di non trovarvi Astrid nel letto. Si guardò attorno, poi la vide, inginocchiata davanti al camino, visibilmente alterata, mentre tendeva le mani al fuoco.
Accorse. In stato confusionale avrebbe potuto compiere qualsiasi cosa, e lui lo sapeva fin troppo bene... Si inginocchiò accanto a lei e le bloccò i polsi con le mani, allontanandola dalla fiamma. Astrid alzò lo sguardo. Indossava una camicia da notte dorata, e le spalle erano appena coperte da una vestaglia, che il movimento brusco stava facendo scivolare e che Mime si affrettò a rimettere a posto. Aveva la testa fasciata, dei graffi sul viso e sulle mani e i capelli di fuoco spettinati, ma era molto bella. Astrid si divincolò e strinse tra loro i lembi della vestaglia.

- I lupi mi hanno presa!! - Singhiozzò, con poca convinzione.

- Vi hanno anche lasciata andare, mia signora...

- Mi avrebbero uccisa! - Insisté lei - Sono fuggita appena in tempo.

- È molto strano che i lupi di Asgard attacchino gli esseri umani. Fenrir li conosce, Fenrir glielo impedisce. Lui è cresciuto tra loro... Ma, comunque sia, voi siete riuscita a fuggire; - le rivolse un rapido sguardo, quasi volesse chiederle come fosse riuscita a scappare, ferita, da un branco di animali selvatici inferociti per qualche motivo - dovreste essere grata al vostro coraggio e ad Odino, mia signora.

Astrid emise un mugolio insoddisfatto. Fissò il proprio sguardo sul viso di Mime, lo abbassò, sussurrò qualcosa a se stessa, poi lo risollevò nuovamente. Tentò di rialzarsi, facendo cadere la vestaglia, ma ricadde in ginocchio barcollando, mentre il ragazzo tentava di aiutarla, a disagio, avvertendo la non completa padronanza di sé di Astrid. Le luci delle fiamme danzavano sul viso di Mime quando lei lo guardò di nuovo.

- Tu... Non eri previsto, figlio di Fölken... - bisbigliò, con uno strano tono cantilenante. Mime credette che avesse completamente perso il senno, specie quando la mano di Astrid cominciò ad accarezzargli il viso e a passargli le dita sulle labbra.

- Forse i lupi lo sapevano... Tu non eri previsto! Non così! Sei un incendio scoppiato all'improvviso, e i tuoi occhi di fuoco mi uccidono come i lupi! -

I lupi? Che diamine centrano i lupi con me?! Pensò Mime incredulo. Astrid delirava senz'altro.

Mentre raccoglieva le idee per chiederle spiegazioni lei interruppe i suoi pensieri e il fiato, con le labbra febbricitanti sulle sue, all'improvviso. Ecco, questo davvero non lo aveva previsto, altro che i lupi... Tentò di ritrarsi con delicatezza, ma la donna strinse le braccia attorno al suo collo. Un bacio con cui sembrava quasi divorarlo, bruciarlo come il fuoco accanto a loro. Mime non aveva mai conosciuto un così improvviso ardore da parte di una donna e, dal momento che lui e Astrid si conoscevano molto meno che poco, lo trovava del tutto immotivato. D' istinto aveva ricambiato il bacio, ma quasi subito si rese conto di non desiderarlo e si staccò da lei, stavolta in modo deciso. Astrid lo guardò muta e non fece domande, ma i suoi occhi brucianti e umidi non lo lasciavano andare.

Qualche minuto dopo, Hilda irruppe nel silenzio incendiato della stanza, seguita da Freya. Senza esitare si precipitò accanto ad Astrid e la abbracciò, mormorando preoccupazione circa le sue ferite. Mime ne approfittò per rialzarsi in tutta fretta e passarsi il dorso della mano sulla bocca, per cancellare eventuali segni di rossetto.

Più tardi, solo nella propria camera, quando ormai l'atmosfera di agitazione delle ore precedenti si era calmata, il giovane ebbe occasione di ripensare all'accaduto. La prima sensazione fu confusa e indefinita. Le labbra di Astrid l'avevano frastornato per qualche istante, ma aveva capito immediatamente che qualcosa non andava. Lei non avrebbe dovuto essere lì, lui non avrebbe dovuto essere lì... Quella situazione, quella passione, non avrebbe dovuto essere vissuta da loro.
Si chiese per un attimo se temesse troppo la differenza di rango di Astrid per lasciarsi andare, come Hagen... Ma non era quello il punto. Classificò quindi l'accaduto come un errore, e s'impose di tenerlo per sé. Probabilmente Astrid si era comportata in quel modo perché in preda allo choc dopo la disavventura con i lupi; la cosa gli sembrava talmente poco importante, che non faticò a credere che anche lei l'avrebbe dimenticata al più presto. Pizzicò le corde della sua cetra. Era decisamente meno problematica di qualsiasi donna, e soprattutto, non gli procurava mai dubbi né problemi. L'abbandono della musica lo colse mentre le prime note si spandevano per l'aria, portando la sua anima a vette dove nulla aveva più importanza. E il bacio di Astrid volò via con esse."

  
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