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Autore: Jo_    03/12/2009    4 recensioni
Andrea aveva un amore, riccioli neri. Storia di adolescenti stupidi, ribelli, ormonali e confusi. Non sono capace ad impostare gli avvertimenti, comunque, si parla di cose sporche. La canzone citata nel titolo sarà di mia proprietà nel giorno in cui verrò adottata da Dori Ghezzi.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cara Morgain28, sei sempre la solita malfidata. Ma sono così terribile? Eppure sono una così brava ragazza... :D
Grazie a tutti per il sostegno, anche psicologico.
Se avete qualcosa da dire, beh, io sono sempre disponibile (il che tradotto in italiano corrente vuol dire "se commentate mi fate un piacere immenso").

 

Ultimamente ascolto solo Muse, Depeche Mode e Placebo, quindi se vedete che la storia prende una piega strana, beh, non è colpa mia.

 

And I thank you

For bringing me here

For showing me Home

For singing these tears

Finally I've found that

I belong here.

Depeche Mode- Home.

Quanto abbiamo pianto, in quel momento.

 

 

10.

A questo punto ci si potrebbe fare un’idea malsana di quel che c’è tra me e Arturo.

Per alcuni la sua attenzione nei miei confronti è malata.

Io non la vedo così.

Anzi, io non la vedo affatto così.

Soprattutto perché SO come stanno le cose, veramente.

“Sicura di quel che dici?”

“Assolutamente.”

“Non sarò troppo vecchio?”

“Senti, l’idea è la tua. Io ti assecondo, ma tu ora non devi tirarti indietro.”

“Tua Madre?”

“Non intendo dirle alcun che. Non sono affari suoi quel che faccio nella mia vita privata.”

“E che scusa intendi usare?”
”Alcuna. Lei non c’è mai. Mi basta dirle che esco, non vorrà sapere altro.”

“E Alberto?”

“Complice, ne sono convinta. E poi una sera fuori non può certo fargli male.”

“E’ in grado di mantenere un segreto?”

“E’ in grado di fare molto più di quanto tu creda, bambolo.”

Non ce la faccio, davvero. Non ci riesco a considerarlo solo un professore.

Soprattutto perché non me lo permette.

Pensavo di poterlo sopportare una, due, tre ore al giorno.

Ma poi ha avuto l’Idea Geniale.

E, ovviamente, non poteva esimersi dal coinvolgermi.

Pare che non lo facciano suonare per una serata intera senza cantante.

E in effetti tre ore solo chitarra acustica è un po’ una sega.

La sfiga ha voluto assistesse al mio saggio, lo scorso anno.

Un tripudio.

Che sfiga, cazzo.

Non sono in grado di dirgli di no, soprattutto dopo mia madre.

Soprattutto perché è un uomo meraviglioso.

Ma ora sono davvero invischiata nel guaio fino al collo.

“Meglio, bambola, meglio. Và, muoviti, che è tardissimo.”

Mi stampa un bacio in fronte ed esce.

Mia madre è una cogliona.

 

11.

Io non sono una brava cantante, penso durante l’ora di fisica.

Cantare Janis Joplin non è cantare. È farsi l’anima a pezzi, è spogliarsi di qualsiasi maschera, è mangiarsi il cuore, ma non è cantare.

Ma ormai è tardi per dirglielo.

Domani pomeriggio le prove a casa mia.

Campo neutrale.

Mamma, ovviamente, non c’è. Alberto, lo compro con l’uscita di sabato sera.

Basta fare in modo che non beva, e andrà tutto per il meglio.

“Santi, vieni alla lavagna a fare questo esercizio?”

“…io? No entiendo su idioma…”

“Santi, SE NON TI SBRIGHI AD ALZARTI TI SCHIAFFO DUE!*”

Ottimo. Ottimissimo.

Alzandomi inciampo sui miei stessi lacci e rischio di tirare una dentata alla cattedra.

Risata generale.

“So dove abitate”, bofonchio.

Mi appresto a svolgere l’esercizio.

Poggio il gesso sulla lavagna.

Non ho la più pallida idea di quel che cazzo devo fare.

Mi volto e vedo Lucia che mi fa spallucce, come a dire “Mi spiace, sei spacciata”.

Deglutisco rumorosamente.

Sussurro tra i denti un “Porca di quella…”

“Allora Santi?”

“Un attimo, sto aspettando la Grazia Divina.”

“L’illuminazione, Santi? Credo sia difficile, visto che dall’in-“

Suona la campanella. Una, due, tre volte.

Allarme anti incendio.

Panico generale.

O, piuttosto, la Grazia Divina.

“Ragazzi! Con calma! In fila! INSOMMA!”

La calca smarrita si precipita fuori dalla classe.

La professoressa si fissa a guardarmi.

Fuggo “terrorizzata” anche io, hai visto mai le venisse in mente di finire di interrogarmi.

 

*Citazione che Morgain non può non riconoscere.

 

12.

Tutta la scuola è riversata in cortile. Vedo Cherubini, da lontano, con una classe di quartini spauriti. Vedo la classe in cui mi ero imbucata la settimana scorsa.

Vedo la tipa con lo zaino rosso.

Ma il suo amico non c’è.

Sento un chiacchiericcio dietro di me.

“No, no, te lo dico io! È quello nuovo! Quel coglione…è convinto di essere il padrone del mondo, s’è messo a fumare in bagno. Non ci arriva che se c’è un segnale di divieto è per un motivo! Adesso per colpa sua s’è persa mezza mattinata.”

Chiunque sia il Coglione Quello Nuovo, è il mio nuovo eroe.

Lucia mi salta addosso.

“Andrè, che botta di culo!”

“Zitta, lascia perdere. Questo è un segno divino, lo Strimpellatore Supremo* vuole comunicarmi qualcosa, ha qualcosa in serbo per me!”

“Hai iniziato a farti le canne di prima mattina, per caso? Io te l’ho detto di lasciar perdere Cherubs, ma te niente…”

“…che C’ENTRA lui adesso! Io parlo del mio futuro da rockstar dissoluta! È lo spirito magnanimo di Joe Strummer* che mi sta mandando un segno!”

“…tu sei completamente sciroccata, sai cocca?”

“Lucia, ma che ne sai te. Quando sarò una stella a livello mondiale te ne accorgerai!”

“Ti aspetto al varco tra vent’anni quando sarai cassiera alla Coop!”

“…cassiera ma con stile!”

E ridiamo, insieme.

Risata distensiva.

Per l’onda inizia l’ora della risacca.

La mattinata prosegue, come sempre.

 

*Chi non riconosce questa è pregato di cambiare storia.

 

13.

“Senti, se continuiamo così però non combiniamo un cazzo, eh!”

La situazione è decisamente degenerata.

Cherubini- anzi, Arturo – è sdraiato sul divano, completamente a suo agio, con la chitarra in braccio e i piedi scalzi poggiati sul tavolinetto di cristallo.

Ha un calzettone bucato sull’alluce, e il ditone saltella fuori ogni volta che lo contrae.

Io sto accovacciata sulla poltrona, con il quaderno dei testi in mano.

Alberto è chiuso nella sua camera.

Ha fatto il bravo padrone di casa, e i suoi doveri si esauriscono qui.

La situazione è decisamente degenerata.

Abbiamo iniziato con il piede giusto, seri, concentrati, alziamo di mezzo tono, rallentiamo qua, acceleriamo là, tutto secondo i piani.

Poi non so come sia successo. Ci siamo messi a parlare di musica, di poesia, di politica, di cucina, di sesso, di botanica, di barba, di scuola, e il tempo è scivolato via come su di una lastra di vetro.

Arturo ride rumorosamente ad ogni mia battuta.

Quell’uomo non ha età. È così luminoso, quando ride.

Non è certo bello, né dotato di un fisico particolarmente avvenente.

Ma nei suoi occhi c’è una luce che…riscalda la mia mente.* Quando ti guarda è in grado di farti sentire la persona più importante dell’universo.

I capelli brizzolati, gli occhi verde intenso; quando suona li socchiude appena e ondeggia con la testa, come a seguire la melodia.

E non so perché, ma mi ricorda vagamente Hugh Laurie ultimo periodo.

Solo, meno inglese.

“Hai ragione, hai ragione. Continuiamo, ti va?”

Una canzone, mezza canzone.

Il nostro repertorio si compone quasi esclusivamente di Patti Smith e Janis Joplin.

Secondo lui non sarei in grado di cantare nient’altro, così bene.

Non lo, cosa possa voler dire, cantare per lui. È tutto così assurdo.

Quando viveva qui non abbiamo mai fatto niente del genere, insieme.

Voglio dire, magari canticchiavamo Clampdown mentre preparavamo per la cena, niente di più.

A volte vorrei fosse lui mio padre, e mia madre solo una tizia di passaggio che si è ritrovata a partorirmi.

Non che non le voglia bene.

Però è diverso.

Con lei non è come con Arturo.

Con lei è tutto così istituzionale, così burocratico.

Così formale.

Con Arturo invece è tutto…spontaneo. Non riesco proprio a mettere alcuna barriera tra di noi.

È come se vivessimo entrambi in un mondo estraneo agli altri, in un mondo in cui non è peccato ballare a piedi nudi**, mangiare dolci dopo le dieci di sera, cantare a squarciagola fregandosene di essere stonati, leggere vecchi libri macchiati di muffa.

A volte mi sembra l’unico in grado di capirmi veramente.

Non gli faccio schifo, né tristezza, né pena.

Mi ama dell’amore più puro possibile.

E non vuole niente, non esige niente in cambio.

Così ce ne stiamo in sala, per tutto il pomeriggio, a chiacchierare, come due vecchi amici.

Non so come posso anche solo aver pensato di continuare senza di lui.

Canto, suona, e non ci accorgiamo del tempo che passa.

“Tea Time?”

Tea Time.

Tè nero, poco zucchero, goccio di latte.

Sediamo uno accanto all’altra sul divano.

Mi passa una mano dietro la spalla e mi sussurra all’orecchio la cosa più dolce al mondo.

Poi sento la chiave girare nella toppa.


*Da Gioia e Rivoluzione, degli Area. Magari qualcuno conosce la cover degli After, come la sottocritta.

**Riferimento ad una famosissima canzone di Patti Smith intitolata, appunto, Dancing Barefoot.


...ultimamente mi piace lasciarvi con il fiato sospeso :D

Ah, se vi stavate preoccupando per le sorti del Nostro, è già pronto un rientro in grande stile...

  
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