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Autore: LubyLover    06/12/2009    1 recensioni
Stagione nove: Luka è in fase autodistruttiva, Carter ed Abby stanno insieme e Carter è a Boston dal padre. ... perché quando Luka si presenta alla tua porta e ha una valigia e ti dice che parte c'è solo una domanda, una, che si srotola, da sola, sulla lingua di Abby...
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Abby Lockhart, Luka Kovač
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 06: Confessioni d'inizio anno

 

Capitolo 06: Confessioni dolorose

 

“Dai, bevi!”

Luka osserva la tazza fumante di camomilla. Il suo stomaco rumoreggia in maniera preoccupante.

“Non credo che possa farlo... a meno che tu non voglia vedermi vomitare per la... mhhh... terza... no, quarta volta”

Abby è infastidita: “Non mi va molto l’idea. Anche se te lo meriteresti. E ritieniti fortunato a non essere finito in ospedale”

“ Fortunato... diamo due interpretazioni ben diverse a questo concetto”, Luka tiene lo sguardo basso, fissando la tazza che ha di fronte. Con l’indice della mano destra ne accarezza il contorno umido e caldo. Rabbrividendo, si stringe nella coperta di lana in cui è avvolto.

“Luka, mi spieghi cosa...”

“Non c’è nulla da spiegare”

Abby sente crescere l’irritazione. Non è mai stata tanto vicina ad odiarlo. Respira a fondo un paio di volte cercando di controllare la rabbia. Luka la osserva.

“Che c’è adesso?”

Questo è troppo. Decisamente.

“Che c’è adesso?! E me lo chiedi pure!” Si alza di scatto, spingendo la sedia all’indietro.  Lo stridore delle gambe di metallo sul pavimento acuisce il mal di testa di Luka, che impallidisce ulteriormente. Abby non può nascondere un sorrisetto maligno. Ben ti sta.

“Credi di essere tanto bravo, il buon San Luka... mi guardi con quegli occhi lì da vittima martoriata e pretendi che tutti capiscano che tu, poverino, hai il diritto di stare male. Va bene, Luka, può anche darsi, ma spiegamelo. Perché stai male? Cosa ti è successo? Non puoi pretendere di trascinarmi qui e poi tacere, facendo finta che ti vada tutto a meraviglia”

Lo guarda per qualche secondo, gli occhi fiammeggianti d’ira, ma lui non ricambia lo sguardo. Abby scuote la testa, delusa.

“Sembra che non te ne freghi nemmeno nulla, ed è questo il problema. Non so... come se trovassi giusto far star male gli altri a causa tua, come in una specie di vendetta fuori tempo”

Abby si sporge in avanti, un po’ addolcita e gli sfiora una mano: “Io vorrei aiutarti, ma vorrei che tu me lo lasciassi fare”

Rimane ferma un attimo, aspettando una risposta che non arriva. Sospira di nuovo, sconfitta. Raddrizza le spalle, gli volta la schiena ed inizia ad allontanarsi. È si e no sulla soglia della porta quando la voce di Luka la raggiunge.

“Come?”

Lei non è sicura di aver capito, visto che lui ha parlato a bassissima voce, quasi più rivolto a se stesso che a lei; ad esser sinceri, non è nemmeno sicura che lui abbia detto qualcosa. Si volta comunque e ciò che vede è in grado di radere a zero tutto ciò in cui crede. È qualcosa che la scuote nel profondo dell’anima, è qualcosa di cui non avrebbe voluto essere testimone.

Luka la sta fissando e lei è certa di non aver mai visto nello sguardo di nessuno una tale mancanza di fiducia e speranza. Ritorna con la mente a qalche giorno prima, quando nel salottino lo aveva ripreso, nello stesso modo di oggi, praticamente, e lui aveva sollevato lo sguardo su di me ed io… e mi aveva guardata così, proprio come oggi, anzi, oggi è peggio, ed io non so cosa dirgli, né come aiutarlo, perché sembra soltanto in attesa di qualcosa che termini tutto. Ed io non vorrei, ma se lui si rifiuta di collaborare io non posso aiutarlo.

“Come?”

“Appunto. Come posso uscire da questo schifo? Come posso farmi aiutare? Io non credo ne valga nemmeno la pena e…”

“Non puoi dirlo, non puoi saperlo”, è perentoria. Sente di aver già fallito molte volte nella sua vita e non vuole fallire anche con lui. Torna sui suoi passi e si siede di nuovo. Lo fissa, avvolto nella sua coperta, con la pelle bianca, le labbra bluastre, gli occhi cerchiati. E quello sguardo, lo sguardo di chi è pronto a buttare via tutto. Non puoi farmi questo, brutto figlio di puttana. Non puoi. Punto.

La cattiveria del suo pensiero la spaventa un pochino: ha paura che lui possa leggerle nella mente e recepire l'insulto che gli ha rivolto. Allunga di nuovo la mano, afferrando quella di Luka che giace inerte sul tavolo.

"Come puoi dire che non ne vale la pena?"

Nessuna risposta, solo un leggero tremolio.

Abby abbassa un po' la voce, assumendo un tono dolce, carezzevole: "Eh, Luka, come? Come puoi averne la certezza? Io mi ricordo di come eri... mi ricordo di un uomo dolce e protettivo che si prendeva cura di me. E dei suoi pazienti. Ricordo come sorridesse raramente, ma quei sorrisi... dov'è finito quell'uomo, Luka? Perché lo nascondi?"

"Quell'uomo è morto, Abby, defunto"

Lei deglutisce, annientata dai suoi occhi, ma si fa forza. Non può mollare ora: "Non è vero. E tu lo sai. E per questo che fa così male"

Sulle prime Luka non ribatte. Ma poi:"Quello che sono adesso l'ha ucciso. Ho fatto cose che...", si blocca allontanando lo sguardo.

Abby lo incoraggia a proseguire: "Pensi che io non abbia mai fatto nulla di imbarazzante ed umiliante? Luka... cos'è successo?"

"Io... non volevo continuare a ferirle. Tutte si sarebbero aspettate una mia chiamata, ma non potevo... la metà delle volte non ricordavo nemmeno i loro nomi", ride di una risata amara che fa spavento. Ad Abby gela il sangue nelle vene. Se non conoscesse Luka giurerebbe si trovarsi in una sala interrogatorio di fronte ad un serial killer.

"E allora... la prima volta è stato imbarazzante e sporco, ma poi..."

"Cos'è successo? Luka, piantala di girarci intorno", non vorrebbe, ma ha di nuovo alzato il tono della voce. È solo che ha la pelle d'oca e si sente su un terreno minato.

"Le ho pagate, va bene? Per fare sesso. per poter...", si ferma ed Abby osserva, con un misto di stupore ed orrore, la sua faccia che si accartoccia e si spezza. Si alza di scatto e, in piedi dietro a lui, lo abbraccia. Sente il suo corpo scosso dai singhiozzi e sono le lacrime di chi è tanto - troppo - tempo che non piange più. A farsi fottere tutti i discorsi sul machismo dominante. Tira fuori tutto, Luka, fregatene. Tanto non sei mai stato come tutti gli altri e, grazie a Dio, mai lo sarai.

Per un bel po', Abby non ha la forza di dire nulla; si limita a stringere Luka, mettendo da parte il dolore dei muscoli in tensione. Lui non fa altro che singhiozzare, come a volersi purgare di tutto lo schifo che ha ingoiato e regalato agli altri. Dopo una buona mezzora, inizia a calmarsi: il respiro è più regolare e le lacrime stanno diminuendo. Abby si stacca da lui e si gli mette in parte per guardarlo: ha ancora uno sguardo disperato, ma meno sconvolto. Almeno non sembra più uno psicopatico omicida.

Gli accarezza i capelli distrattamente. Lui chiude gli occhi, cullato dal tocco leggero delle dita di lei. Sta bene così, è come essere in barca in una notte di luna piena. Dopo qualche minuto deglutisce e sente la gola arida. Indica la tazza:"Posso?"

Abby è lesta, ma non sbrigativa, nell'afferrare la tazza. Gliela porge e lo controlla mandare giù un paio di sorsate, come una madre controllerebbe il figlio malato che si sta riprendendo.

"Meglio?"

"Non lo so... peggio non di sicuro, però"

"Bene"

Lei gli si avvicina ancora e lui le poggia la testa contro il petto. Lei lo sente respirare profondamente. Speriamo non si addormenti qui.

"Abby?", anche la voce è pericolosamente vicina al sonno.

"Dimmi"

"Per tirarmi fuori da 'sto casino... come facciamo?"

E lei, nonostante tutto, sentendo il suo plurale, sorride: c'è ancora speranza.  

 

 

 

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