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Autore: Elos    06/12/2009    1 recensioni
Itachi Uchiha era un ninja.
Itachi Uchiha era un ANBU.
Come tutti i ninja sapeva che per portare a termine il proprio dovere bisognava prima di ogni altra cosa pensare al dovere.
Come tutti gli ANBU sapeva che per portare a termine il proprio dovere bisognava pensare al dovere e continuare a pensarlo, e a pensarlo, e a pensarlo, un mantra e una preghiera, una cantilena nella testa, sino a quando il dovere non diveniva tutto, semplicemente, annullando qualunque altro pensiero.

Tra i confini del Vento e del Fuoco, la storia dell'ANBU e della farfalla.
Genere: Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Kisame Hoshigaki, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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1. dovere



Itachi Uchiha era un ninja.1
Itachi Uchiha era un ANBU.2
Come tutti i ninja sapeva che per portare a termine il proprio dovere bisognava prima di ogni altra cosa pensare al dovere.
Come tutti gli ANBU sapeva che per portare a termine il proprio dovere bisognava pensare al dovere e continuare a pensarlo, e a pensarlo, e a pensarlo, un mantra e una preghiera, una cantilena nella testa, sino a quando il dovere non diveniva tutto, semplicemente, annullando qualunque altro pensiero.

Itachi Uchiha era un ninja.
Itachi Uchiha aveva tredici anni.
Tredici anni e il dovere era già come una montagna, opprimente, annichilente, oltre qualunque cosa lui potesse reputare tollerabile e sopportabile.

Il dovere era orrore.
Il dovere era panico e nausea e il pensiero atroce che non ci sarebbe stato mai più nulla, dopo quel dovere, e nulla mai più vi sarebbe stato se quel dovere non fosse stato portato a termine.

Un vicolo cieco.

A tredici anni si dovrebbe fare, molto semplicemente, altro. Proteggere i mercanti in viaggio lungo le strade, se si ha la fortuna di essere genin3 promettenti, altrimenti limitarsi alla ricerca dei gattini smarriti, che sono dopotutto creature mediamente simpatiche e, se proprio si è sfortunati, alla fine della missione ci si trova al massimo con qualche graffio e un paio di lividi.
Avere un compagno di squadra odiosissimo con il quale litigare dal mattino alla sera, far pace al tramonto per aver modo di cenare insieme e poi tornare a discutere sin da prima dell'alba, una compagna di squadra per nulla odiosa da tenersi vicino in attesa che i tredici anni siano quattordici, poi diciotto, venti, cinquanta, nella speranza di invecchiarci, con lei o con un'altra, un maestro che protegga e sia una mano nel vuoto, una luce nell'ombra.
Tornare a casa e crollare esausti nel letto e dormire, dormire, dormire, senza sogni né pensieri, e aspettare che i piccoli passi molto familiari si affaccino alla porta.

- Sei sveglio, Itachi? -
Be', adesso sì. Adesso sì, è sveglio.
Tante grazie, Sasuke, sino a cinque minuti fa dormivo. Itachi lo pensa, ma non lo dice.
- Itachi? Non è che... non è che posso dormire con te? -
La prima tentazione è quella di ignorarlo: restare con gli occhi chiusi e sprofondare nuovamente nel sonno, perché la giornata è stata lunga e faticosa e tutti i muscoli indolenziti piagnucolano per convincerlo a riposare, e Sasuke ha la gran brutta tendenza a ronfare ed agitarsi nel sonno e ad ingaggiare una lunga e neanche troppo silenziosa lotta, la notte, per la conquista della maggior porzione di letto possibile.
Un suono come di strofinare sul pavimento, che Itachi riconoscerebbe tra mille rumori simili, lo riconoscerebbe con le orecchie piene di ovatta e gli occhi bendati, lo riconoscerebbe ascoltandolo ovunque, perché è stato il suono degli ultimi cinque anni: sette anni di vita di Sasuke meno due anni necessari ad imparare a gattonare, prima, poi a camminare, poi a scivolare giù per il corridoio praticamente tutte le notti per venire a strusciare i piedi davanti alla porta della sua stanza.
- Itachi? -
I piccoli passi hanno una piccola voce ad accompagnarli ed enormi occhioni neri, spalancati a sovrastare il bordo di una maglia troppo larga, a coronare il tutto.
Itachi alza d'un soffio una palpebra per guardare verso Sasuke ed ha, per un attimo, l'impressione di guardare sé stesso: un sé stesso un po' più piccino e con una faccia adorabilmente supplichevole che
nessuno ha mai visto su di lui; però sé stesso, sempre, stessa faccia stessi occhi, stesso modo di mettere le mani avanti.
Bofonchia e sbuffa, ma già sa d'aver ceduto nel momento stesso in cui ha sentito quello strofinio.
- Sei di nuovo scalzo. -
Alza il bordo della coperta.
Sasuke fa una faccia tanto euforica da costringere Itachi ad uno sforzo sovrumano per non sorridere al ranocchietto: che sgattaiola fino al letto, allegramente scalzo, infreddolito e sperso nel suo enorme pigiama, e si infila al caldo accanto al fratello.
Con signorile noncuranza quella incantevole faccia da schiaffi in formato ridotto gli caccia la testa contro lo sterno, causandogli un mugugno esasperato, e le mani intrecciate a pugno dritte dritte nello stomaco.
E' gelato: ha le dita gelide, i piedi ghiacciati, rabbrividisce. Passerà il giorno dopo a starnutire, pensa Itachi, e a spargere moccio dappertutto.
Lo abbraccia e gli rimbocca attorno le coperte, accostandoselo un altro po' per cercare di scaldarlo.
E pazienza se anche stavolta, per l'ennesima notte, Sasuke scalcerà, parlerà nel sonno e lo coinvolgerà in un'estenuante guerra per la conquista di una fetta di letto, perché Sasuke è
caldo e Sasuke profuma, e Itachi sa che al mattino lui si sveglierà ancor più indolenzito e stanco, ma anche tanto, tanto contento.
Anche se non c'è tortura che basterebbe a farglielo confessare.


Il dovere era orrore.
Il dovere era panico e nausea e il pensiero atroce che non ci sarebbe stato mai più nulla, dopo quel dovere, e nulla mai più vi sarebbe stato se quel dovere non fosse stato portato a termine.

Il dovere era orrore, panico e nausea, e si era concretizzato nel momento stesso in cui Itachi Uchiha si era trovato a chiedersi se sarebbe mai riuscito a farlo, se ne sarebbe stato in grado, se sarebbe stato capace di passare da una stanza all'altra, da una finestra all'altra, cercando in ciascuna il sangue, sangue del tuo sangue, carne della tua carne, da qui fino all'eternità noi siamo, per farlo precipitare, quel sangue, sul pavimento.

Nel momento stesso in cui aveva cominciato a chiederselo, Itachi Uchiha aveva iniziato a dare consistenza ai propri incubi.

E venne la notte.





Note

(1): - "Ninja" è la lettura "on" (ossia la lettura storicamente derivata dal cinese) dei due kanji 忍者 utilizzati per scrivere shinobi-no-mono (忍ノ者, shinobi-no-mono?) un termine nativo giapponese utilizzato per descrivere una persona che praticava il ninjutsu. Tra i sinonimi di ninja vi sono i termini kanja (間者, kanja?), shinobi (忍, shinobi?) e shinobi no mono (忍ノ者, shinobi no mono?). In epoca Tokugawa anche il termine Oniwaban (御庭番, Oniwaban?) o "custode dei giardini" della dimora shogunale divenne sinonimo di spia. Secondo alcune fonti di tenore romanzesco le spie di sesso femminile avrebbero avuto l'appellativo di kunoichi (くノ一, kunoichi?) un gioco di parole che si riferisce al carattere grafico per "donna"(onna (女, onna?)) ed ha anche altre accezioni. - (Wikipedia, L'enciclopedia libera, voce Ninja, sezione Etimologia)

Ho scelto di adoperare il lemma ninja invece che quello di shinobi per preservare la scelta dei traduttori italiani: nell'edizione italiana di Naruto il termine shinobi compare solamente nel numero 2, al capitolo 9, all'interno di una delle immagini che seguono la spiegazione di Kakashi sulla geografia del mondo di Naruto. Stesso discorso vale per il termine kunoichi, sostituito dal neutro ninja.

(2): http://it.wikipedia.org/wiki/Gradi_ninja_(Naruto)#Squadra_Speciale_ANBU

(3): http://it.wikipedia.org/wiki/Genin#Genin
In questo caso si tratta di un termine adoperato correntemente nella traduzione del manga, che ho preferito mantenere così com'è; anche perché qualunque traduzione sarebbe stata insoddisfacente e non immediata.

fonte immagine: Google immagini
  
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