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Autore: The Princess Of The Night    09/12/2009    1 recensioni
- Che cosa rappresenta? - chiede. - E' un albero. Per me rappresenta la vita. Li vedi i rami? E il tronco forte? Tutto è retto dalle radici profonde della pianta. Puoi interpretarlo come preferisci, ma sempre su questa base. Ti piace? - E' da questo fondamento di base che poi si svilupperanno tutte le vicende dei personaggi. Un giovane alle prese con fantasmi del passato, una ragazza con una personalità levigata che aiuterà un suo amico a crescere intrecciando con lui una storia un po' particolare...
Genere: Romantico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bene, piccola premessa iniziale. E' la prima fic che scrivo, e le idee che mi frullano in testa mi piacciono molto... ora mi farebbe solo piacere un giudizio su questo primo capitolo, quindi sono ben'accette anche le critiche. Spero che qualcuno riesca ad appassionarsi ai miei personaggi =)



L' ALBERO DELLA VITA


- Tu..tu davvero hai un figlio?!? Un figlio tuo?! - Esclama spalancando sbalordito i suoi occhi azzurri, fin troppo azzurri, Elijah.
- Si. - Fredda e annoiata la risposta di Samuele, ad una domanda che da 4 anni a questa parte gli era stata posta parecchie volte, sempre più o meno così. - Ho un figlio, avuto quando avevo 15 anni... è bellissimo. - e non riesce a trattenere un sorriso.
- Uh. Capisco. Quindi tu alla, più o meno innocente, età di 15 anni ti sei sposato con una bella fanciulla, non prima di averla messa incinta? - Commenta Elijah, subito ripresosi dallo shock della notizia.
A quell' esclamazione però gli occhi castano chiari di Samuele assumono un espressione rabbiosa, qualche lungo ciuffo di capelli, neri e mossi, sfugge alla folta coda lunga fino alle scapole ed il suo tono di voce s' inasprisce. - No, Elijah, ma avrei preferito così. No, quella stronza di sua madre non ha voluto accettare la mia proposta di abortire, ha voluto tenere il bambino, voleva crescerlo diceva, poi quando è nato l'ha lasciato a me e se n'è andata via, senza più farsi sentire. -
Alla reazione dell' amico, più che altro conoscente per ora, Elijah abbassa lo sguardo rimpiangendo la sua domanda. - Oh. Scusa... scusami davvero, scusa per la domanda, sai non credevo che... -
- Storia vecchia, è una storia chiusa, finita, appartenente al passato, e la tua domanda domanda mi ha solo riportato alla mente quella ragazza. - lo interrompe Samuele.
Elijah è un ragazzo nuovo di quella cittadina. E' un ragazzo alto, sul metro e novanta, con lisci e lunghi, molto lunghi, quasi fino ai fianchi, capelli biondo scuro e occhi azzurri, celesti, così chiari da sembrare quasi bianchi alle volte, ma capaci di cambiare completamente ed arrivare ad avere le tonalità intense del mare, nelle giornate scure. E' figlio di una donna italo-norvegese e di un uomo anglo-francese. Ha sempre vissuto a cavallo tra Norvegia ed Inghilterra, passando qualche periodo in Francia, ed ora da poco si trova in Italia. Conosce già bene l' italiano, avendolo comunque parlato sempre poco, e anche le altre tre lingue delle nazioni da cui discende. Ha conosciuto oggi Samuele, al suo primo giorno nel liceo Linguistico della città, unico liceo, insieme a quello artistico, incluso nelo stesso istituto, presente in quel borgo dolomitico.
- Senti, Samuele, mi sapresti spiegare che cos'è l' indirizzo "Linguistico Artistico"? - La domanda di Elijah punta più che altro a cambiar discorso.
- E' sperimentale, c'è da pochi anni. Mia sorella l'ha frequentato. In pratica mescola l' insegnamento dell' arte e di metodi di disegno con le lingue straniere. Pare che stia avendo successo. Meno faticoso dell' Artistico e più creativo del Linguistico. E poi le lingue e l' arte servono entrambe a comunicare, anche se in modo diverso, studiarle insieme può essere stimolante. -
- Una sorella? - Chiede Elijah, che sembra non aver nemmeno sentito il resto della frase; anche se non è affatto così. - Maggiore immagino... ma non di tanto eh? Com'è, carina? Me la presenti? -
- Si, una sorella. No, ha solo 16 anni. Sì. E' molto carina. Te la posso anche presentare, se vieni con me dopo le lezioni, ma sicuramente vi incontrerete comunque prima o poi. - Risponde Samuele, guardando annoiato l' orologio che segna ancora le 11.46, e sospirando.
- Una mocciosa insomma... bene, bene, voglio conoscerla assolutamente! Ma perché frequentava il liceo, che le è successo? - Chiede un perennemente curioso Elijah, quella curiosità così fanciullesca, ma adorabile.
- Lavora. All' inizio temevo che avesse mollato gli studi per colpa mia, ma mi sono ricreduto, visto che per il mantenimento mio, suo, di nostro padre e di mio figlio condivide una minima parte del suo guadagno. -
Naturalmente l' aver dimenticato di inserire nell' elenco un membro della famiglia così importante come la madre, stimola ancora la curiosità del bel biondino. - E... Vostra madre? - Chiede, timoroso, dopo la risposta alla precedente domanda. Quasi un presentimento, infatti la risposta fredda e malinconica di Samuele non tarda ad arrivare.
- E' morta, dopo aver partorito Beatrice, mia sorella. -
Elijah abbassa lo sguardo dannando ancora una volta la sua curiosità e promettendosi di non fare più domande sulle madri in quella famiglia. Comprendendo meglio il motivo dell' odio da parte di Samuel, come lo chiamerà sempre Elijah, verso la sua ex.
E pensando che Beatrice sia davvero un bel nome...

- Mhm... Samuel? Posso usare il bagno? - Chiede Elijah. Lui e Samuele sono rimasti insieme a pranzo, e sono andati insieme a prendere Mattia, il figlio del moro.
- Samuele, mi chiamo Samuele, non Samuel! Comunque si, è lì, in fondo a destra. - risponde.
- Samuel suona maglio! - ribatte Elijah strizzando l' occhio, e poi continua - ma la sorellina quando si alza? - pieno di entusiasmo per l' occasione di conoscerla.
- Tra un po' credo... - ma la risposta rimane un po' sospesa nell' aria, mentre il biondo è quasi giunto al bagno.

Apre la porta, lasciandola socchiusa, tornando sui suoi passi e dandosi un' occhiata allo specchio con fare un po' narciso mentre slega la chioma bionda. Torna alla porta, sta per aprirla, ma non gliene viene lasciato il tempo, e per poco evita di prendersela sul naso. Una ragazza entra tranquillamente, richiude la porta senza nemmeno fare caso a lui, che si èimmobilizzato tra il muro e la porta, divertito. La ragazza va al lavandino per lavarsi il viso, con tutta la sua innocenza. Indossa solo una lunga maglia nera, che le copre in parte le cosce e le lascia una spalla scoperta. Ai piedi ha dei lunghi calzini colorati, che le arrivano fino alle ginocchia. Ha dei foltissimi capelli castani dai vari riflessi, dal castano più scuro al rossiccio, mossi. Lei è bassa e minuta agli occhi di Elijah, e questo lo adora.
La ragazza comincia a sfilarsi la lunga maglia, e quando ormai ha addosso solo le mutandine e i calzettoni, intravede nello specchio la figura del ragazzo che, lusingato dallo spettacolo offertogli, la scruta compiaciuto. La maglia torna subito al suo posto, e la giovane si arma di quello che le è più vicino, il tagliaunghie. A questo punto Elijah non può fare a meno di scoppiare in una risata.
- Beatrice, sei tu vero? Stai tranquilla, non ti faccio nulla! - E sfodera il suo sorriso migliore, sorriso a cui Beatrice deve sforzarsi per non cedere.
- Chi sei tu e come mi conosci? - Cerca di rendere la sua voce autoritaria o minacciosa, ma non ci riesce, si rende perfettamente conto della comicità di quel momento.
- Mi chiamo Elijah. Sono amico di tuo fratello Samuel... emh... Samuele. So chi sei perché volevo conoscerti, aspettavo che ti svegliassi. - E non rinuncia al suo magnetico sorriso. Questa volta Beatrice cede, posa la sua arma, inutile, oltre che impropria. A questo punto Elijah decide di prendere in mano la situazione.
- Bea... posso chiamarti Bea, vero? Mi ha lusingato molto lo spettacolo che mi stavi offrendo, e se vuoi continuare non sarò io ad impedirtelo, tuttavia penso che ti senta un po' a disagio. Posso chiederti come mai, dunque, mi hai chiuso nel bagno con te? -
La ragazza lo guarda, con estrema voglia di prenderlo a schiaffi.
- Tu... tu... tu eri nel mio bagno! E... e... non so come io non me ne sia accorta... ma... ma potevi avvertirmi della tua presenza! - Lui, perl' ennesima volta, sorride affabilmente mentre le risponde che ne avrebbe avuto tutta l' intenzione , ma negarsi un simile spettacolo non la ritiene una cosa da fare. Lei lo guarda rassegnata. - Bene. Puoi almeno uscire dal bagno, ora? -
E si avvia per aprirgli la porta, ma viene bloccata da lui, che la trattiene per un braccio. - Voglio vedere il tatuaggio. -
Lei lo guarda, scocciata, si alza la maglia fino alla pancia per pochi secondi e la riabbassa. - Ora vai? -
Lo chiede sempre più rassegnata. Elijah la guarda compassionevole, ed effettivamente atteggiamento di lei fa provare compassione. - Non l'ho visto bene. Io volevo vederlo bene. -
E lo chiede con un sorriso malizioso, ma gli occhi di un cagnolino implorante. La risposta di Beatrice questa volta è dura, decisa a non lasciarlo vincere questa volta. - No. Vai via ora e non dire a mio fratello né del nostro incontro né del mio tatuaggio, grazie. Ci vediamo dopo per le presentazioni ufficiali. -
La povera Beatrice non sa con chi ha a che fare. Elijah sa come ottenere quello che vuole, ed infatti ribatte prontamente. - Non capisco perché non dovrei parlare del tuo tatuaggio e del nostro piacevole incontro, Bea. -
Ora in lei si può vedere un odio furioso crescerle dentro. - Non parlerai del nostro incontro perché a lui non farà piacere sapere che sei stato a spiare la sua sorellina, e darà ragione a me. E non parlerai del tatuaggio perché è stato fatto da un mio amico, perché sono minorenne e in uno studio non posso, ma il mio amico è bravo e non ha fatto casini. Però mio fratello e mio padre si preoccuperebbero inutilmente temendo un infezione, anche se ce l'ho da quasi un anno ormai! -
Elijah la guarda, sempre sorridente. - Cara, che tuo fratello e tuo padre non lo debbano sapere per me non è una motivazione. Posso tacere sul bagno e inventarmi qualcosa sul tatuaggio comunque. Ma... se tu me lo mostri, me lo mostri davvero, posso tacere. -
Beatrice si arrende, quel ragazzo ha potere su di lei, più di quanto lei stessa non voglia ammettere. Alza la maglia, mentre Elijah si piega sulle ginocchia davanti a lei per vedere meglio quel tatuaggio che la percorre per il lato destro della pancia e sul fianco. E lo scruta. - Che cosa rappresenta? - chiede.
- E' un albero. Per me rappresenta la vita. Li vedi i rami? E il tronco forte? Tutto è retto dalle radici profonde della pianta. Puoi interpretarlo come preferisci, ma sempre su questa base. Ti piace? -Elijah sorride, e le sussurra un flebile - Sì. - e ripensando alle sue parole percorre con le sue lunghe dita fine i rami, seguendo poi i contorni del tronco e percorrendo le radici, profonde appunto, abbastanza profonde da arrivarle quasi all' inguine. E lui percorre ogni linea di quel disegno. Beatrice si dimentica un attimo del mondo e si lascia andare a quelle dolci carezze sul suo ventre. D'un tratto rinsavisce, ed intima ad Elijah di andare, ora. Lui si alza, compiaciuto. Prima di uscire, il ragazzo le si avvicina all' orecchio per sussurrarle una frase su cui spesso ella rifletterà.
- Cara Beatrice, ti ho sempre amata! Non avrei mai tradito il tuo segreto, ma è stato divertente giocare con te. A presto, mia Dea! -
Le schiocca un bacio sulla guancia ed esce silenziosamente, lasciandola per qualche minuto sbalordita.

- Ci hai messo tanto in bagno, eh Elijah! - commenta sorridente Samuele.
- Beh, sai com'è. - risponde Elijah, dando uno sguardo all' amico, e proseguendo - No, forse non lo sai. Ma io lo so. Si perde un po' di tempo in bagno a sistemarsi i capelli, a guardarsi allo specchio, sai, devo essere affascinante se tra poco avròl' onore di conoscere la tua sorellina, no? -
Samuele ride, divertito dai comportamenti dell' amico.
Poco dopo, Beatrice, ora un po' più vestita, entra nella cucina- salotto, dove si trova suo fratello.
Si finge sorpresa, alla vista del ragazzo biondo, che subito si alza, presentandosi.
- E' un onore conoscerla, signorina, il mio nome è Elijah Lacroix. -
E così dicendo si inchina davanti a lei baciandole la mano. Beatrice lo guarda, un po' divertita, un po' lusingata, e sceglie di stare al gioco.
- Piacere mio, messere. Il mio nome è Beatrice Sivier. -

Beatrice rimane a chiacchierare con il fratello ed il suo nuovo amico fino alle 8 di sera, momento in cui si alza, andandosi a cambiare, indossando calze verdi e stivali dall' alto tacco, sotto ad un abitino a disegni marroncino-ocra cortissimo e con una scollatura a V molto ampia, fino a circa dieci centimetri sopra all' ombelico. Scollatura trattenuta da dei laccetti che le permettono di non aprirsi del tutto. Copre l' abito con una felpa grigia, perché non le piace essere vista dal padre con certe scollature. Indossa il suo cappotto, prende la borsa e torna nell' altra stanza.
- Bene, io vado al lavoro fratellone. - Sorride. - Torno domani mattina coi cornetti caldi, e porto Mattia all' asilo. -
Sorride ancora, ed il fratello le sorride di rimando. - Va bene sorellina, come sempre. -
La porta di casa si apre, ed entra Nicola, felice di essere arrivato in tempo per salutare la figlia che adora e non vede più per via dei suoi orari strani.
Beatrice ora sta uscendo, tranquillamente, quando una frase la fa rabbrividire un attimo.
- Bea, aspettami. Lavori in un locale, no? Domani ho solo inglese, italiano, francese e norvegese, e queste lingue le parlo meglio dei miei professori. Ti accompagno. - A Beatrice non fa piacere rimanere più o meno sola con Elijah, che ha così tanta influenza su di lei, ma non può fare a meno che rispondere affermativamente.
- Va bene. Su, Mister Lacroix, andiamo. -
- Monsieur. - la corregge prontamente lui.
- Lo so, ma non eri anche inglese, tu? -
  
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