- SOLO
ALLORA AVEVO COMPRESO CHE SI
TRATTAVA DI UNA STORIA DI GENTE SOLA, DI ESSENZA E DI PERDITA, CHE
PROPRIO PER
QUESTO VI AVEVO TROVATO RIFUGIO, FINO A CONFONDERLA CON
Da
“L’Ombra
del Vento” di Carlos Luiz Zafron
Apro
lentamente la porta
della mia camera. Vuota. Non avevo mai visto la mia camera in quelle
condizioni, senza le mie cose, il mio letto, i poster sui muri, ad un
tratto
era spenta, come se si potesse vedere la stanchezza che aveva
accumulato nei
quattordici anni in cui mi aveva sopportata. Entro e mi siedo per
terra, il
pavimento è pulito, mamma ha lavato tutte le camere, la
guardo per un’ultima
volta. Non ho mai traslocato in vita mia, sono nata e vissuta in questo
appartamento, sempre in questo quartiere, sempre nella mia camera, se
questi
muri potessero parlare.
“Rossella”
sento una voce
alle mie spalle e mi maledico per non aver chiuso la porta. Mi volto
mia madre.
“Dai,
ne stai facendo una
tragedia, dovresti essere contenta, andiamo in una casa più
grande, una
villetta indipendente” dice e poi si china vicino a me.
La
guardo e poi poggio ancora
il mio sguardo sui muri e la finestra. Odio la mia
sensibilità troppo
accentuata, piango per la minima cosa, ho le lacrime troppo facili. Mi
sento
gli occhi gonfi di lacrime, che stupida piangere per una casa, ma che
posso
farci, io mi affeziono troppo, e spesso. Mia madre si rialza e
si
avvicina verso la porta. Poi si volta,
“Su
alzati dobbiamo andare”
mi dice e poi mi lascia sola. Io mi rialzo, mi asciugo una lacrima
capricciosa
e mi avvicino alla porta. Guardo per l’ultima volta la camera
in cui ho riso
con le mie amiche a più non posso, dove di notte ho pianto
sola un amore troppo
acerbo, dove ho riso emozionata su un messaggio di un amore che nasceva
poco a
poco, dove al buio sono arrossita da sola vedendo me stessa scrivere il
primo
“ti amo” in un sms, dove sono stata triste davanti
a un film d’amore che non
finisce bene, dove ho vissuto una piccola parte della mia adolescenza.
Mi
guardo alle spalle mia madre è vicino alla porta di
ingresso, mi sta
aspettando. Allora prendo coraggio, chiudo la porta della mia camera,
prendo
l’ultimo scatolone ed esco di casa con mamma. In macchina con
lei non dico una
parola, tengo sulle gambe lo scatolone e guardo fuori dal finestrino.
Poi
arriviamo fuori alla nuova casa, c’è
già la ditta di traslochi e che sta
portando le nostre cose. Esco dalla macchina tenendo sempre con me il
mio
scatolone, non l’ho messo con le altre cose, ci sono cose
troppo personali.
Guardo la villetta, è bella, a due piani, ha un piccolo
giardino, al fianco da
destra ci sono altre cinque villette, mentre a sinistra solo due.
“Magari
ti togli bella
addormentata” mi sento dire, mi giro, Domenico. Mio fratello
con due scatoloni
più grossi di lui mi passa davanti ed entra in casa, dopo
pochi secondi riesce.
Si
ferma sulla porta con le
mani sui fianchi. E mi guarda.
“Ehi
ma starai tutto il
giorno con quella scatola tra le braccia o ci darai una
mano?” mi dice con il
suo solito tono gentile e premuroso stile scaricatore di porto. Gli
faccio una
smorfia ed entro in casa. Poggio lo scatolone sotto una finestra e mi
avvicino
a mia madre.
“Cosa
posso fare?” gli chiedo
timidamente, vedo che è così indaffarata che la
minima domanda potrebbe
causargli una crisi di nervi.
“A
si Rossella” mi guarda “
Sali su, la prima porta a destra è la tua camera, i mobili
lì sono gia stati
montati, comincia a svuotare le tue scatole.”
“Ok”
gli dico. Prendo il mio
fedele ed inseparabile scatolone e salgo su.
Ci
sono due rampe di scale,
entro nella prima porta a destra. E rimango più che
sbalordita. Tengo la bocca
aperta per oltre cinque minuti, con uno sguardo ebete. Non posso
credere ai
miei occhi. È tutto diverso. Hanno cambiato i mobili della
mia camera.
Stranamente non mi arrabbio anzi, sono più che felice.
Istintivamente butto la
scatola per terra, e scendo veloce giù, mia madre sta
stimando delle scatole
nel soggiorno, le corro subito incontro e la abbraccio forte.
“Mamma
è troppo bella!!!” le
dico stringendola forte forte
“Sono
contenta che ti piace,
così smetterai di odiare questa casa” mi dice
abbracciandomi anche lei. Poi mi
libera.
“Amore
scusa ma ho troppo da
fare ora” mi dice.
“Ok
ok, non ti preoccupare”
le dico e salgo veloce in camera. Poi richiudo la porta alle mie
spalle.
Mi
guardo intorno, sembra un
sogno. Le parenti sono color crema, c’è un letto
con le spalliere in ottone a
una piazza e mezza, con sopra un piumone dorato, l’armadio
enorme sempre in
colore con le pareti. Mi avvicino alle finestra le tende sono di un
giallino
tenue, le sposto, il balcone e piccolo e da sul giardino, ha la forma
di un
semicerchio, piccolissimo sul serio, ma bello. Al lato della finestra
c’è una
piccola scrivania in legno chiaro, con una sedia dello stesso colore.
Sull’altra parete c’è uno specchio
grande , sorrido , buono per vestirmi e
truccarmi in camera mia. Poi mi avvicino al letto e tiro fuori dalla
borsa il
mio fedelissimo portatile e lo poggio sulla scrivania, apro lo
scatolone e per
prima cosa poggio sul comodino al lato destro del letto la sveglia
fucsia, e
due portafoto , una mia e di Anna e una con il mio amore Gabriele. Poi
mi siedo
sul letto e tiro fuori dalla tasca del jeans il cellulare. Mando un sms
ad
Anna.
“
La casa
è bellissima, la mia
camera è un sogno. Mi rimangio tutto quello che ho detto,
non le darò fuoco!!
Ti aspetto alle 5. Un bacio!! Studia anche per me oggi!!
Hauhauhauhau!!”
Messaggio
inviato. Poi ne
mando uno anche a Gabriele.
“Amore
buongiorno come va??
Qui tutto bene, la casa è troppo bella e la mia camera
è un sogno!!! Ti amo
tantissimo!!! Chiamami in ricreazione!ciauuu”
Secondo
messaggio inviato. Ok
, ora è il momento di darsi da fare. Mi tolgo la felpa e la
poggio sulla sedia.
Prendo una coperta la
metto sul letto
per evitare che tutte queste scatole sporchino il mio nuovo e stupendo
piumone.
Per fortuna il mio armadio è anche dotato di scarpiera
così ho tutto nella mia
camera. Entro le tre riesco a malapena a sistemare un po’ di
oggetti, e vestiti
e le scarpe. Poi scendo giù, la ditta dei traslochi
è già andata via. Molti
mobili erano già stati portati è montati nei
giorni scorsi.
Mia
madre è persa nel
sistemare padelle e cose del genere.
“Mamma
io ho una fame che non
ci vedo più” le dico, e mi strofino la mano sullo
stomaco…
“Amore,
non posso mica
cucinare” mi dice con un po’ di affanno mentre tira
fuori padelle a più non
posso dagli scatoloni “ prendi 5 euro dal mio portafogli e
scendi al panificio
infondo alla strada, a e
chiedi a
Domenico se vuole qualcosa!”
“Ok”
Poi
mi avvicino al divano,
tiro fuori i soldi dal portafogli e poi risalgo su. Busso alla porta
della
camera di quel menomato di mio fratello, almeno per oggi evito una
litigata.
“Avanti”
sento…wow…sono
stupita, sa anche che quando uno bussa si dice avanti! E io che lo
credo una
scimmia antropomorfa!
Apro
leggermente la porta,
giusto per mettere la testa nella sua camera, e subito mi ricredo, lui
è una
scimmia, si perché non ha una camera, ma uno zoo. Sembra che
sia passato
l’uragano “Latrina” nella sua camera.
“Em…Domy
vuoi qualcosa da
mangiare? Sto andando al panificio” gli dico con una faccia
schifata mentre mi
guardo intorno.
“Si
si, prendimi due pezzi di
focaccia uno capricciosa e
diavola, 2 €
di arancini e 5 panzerottini con la bolognese, e poi una
birra” rimango
sbalordita.
“Scusa
ma hai uno stomaco o
una discarica?” gli dico
“O
io cio fame” mi
dice…rimango sempre stupida dall’uso perfetto che
fa dell’italiano, sembra un
asino con gli occhiali.
“Si
va bene” meglio tagliare
corto con lui, tanto vuole sempre avere ragione, e io lo tengo
contento, tanto
la ragione di da agli stupidi.
Scendo
giù.
“Mamma
prendo altri 10 €,
perché con tutto quello che ha ordinato tuo figlio, con 5
non faccio nulla.”
“OK”
sento urlare dalla
cucina, e poi un boato di chissà cosa che cade per terra.
Spalanco gli occhi,
mi giro e vedo mio padre…lui si mette la mano in fronte!
Rido ed esco di casa.
Oltrepasso le tre villette sulla sinistra e giro l’angolo, in
fondo alla starda
vedo l’insegna “Pane & Fantasie”,
il panificio… è un miraggio. Ho una fame
spaventosa, anche se un po’ di digiuno non mi farebbe male,
non sono grossa, ma
nemmeno magrissima, basti pensare che il mio ragazzo mi chiama
“Panzarotto
ripieno”! Alla faccia della sensibilità, ma io lo
amo comunque. Mentre cammino
mi arriva un sms. È Gabriele.
“Amore
scusa se non ti ho chiamato in ricreazione ma avevo il compito di
matematica!
Ora sono a casa e studio Storia. Ci vediamo per le sette. Ok? A te come
va il
trasloco?”
Sorrido
come una deficiente.
Che tesoro! Non smette mai di studiare e a scuola ha voti che non vanno
sotto
l’8! Beato lui, io sono una capra che quando vede un 5 nel
compito di
matematica si gira alla sua compagna di banco e dice
“Buono!!” neanche avessi
preso un 7! Arrivo al panificio, chiedo la lunga lista di cose che
vuole mio
fratello, e poi finalmente arriva il mio turno. Prendo un pezzo di
focaccia
margherita e due
panzerottini al
prosciutto. Da bere meglio un po’ di acqua da casa, eviterei
Appena
entri in casa, mio
fratello mi stava aspettando nel soggiorno.
“O
ma le hai fatte tu le
focacce…mocca a te quanto tempo” mi dice, poi mi
toglie letteralmente la busta
dalle mani. Esce le sue cose e va in camera sua. Io mi siedo sul divano
e
mangio. Mentre addento l’ultimo panzerottino mi ricordo.
Cavolo…Gabriele. Non
ho risposto al messaggio. Prendo il telefono e scrivo velocissimamente.
“Amo
scusa se non ho risp
subito, stavo comprando qualcosa da mangiare. Ora ho finito e torno a
sistemare
la mia camera. Poi aiuto mamma e verso le cinque passa a trovarmi Anna.
Per le
sette sono pronta. Ti amoooooooooo”
Inviato.
Ok, già mi sento
meglio. Odio farlo arrabbiare, anche se accade di rado, lui
è sempre così
controllato, serio, ma sa anche essere dolce e premuroso. Ritorno in
camera
mia e finisco di
stimare le ultime cose.
Poi scendo giù. Guardo l’orologio sono le 16. 45.
Entro
in cucina.
“Mamma
se vuoi ho un quarto
d’ora per aiutarti poi arriva Anna e devo studiare”
è una bugia, non ho da
studiare, o meglio ci sarebbe qualcosa da studiare, ma le confidenze
tra amiche
sono più importati di un impreparato. E poi io e Anna
adoriamo queste stupide e
piccole bugie, ci fanno sentire più complici.
Così passiamo il pomeriggio
sedute davanti alla scrivania con un qualsiasi libro aperto giusto per
far
vedere e le nostre
chiacchiere in
libertà. Alle 5 e 10 sento suona il citofono. Al cancello
c’è il videocitofono,
prendo la cornetta.
“Mamma
che sei brutta da
vicino” le dico ridendo, poi apro il cancelletto e la porta.
Lei fa veloce gli
scalini e mi raggiunge, mi abbraccia e mi stampa un bacio sulla
guancia.
“Rox
devo darti una brutta
notizia!” mi dice
“E
buongiorno” le rispondo
chiudendo la porta “ menomale che sei appena
arrivata”
“Perché
sei venuta con lo
zaino?”
“Fidati”
mi dice lei.
“Ok…Saliamo
su, devi vedere
il mio nuovo regno” così dicendo saliamo su.
Appena
entriamo in camera,
Anna spalanca la bocca.
“Wow”dice.
Poi mi guarda e
ripete “Wow”
“E
già” le dico
“Wow”
ripete
La
guardo male.
“O
ma sei scema…smettila di
dire wow!”
Lei
annuisce con la testa.
Anna
butta lo zaino per terra
e si siede sul letto, io prendo il pc, e mi siedo di fronte a lei.
Metto un po’
di musica. Alessandra Amoroso “Ama chi ti vuole
bene”. Poi guardo Anna, ha il
viso leggermente preoccupato. Non è un buon segno.
“Ok”
le dico “ sputa il
rospo”
Lei
annuisce. Poi comincia a
toccarsi i lunghi capelli…è il suo tipico segno,
non sa come spiegarmi
qualcosa.
“Anna
dimmi, tranquilla, non
soffro di cuore”
“Vuoi
la notizia brutta o
quella orribile?” mi chiede. Io arriccio la fronte. Ora sono
preoccupata.
“Prima
la brutta, andiamo per
livelli” le dico
“Ok,
domani c’è il compito di
matematica e poi tu hai devi essere interrogata in chimica!”
poi fa un mezzo
sorriso dispiaciuto.
“Perché
devo essere
interrogata io! Chi sono io la scema di turno??” dico
arrossendo di rabbia. E
quando dovrei studiare, stanotte?
“Non
è che tu sei la scema di
turno e che oggi ha fatto un compito a sorpresa e siccome tu non
c’eri ha detto
che domani ti interroga”
“Vaffanculo!”
dico nervosa,
quando mi incavolo, uso tutto il galateo e bonton di mia conoscenza.
La
guardo come un cucciolo
abbandonato in autostrada.
“E
la notizia orribile quale
sarebbe?” le chiedo con un filo di voce, insomma peggio di
così non può andare.
“Ho
saputo che Valerio si è
lasciato con la sua ragazza, di cui non so nemmeno il nome,
perché lei ha
trovato nel suo portafogli una tua foto” dice tutto
d’un fiato. So che dirmi
una cosa del genere le costa, lei ha sempre avuto una cotta per
Valerio, mentre
lui ha sempre avuto occhi per solo per me. Prima era il mio migliore
amico, siamo
anche stati insieme per poco tempo, lui mi era stato molto vicino
quando quel
ciarlatano-stronzo-cafone-sfruttatore-spicolabile-maniaco-fumato-traditore-stronzo
di Danilo mi aveva lasciata. Credeva che sarebbe toccato a lui, io
provai a
stare con lui, ma provavo solo una forte amicizia. Quando
l’anno scorso conobbi
Gabriele e ci mettemmo insieme, tra me e Valerio qualcosa si ruppe,
l’amicizia
andò in frantumi, lui disse che non ne poteva
più, litigammo come mai. Ora a
malapena ci parliamo, i suoi saluti sono così sottili che
spesso ho
l’impressione che non mi abbia salutata. Era dimagrito Dio
solo sa di quanti
chili, diventato montato come un chilo di panna, egocentrico, bastardo
e aveva
perso ogni traccia di gentilezza e dolcezza che rendevano tanto bella
la sua
compagnia.
Guardo
allibita Anna.
“Ma
che significa?” le dico
“Niente,
in apparenza, però
in ricreazione sono uscita per andare al bar e ho incontrato Valerio.
E…” poi
abbassò lo sguardo.
“E…che??”
le dico, mi sto
agitando.
“Mi
ha chiesto di te, se stai
ancora con Gabriele e se ci pensi ancora a lui” mi dice
Ho
gli occhi fuori dalle
orbite. Ma questo ragazzo è fuori. Come si permette a
chiedere cose del genere
quando lui per tutta l’estate non mi ha salutata. Non che io
tenga a lui più di
Gabriele.
“Tu
che gli hai detto?”
chiedo con fare minaccioso ad Anna.
“Che
stai con Gabriele e stai
bene” mi risponde
“A
ok”
Poi
Anna si alza dal letto e
si avvicina al suo zaino. Lo prende e lo mette sul letto, poi tira
fuori il
libro di matematica.
“Forse
dovremmo studiare” mi
dice, con una piccola smorfia. So a cosa sta pensando e mi gioco la mia
nuova
camera che non è la matematica.
Prendo
il mio libro dalla
libreria e mi siedo di fronte a lei.
“Tu
ci stai male?” le dico.
Lei
alza gli occhi dal libro,
sono tristi, e lucidissimi, abbozza un mezzo sorriso.
“Naaaaaaa,
ormai mi è passata
la “Valerio malattia” sono del tutto
guarita” poi si strofina l’occhio.
La
guardo, è la mia migliore
amica, vorrei tanto poterla aiutare, levare dai suoi occhi quella
tristezza e
quella lacrima sempre pronta per quel cretino che non si accorge di
lei.
“Sei
sicura? A me puoi dirlo”
le dico con un tono di voce calmo, e amico.
“No,
ma è meglio che non né
parlo, preferisco la matematica” dice sfogliando il libro.
Sospiro.
“Come
vuoi, io ci sono”
“Lo
so” dice.
Passiamo
l’ora successiva
senza accennare a nulla che non sia la matematica. Poi Anna torna a
casa e io
ripasso un po’chimica. È scientificamente provato,
la prof di chimica è
stronza. Vengo distratta da cellulare. Un messaggio. Anna.
“Scusa
per oggi. Sai che con te parlo di tutto, ma voglio smettere di parlare
di lui.
Tanto nemmeno mi calcola, perché devo continuare a piangere
per quella faccia
di culo che si ritrova!”
Tipico
di Anna. Rispondo.
“Non
preoccuparti. Puoi stare zitta quanto vuoi e assillarmi quanto ti pare,
sai che
x te ci sn sempre. Brava reagisci. Mostra a quel pupazzo cosa si
perde!!”
Inviato.
Dopo pochi secondi
la risposta.
“Capirai
che gli frega. Lui vuole solo te!”
Sapevo
che saremmo
arrivate a questo
punto della
conversazione. Rispondo.
“Anna
sai che per lui provo solo amicizia. E tu sei la mia migliore amica e
ti
aiuterò a realizzare qualche sogno nel cassetto ok?? J”
Mi
risponde.
“Ok.
Grazie Rox. Ti amo di bene!!! A domani. Divertiti stasera…un
bacio! Ciauuuuu”
Sorrido.
Poggio il cellulare
sulla mensola. Chiudo
il libro. Al
diavolo la chimica e la prof…domani ci penserò.
Mi alzo predo le mie robe e
vado a farmi un bel bagno. Meritatissimo talaltro.
Finito
il rilassante bagno
torno in camera alla velocità della luce. Sono le 6.45. Tra
un quarto d’ora
devo uscire e sono ancora in accappatoio. Prendo il cellulare, mando un
messaggio a Gabri.
“Amo
ci vediamo per le sette e mezza?? Mi sono ritrovata in un ritardo boia
perché
ho dovuto studiare chimica!please!! Ti amoooo J”
Dopo
poco mi risponde.
“Ok
amo. Ci vediamo alle sette e mezza davanti alla scuola media. Un
bacio.”
Faccio
un bel sorriso
compiaciuto. Poi butto il telefono sul letto e ritorno davanti
all’armadio.
Odio non sapere cosa mettermi. D’un
tratto si apre la porta della mia camera. Io urlo, cavolo sono in
reggiseno e
mutande.
“Rossella
sono io”
Mia
madre, tipico, non sa né
bussare, né richiudere la porta una volta uscita.
“Dimmi”
le dico infilandomi
il jeans scuro.
“Che
hai messo nella tua
cassaforte?” mi chiede
La
guardo come fosse un la
cugina di ET.
“Scommetto
che nemmeno ti sei
accorta che c’era la cassaforte” mi dice
poggiandosi le mani sui fianchi “e lì
al lato dell’armadio.
Mi
sporgo. Cavolo non me ne
ero accorta.
“Ok,
poi ci metto le collane
della cresima” le dico.
“Brava”
dice uscendo e
lasciando la porta aperta.
Lo sapevo. Mi
metto la camicetta nera a body con sopra il cardigan rosso. Poi mi
avvicino
alla cassaforte. È chiusa. E io ora come diavolo la apro? A
morsi? Poi vedo nel
lato destro scritto con un pennarello ad uniposca sicuramente, una
data.
“25/10/1990”. Mah…sarà la
combinazione.
La
provo. Era giusta. La
cassaforte si apre. Rimango un’attimo sorpresa. Non
è vuota. Dentro c’è una
specie di agenda, con la copertina rigida, piccola, rossa, con
disegnata su una
“S”.
La
apro. Nell’interno c’è
attaccata una foto, non focalizzo bene, sembra una comitiva, con alle
spalle
una casa in montagna. Sotto c’è scritto.
“KICHBERG
– AUSTRIA- NATALE
Mi
metto gli occhiali e
focalizzo bene le persone. Oddio. Non credo ai miei occhi.
C’è Serena, Flavio,
Martina, Susanna, Marcello, e compagnia bella. Tutti gli ex
“In” della ITC. Mi
siedo sul letto con il diario tra le mani. Sfoglio la prima pagina,
c’è scritto
sopra a sinistra “Caro diario”. Poi mi fermo.
Oddio. È un diario segreto. Non
posso crederci. A destra la data della prima pagina di diario.
15/09/2008. Lo
richiudo. È tardi. Devo finire di sbrigarmi. Gabri mi
aspetta. E non mi sembra
giusto leggere la vita e le sensazioni di qualcun altro. Anche se la
curiosità
mi uccide. Sapere cosa succedeva all’interno di quel gruppo
così in vista che
io vedevo da lontano con gli occhi di una ragazzina delle medie. Capire
cosa
c’era dietro le loro litigate di cui tutti parlavano.
Rimetto
il diario nella
cassaforte. E la richiudo. Prendo le mie All Star nere dalla scarpiera.
Mi
trucco, passo velocemente la piastra e scendo giù.
Mia
madre sta cucinando
mentre mio padre sistema dei bicchieri.
Mi
metto il giubbotto e
guardo l’orologio. Le sette e venticinque. Uffa sono sempre
sul filo del
rasoio.
“Mamma
io esco” dico.
Lei
si volta.
“Vedi
di non tornare tardi,
domani a scuola.” Dice, per poi ritornare al suo polpettone.
Do
un bacio sulla guancia al
mio papone e poi esco.
Oltrepasso
le tre villette
poi attraverso. Da lontano vedo Gabriele poggiato al cancello della
scuola
media.
La
serata passa velocemente,
tra una chiacchiera e l’altra, anche se le chiacchiere degli
amici di Gabriele
non mi entusiasmano più di tanto. Non credo di essergli
molto simpatica, loro
mi vedono troppo poco per lui. Poco simpatica, poco brava a scuola,
poco gusto,
poco tutto…spesso si notava molto il loro comportamento.
Come stasera ad
esempio, ho passato oltre due ore a sentire le loro chiacchiere, e per
la cronaca
nemmeno loro stanno molto simpatici a me. Passiamo la serata in una
pizzeria e
poi in villa. La nota positiva della serata è Gabriele e la
pizza principessa
che mi sono mangiata. Gabriele mi accompagna davanti al cancello di
casa con il
motore. Scendo dal
motore, mi tolgo il
casco e glielo passo.
Poi
mi avvicino a lui.
“Mi
chiami appena arrivi a
casa?” gli chiedo con il mio tono un po’ da bambina.
Lui
sorride, mi bacia e mi
abbraccia.
“Ok,
buonanotte” mi dice
piano piano.
“notte”
rispondo io.
Mi
avvicino al cancello,
prendo le chiavi dalla borsa ed apro. Quando entro in casa
c’è un silenzio
tombale. Non so se chiudere la porta, non vorrei chiudere fuori casa
Domenico.
Salgo su e sbircio nella sua stanza. Vuota. Come da copione.
È uscito e Dio
solo sa a che ora deciderà di tornare a casa, per poi
inscenare un bel teatrino
con mamma, per i problemi che ha la sua ritirata.
Entro
in camera mia e chiudo
la porta. Mi fermo a riguardarla, è proprio bella, sembra un
sogno. Mi cambio,
in silenzio vado in bagno per lavarmi i denti e struccarmi. Poi rientro
in
camera, sistemo il letto. Poggio il cellulare sul comodino e, mentre
aspetto la
chiamata di Gabriele, mi sistemo lo zaino per il giorno dopo. Poi
arriva un
messaggio. Nel silenzio il suono è fortissimo.
È
Gabriele.
“Amore
sono a casa. Non posso chiamarti perché qui dormono tutti,
non vorrei svegliare
l’intera caserma!! Ci vediamo domani mattina a scuola. Un
bacio grande,
buonanotte, ti amo”
Sorrido,
che dolce, poi
faccio anche una smorfia. Uffa, se chiudeva la porta della sua camera
mica si
svegliava qualcuno!
Pazienza,
gli rispondo.
“ok
amore, non ti preoccupare, ci vediamo domani mattina. Aspettami vicino
al bar,
sempre se il pullman non fa ritardo. B.notte, ti amooooooooooo J J”
Inviato.
Tolgo
la suoneria al
cellulare.
Poi
mi metto sotto le coperte
e spengo al luce. Mi giro di spalle alla finestra,
c’è poca luce, lo sguardo
cade sulla cassaforte. Chiusa. Ripenso a quello che
c’è dentro, il diario,
chissà cosa c’è scritto. Magari una
storia, o solo lo spezzone di vita di una
ragazza, o un amore, una storia di amicizia vera di quelle che a
diciotto anni
pensi uniche e rare, sono curiosa. Vorrei sapere cosa succedeva in quel
gruppo,
e chi potrebbe dirmelo meglio di un diario? Poi mi autoconvinco,
“Rossella, non
si fa, non è giusto sono cose private”, si va
bene, ma mica le racconterei in
giro, sarà il mio segreto. Solo una paginetta magari. Mi
siedo sul letto e
accendo la piccola lampada. Mi alzo e mi avvicino alla cassaforte.
Riinserisco
la combinazione. “25/10/1990”, sento un piccolo
“tac” e si apre. Il diario è
li. Lo prendo e mi siedo sul letto. Mi copro le gambe con il piumone e
lo apro.
Sembra che stia per leggere un libro chissà quanto
interessante. La prima
pagina. Comincio a leggere…
15-09-2008
Cario
diario,
So
che tutto questo
potrà sembrare strano, ma per quest’ultimo anno ho
deciso di scrivere tutto
quello che succederà in questo diario. Non che la mia vita
sia mai stata
emozionante, ma qualcosa ci sarà. Tra qualche anno vorrei
poter riaprire questo
diario è rivivere ogni istante di quest’anno.
Dicono
che questo è
l’anno più bello che tu possa vivere,
perché è quello in cui si è
più maturi di
tutti gli altri anni, quello in cui le emozioni diventano sentimenti, e
quello
in cui capisci che nonostante tutto, quello che è successo
negli altri quattro
anni, è stato bellissimo.
Mi
chiamo Serena, ho 18
anni e frequento l’ultimo anno al liceo scientifico. Quando
dicevo che la mia
vita non era entusiasmante, parlavo del fatto che non è
tutto come può
sembrare. Le persone ti vedono, parlano di te, ma non sanno come sei
davvero.
Non è tutto come un film. Anzi, a parer mio non
c’è assolutamente niente in
comune. La realtà è più dura, e a
volte anche sleale. Ma tu nonostante questo
devi cercare di andare avanti, di rialzarti, anche se sei debole.
È
quello che io cerco
di fare ogni giorno. Sarà la fine di questo diario che mi
dirà se ci sono
riuscita o no.
La
mia vita è
normalissima, ho una migliore amica, Lisanna, che frequenta il mio
stesso anno,
ed anche nella mia stessa scuola. Lei a prima vista può
sembrare la classica
vanitosa, antipatica, che pensa solo a sé, ma in
realtà e tutta un’altra cosa.
È pazza, vivace, e con una forza di vivere come non ne ho
vista in nessun’ altro.
Anche nei momenti brutti, lei preferisce nascondere un espressione
triste, con
un sorriso, sia pure forzato. É davvero incredibile, e oltre
ad essere
orgogliosa di lei, devo anche ritenermi fortunata di poterla avere come
amica.
Lei
è anche nella mia
classe.
Per
quanto riguarda la
mia vita sentimentale, ho un ragazzo. Si chiama Emanuele, e ha la mia
stessa
età. Mentre lui frequenta la 5°, io la 5AT.
È il ragazzo perfetto. Bello,
educato, gentile, romantico, di buona famiglia. Anche se come tutti i
ragazzi
normali anche lui ha dei difetti. Per esempio si diverte a fare lo
scemo con
tutte, questo solo perché sa di piacere, e poi ha
l’odiosissimo vizio di
prendere in giro continuamente, e far vedere quanto i soldi di suo
padre
riescano a fare. So che può sembrare insopportabile tutto
questo, ma assicuro
che quando vuole, sa essere splendido, e sa farmi innamorare ancora di
più di
lui.
AMORE…
una parola piena
di significati. Io l’ho cercato, l’ho riconosciuto
e l’ho vissuto in mille
situazioni differenti. Ho avuto tante storie nella mia vita, ma poche
sono
state quelle che contano davvero. Due anni fa ad esempio sono stata per
6 mesi
con Marco, uno della scuola vicino la mia, l’I.T.C. e poi
conto subito dopo
quella con Emanuele. Con Marco è stato tutto diverso. Ci
siamo visti, ci siamo
piaciuti e dopo nonostante le differenze notevoli, abbiamo cercato di
far
andare bene le cose fra noi, ma a quanto pare non è stato
così. Lui era il
tipico casinista ma allo stesso tempo belloccio. Mentre io e i miei
amici siamo
completamente diversi. Tutti di buona famiglia, fissati con la moda,
sempre
tesi ad apparire perfetti. Come ad esempio Federico, uno dei ragazzi
con cui
esco la sera. Lui è uno dei miei migliori amici,
l’unico tra tanti che da me
non pretende altro che dell’amicizia. Ma tiene tanto ad
apparire perfetto, che
per alcuni (i soliti stupidi) sembra di un’altra sponda. ma
l’unica cosa che a
lui interessa e che noi sappiamo che non è vero.
Ora
credo proprio che
mi tocchi parlare di me. Io… non so davvero come
descrivermi,perché non
sopporto dire “sono simpatica, vitale, ecc.” e
tutte queste cavolate. Io voglio
una parola che mi descriva davvero, e non una cosa generica che nella
maggior
parte delle volte non è vera. Non è per questo
che sto scrivendo qui. Sono
casinista e tranquilla, sono libera ma so ciò che voglio,
sono una che vive il
presente e guarda al futuro, sono delicata e brutale, sono umile e
orgogliosa,
sono timida e feroce, sono tenace e flessibile, sono impalpabile e
concreta,
sono una che va fino in fondo. Ecco cosa sono. Il bene il male. Sono
sicura che
sembri davvero un gran bel casino, e per questo che dico, di
è così. Sono un
casino. Sono davvero difficile come persona, e molto spesso
è per questo che la
gente si fa dei pregiudizi su di me. Ma l’unica cosa che dico
è che io sono io,
e non mi interessa essere una persona per qualcun altro, per cui se
vogliono
parlare, parlino pure, io non cambierò per loro.
Dopo
questo, direi di
aver trascritto tutte le cose più importanti della mia vita,
cioè l’amicizia e
l’amore, le uniche cose che rendono bella questa vita
così orribile.
Passiamo
a parlare
della mia realtà.
Oggi
c’è stato il mio
primo giorno di scuola. La mattina è stato davvero difficile
alzarmi e
ricominciare ancora, ma la voglia di vedere come tutti i tuoi compagni
siano
cambiati, e di passare una nuova giornata con loro, è capace
di fare miracoli.
Così
sono andata a
scuola per la prima volta con la mia macchina. Quando sono arrivata
fuori l’ho
rivista come sempre. Con i “soliti tipi” che fanno
solite cose, con i rimandati
che sperano che quest’anno cominci meglio, così da
passare quell’ultimo anno
una volte per tutte, con le matricole, che ancora non sanno
dov’è il loro
posto. È bello vedere che con il tempo che passa, anche
tutto quello che è
intorno a te riesci a vederlo in modo diverso, in modo più
nitido.
“Ehi
amore…” sento ad
un tratto alle mie spalle. Mi giro. Lisanna e lì ad
aspettarmi con le braccia
aperte.
Io
le vado incontro e
l’abbraccio. Uno di quegli abbracci puri, veri, sinceri, uno
di quegli abbracci
che vengono dati, scambiati, regalati e che valgono più di
mille parole.
“Tutto
ok?” mi chiede
dopo. Io la guardo sicura, e con un sorriso annuisco con la testa.
“Forza,
entriamo” mi
dice con il braccio intorno al collo, e insieme passiamo il cancello.
Il
nostro è un solo
istituto, collegato da un corridoio. E qui è presente sia la
ragioneria che il
liceo scientifico.
Camminando
ci fermiamo
davanti alla nostra entrata, e davanti a noi, quella
dell’altra scuola.
Dopo
aver salutato
tutti, e mentre aspettavo Emanuele, mi girai un attimo a dare uno
sguardo
dall’altra parte, da quel gruppetto, quello che tutti
conoscono. Non che il mio
non si conoscesse, ma loro erano diversi, loro urlavano, giocavano,
saltavano,
ballavano, fregandosene di tutti quelli che gli erano intorno. Tra loro
c’era
anche Marco, e accanto, la sua nuova ragazza, Denise. Lei veniva alla
mia
stessa scuola, ma frequentava il quarto anno. Era una ragazza carina,
ma lui
avrebbe potuto permettersi di meglio. Era come la definivo io, anonima.
Mentre
accanto a lui che la teneva abbracciata, il resto del gruppo.
C’era Marcello,
con accanto sua sorella Martina, e poi Andrea e Flavio. Dei nomi da
ricordare.
Tutti ripetenti. Tutti presenti. Tutti che non pensavano a quello che
succederà, ma vivevano l’oggi come
nessun’altro riusciva a farlo.
Andrea
era molto amico
a Marco, per cui lo conoscevo. Era un tipo… descrivibile
solo con una parola,
pazzo. Marcello era il ragazzo di Susanna, che al contrario suo, oramai
la
scuola l’aveva finita. Martina era l’eterna quarta.
Bocciata per ben 2 volte,
proprio come Marco. La sua situazione sentimentale era piuttosto
complicata,
visto che il suo ultimo ragazzo era stato in carcere. Mentre con
l’ultimo,
Claudio, sembra che si trovi molto bene. Poi c’era Flavio.
Lui si che era un
personaggio. Aspetto trasandato, (nonostante, come diceva Lisanna,
potesse
permettersi questo ed altro) continui “cali di
zuccheri” e vita che ogni
ragazzo poteva definire “da sogno”. Io sinceramente
non ci vedo niente da sogno
nella vita che fa. Beve, fuma, si droga, non ha una ragazza fissa, a
scuola va
malissimo, non ha un minimo di responsabilità, nonostante
l’età, né un minimo
di controllo, il suo dizionario contiene solo due vocaboli, NO e
REGOLE, del
quale la seconda viene solo usata dopo la prima.
Comunque,
non voglio
passare il resto della serata parlando di lui, perché non ci
sarebbe niente di
entusiasmante.
Dopo
un po’ arrivò
Emanuele e suonò la campanella, così tutti ci
affrettammo ad entrare nelle
classi. Non ho mai capito il motivo per cui mi ero fermata a guardarli,
e
sinceramente, ancora ora, mentre ci penso, non lo so, ma so che i miei
occhi da
soli si sono spinti verso di lui, verso di lei, verso di loro.
Mi
suona strano dirlo,
loro. Forse solo perché tempo prima era stato solo un noi.
“Beh,
ci vediamo dopo
amore” dice Emanuele, e mi da un bacio, per poi dirigersi
insieme al suo gruppo
verso la sua classe. Io intanto con Lisanna me ne vado verso la mia.
La
mattinata in classe
scorre tranquilla. Ci sono dei nuovi professori, e mentre le ragazze
diventano
più mature e più donne, i ragazzi diventano ogni
giorno più stupidi e più
bambini.
All’uscita,
saluto
Emanuele, e dopo torno a casa.
Ci
risentiamo il
pomeriggio, quando gli avevo detto di passare da casa mia.
Suona
il campanello,
vado ad aprire.
“Ciao
piccola” dice, e
dopo entra, per chiudersi la porta alle sue spalle, e poi girarsi,
prendendomi
per la vita, e facendomi saltare in braccio a lui.
“Allora…
come sta la
mia bambina?” dice dopo avermi baciata appassionatamente.
“Abbastanza
bene” dico
io “ma potrebbe stare meglio” dico infine, con
sguardo malizioso.
Poi
saliamo in camera
mia e passiamo il resto del pomeriggio insieme, a coccolarci e a fare
tutte
quelle cose che di solito fanno due innamorati.
Lui
è sempre molto
dolce, molto attento ai miei bisogni. L’unica cosa che vuole
in cambio è la
sicurezza che io sia solo sua. E quindi anche che ci sia solo lui nel
mio
cuore.
Da
sempre gli ho detto
che è così. E ne sono ancora sicura, non
è questo il problema.
L’unico
problema sono
quegli occhi, quegli occhi che a volte se ne vanno per i fatti loro,
quegli
occhi che non vogliono seguire il cervello, ma qualcos’altro.
La
sera siamo usciti
tutti insieme. Con Emanuele, Lisanna, Federico, Stefano, Daniele,
Silvio e Arianna .
A guardarci le persone pensano
subito che siamo quelli che si montano, anzi, più che altro
costruiti. Come ad
esempio Silvio, con le sue fisse per la perfezione, solo che al
contrario di
Manuel, è più riservato. Capello con riga di
lato, scarpa abbinata alla cinta,
che a scala è abbinata alla maglia, ecc.
L’unico
che si fa
notare un po’ di più tra noi è Stefano,
che il più delle volte
mi ricorda Marco e il suo gruppo. Fissato con
le solite cose anche lui, solo molto più aperto e spontaneo.
Lui certe cavolate
non le pensavano, il suo cervello era tanto contorto da riuscire a
formarle a
macchinetta.
A
ruota lo segue
Daniele.
Le
nostre serate sono
sempre le solite. Andiamo un po’ in giro, e poi tutti al
solito bar, che oltre
un bar è anche una drogheria, ma non nel senso che vende i
profumi.
Quando
arriviamo fuori,
è già pienissimo. Così comincio a
salutare tutti quelli che conosco, il che il
più delle volte è impossibile visto che conosco
tutta la città a parte i
ragazzini di primo e secondo anno, e non parlo solo della mia scuola,
parlo di
tutte quelle della città. Purtroppo devo dirlo: sono una che
si conosce. Se vai
in giro a chiedere chi sono tutti sanno dirtelo. E sinceramente io
nell’essere
invidiata e desiderata non ci trovo niente di bello. Diciamo che due
sono i
gruppi più conosciuti. Quello mio e quello di Marco.
Anche
quella sera erano
fuori al bar. I più rumorosi, ma riuscivi a vedere che si
divertivano. Al
contrario della mattina ora vicino a loro c’erano Susanna, la
ragazza di
Marcello, una ragazza bellissima e che io conosco bene, visto che molti
dicono
che siamo simili. E anche Claudio, il ragazzo di Martina e per un
attimo mi era
parso di vedere vicino a loro anche Riccardo, l’ex ragazzo di
Martina.
Anche
in quel momento
lui teneva lei fra le sue braccia, ma successe una cosa che non sarebbe
mai
dovuta succedere. Alzò lo sguardo e vide che anche il mio
era verso di lui. Così
girai velocemente il capo. Susanna che era vicino lui e aveva visto
tutto, mi
venne vicino.
“Ciao
Serena” mi disse,
e mi salutò con un forte bacio.
“Ciao
Susy, tutto ok?”
le chiesi io, sapendo il motivo per cui aveva fatto tutto questo.
“Certo,
e a te?” mi
chiese a sua volta, io risposi con un cenno del capo.
Non
appena Susanna
aveva cominciato ad avvicinarsi a me, tutto il suo gruppo aveva
guardato nella
mia direzione, e per un attimo, ma solo per un attimo, i miei occhi
avevano
incontrato lo sguardo anche di un’altra persona. Ma dopo aver
spostato il mio,
riuscivo a capire che lui continuava a guardarmi, insistentemente.
Sapevo che
non si faceva problemi di questo, non era il tipo da farsi problemi, ma
era più
che altro questione di fastidio. Mi sentivo infastidita da quegli occhi
puntati
addosso.
Dopo
aver parlato con
Susanna, la serata continuò tranquilla, tra un bacio e
l’altro di Emanuele.
Così
dopo aver fatto
ancora dei giri, all’1 e un quarto mi potrò fuori
casa mia.
“Ci
vediamo domani”
disse avvicinandosi e dandomi nuovamente un bacio” e speriamo
che sia come
oggi” disse dopo, riferendosi a quel pomeriggio con un
sorrisetto furbo.
Poi
io lo salutai a mia
volta e scesi dalla macchina.
Non
credo di aver detto
mai a nessuno a parte Lisanna con chi ho avuto la mia prima volta.
È stato
Marco, e forse era quello il motivo per cui mi sentivo più
legata a lui.
Lo
ricordo ancora come
fosse ieri, la paura, l’emozione, mentre ora mi sembra una
cosa normalissima.
Ma non nel senso che non sia importante, anzi, per me è
importantissima, ed è
questo il motivo per cui ho aspettato due mesi prima di farlo con
Emanuele. Ma
è normale per me che due persone che si amano hanno un
momento di intimità
profonda, tutto qui.
Entro
nel cancelletto
della villa, e salgo sopra. È stato ogni attimo di questo
momento, oltre al
motivo che ho scritto sopra, a spingermi a scrivere questo diario. E
giuro che
sarà l’unica cosa solo mia, dove potermi mettere a
nudo, e con me anche i miei
sentimenti. Dove potere essere vera e sincera, dove non nascondere
niente.
Ora
sono le 2 e dieci
minuti, e io sono più confusa che mai.
Buonanotte,
tua
Serena.
Alzo
gli occhi dal diario e
guardo la sveglia. È già l’una. Wow.
Chiudo il diario. Non è il caso di leggere
la seconda annotazione. Rimango con il diario chiuso tra le mani. Sono
sbigottita, Serena era stata con Marco e ripensava a lui mentre stava
con
Emanuele. Wow. Che storia…la mia vita non era
così appassionante…volevo
continuare a leggere. Per la prima volta in vita mia avevo voglia di
leggere,
forse perché era una storia vera, potevo notare le
sensazioni mentre leggevo,
sentivo le stesse emozioni di Serena, e mi piaceva, mi sentivo bene,
lontana da
le emozioni piatte della mia vita. Mi alzo, metto il diario nella
cassaforte e
chiudo. È il mio piccolo tesoro, la mia piccola fuga da
“Rossella-vita piatta e
no appassionante”. Mi rimetto nel letto. Il mio pensiero
è al diario e alla mia
voglia di continuare a leggere, ma piano piano mi addormento.