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Autore: endif    13/12/2009    26 recensioni
“«Edward…» non mi accorgo neppure di avere sussurrato il suo nome, ma forse l’ho fatto perché lo vedo girarsi verso di me come a rallentatore. Il tempo si cristallizza qui, in questa stanza, in questo momento, restando sospeso a mezz’aria.
Sgrano gli occhi a dismisura quando capisco chi è tra le sue braccia.
No. Non può essere.”
Piccolo spoiler per questa nuova fic, il seguito di My New Moon. Ci saranno tante sorprese, nuove situazioni da affrontare per i nostri protagonisti. Un E/B passionale e coinvolgente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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CAP.21

BELLA -A Fine Frenzy - Almost Lover

«Ma porca miseria, vuoi darmi ascolto?»

«No, dico, ma che vuol dire “aspettare”?»
«Helèna …» un flebile rantolo esce dalle mie labbra.
«Aspettare cosa?! Che ti ricoverino d’urgenza? Che ti riempiano di cannucce NELLE BRACCIA?!!»
La sua voce rimbomba nella mia testa. E’ alterata.
Vorrei chiederle di non urlare, di non tartassarmi con le sue domande, di non nominare le “cannucce” nel braccio e di lasciarmi morire.
Sì, morire.
Perché la morte deve essere qualcosa di simile a quello che sto provando in questo momento.
Non ho dolore, non sento nulla.
Sono solo stanca.
Infinitamente stanca.
E non mi interessa nemmeno sapere cosa sta accadendo. E’ evidente ormai, anche ad una profana come me, che qualcosa di estraneo si sta impossessando del mio corpo. Qualcosa che mi indebolisce giorno dopo giorno, che prosciuga le mie energie.
E la mia condizione mentale attuale non fa altro che peggiorare la situazione. Perché sono demotivata, rassegnata e mortificata.
Appoggio la fronte sul braccio all’altezza del polso, e chiudo gli occhi.
Sono seduta sul pavimento del bagno della nostra camera al dormitorio, ancora vicino al gabinetto dove ho rigettato il tè che Helèna mi ha preparato.
E che mi ha appena obbligata a ingurgitare fino all’ultimo sorso.
Un misero tè. Acqua tiepida aromatizzata con una fettina di limone.
La mia amica è al mio fianco. Accovacciata sulle ginocchia, mi tiene una mano poggiata sulla schiena.
Freme dalla rabbia, ma soprattutto dalla preoccupazione.
«Scusa, ma sentire un altro parere che ti costa?» mi dice con la voce più calma, quasi implorante.
Inspiro ed espiro lentamente.
Mi costa, mi costa. Non sai quanto … penso, sfinita, nella mia testa.
«Te l’ho già detto. Devo solo asp…» ma non finisco che lei mi interrompe.
«… aspettare i risultati degli esami. Sì, me l’hai già detto» mi dice piccata.
Alzo un po’ la testa giusto quel tanto che mi permette di sporgere gli occhi e di lanciarle un’occhiata stanca.
Le sue labbra sono serrate. Incrocia le braccia al petto e mi lancia uno sguardo pericolosamente determinato.
«Io chiamo Edward» erompe dopo un evidente, quanto sofferto, tira e molla con la sua coscienza. Distoglie gli occhi dai miei e fa per alzarsi in piedi.
«NO!» e le afferro un braccio con forza.
«No … per favore» ripeto più piano con la voce tremante, gli occhi nei suoi. L’espressione del suo viso cambia e si fa dispiaciuta.
Il suo petto si alza e si abbassa in un sospiro pesante.
Mi aiuta ad alzarmi e mi accompagna vicino al letto. Mi ci siedo sopra e faccio scorrere le dita di una mano tra i capelli, pensando distrattamente a quanto siano diventati secchi, stopposi.
«Bella, questa cosa non è … normale» dice cercando con sforzo le parole più appropriate.
«Lo so … Helèna … lo so» le rispondo e mi sento ancora più male.
Ecco un’altra persona che soffre a causa mia.
Distolgo gli occhi dal suo viso e li punto in grembo. Non è giusto che coinvolga la mia amica costringendola a farmi anche da infermiera.
Sospiro.
Cosa mi trattiene ancora a Dartmouth? In pratica nulla. Le mie illusioni si sono sgretolate come sabbia tra le dita qualche giorno fa.
Ma chiamare Edward … tornare a casa adesso … senza neanche conoscere i risultati degli esami …
Tornerei con la sconfitta impressa a fuoco nell’animo e nel corpo. Verrei accolta una volta di più per le mie carenze e non per i miei meriti.
Ma forse sarebbe davvero l’unica cosa sensata da fare.
Lancio un’occhiata ad Helèna.
Decido di cambiare argomento e che è venuta l’ora anche per me di distrarmi un po’.
Le chiedo del suo progetto.
Mi osserva scettica per un attimo, ma poi l’entusiasmo ha la meglio e si lancia in una descrizione particolareggiata dei suoi progressi.
L’ascolto, con una punta di malinconia, pensando al mio di progetto, che con ottime probabilità non vedrà mai la luce …
Helèna è un fiume in piena, ma sentirla così presa, coinvolta, così … viva, mi riscalda il cuore.
«… no, perché ho pensato … “perché non fare come te”? Metterci qualcosa che parli di me, della mia vita?» questa frase catalizza la mia attenzione su di lei e automaticamente mi mette sull’attenti.
«E allora ho deciso di dare loro il nome delle mie sorelle, Abby e Emma» conclude ammiccando con il capo soddisfatta, come se avesse appena finito di dare l’ultima pennellata alla Cappella Sistina.
Mi guarda e aspetta da me un commento alla sua genialità.
«Hai fatto bene. E’ giusto. Il tuo progetto parla di te, di quello che è importante nella tua vita …» le dico e la voce si spegne alla fine.
“Vorrei inserire questo … sono delle musiche, musiche classiche … io credo che ne valga la pena …”
Una stilettata nel cuore farebbe meno male di questi ricordi.
Prendo un profondo respiro e mi concentro su Helèna. Mi ha chiesto qualcosa.
Sbatto le palpebre e scuoto il capo per farle capire di non aver afferrato la sua frase.
Penserà che la mia malattia abbia anche intaccato le orecchie.
«Ti ho chiesto se hai dato il cd a Jensen» scandisce lei calcando la voce sulle parole.
Eccole qui le domande spinose …
Mi muovo alla ricerca di una posizione più comoda, ovviamente invano dato che ad essere scomodo non è il letto, ma l’argomento «Ne ha ascoltato un pezzo, sì» dico con noncuranza.
«E …?» fa lei curiosa
«E …?!» le faccio eco io sarcastica.
«… che ha detto, no?!» conclude impaziente.
Che ha fatto dovresti dire … penso con amarezza.
«Niente» dico io facendo spallucce.
Mi fissa con le sopracciglia aggrottate. Starà pensando a quanto sia sveglia …
Assottiglia lo sguardo e mi chiede circospetta: «Quando hai la prossima riunione?»
Non rispondo, abbasso gli occhi.
«Bella …» comincia lentamente e mi preparo mentalmente.
«… tu non vuoi continuare?» il suo tono non è quello che mi aspettavo. E’ carico di dispiacere, non di rabbia.
«Non lo so» le rispondo sinceramente.
Soppesa le mie parole, poi si siede sul letto al mio fianco sospirando rumorosamente.
«E perché stai male?» mi chiede preoccupata, ma anche affranta.
Abbozzo un mezzo sorriso. Annuisco.
«Forse se ne parliamo con Joshua … magari troviamo un modo … » comincia a dire, ma io scuoto il capo.
«Helèna, non ne vale più la pena …» dico interrompendola.
Mi guarda come se avessi bestemmiato, disgustata.
Anzi, scandalizzata.
«Ma vuoi scherzare?!»
Eccola la rabbia.
«Tu hai investito tempo, ore e ore di studio! Sei stata tu a dire che questi progetti parlavano di noi, delle nostre vite, dei nostri desideri. Stai perdendo la salute su questo progetto … » freme visibilmente.
«Helèna, calmati» le dico cercando di posarle una mano sul braccio, ma lei si alza.
«No che non mi calmo!» dice arrabbiata, ma anche contrita.
«Io ho chiamato quelle stupide bamboline come le mie sorelle …» dice con gli occhi lucidi «tu … tu dovevi mettere le musiche di tuo marito … Questi progetti dovevano testimoniare l’amore per le nostre famiglie. E adesso, per un’influen …» la sua filippica si interrompe bruscamente «…za più pesante delle …» e la voce le muore in gola.
Le sue sopracciglia si aggrottano e i suoi occhi si accendono sul mio viso.
Pare che mi veda per la prima volta.
«Helèna, il tuo progetto continuerà anche senza il mio. E’ valido, è … meraviglioso» cerco di consolarla, ma lei si accarezza il mento con la mano lentamente.
«Ti ho mai parlato di Abby?» chiede e il cambiamento nei suoi modi mi spiazza.
Già, la famigerata sorella di Helèna. «Qualche volta …» dico confusa.
Come se non avesse parlato a me, come se nemmeno si aspettasse una risposta, si gira e comincia ad infilarsi il cappotto con gesti veloci, impazienti.
«Devo uscire. Torno subito» dice e scompare come un fulmine dalla stanza, chiudendosi di fretta la porta alle spalle con un tonfo.
Continua a guardare lo stipite chiedendomi se la mia amica è impazzita.
O se lo sono io.
Mi lascio cadere sul letto con un sospiro distendendomi e sentendo i muscoli dello stomaco ancora un po’ indolenziti.   
Questi episodi di vomito sono decisamente strani. Appena si esauriscono mi lasciano un senso di spossatezza, ma non continuo a sentirmi male come, credo, dovrei.
Stanca, certo, ma lucida.
Da quando sono tornata dall’ospedale e ho dormito per dodici ore filate.

Il tragitto in auto con Edward dall’ospedale fino al dormitorio era avvenuto in un silenzio tombale.
Senza avere il coraggio, ma soprattutto la forza di parlare, di spiegare il mio bisogno di solitudine, ho incassato la testa nelle spalle e provato a scomparire nel sedile della Volvo. Ma i movimenti delle sue gambe mentre pigiava i piedi sui pedali, il tocco leggero con cui le sue dita sfioravano il volante  o  si poggiavano rapide sul cambio, rimanevano nel mio campo visivo.
Gesti misurati, tranquilli, sicuri.
Troppo … controllati.
E allora ho abbassato le palpebre su quelle pupille traditrici che non facevano che guizzare verso di lui, veloci, nervose. Bramose di catturare un altro suo gesto, un altro piccolo movimento che mi rivelasse il suo reale stato d’animo.
Spiegargli di essere troppo mortificata per aver frainteso l’interesse del professor Jensen, illudendomi di poter realizzare qualcosa di unico, originale e mio, era troppa vergogna.  Non sarei riuscita a sostenere il suo sguardo compassionevole, il suo biasimo.
Ma, poi, che cosa avrei dovuto dire?
Che il professore, responsabile del progetto per il quale non ho esitato a lasciare casa e a mettere a rischio la mia salute, aveva provato a baciarmi?
Che solo un attimo prima che accadesse ero rientrata miracolosamente in possesso delle mie facoltà mentali e lo avevo allontanato da me?
Quante debolezze, incertezze, colpe e illusioni avrei dovuto ammettere? Già avevo il morale sotto la suola delle scarpe, e di mettermi alla gogna con il sorriso sulle labbra non ne avevo proprio la forza …
In primis ero stanca.
E, poi, confusa.
Sentivo la necessità di dover elaborare gli ultimi accadimenti con freddezza. Edward, il progetto, Jensen, la mia salute, il mio futuro …
Troppe informazioni per un’umana come me. La testa mi doleva solo a pensarci …
Ma quello che mi faceva più male era il silenzio di Edward.
Più di una sua sfuriata, più della rabbia a malapena contenuta.
Avrei voluto dirgli grazie, ma la voce non ne voleva sapere di venire fuori.
Grazie di essermi stato accanto durante tutto il tempo trascorso in ospedale, di avermi fatto sentire in ogni momento che c’era.
Di non avermi lasciato sola, nemmeno un attimo.
Anche se sentivo, in fondo, di non meritarlo. Perché, in fondo, ho sempre saputo che la responsabilità di tutto era solo mia.
E del mio essere inadeguata.
Quando la Volvo ha imboccato i viali del campus, Edward mi ha avvisato con voce atona che eravamo quasi arrivati. Il mio cuore ha fatto due capriole alla musicalità di quel suono che nell’abitacolo sembrava essere amplificato all’ennesima potenza.
Quando ha fermato l’auto, ho finalmente aperto gli occhi.
Ormai il buio era fitto e solo la luce sul portoncino del dormitorio creava un cono luminoso che si distorceva sui quattro gradini antistanti.
Intorno a noi il silenzio.
«Bella, non ti chiederò se vuoi tornare a casa ora» una pausa, poi:« Ma ti invito a riflettere».
Velluto.
Ecco cosa era la voce di Edward.
I miei occhi si erano automaticamente spostati nella sua direzione, senza, però, incontrare il suo sguardo.
Riflettere … sì, dovevo davvero riflettere.
Rigido, Edward fissava il buio davanti a sé.
Sembrava una statua greca. Dotato della stessa immobilità, ma soprattutto spietata bellezza.
«Edw…» avevo cominciato a dire, ma lui aveva alzato una mano chiudendo contemporaneamente gli occhi. Non voleva che parlassi.
«No. Ora sei esausta, Bella. Hai bisogno di riposare» un attimo di pausa, poi dopo aver ruotato appena il viso, mi aveva inchiodato con il topazio brillante dei suoi occhi.
«Spero che un po’ di tranquillità ti aiuti a porre tutto nella giusta prospettiva. Prenditi tutto il tempo che ti serve.» e le sue parole hanno frustato l’aria come uno scudiscio. Sembravano stranamente minacciose.
Senza afferrare appieno il senso delle sue parole, sono rimasta a fissarlo.
Con il cervello totalmente disconnesso dal resto del corpo, ho visto le mie mani posarsi  sulla maniglia della portiera, aprirla.
Bella, digli qualcosa … i miei pensieri avevano vita propria.
E anche le gambe, considerato che si erano mosse di propria iniziativa tentando di spingermi fuori dall’abitacolo. Ma in realtà cercavo qualcosa cui appigliarmi per posticipare la nostra separazione. La sensazione di freddo dall’esterno che avvertii nel momento in cui aprivo la portiera dell’auto mi colse impreparata, e mi provocò un brivido per tutto il corpo.  
Probabilmente Edward doveva aver percepito il mio disagio, il mio tentennamento perché con molta più leggerezza disse:«Corri … non voglio che tu muoia di freddo …».
Ma di quella che evidentemente doveva essere una battuta non sorrise e me ne chiesi il motivo.
Il suo sguardo penetrante mi accompagnò per tutto il tempo.
Sembrava voler aggiungere qualcosa anche lui, ma mi lasciò andare senza fermarmi.
Ancora sento il rumore del motore della Volvo che si allontana, l’aria fredda della sera che  mi accarezza il viso …

Sobbalzo spalancando le palpebre e trovando gli occhi di Helèna nei miei, una mano vicino alla mia guancia.
«Ti sei addormentata» dice dolcemente e mi sorride.
«Uhm, sì … » mi raddrizzo e mi stiracchio le braccia. La stanza è avvolta nella penombra. Helèna deve aver acceso la lampada del mio comodino che irradia una luce soffusa e molto intima intorno a noi.
«Come ti senti?» mi chiede.
«Mmmm molto meglio» le sorrido di rimando.
E’ vero. Sento anche lo stomaco gorgogliare e aggiungo: «e ho una fame da lupi» strizzandole l’occhio.
«Ovviamente» e le sue labbra si distendono in un sorriso da far invidia ad una pubblicità per dentifrici.
Mi alzo continuando a sgranchirmi il collo e le gambe:«Vado a sciacquarmi il viso e poi andiamo a mangiare qualcosa» e mi avvio verso il bagno.
«Ah, già che ti trovi …» dice con noncuranza allungandomi un sacchetto di cartone.
«Cos’è?» chiedo perplessa.
«Guarda» dice indicando con un gesto della mano il pacco.
Osservo il sacchetto.
E’ marrone, un po’ buffo. Riconosco il disegno impresso sul fronte, l’immagine di una mucca, che è quello che contraddistingue lo store più vicino al college, dove spesso anche io mi sono servita.
E osservo Helèna.
Valuto la pesantezza dell’oggetto nelle mie mani e la sanità mentale della mia amica in pochi attimi.
Concludo che non può esserci una bomba, né una trappola all’antracite e comincio a liberare l’apertura dalle punte metalliche con cui è sigillata la carta.
Che dolce … penso, mi ha comprato un regalo per tirarmi su di morale.
Forse una sciarpa o, magari, dei guanti …
Ficco la mano all’interno, già confusa per l’imbarazzo del ricevere un dono inaspettato, e ne estraggo una confezione sottile.
Resto ferma, con uno scatolino rettangolare lungo e piatto in una mano e la busta di carta marrone nell’altra.
Focalizzo gli occhi sulla scritta che occupa un angolo della confezione.
Sbatto le palpebre un paio di volte e rileggo.
Clearly - Pregnancy test –
La mano di Helèna sulla mia spalla mi fa fare un saltello e il cuore mi arriva fin nella gola:«Mi puoi ringraziare dopo, con calma» dice ammiccando soddisfatta e mi sospinge delicatamente, ma con fermezza, verso il bagno.
Nello stesso istante il mio telefono sul davanzale della finestra comincia a vibrare.


EDWARD - Creep by Radiohead -


Scruto distrattamente i visi in mezzo alla folla di persone che si accalca all’uscita degli imbarchi.
I pensieri intorno a me sono caotici, come le voci.
Esclamazioni di gioia, mormorii di sorpresa, voci mentali di disappunto.
Si alternano fra di loro, si confondono, si incontrano, si disperdono.
“L’aereo porterà ventisette minuti di ritardo.”
Alice non aveva mancato di darmi tutte le informazioni che riteneva importanti.
E, di ripetermele più volte, considerando la scarsa attenzione che le avevo prestato.
Mi aveva bombardato di immagini, di raccomandazioni mentali e vocali.
Ed io, nonostante l’inesistente interesse per la cosa, non mi ero potuto sottrarre all’evento del secolo, poiché glielo avevo promesso qualche giorno addietro.
Il giorno prima di incontrare Bella al Tandem, prima che effettuasse l’esame sul midollo osseo. Il giorno in cui mia sorella mi aveva convinto a telefonarle.
Ero così preso dalla mia situazione che avrei acconsentito a qualunque sua richiesta, pur di non farmi torturare come solo lei sa fare.
Parlando a raffica.
Ed ora eccomi qui, con l’immagine di questo prezioso collega d’oltreoceano che aleggia nella mia mente. E che dovrebbe materializzarsi davanti ai miei occhi da un momento all’altro.
In verità dovrei dire questa collega, trattandosi di una ragazza.
Una studentessa proveniente dalla Società Italiana di Glottologia, Andrea Franchi.
“Ti supplico. Cerca di essere gentile. Sforzati per quanto ti è possibile.”
Passi che devo essere comprensivo con Alice perché perennemente in adorazione al corso della Wastford … passi che, probabilmente, mi devo disobbligare con lei per i miliardi di volte in cui mi ha aiutato … passi che le ho fatto una promessa ed io mantengo sempre le promesse … ma essere anche gentili!
Fare pure conversazione, magari!
In questo frangente poi … in attesa dei risultati degli esami di Bella,  con lei che sta male più volte al giorno, con me teso fino allo spasimo …
Piego le labbra in una smorfia ed inarco le sopracciglia.
Ma per chi mi ha preso, comunque?
Le avrei dovuto dire di venirsela a raccogliere da sola la sua studentessa straniera ... magari mandando Jazz, così la tipa avrebbe saputo subito con chi aveva a che fare per il prossimo periodo …
Oppure Em … di sicuro la ragazza avrebbe fatto dietro front alla prima occhiata all’armadio a quattro ante, decidendo che, tutto sommato, un lavoro di scambio culturale con università straniere non valeva quanto la certezza di ritornare sana e salva nella sua cara Italia.
Su Rosalie … stendiamo un velo pietoso.
Ha espresso la propria posizione in maniera piuttosto … chiara fin dall’inizio.
Sogghigno al ricordo delle reazioni suscitate in casa quando Alice ha comunicato a tutti, tranne che a me già al corrente di ogni cosa, che molto presto avremmo avuto un ospite a casa.
Quella più contenuta è stata la reazione di Emmet: una risata tuonante e uno sfregarsi di mani.
Jasper si è limitato a coprirsi gli occhi con una mano e a scuotere il capo basito. Come non comprenderlo, ma soprattutto compatirlo per il piccolo demonio che si ritroverà al fianco per l’eternità …
La più divertente è stata Rose. Ha cercato di colpire alla gola Alice, senza riuscirci ovviamente, e ha dato sfoggio di tutta la sua innata grazia ed eleganza esibendosi in un numero degno del peggior scaricatore dei Docks …
Probabilmente si sarà lasciata anche prendere un po’ eccessivamente dall’impulsività, ma come darle torto?
Avremmo accolto un’umana.
Un’umana inconsapevole di essere ospitata in una casa di vampiri.
Già Rose aveva faticato non poco a tollerare la presenza di Bella, ignorandola per lo più, ma almeno non avrebbe dovuto fingere davanti a lei di essere qualcuno che non era.
O meglio, non troppo.
Adesso era diverso. La geniale trovata di Alice ci obbligava tutti a restare in tensione ventiquattro ore su ventiquattro, a non poter essere noi stessi nemmeno nella nostra casa.
Io non mi ero espresso. La cosa non mi toccava per niente. Sinceramente la presenza di uno studente in casa nostra, umano, vampiro, uomo, donna, bambino non mi interessava minimamente.
Avevo ben altri pensieri per la testa.
Per quanto mi riguardava, Alice avrebbe anche potuto decidere di invitare un licantropo nella mia stanza … probabilmente non me ne sarei nemmeno accorto.
Quando gli animi si erano quietati una obiezione ragionevole e di senso l’aveva avanzata Esme, proponendo di trovarle una sistemazione al college, pur lasciando intatta l’interazione con la famiglia per il resto della giornata.
Alice era montata su tutte le furie … ed era partita con una dissertazione filosofica sulla natura profonda esistente nella comunicazione del quotidiano, vissuta a tutti i livelli esistenziali. Certa che nessuno sarebbe riuscita a seguirla nel suo ragionamento – e chi si sarebbe mai realmente impegnato, poi? – aveva proseguito elencando gli irrinunciabili momenti in cui la presenza della studentessa avrebbe arricchito le nostre esistenze vuote e tormentate. Aveva, quindi, concluso asserendo con un tono di voce strappalacrime anche per i vampiri che la sua natura le era d’intralcio una volta di più nella sua lunga ed immensa eternità.
A questo punto nemmeno Rosalie si sarebbe più potuta opporre e Carlisle aveva accettato la prossima venuta con stoicismo e calma rassegnazione.
Sembrava che solo io riuscissi a vedere la luce diabolica e il ghigno soddisfatto di mia sorella …
Ma, dopotutto, a me non interessava. Quindi … eccomi all’aeroporto.

Un berretto da baseball rosso attira il mio sguardo.
Una occhiata superficiale mi conferma che quella è la ragazza che aspetto, identica all’immagine mostratami da Alice in una delle sue visioni.
Cammina a passo sostenuto trascinandosi dietro un trolley verde. Lancia delle occhiate a destra e a sinistra, scrutando i visi delle persone che le capitano davanti.
Concentro i miei occhi su di lei.
Sono proprio curiosa … Chissà che aspetto ha questo fantomatico “fratello più affascinante che ho”… speriamo che perlomeno sia puntuale … pensieri infastiditi.
I miei occhi si assottigliano.
Perfetto, questa me la paghi Alice … penso e comincio ad avvicinarmi con passo tranquillo.
Quando le sono dinnanzi forzo la mia espressione e rilasso il viso. E’ più di quanto possa realmente fare in questo momento.
Non ci tengo affatto ad incoraggiare entusiasmi ed esaltazioni.  
I suoi occhi si poggiano su di me e mi preparo a ricevere il suo primo commento.
Quello mentale.
Mi osserva solo per una frazione di secondo e, poi, i suoi occhi passano oltre.
Aggrotto per un attimo le sopracciglia e mi concentro più attentamente.
Sono distrutta … ho bisogno di dormire … adesso la chiamo e le dico che quel cafone di suo fratello sarà andato a fare una capatina allo zoo, a fare compagnia agli elefanti veloci quanto lui … pensa seccata.
Io un elefante?!
Appena le sono di fronte, senza tradire il minimo senso di irritazione e soffocando l’impulso malefico che mi suggerisce di garrire ad un centimetro dal suo naso, chiedo:«Andrea Franchi?»
Il suo sguardo si riposa su di me accigliato. Annuisce in maniera sospettosa.
«Sono Edward Cullen, il fratello di Alice» evito di cedere alla tentazione di aggiungere in tono salace se sono abbastanza affascinante per i suoi standard e mi chino rapido a prendere la valigia da terra.
«Ho sostato in doppia fila, dobbiamo sbrigarci» e mi giro avviandomi all’uscita senza troppe cerimonie.
La ragazza mi segue dopo un attimo di smarrimento, sorpresa.
Per essere carino è carino, ma che modi …! Pensa lei.
Bene. Penso io di rimando. Questo scoraggerà eventuali approcci futuri ...
Anche se l’arrivo di questa studentessa non suscita in me alcun interesse, essere sommerso da pensieri molesti non mi entusiasma. D’altronde non sono nello stato d’animo giusto per fare conversazione.
Men che meno con questa ragazzina.
Il telefono comincia a vibrare nella tasca posteriore del jeans proprio mentre usciamo passando attraverso le porte di vetro scorrevoli.
Lo prendo e dopo aver lanciato un’occhiata veloce al display, mi affretto a rispondere.
«Carlisle»
Sento lo stomaco contrarsi.
«Edward, mi hanno appena portato i risultati.» Il tono della voce di mio padre non lascia trasparire alcunché.
Sarebbe così in ogni caso, lo so.
Con uno movimento rapido faccio scattare le sicure della Volvo. Mentre la ragazza prende posto sul sedile del passeggero e ha gli occhi altrove, apro il portabagagli e sistemo la valigia al suo interno con una mano, quasi simultaneamente. Con l’altra tengo il telefono incollato all’orecchio.
Ecco, ci siamo. Penso frastornato.
Aspetto questa notizia da un tempo che mi sembra infinito e non da solo pochi giorni.
Adesso che so che dall’altra parte c’è qualcuno che potenzialmente conosce il destino di Bella, avverto una sensazione strana, quasi inebriante.
Mi sono ripetuto in questi giorni che lasciare Bella sola sia stato un bene. Lei stessa in ospedale mi ha chiesto di riaccompagnarla e di voler essere lasciata tranquilla.
Nonostante l’impulso di tirare dritto fino a casa senza neanche costeggiare il college mi sia parso inarrestabile, ho obbligato me stesso a non commettere imprudenze e l’ho riportata al campus. Stare in auto insieme a lei e non poterla supplicare di seguirmi è stata una delle cose più difficili che abbia fatto, ma è stata più che una necessità.
E’ stata una tattica.
Stesa sul lettino dell’ospedale, inerme, con un ago lungo venti centimetri piantato nel petto, Bella mi ha donato una delle immagini che difficilmente potrò mai cancellare dalla mia mente.
In quel momento, nel momento in cui ho realizzato che davvero c’era qualcosa che avrebbe potuto portarmela via al di là della sua volontà, ho capito di essermi perduto. E che non avrei avuto scelta.
In ogni caso.
Fermo al lato della Volvo, il telefono stretto nella mano, attendo il responso degli esami di Bella, senza battere ciglio. Dentro di me so di aver già preso la  mia decisione. E non cambierà, a prescindere da ciò che mi dirà Carlisle.
L’unica cosa che potrebbe cambiare sarebbe l’aggiunta di un briciolo di motivazione in più, una parvenza di giustificazione per il mio gesto.
«Sono negativi. Non è leucemia, Edward» le parole di Carlisle sono ferme, penetrano decise la mia consapevolezza, ma il sollievo che dovrebbe contraddistinguerle è come velato da un’ombra di dispiacere.
«Dobbiamo fare altre indagini» sentenzia e allora capisco.
Mio padre è in pena per Bella e ansioso di rintracciare la causa del suo malessere, ma sa che questo comporterà altri esami a cui sottoporla.
«No» dico secco, a voce bassa, vibrante «non permetterò che Bella subisca altre torture»
Dall’altro lato, silenzio.
«Edw …» comincia lui.
«La trasformerò» lo interrompo allora io con voce appena udibile «Al più presto. Gliene parlerò oggi stesso»
Riattacco senza attendere risposta.
Il mio respiro è appena un po’ più accelerato.
Compongo il numero di Bella.
Il suo telefono suona a lungo, poi sento il click della comunicazione che viene aperta, ma la voce dall’altro capo non è quella di mia moglie.
Un campanello d’allarme risuona nella mia testa. E’ Helena.
Ignorando completamente i pensieri seccati della studentessa seduta in auto, aggrotto le sopracciglia e richiudo la portiera che avevo intanto aperto, appoggiando una mano sulla parte superiore.
«Dov’è Bella?» chiedo lasciando stare i formalismi.
«Ah Edward, ciao, ehm … sì Bella è … in bagno» dice e la sua voce mi sembra strana, furtiva.
Chiedendomi se sta mentendo, ma consapevole che non avrei potuto comunque smascherarla, le chiedo di farmi richiamare appena possibile.
Entro in auto ancora pensando all’inflessione della voce di Helèna.
Che Bella stesse male e l’amica volesse nascondermelo?
Non credo. Innanzitutto, conoscendo Helèna, non si sarebbe staccata dal suo fianco e poi qualcosa mi dice che difficilmente sarebbe riuscita ad eludere una domanda diretta con una bugia altrettanto diretta.
Concludo, dunque, che abbia detto la verità.
Lancio un’occhiata alla ragazza la mio fianco. Si è tolta il berretto – il segno che Alice le aveva suggerito di mostrare per farsi riconoscere dall’affascinante fratello - e lo tiene fra le mani, poggiato sul grembo.
I suoi capelli sono biondi, gli occhi chiari. Per quanto la mia occhiata sia stata superficiale e saettante, ho notato nel suo sguardo un che di determinato, una certa … freddezza.
Anche ad un occhio poco interessato come il mio non sfugge che la studentessa ha nel complesso un aspetto gradevole.
«Ehm … Alice è a casa?» chiede ad un certo punto, imbarazzata.
«No, ma tornerà presto. Adesso non c’è nessuno, ma in tutto siamo otto … sette al momento. I nostri genitori, Esme e Carlisle; nostro fratello Emmett e sua moglie Rosalie; ed io e … Bella» avevo deciso di cominciare a dare la versione ufficiale. Jasper e Rose sarebbero stati sempre fratelli, ma non più in adozione presso i Cullen. Semplicemente un fratello e una sorella che ne avevano sposati altri due. Da qui i Cullen e gli Hale.
«La tua fidanzata vive con te?» chiede leggermente stupita.
«E’ mia moglie.» chiarisco «Al momento è impegnata con un lavoro al college» leggermente infastidito decido di sviare il discorso.
«Alice non ti ha detto che suo marito, Jasper, è il fratello della moglie di Emmett?» recito con una perfetta inflessione curiosa.
Questa conversazione rientra nella farsa da mostrare alla ragazzina. Ovviamente so che Alice ha già provveduto.
«Sì, mi pare che mi abbia accennato qualcosa …» dice con noncuranza.
Caspita se sarà affollata questa casa, speriamo che non mi mettano a dormire in garage …
Sorrido all’idea per nulla malvagia della ragazza, ma magari Rose avrebbe avuto davvero qualcosa da dire questa volta, considerando il tempo che lei ed Emmett trascorrevano tra i motori …
«Ti faccio ridere?» una voce acida e sprezzante mi riscuote dai miei pensieri.
E’ acuta, la ragazza … penso stringendo per un istante gli occhi.
«Ah, no pensavo …» dico di rimando, con leggerezza, scuotendo il capo.
Si volta indispettita e la conversazione scivola nel silenzio.
L’impazienza comincia ad impadronirsi di me.
D’un tratto la presenza della studentessa non mi è più così indifferente, ma scomoda. Ma di fronte alla necessità della trasformazione di Bella anche Alice acconsentirà ad una maggiore discrezione, se non addirittura ad un trasferimento in altra città.
Al diavolo il college, i progetti, gli scambi culturali …
E, poi, non possiamo rischiare che ad Helèna venga magari un attacco di nostalgia per l’amica e decida di farle visita un giorno o l’altro …
Il telefono prende a vibrare.
Non mi serve leggere sul display.
So che è Bella e con movimento veloce, ma non troppo, applico l’auricolare e rispondo. Il mio passeggero non sembra farci troppo caso.
«Pronto» dico con voce ferma.
«E … Edward sono Bella» la sua voce è incerta.
C’è qualcosa che non va.
Distolgo gli occhi dalla strada, e li punto sulle dita della mano che regge il volante. Mi concentro per non ritrovarmelo penzolante tra le mani e, prendendo un bel respiro, le chiedo con voce modulata:«Bella è tutto a posto?»
«Ehm … sì, più o meno … cioè … cre … credo che dovremmo vederci» adesso la voce le trema.
«Bella» deglutisco un fiotto di veleno e chiudo per un istante gli occhi «stai bene?»
«Sì sì» dice rapida, poi sento che prende un respiro profondo «è solo che vorrei … parlarti»
«Vengo immediatamente al dormitorio» dico e freno l’istinto violento di lasciare il mio passeggero in mezzo alla strada insieme all’auto e correre come il vento da lei.
«No, preferirei che ci incontrassimo da qualche altra parte» sento dalla voce che sta pensando con attenzione.
«Dove vuoi …» dico, e mi chiedo il perché di questi tentennamenti.
«Che ne dici della Libreria Rauner? Sai dov’è?» dice e mi viene spontaneo sorridere. Bella a volte dimentica che io mi sono già laureato a Dartmouth … chi non conosce la Rauner?
«Sì, so dove si trova.» confermo «Tra un’ora va bene per te?» aggiungo
«Perfetto» dice lei e sento una nota di preoccupazione nella sua voce «A dopo»
«A fra poco» sottolineo, invece, io.
Aumento deciso la pressione del piede sull’acceleratore e lascio che l’auto scivoli via silenziosa.

NOTA DELL’AUTRICE: Finalmente cominciamo a svelare qualche piccolo inghippo … la malattia di Bella, l’argomento di discussione dei Cullen nel capitolo 12 (che vi ha fatto tanto penare … XD).
Come promesso un po’ di risposte dei capitoli passati.

ginny89potter: Come sempre un’analisi inoppugnabile … Bella senso di inferiorità+convinzione che Edward non l'ami più=> Bella si allontana->Edward fraintende e le concede spazio ->Bella fraintende e vede conferma dei suoi timori. Tienila ben presente assieme alla tua supposizione sulla trasformazione. Ti sarà presto utile. Baci :***
kikkikikki: Tesorina, questo ed altro per te che sei stata così gentile su fb… Spero di non aver scritto qualche grossa caSSata sulle tecniche mediche, correggimi se ne trovi. Ci conto! Kiss
tsukinoshippo: Mia adorata … che dire? Con te le parole mi mancano, e mi sento un’imbranata. Spero che in questo cappy sia riuscita a dare un po’ di senso a questo Ed che finalmente prende una decisione concreta, anche se so già che con il tuo acume, non ti sfuggirà nulla  dei segnali che ho disseminato per il capitolo successivo. Grazie di TUTTO Cami :***
cloe cullen: grazie cara per il tuo commento entusiasta … spero che il tuo cuore resista ancora per qualche capitolo… ;)
lisa76: Cerca di capirlo il nostro povero Eddino … è subissato dai sensi di colpa… XD Grazie per i tuoi complimenti, sei un tesoro J
Aleu: :me si vergogna: grazie cara per tutti i complimenti di cui mi hai sommersa :me arrossisce: scrivere qualcosa per un editore … se ne trovo uno pazzo che mi pubblica! XD Baci
_zafry_: Non è malata XD Ma forse, se lo fosse stato davvero … non continuo altrimenti spoilero! Ti abbraccio cara e grazie della tua presenza costante J
sily85:  … a te cosa posso dire? Sei sempre presente, anche con una frase su fb, con un saluto, con un sorriso, con un commento delizioso … Sei davvero molto gentile Ale, e sei stata un balsamo per i miei giorni “scuri”. Grazie :***
keska: Cuore mio … rieccoci in carreggiata! Attendevi con ansia ed io spero di non essere stata deludente, anche se sei così dolce che difficilmente me lo faresti notare :P Siamo ad un punto di svolta, adesso il terreno è davvero accidentato e le mie dita fremono sulla tastiera per passare al capitolo successivo. Ti bacio stellina, e grazie di tutto :***
RenEsmee_Carlie_Cullen: Tesorina, x i mirakoli mi sto attrezzando, devi pazientare un po’, credo che per vederne uno dovrai aspettare la fine XD Ti bacio
arual93: Cara … tu e l’adsl sembrate me e la mia connessione wireless. Io che cammino con il portatile in mano per casa alla ricerca delle “ntacche” … priceless XD Grazie tesoro e abbi fede che se continuo di questo passo l’happy ending arriverà moooolto in là :P
rodney: Tesorina … tu sei pericolosa. Non posso dire altro. Perché … bhè lo vedrai nel prossimo capitolo. Per ora mi limito a ringraziarti dei bellissimi commenti che mi regali. Ti bacio XD
Marika_BD: … Non scriverò in maniera perfetta (esagerata!), ma scrivo con il cuore (credo si sia capito abbastanza …). Grazie per il tuo commento. Ti abbraccio XD
erika1975: Con te mi pare di fa come Jake e Bella con l’età … Questo cappy credo che abbia meritato qualcosa in più di “più di pochi nanosecondi” … cercherò di invogliarti ad una lettura più calma hihihihi! Me li guadagno una manciata di minuti?! Baci
Piccola Ketty: Carissima siamo giunti ad un punto parecchio spinoso … ma qualcosa che tu avevi già previsto un po’ di tempo fa … XD Baci
LOVA: Sto ancora ridendo per la cosa del kilo in tre giorni … non ci avevo mai pensato ahahahah. Ovviamente se a Bella toccava uno strafigo come Edward, mica che poteva essere come noi che pe perde cento grammi ce dobbiamo toglie le scarpe …! Ti bacio XDD
grepattz: Grazie per i complimenti hihihi! Sei davvero gentile. Kiss
silvia16595: Ma cara … tu sadica?! Con me vieni a cacio e maccheroni! Nel prossimo capitolo avremo di che sfregarci le mani hihihihi!

Un Pò per tutti...

LittleCullen: Eccoti qua!! Tu sei il commento che aspettavo con ansia! XD Spero che non me ne vorrai se ti prendo ad esempio.
“Ciao. Non ho mai recensito la tua storia, anche se la seguo da parecchio ormai.
lo so, avrei dovuto recensire subito, anche perchè credo che tu scriva da dio, ma ogni volta che lo stavo per fare, vedevo le altre infinite recensioni, e pensavo "ehm..mi sembra quasi stupido lasciare una misera righetta di complimenti..." e finivo per nn metterla. ma oggi ho deciso che era giusto ringraziarti per la tua magnifica storia; credo che le musiche che metti siano molto belle e appropriate, anche perchè in questo modo riesci a far capire meglio la situazione, come va presa. tipo, se avessi letto il capitolo 7 senza musica, mi sarebbe sembrato molto più triste e rabbioso di quanto nn sia.
Bon, aspetto il prossimo capitolo!questa storia riesce proprio ad appassionare!!
Baci, Franceca.”
Innanzittutto GRAZIE. Lo so che apprezzate la mia storia, lo so che vi siete appassionate. Grazie Francesca per i tuoi complimenti (spero di continuare sempre a meritarli). Signori miei, si scrive per se stessi, è vero. Se nessuno mi recensisse, io scriverei comunque. Ma se sentite la necessità di farlo, fatelo. Anche voi per voi stessi. Anche con una “misera righetta” come tu Francesca l’hai definita. Non avete mai notato che la recensione riflette il vostro stato d’animo? Lunga, corta, logorroica, striminzita … a volte può essere liberatorio. Anche se mi dovete prendere a parole, o mi dovete dire che il vostro cane c’ha il raffreddore …XD. Molte di voi sanno che non sempre io parlo delle mie fic in una risposta … vi saluto, scherzo con voi, facciamo una risata insieme. In questo modo ho trovato tante nuove preziose amiche … ma soprattutto fatelo solo se vi va davvero!!!

Un ringraziamento speciale per Meticcia (:******) : mia cara, attendo con ansia che ti rimetta in pari … ho bisogno della tua risata malefica … XD
A Rebecca Lupin, francef80, Meticcia, alessandraxxx81, kittylit90, LOVA, luisina, tsukinoshippo, michi85, mine, aly12potter12, keska, tittyswan89 : come ho già spiegato su fb, il regolamento di efp non mi permetteva di mantenere l’avviso per una questione di tempistica rispetto all’aggiornamento che ne sarebbe seguito. I vostri commenti, tuttavia, sono al sicuro sul mio pc. Vi dico GRAZIE per aver voluto esprimere il vostro parere in questo frangente così delicato per me.
Un grazie a chi ha voluto commentare i teaser su fb.
Grazie a chi mi segue su facebook e su twitter e a chi deciderà di farlo. Come al solito, se volete aggiungermi, ditemi chi siete o rischiate di essere defollowate o rifiutate … :(
Ora vi saluto :me si inchina:
XD
M.Luisa




   
 
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