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Autore: _KyRa_    14/12/2009    9 recensioni
Era passato un anno. Esatto, già un anno era trascorso dal giorno in cui avevo conosciuto i Tokio Hotel. E quasi un anno era passato dalla mia relazione con Tom che, magicamente, eravamo riusciti a mantenere solida. Certo i problemi non mancavano, ma qual'era quella coppia che non ne aveva?
[Sequel di "Looking for happiness"]
Genere: Erotico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie '~ Beats Of My Heart ~'
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capitolo 16

Capitolo 16


«Scusami, hai ragione, non avrei dovuto. Però, insomma, lo sai meglio di me che in quei momenti non ci si riesce a controllare e... non sono stato molto ad assicurarmi che quella fosse la mia stanza».

Il rossore di Georg aveva di gran lunga superato i suoi capelli.

Se ne stava a testa china davanti a Tom, che lo guardava con aria di rimprovero ma divertita allo stesso tempo.

Io me ne stavo seduta sul divano affianco e stavo cercando di soffocare delle risate decisamente fuori luogo.

«Sì, lo so. Beh, però che non succeda più» concluse Tom, stravaccato sull'altro divano.

Georg annuì ripetutamente dispiaciuto. Mi faceva addirittura tenerezza.

Poi si voltò verso di me.

«Scusa anche a te, Sara... insomma, in quel letto ci devi dormire tu» balbettò imbarazzato.

Senza accorgermene arrossii.

«Oh, beh, tranquillo, cambiare le lenzuola non è un problema» ridacchiai impacciata.

La sua pelle, dal rosso, sfumò verso il bordeaux in pochissimi secondi.

Decise di togliere il disturbo salendo le scale.

Anna, subito dopo quell'imprevisto era andata via velocemente, provando una vergogna non quantificabile.

Io forse avrei reagito anche peggio.

Rapita dai miei pensieri, non mi accorsi che io e Tom eravamo rimasti nuovamente soli in salotto.

Bill era uscito. Voleva comprare un regalo ad Hellen, dato che era la vigilia di Natale.

Il motivo l'aveva tralasciato, ma non era difficile arrivarci.

Molto probabilmente anche Hellen era in giro per Amburgo alla ricerca di qualcosa di carino da regalargli.

Già me la immaginavo in tutta la sua agitazione.

Io intanto cercavo un modo per parlare con Tom.

Ogni volta che ci provavo, puntualmente venivamo interrotti.

Ma io mi ero ripromessa di chiarire prima di Natale ed avevo ancora solo mezza giornata davanti.

Quella poteva essere l'occasione.

«Tom, ti posso parlare?» gli chiesi proprio nel momento in cui in salotto fece irruzione Gustav.

«Tom, ti vuole David» annunciò il biondino.

Io mi morsi la lingua per non cominciare ad imprecare contro di lui che, poverino, non c'entrava nulla.

Tom mi guardò qualche secondo e poi si rivolse a Gustav.

«Ehm, sì, arrivo subito. Tu mi dovevi dire qualcosa di importante o possiamo rimandare?» chiese poi rivolto verso di me.

Io scossi la testa reprimendo la volontà di prenderlo e baciarlo una volta per tutte.

«No, tranquillo. Nulla di importante» sussurrai cercando di risultare convincente.

Lui annuì sorridendo e poi si alzò dal divano, dirigendosi in cucina dove si trovava David.

Io sbuffai buttandomi a peso morto contro lo schienale del divano.

Sentivo gli occhi di Gustav scrutarmi attentamente.

«Che hai?» mi domandò sedendosi al posto di Tom.

«Nulla» risposi mogia, senza guardarlo.

«Sono arrivato al momento sbagliato?» indagò.

Molto probabilmente aveva capito quali erano le mie intenzioni con Tom da giorni ormai.

Se ne erano accorti tutti tranne il diretto interessato.

Mi sembrava di tornare ai primi tempi, quando nessuno dei due riusciva a dichiararsi all'altro per l'eccessivo orgoglio.

«Mentirei se ti dicessi di no» gli sorrisi imbarazzata.

«Scusami, ma David doveva parlare a Tom di una cosa urgente».

«Hey, non preoccuparti GusGus, non è colpa tua».

Gli sorrisi alzandomi dal divano.

Gli stampai un bacio sulla guancia e salii le scale.

Sbuffai per l'ennesima volta mentre una lacrima solcava il mio viso.


*


Erano le undici e mezza di sera, del 24 Dicembre e io me ne stavo rannicchiata a piangere sotto le coperte, abbracciata al cuscino.

Tirai su col naso e sospirai. Non ero riuscita a parlare a Tom, alla fine ci avevo rinunciato a priori.

Mi alzai dal letto asciugandomi le lacrime ed aprii il cassetto del mio comodino.

Con un tuffo al cuore notai che la mia collana col cuore spezzato non c'era più.

Cominciai a frugarvi meglio dentro mentre l'agitazione cresceva.

Dov'era andata a finire? Chi poteva averla presa?

Non poteva essere sparita, non poteva qualcuno avermi privato di quell'oggetto così importante per me, nonostante tutto.

L'avevo tolta, era vero, ma ci tenevo comunque tantissimo nel profondo.

Avevo sbagliato tutto.

Possibile che ero così maldestra? Così stupida?

Mi odiavo, mi odiavo da morire e me lo sarei ripetuto fino alla fine.

Diedi una manata al comodino ed uscii dalla stanza: sapevo che i ragazzi mi stavano aspettando per festeggiare assieme il Natale. Sicuramente il mio umore non era dei migliori per affrontare una festività che teoricamente dovrebbe portare armonia.

Scesi le scale ed arrivai in salotto dov'erano tutti seduti per terra, sul tappeto, attorno all'albero di Natale: Bill, Tom, Georg, Gustav, David e Isy.

Hellen ed Anna, ovviamente avrebbero festeggiato con la loro famiglia.

La cosa che più mi metteva tristezza era il fatto che il giorno dopo Bill e Tom sarebbero andati a casa di Simone per festeggiare anche con lei e Gordon.

Io non sarei potuta andare. Non facevo più parte della loro famiglia.

Anche Georg e Gustav il giorno seguente sarebbero andati a casa loro.

Io molto probabilmente sarei rimasta da sola allo studio di registrazione.

O magari Hellen avrebbe avuto la compassione di chiamarmi per andare a passare una “bella” giornata a casa sua.

Non appena varcai la soglia del salotto, tutti quanti si voltarono verso di me sorridendomi.

Sapevo di avere ancora la pelle irritata e rossa per le troppe lacrime e che loro se ne sarebbero accorti molto presto, ma cercai lo stesso di fare finta di nulla e ricambiai il sorriso.

«Possiamo aprire i regali finalmente!» esclamò Bill battendo freneticamente le mani come una bambina entusiasta della sua bambola.

«Tieni, rompiscatole» sorrise Gustav porgendogli un pacchetto blu con le stelle argento.

Bill emise un urletto da prima donna e scartò con cura il regalo.

«Oddio, che bella!» esclamò il vocalist alzando con le mani una maglietta, tipicamente stretta e nera, con dei motivi gotici su di essa in argento. «Grazie mille GusGus!» disse contento il moro saltando addosso al batterista ed abbracciandolo calorosamente.

A quel punto fu il turno di Georg e Gustav, poi Georg e Bill, Tom e Gustav, Georg e Tom... insomma, nessuno più mancava.

Io avevo ricevuto un bellissimo maglione viola di Armani da Bill, un libro molto interessante da Gustav, un costosissimo giubbotto in pelle nero da Georg, un'enorme trousse per i trucchi da Isy e una cintura D&G da David.

Tutto bellissimo... ne ero contenta. Ma Tom?

Mi aveva guardato con un sorriso quasi imbarazzato, passandosi una mano dietro al collo.

Non aveva niente per me. Non che mi interessasse il regalo in sé.

Ma almeno da un gesto si poteva capire che almeno un po' ci teneva ancora a me.

I miei regali erano stati graditi da tutti, persino da lui.

Gli avevo comprato una maglia e una felpa da hip hop della Los Angeles, come piacevano a lui.

Lui per me niente. Dovevo aspettarmelo.

Forse anche lui credeva che io non gli avrei regalato nulla.

Più andavo avanti e più mi sentivo una stupida illusa.

Tutte le mie speranze andavano a farsi fottere.

Basta, Tom non era più cosa mia e dovevo accettarlo.

«Ragazzi, vorremmo darvi un annuncio» esortò improvvisamente David, risvegliandomi dai miei pensieri. «Io ed Isy... insomma è già da un po' che ne parlavamo. Il discorso usciva fuori sempre con battute e per scherzo, fino a che non lo abbiamo preso seriamente» continuò.

Fece una pausa mentre io e il resto del gruppo li osservavamo attendendo il succo del discorso.

David ed Isy si guardarono sorridendo e poi si voltarono di nuovo esclamando due semplici parole dal significato enorme: «Ci sposiamo!».

Bill sputò l'acqua che stava momentaneamente sorseggiando, prendendo a tossire convulsamente.

Tom era rimasto a bocca aperta.

Gustav dava delle pacche sulla schiena del vocalist cercando di farlo riprendere.

Georg fissava quasi impassibile la coppia davanti a sé, per poi dire semplicemente: «Ma veramente?».

Isy e David scoppiarono a ridere piuttosto divertiti dalla reazione di tutti quanti.

«Sì! Me l'ha chiesto questa mattina, appena mi sono svegliata!» esclamò Isy con le lacrime agli occhi ed il sorriso più solare e sincero che le avessi mai visto fare. «Figurati come l'ho presa, ancora nel mondo dei sogni!» aggiunse entusiasta.

In effetti era stata una cosa piuttosto bizzarra ma molto carina.

Ero davvero contenta per loro due.

Per Isy soprattutto. Lei, alla quale era sempre stato negato l'amore della figlia.

Lei che mi aveva aiutato in molte situazioni di difficoltà.

Io che la ritenevo quasi come una mamma per me.

Decisamente magnifico.

Mi alzai automaticamente andando ad abbracciarla.

«Sono davvero contenta per te» sussurrai stringendola ad occhi chiusi.

«Grazie, tesoro» rispose lei con lo stesso tono, ricambiando quel gesto affettuoso.

Tutti i ragazzi, me compresa, abbracciarono anche David nei quali occhi si poteva leggere la più sincera felicità di questo mondo. Se lo meritavano.

Avevano il diritto di essere felici insieme.

Loro lo avevano.

Sorrisi amaramente abbassando lo sguardo verso il pavimento mentre un'improvvisa sensazione di malinconia mi pervase.

Le voci e i rumori attorno a me erano diventi un'eco lontana.

Le immagini le vedevo più sfocate.

La mia mente rifletteva solo lui, ma non il “lui” in salotto che sorrideva della bella notizia.

Bensì il “lui” che mi guardava intensamente negli occhi, trasmettendomi una marea di emozioni troppo grandi e pericolose da recepire tutte insieme.

Abbassai le palpebre lentamente cercando di cancellare quell'immagine, ma niente.

Riaprii gli occhi.

«Direi che dobbiamo festeggiare anche questo evento!» esclamò Georg alzando un bicchiere pieno di champagne.

Tutti quanti seguimmo il suo esempio facendo la stessa cosa, per poi portare i bicchieri alle labbra e bevendone il contenuto frizzantino.

Posai di nuovo il bicchiere sul tavolino e, mentre gli altri se la chiacchieravano animatamente, decisi di uscire silenziosamente dallo studio di registrazione.

Richiusi la porta e mi appostai in giardino.

Le mani nelle tasche dell'enorme cappotto bianco, la sciarpa attorno al collo.

Il fumo gelido che usciva dalle mie labbra ad ogni mio respiro.

La temperatura doveva trovarsi di tanto sotto lo zero, ma in quel momento non sentivo nulla.

Guardavo la Luna sopra di me, chiedendole il perchè.

Il perchè di tutte quelle mie sofferenze.

Il perchè della mia stupidità.

Il perchè non riuscivo a trovare la mia vera felicità.

O se la trovavo, per quale motivo non riuscivo a tenermela stretta, come la mia relazione con Tom.

Tutti ci riuscivano, io no. Dovevo essere connaturata male, era l'unica spiegazione.

Ero destinata a vivere incompleta, non del tutto soddisfatta e felice.

Dovevo sempre avere un vuoto nella mia vita, in aggiunta a tutti quelli che avevo già: mamma e papà.

Potevo crearmi una mia famiglia?

Non ne avevo mai avuta una e quindi non potevo neanche crearla per me?

Dovevo ritenermi una fallita?

Chiusi gli occhi e sussurrai una sola parola, con le lacrime agli occhi: «Aiutami...».

Attraverso la brezza fredda che lentamente mi scompigliò i capelli, sentii una presa leggera e dolce ai miei fianchi.

Un'improvviso calore si diffuse lungo il mio corpo, proprio da quei due punti, su cui le sue mani si erano posate.

Potevo riconoscerle ovunque.

Spalancai gli occhi umidi e mi voltai verso l'unica persona che per me realmente contava più di chiunque altro.

Davanti a me Tom.

I suoi occhi, le sue labbra inclinate in un sorriso dolce e timido, la sua espressione profonda e tenera.

Le sue mani mi presero delicatamente il volto accarezzandomi la pelle con i pollici.

«Che fai qui tutta sola?» sussurrò quel tanto che bastò per farmi rabbrividire, ma non per il freddo, mentre il suo respiro, che sapeva ancora di champagne, mi solleticava il viso.

Boccheggiai per qualche secondo e poi mi decisi a rispondere: «Niente, avevo voglia di isolarmi un pò».

«In questi giorni sei un po' strana» mi sorrise con dolcezza.

«I miei soliti sbalzi d'umore» risposi come ipnotizzata dalle sue labbra che si muovevano lentamente assieme al piercing ad ogni sua parola, mentre il fumo freddo del suo respiro raggiungeva le mie.

«Sapevo che mi avresti risposto così» rise lievemente.

Un fiocco di neve improvvisamente si posò sulla sua spalla.

La osservammo per poi alzare lo sguardo al cielo che ne stava rilasciando una quantità infinita che cadeva leggera su di noi.

Tornò a guardarmi sorridendo.

«Sei un libro aperto per me, piccola» sussurrò con voce roca mentre le sue dita mi prendevano con delicatezza il mento. Il mio cuore faceva infiniti salti mortali e temevo che prima o poi sarei svenuta tra le sue braccia. «Ti osservo sempre. Sei perennemente catturata dai miei occhi anche se sembra che sto guardando altro» continuò mentre io non capivo dove voleva arrivare. «Ti ho vista quando piangevi in camera» rabbrividii. «Ti ho vista quando sei rimasta sorpresa della collana che ancora porto al collo. Ti ho vista quando mi guardavi da dietro la finestra. Come hai cercato in questi giorni di parlarmi ma non ci sei mai riuscita». Ero rimasta piacevolmente sorpresa e catturata dalle sue parole. «La mia attenzione è sempre rivolta a te... come il mio cuore». A quel punto le gambe non me le sentivo più. O meglio, me le sentivo di gelatina. «A proposito di cuori...» disse improvvisamente frugando nella tasca dei suoi jeans oversize. Notai che aveva tirato fuori la collana che non riuscivo a trovare qualche ora prima. «Questa credo sia tua» sussurrò.

«Tom...» balbettai incredula.

«L'ho presa io perchè... mi dispiaceva vederla in quel cassetto e... credo che a te stia decisamente meglio» disse alzandomi i capelli e spostandomi di poco la sciarpa per allacciarmela al collo.

Aveva capito tutto.

Aveva capito che intenzioni avevo da un po' di giorni.

Aveva capito che senza di lui non potevo stare e che lo amavo troppo.

Una volta allacciata, le lacrime cominciarono a scorrere sul mio viso.

Piccole gocce che lui scacciò subito con delicatezza, avvicinando il mio volto al suo.

Potevo ancora guardarlo negli occhi ad una distanza minima, mentre sorrideva sereno.

«Io ti amo, piccolina mia» sussurrò sulle mie labbra.

Il mio cuore prese a battere a massima velocità mentre mi stringevo a lui e annullavo la distanza che ancora c'era tra di noi.

Sentii le sue braccia avvolgermi completamente e le sue labbra calde di nuovo a contatto con le mie, dopo tanto, troppo, tempo.

Ormai le lacrime era impossibile frenarle.

Sentivo una gioia crescente ed infinita dentro di me. Volevo urlare al mondo intero la mia contentezza.

Le sue labbra si erano dischiuse leggermente, catturando le mie che si incastrarono alla perfezione con le sue.

Niente di più. Solo un semplice e casto bacio.

Sembrava avesse quasi paura di cercare un qualcosa di più profondo.

Si era accontentato di quello.

Presi io l'iniziativa inumidendogli leggermente le labbra.

Lo sentii sorridere senza staccarsi da me ed accettare la richiesta indiretta.

E finalmente approfondimmo quel bacio tanto agognato, tanto aspettato con impazienza.

Potevo sentire di nuovo il gusto inconfondibile di lui. Il più buono del mondo.

Sembrava che ci stessimo baciando per la prima volta. Nessuno dei due dava segno di volersi staccare dall'altro.

Troppe cose avevamo da dirci, anche attraverso ad un semplice bacio.

Alla fine fummo costretti a staccarci per riprendere aria.

Eravamo entrambi rossi in faccia. Il freddo era diventato un ricordo lontano.

«Anche io ti amo, Tom. Non ho mai smesso di farlo» sussurrai in risposta alla sua affermazione di qualche minuto prima.

Lui mi sorrise.

«Avrei un paio di cose da darti. Non mi sono dimenticato dei tuoi regali di Natale» disse frugando di nuovo nelle sue tasche.

Io sgranai appena gli occhi.

«Addirittura più di uno?» chiesi sorpresa semplicemente per il fatto che in realtà al regalo per me ci aveva pensato.

Lui annuì entusiasta tirando fuori due buste rettangolari.

Me ne porse una e mi incoraggiò ad aprirla.

Io obbedii e, con mia sorpresa, ne scoprii un biglietto aereo.

«Parigi?» chiesi guardandolo incredula.

«Hai voglia di venirci sola con me questo fine settimana?» mi chiese con gli occhi lucidi, quasi timoroso di una mia risposta negativa.

Io non ci pensai due volte e lo abbracciai ridendo contenta.

«Certo che ci vengo, Tom. Certo» esclamai dandogli un bacio sul collo.

Lui mi strinse ancora qualche secondo per poi allontanarsi leggermente.

«Ultima cosa... importante» disse agitato.

Avevo il fiato corto e mi chiesi cos'altro ci potesse essere di così bello.

Tirò fuori dalla felpa un qualcosa che non riuscii a vedere subito, che teneva chiuso nel pugno della mano.

La osservai mentre lentamente si apriva.

«Oddio... Tom» sussurrai sorpresa ed emozionata.

Due fedine in oro bianco, semplici, ma le più belle che avessi mai visto.

«Ti piacciono?» mi chiese Tom timidamente.

«Tom, sono meravigliose!» esclamai incredula.

Mai mi sarei aspettata una cosa del genere da parte sua.

Lui non era tipo da cose troppo impegnative.

Un anello avrebbe fatto capire a chiunque glielo avrebbe visto addosso che era impegnato.

Segnava un qualcosa di fisso, duraturo.

A lui quelle parole il più delle volte spaventavano ma mi stava dimostrando il contrario.

Ovviamente me lo aveva già dimostrato nel momento in cui aveva accettato il bambino.

Stava in un certo senso maturando sotto quel tipo di aspetto.

Mi prese la mano e mi infilò la fedina... con lentezza disarmante, quasi volesse godersi secondo per secondo quel momento.

Le mie dita tremavano nella sua presa e la cosa lo fece sorridere accarezzandomi la mano.

Quando toccò a me fui parecchio impacciata, quasi non riuscivo a centrare il suo dito.

Ma alla fine ce la feci, con l'aiuto di Tom.

«Ti amo» sussurrammo di nuovo, contemporaneamente, sigillando tutto quanto con un bacio sotto i fiocchi di neve che, incessanti cadevano su di noi, mentre la Luna, alla quale avevo chiesto aiuto, sembrava ci guardasse sorridendo.

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Ringrazio di cuore:

Aury_Kaulitz

layla the punkprincess

Zucchelino

Ice princess

NICEGIRL

_Reset

_Radio Hysteria

Lion of darkness

  
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