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Autore: Dragonfly    24/06/2005    7 recensioni
Questa storia inizia in un’estate qualunque, come tutte le estati senza nome, di anni senza nome.
Ma per qualcuno può essere l’inizio di tutta una vita: di amori, speranze, tradimenti, illusioni.
Una rapsodia di sentimenti che danza sulle punte, arriva con il vento, si ferma, si espande attraverso le stagioni senza nome, di anni senza nome.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash, Yaoi | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Peter Minus | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rapsodia d’agosto

Rapsodia in agosto

 

Questa storia inizia in un’estate qualunque, come tutte le estati senza nome, di anni senza nome.

Ma per qualcuno può essere l’inizio di tutta una vita: di amori, speranze, tradimenti, illusioni.

Una rapsodia di sentimenti che danza sulle punte, arriva con il vento, si ferma, si espande attraverso le stagioni senza nome, di anni senza nome.

 

 

”Pensieri e conseguenze di una lettera da Hogwarts”

Estate, I Malandrini

 

 

“These are the days worth living

These are the years we’re given

And these are the moments

These are the times

Let’s make the best out of our lives…”

                                                  “Our Lives The Calling

 

 

Quella mattina Peter scese a colazione con più entusiasmo del solito.

Per chi non lo sapesse, quella mattina era venerdì, e il venerdì la Signora Minus prepara delle frittelle che sono la fine del mondo.

Come puoi dormire, quando senti quel dolce odorino proveniente dalla cucina, che non fa altro che invocare il tuo nome?

E’ proprio quello che si chiedeva Peter, saltando gli scalini due a due, per piombare direttamente nel soggiorno.

 

Ecco, ora può sentire il profumo molto meglio, e giurerebbe che sua madre le sta riempiendo di zucchero proprio in quel momento, proprio come piace a lui.

-Chissà se ci sono anche le uova?-pensò Peter, mentre entrava nella piccola cucina.

 

Erano solo le nove di mattina, ma già si poteva capire che quella sarebbe stata una giornata davvero calda.

Le cicale in giardino suonavano la loro melodia ininterrotta, mentre il calore dei fornelli contribuiva a rendere l’aria ancora più afosa.

“Oh, ti sei già alzato, Pete caro?”

A Peter dava fastidio che sua madre continuasse a chiamarlo “caro”, soprattutto quando lo faceva in pubblico, riuscendo solo a renderlo ancora più ridicolo di quanto già  non fosse.

Non era un modello di studio, è vero, e di certo non aveva il fisico dello sportivo, ma cercava in tutti i modi di apparire migliore, di risultare simpatico a qualcuno.

Purtroppo finora non aveva avuto grandi risultati: a scuola tutti lo chiamavano “palla di lardo” (o con altri epiteti non propriamente gratificanti) e chi mai avrebbe voluto essere amico di una palla di lardo?

Non poteva biasimarli: anche lui non si sarebbe mai schierato dalla parte del più debole, nemmeno per carità.

Suo padre diceva che è un vantaggio avere molte amicizie importanti, soprattutto nel mondo del lavoro, dove qualche aggancio poteva sempre risultare utile.

E allora chi potrebbe avere interesse per un goffo ragazzino senza particolari qualità?

Doveva cercarsi qualcuno che lo proteggesse, diventare amico di qualcuno forte e importante, per poter brillare almeno della sua luce riflessa.

Finalmente sarebbe stato importante.

Finalmente la gente si sarebbe spostata al suo passaggio, e non l’avrebbe travolto facendo finta di non vederlo. Finalmente l’avrebbero guardato sotto una nuova luce e mentre passava l’avrebbero indicato, sussurando: “Guarda quello: è Peter Minus.

 

Le frittelle erano già spaventosamente diminuite di numero, quando il ragazzino si accorse della lettera appoggiata sul tavolo, indirizzata a lui.

E questa?!”disse afferrandola con le dita sporche di zucchero.

“E’  arrivata questa mattina presto!!!”esclamò sua madre eccitata, voltandosi verso il figlio. L’indirizzo era scritto con caratteri decisamente importanti, ed era chiusa con uno stampo di ceralacca. Quando l’aprì sentì l’odore forte di caffè che si era ataccato alla carta.

Era un invito. L’invito ufficiale alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

“Oh Pete caro, io e tuo padre siamo così fieri di te!”

Sì, forse avrebbe trovato gli amici che cercava.

 

************

Se fosse l’estate più calda dell’ultimo secolo, questo ancora non lo so sicuramente, ma per James era la più calda di tutti i suoi undici anni.

 

James sdraiato sul letto, James solo in mutande, James a pancia all’aria che guarda il soffitto e invidia le mosche sul muro fresco, che sicuramente non avranno così caldo, lassù in alto.

 

Guarda l’orologio in fondo al corridoio; in questa posizione riesce a spiarne le mosse ed ogni tick tack del rincorrersi delle lancette.

-In questo modo lo tengo d’occhio- pensa James, lo stesso di prima (è meglio precisare, perché di James ce ne sono tanti, ma che spiano l’orologio uno solo) -Così dovrà per forza continuare a girare.-

Perché James pensa che sia colpa del vecchio pendolo di zia Patty, che proprio non si decide a far girare le lancette, se in quell’estate il tempo sembra non scorrere mai.

 

L’intero quartiere è avvolto dal torpore e da quella strana foschia che si crea per colpa dell’afa: nessuno trova la forza per arrivare fino al proprio frigorifero, figuriamoci per uscire di casa.

Così oggi Londra sembra un immenso deserto in un clima decisamente inappropriato per essere inglese: questo pensa James che ha lasciato perdere l’orologio e le mosche per raggiungere il davanzale.

 

Un’impresa degna del più grande eroe di tutto il mondo magico e non: e al nostro eroe sembra proprio di sentire la voce eccitata del telecronista, che annuncia le sue gesta minuto per minuto.

“Ed ecco che arriva Potter !!! La sua abilità e la sua grazia lo hanno fatto diventare famoso in tutta l’Inghilterra!! Guardate con che passo felpato si avvicina alla sua preda, ignara di ciò che sta per accadere!Guardate la destrezza! Ammirate la classe! Ed ecco, è arrivato, ormai non più di venti centimetri lo separano dalla meta!! Le urla dei tifosi tacciono improvvisamente, trattenendo il respiro per non perdersi un istante della fine. Ecco, la preda si è accorta dell’arrivo di Potter: ma ormai è troppo tardi!!! Con un solo balzo il nostro eroe toglie quel poco spazio che li divideva: e il davanzale finalmente è suo!!!!!!!!!”

 

Conquistato il davanzale, Potter può prendersi gli applausi, ringarziare le fan, mandare baci al pubblico: ora forse, mentre è intento ad agitare la mano verso un pubblico immaginario, capisce perché suo padre continua a dire che dovrebbe essere un po’ più modesto.

 

Ma a James Potter questo non può interessare, Lui ha Sfidato il Caldo, ha Conquistato il Davanzale.

 

E ora guarda in strada, nella strada deserta di quel quartiere di Londra, appena in tempo per scorgere sua madre rientrare e sentire il familiare rumore della chiave che gira nella toppa.

 

-Tre giri- pensa James, chiudendo gli occhi, come se servisse a sentire meglio - tre giri, si incastra e mamma impreca.-

E tende le orecchie, per sentire le sue predizioni avverarsi e il grido di disappunto di sua madre disturbare il silenzio.

 

James ora ridacchia, divertito, e cerca di pulire gli occhiali appannati sull’elastico dei boxer, in quella bollente giornata d’Agosto.

 

Se solo avesse saputo che quel giorno, con la posta, sarebbe arrivata anche la sua lettera di ammissione ad Hogwarts, magari non avrebbe passato il tempo a invidiare mosche, spiare orologi e conquistare davanzali.

 

O almeno si sarebbe vestito.

 

************

Nero, Bianco, Nero, Bianco.

 

Le dita sottili scorrevano velocemente sui tasti del pianoforte.

Un tasto nero e poi due bianchi, ancora bianchi, ancora, ancora…

 

Era passata più di un’ora da quando aveva iniziato a suonare: non che gliene importasse, ormai aveva dimenticato ciò che stava suonando.

Guardava fuori, guardava la pioggia scendere pian piano, mentre le dita sembravano voler continuare a percorrere l’intera tastiera senza una meta precisa.

Di solito suonava sempre quando pioveva.

Forse, pensò, perché amava entrambe le cose.

 

Era passata più di un’ora da quando aveva iniziato a suonare, ma era passato ancor più tempo da quando quell’uomo vecchio aveva bussata alla sua porta.

Non aveva mai visto un tipo del genere: per quanto potesse apparire anziano, sembrava che nei suoi occhi non si fosse perso il fresco spirito dell’adolescenza.

Quello sguardo furbo e così penetrante aveva subito conquistato l’attenzione di Remus, e non gli permise di distoglierla nemmeno quando il vecchio iniziò a parlare.

Nemmeno quando si sedette in quel piccolo soggiorno, per prendere il the preparato da sua madre.

Nemmeno quando gli disse che sarebbe andato a Hogwarts.

 

Che strano, per un attimo non si era neanche accorto di quello che diceva quell’uomo, troppo intento a fissarlo negli occhi.

Voleva capire che cos’era quel guizzo di divertimento, di sicurezza, che sembrava scacciare ogni ombra dal suo viso, che gli permetteva un’espressione così tranquilla e allo stesso tempo decisa.

Hai sentito, Remus?” la voce quasi commossa di sua madre, lo risvegliò improvvisamente.

“Hai sentito, puoi andare ad Hogwarts!E’ sempre stato il tuo sogno!”

Già, era sempre stato il suo sogno. Come quello di frequentare una qualsiasi scuola d’Inghilterra.

Ma si sa, se sei una bestia in grado di sbranare una persona in meno di cinque minuti, non è proprio una cosa facile.

“Non ti devi preoccupare” questa volta era stato il vecchio a parlare. La sua voce era calda e possedeva una tale calma da risultare rassicurante: proprio come Remus se l’immaginava.

 “Sono al corrente del tuo ‘problema’ ed ho già provveduto ad attuare le precauzioni necessarie. Potrai trasformarti una volta al mese senza farti vedere e senza far del male a nessuno.Come vedi non ci sono pericoli.”

Era tutto perfetto. Tutto programmato, analizzato, curato, nei minimi dettagli. E allora perché sentiva che c’era qualcosa che stonava?

L’uomo si alzò, in tutta la sua elegante statura, appoggiò la tazza sul tavolino di vetro e si voltò sorridendo verso il ragazzino sulla porta.

“Benvenuto ad Hogwarts.”

 

Continuava a suonare alla cieca, mentre con lo sguardo si perdeva tra le gocce di pioggia.  

Ascoltò per un attimo la musica che stava inconsciamente producendo.

Una melodia piuttosto triste.

Sorrise amaramente.

Ormai tutto di lui stava diventando piuttosto triste.

 

Non aveva desiderato altro in tutti i suoi undic’anni, se non avere la possibilità di frequentare una scuola.

Ed ora che questa possibilità gli veniva servita su di un piatto d’argento, non trovava di meglio che guardare la pioggia dalla finestra.

Cos’è, forse non era abituato ad avere tutto così facile, lo spaventava l’idea di non dover ancora soffrire per conquistare qualcosa?

Stupido, pensò, era solo uno stupido da commiserare.

Aveva paura.

Ma non di poter andare a scuola, quanto di quello che avrebbe trovato, in quella scuola.

Quanta gente sarebbe stata disposta ad accettarlo per quello che era?

Nessuno.

Quanti lo avrebbero accettato se non avessero saputo?

Pochi. Ma comunque qualcuno.

Non aveva mai avuto amici e se poteva evitava di stare a contatto con la gente.  Perchè altrimenti avrebbero capito.

Avrebbero compreso ciò che veramente era e l’avrebbero odiato per sempre.

Meglio non correre questo rischio.

Meglio evitare di farsi troppe conoscenze.

Meglio continuare a fingere.

 

Ecco cosa spavenatava Remus Lupin: sette anni di bugie, sette anni di fughe, sette anni di solitudine.

Non potè fare a meno di pensarci quella sera, mentre suonava il pianoforte, mentre guardava la pioggia e si sentiva così solo in quella piccola stanza, troppo stanco per scendere a cena e troppo triste per smettere di suonare.

Nero, Bianco, Nero, Bianco.

Nero.

 

************

 

Non riusciva a dormire.

Era quasi un’ora che si rigirava nel letto, continuando a cercare una posizione che gli permettesse di riposare.

Niente, non riuisciva a fare a meno di continuare a pensarci.

Sapeva che sua madre si sarebbe arrabbiata se, una volta salita in camera, lo avesse trovato ancora sveglio a fissare il soffito.

Ma lui non poteva dormire, non quel giorno, non dopo quello che era successo.

Sarebbe andato ad Hogwarts.

Lui, Sirius Black, aveva ricevuto proprio quel giorno l’invito ufficiale alla scuola di Magia e Stregoneria più famosa di Inghilterra.

Suo padre l’aveva frequentata, e così il padre di suo padre, ed anche il padre del padre, del padre…insomma, più o meno tutta la famiglia Black era stata ad Hogwarts, o almeno così gli aveva detto suo padre quella mattina, perdendosi in uno dei suoi soliti importanti quanto noiosissimi discorsi sulla discendenza, l’importanza del sangue, e altri blablabla simili che Sirius non aveva mai veramente ascoltato.

Ora era nella sua camera, disteso sul letto, intento a fissare il muro con aria assorta e con la mente totalmente da un’altra parte.

 

Hogwarts.

Che strano, tanta eccitazione per una sola, misera parola.

Ed era pure buffa.

 

Quella mattina, all’arrivo della posta, non appena aveva visto una lettera indirizzata a lui, si era subito sorpreso: chi mai poteva scrivergli? Era solo un ragazzino di undici anni, e di conoscenze non ne aveva poi molte, se non si contavano i cugini con cui era costretto a passare gran parte del suo tempo libero.

Ma quando aveva aperto la busta, quando aveva realizzato che tutto quello che vi era scritto era vero, ed era scritto per lui, il suo stupore era subito mutato in incredulità, eccitazione e pura gioia.

Aveva sceso le scale quattro a quattro, rischiando seriamente di schiantarsi con la faccia sul marmo,ed aveva corso per tutto il lungo corridoio che portava in cucina.

“Mamma, mamma,guarda cos’è arrivato!!” urlò mentre spalancava la grande porta, sventolando la lettera come fosse un trofeo.

“Sirius, per favore, non urlare, quante volte te lo devo dire?!”

Sua madre era in un angolo, che ceracava invano di dare una piega al colletto del vestito di suo fratello Regulus, che imbronciato, cercava in tutti i modi di divincolarsi.

A Sirius sembrò una vecchia foto, una di quelle decisamente antiche e piuttosto tristi che ogni tanto notava sfogliando svogliatamente l’album di famiglia.

“Mamma guarda: l’ha appena consegnato il gufo con il resto della posta!”

“Regulus, avanti, sta un po’ fermo!!”

“E’ una lettera…”

“Insomma, mi lasci sistemare questo vestito?!”

“…la lettera di ammissione ad Hogwarts!”

“Ah, mi vuoi far diventare matta?! Fermati un attimo!”

“Mamma, mi stai ascoltando?”

La Signora Black si voltò un attimo, squadrando il figlio come se si chiedesse da dove fosse sbucato, per poi rivolgergli una specie di sorriso impacciato.

Ma certo, Sirius. Sono davvero felice per la lettera….”

“…di ammissione ad Hogwarts!” finì per lei il figlio.

“Certo, certo, la lettera per Hogwarts…sono sicura che tuo padre ne sarà entusiasta, quando lo saprà! Perché intanto non vai di sopra a giocare un po’ con la tua scacchiera magica? Ti piace tanto..

“Ma veramente, la scacchiera non l’ho più. Disse un pò perplesso il ragazzino.

“Davvero?”

“Sì, sei stata tu a buttarla via, una settimana fa, perché dicevi che non facevo altro che seminare pedine per tutta la casa…non ti ricordi?”

Ci fu  un attimo di silenzio in cui la Signora Black fissò negli occhi suo filglio, non sapendo bene cosa rispondere.

“Sì…la scacchiera!” alla fine riusciva sempre a ricomporsi  “certo, bè….allora perché non vai a scrivere a tuo padre, sono sicura che non vedi l’ora di fargli sapere la novità!”

“Sì..ora vado” disse Sirius, mentre usciva dala cucina.

Era sicuro che sua madre non avesse ascoltato una sola parola di quello che aveva detto, senza la minima intenzione di rendersi partecipe della gioia del figlio.

Ma in fondo sapeva che quello che gli faceva più male, erano i sorrisi falsi che gli rivolgeva, quelli che si rivolgono alle persone di cui non ti importa, ma che le buone maniere ti costringono a trattare con gentilezza e accondiscendenza.

Sentiva dentro di sé queste sensazioni ogni volta che parlava con lei, ogni volta che gli sorrideva, anche se non le considerava più come una volta.

Ormai ci aveva fatto l’abitudine.

 

Hogwarts.

H-O-G-W-A-R-T-S.

Strawgoh, al contrario.

Ok, ora stava esagerando.

 

Per chi avesse guardato da fuori, sarebbe parso solo un ragazzino indisciplinato, ancora sveglio alle una di notte, ma in realtà, Sirius, in quel momento era molto di più.

Un turbine di emozioni si agitava in lui, e mentre respirava gli sembrava quasi di veder uscire dalle narici tutte quelle sensazioni così intense.

Era come se un nuovo capitolo della sua vita fosse iniziato, come se grazie a quel misero foglio di pergamena, potesse già sapere il suo avvenire.

E Sirus pensò, mentre si accoccolava contro il cuscino, stringendo ancora la lettera, che teneva davvero il futuro nelle proprie mani.

 

************

 

Ecco qui i pensieri, i sentimenti , le sensazioni di questi quattro ragazzi in quell’estate che sembra lontana.

Così diversi, così complessi: aspettative, gioia, paura, eccitazione.

Così diversi eppure così vicini.

Questi sono quei pensieri di quel giorno dove tutto è iniziato, di quel giorno d’Agosto di cinque anni fa.

 

 

Pensieri di fine Estate

Allora che ne dite???^__^

Spero tanto che l’idea vi sia piaciuta!!!

Questo è solo il primo capitolo e non so bene come sia venuto.

In pratica volevo descrivere le sensazioni  e le situazioni di quando i Malandrini hanno ricevuto il loro invito ad Hogwarts. L’ho divisa nei vari momenti della giornata (mattina, pomeriggio, sera, notte) come, secondo me, si adattava meglio al carattere di ognuno. Secondo voi ci sono riuscita?

 

Nel prossimo capitolo (come dice l’ultima frase) ci sarà un salto temporale fino al quinto anno di scuola.

La mia intenzione è quella di dividere i capitoli secondo le stagioni e ad ogni stagione far corrispondere un personaggio….Spero di farcela perché le cose da scrivere sono tante, ma il tempo che ho è davvero poco!!^^”

Non so se riuscirò a postare rispettando delle scadenze, quindi vi chiedo perdono fin da ora per il mio spirito scrittore perennemente in ritardo…

Intanto mi farebbe tantisssimissimo piacere se lasciaste un commento per questo capitolo iniziale…so che è faticoso arrivare fino alla scritta “Vuoi inserire una recensione?” e premere il tasto del mouse, ma davvero ne sarei contentissima^__^

E in cambio vi benedirò a vita per il vostro commento……o magari potrei impegnarmi per continuare a scrivere la fic, non so, devo ancora scegliere…XD

 

Bacioni e tantissimi ringarziamenti a tutti coloro che hanno letto!!!

Dragonfly

 

  
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