Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Tedda    16/12/2009    0 recensioni
Girai lo sguardo per cercare di capire dov’ero e fu lì che la vidi: una ragazza minuta, quasi goffa che camminava sul ciglio della strada. Senza neanche volerlo il piede pigiai sul pedale del freno, facendo inchiodare la macchina in mezzo alla strada, sentivo l’impulso di tornare indietro, di andare da quella ragazza e fare in modo che fosse al sicuro, volevo proteggerla. Probabilmente ero pazzo ...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Se leggi questi versi,
dimentica la mano che li scrisse:
t'amo a tal punto
che non vorrei restar
nei tuoi dolci pensieri,
se il pensare a me
ti facesse soffrire.

Shakespeare

SARAH

La macchina si fermò improvvisamente in mezzo alla strada, esattamente come aveva fatto mia madre, ma che aveva la gente oggi ?!  Sembravano tutti impazziti, forse era l’aria di quella piccola cittadina che dava alla testa.

Persa tra i miei pensieri non mi accorsi che la macchina si era appostata di fianco a me, che stavo ancora fissando il punto in cui aveva frenato due minuti prima.

“Ti serve un passaggio ?” la voce proveniva da dentro l’abitacolo della macchina. Alzai lo sguardo e lo vidi.
Al volante c’era un ragazzo dalla pelle abbronzata, con i capelli corti, neri come il carbone e leggermente spettinati, quel taglio lo rendeva decisamente affascinante. Gli occhi erano neri come i capelli, e così profondi che sembravano pronti ad urlare da tante emozioni avevano dentro.
Era davvero un bellissimo ragazzo. Volevo, anzi, dovevo sapere di più su di lui, non riuscivo a smettere di guardarlo. Era una sensazione strana da descrivere, forse anche impossibile a parole.

“Hei, ci sei ?” mi chiese quel ragazzo, con tono dolce. Solo in quel momento notai che aveva una voce splendida, era roca ma il tono era pacato. Un sorriso si aprì sul suo volto, inevitabilmente questa sua felicità mi contagiò, e non potei evitare di sorridergli a mia volta.

“Si si, ci sono” gli risposi, cercando di fargli credere a quello che avevo appena detto. Perché sinceramente, non ero molto concentrata su quello che ci stavamo dicendo. In quel momento mi stavo perdendo nei suoi occhi, quei magnifici occhi scuri.

“Certo…” lo disse come se fosse certo che non era vero.
Cavolo, mi capiva anche meglio di me. Cercai di lanciargli un’occhiataccia, ma il mio tentativo fallì miseramente, tra le mie e le sue risate.

“Comunque” continuò lui “cosa ci fai da sola in mezzo alla strada?” cercò di usare il tono più disponibile che riuscì a tirar fuori, almeno così mi parse.

“E’ una storia lunga…” sussurrai, abbassando lo sguardo. Pensavo non mi avesse sentito e invece …

“Mi piacciono le storie lunghe e poi, ho tutto il tempo che vuoi” nella sua voce c’era curiosità. Sembrava sincero, e davvero interessato a sentire quello che avevo da dire.
Gli avrei subito detto tutto quello che era successo, qualcosa dentro di me, mi diceva che potevo fidarmi, ma non volevo sembrare disperata. Quindi abbassai lo sguardo e mi finsi indecisa. Speravo che insistesse, avevo davvero bisogno di sfogarmi.

“Non ti mangio mica” e intanto che pronunciava queste parole, scese dalla macchina e si avvicinò a me, con la mano destra mi tirò su il volto, costringendomi a guardarlo negli occhi. Non riuscivo a sostenere il suo sguardo, e avrei voluto distogliere gli occhi dai suoi, ma sembrava che tutte le forze che avevo in corpo mi avessero abbandonata.
Quando sfoderò il suo sorriso, così luminoso e caloroso, non riuscii più a trattenermi e gli disse tutto. Non tralasciai nessun particolare, cominciai a raccontargli di mio padre, di come mia madre non fosse più la stessa, e del perché stavo vagando, da sola, in una città che non conoscevo nemmeno.
Non volevo piangere, ma ogni volta che raccontavo quella storia a qualcuno, non riuscivo a farne a meno. Mi vergognai da morire quando alcune lacrime scesero lungo la mia guancia, bagnandomi il viso.
Ma lui, vedendo che raccontare della mia vita mi faceva ancora male, si avvicinò e mi abbracciò. Al contatto con la sua pelle un brivido mi percorse la schiena, era calda, anzi, caldissima.
Scottava.

Quelle constatazioni abbandonarono la mia mente appena sentii il suo odore: sapeva di buono. Profumava di muschio, quasi lo stesso profumo che aveva la foresta. E fatalità, a me era sempre piaciuto l’odore della foresta. A quel pensiero non potei evitare di sorridere.
Le sue braccia mi strinsero fortissimo, e ad un certo punto non riuscii più a respirare, ma non mi importava. Sembrava avesse una forza sovrumana, e non riuscisse a misurarla.

Rimanemmo abbracciati per parecchio tempo, nel silenzio più assoluto, quel silenzio sembrava urlare, o forse ero solo io che stavo impazzendo perché mi era troppo vicino - molto più probabile.
Quando mi ripresi e sciogliemmo l’abbraccio – anche se di mala voglia – guardandolo, arrossii. Non potevo credere di essere scoppiata a piangere e di essermi buttata tra le braccia di uno sconosciuto, anche se mi sembrava di conoscerlo da una vita.
Cercai di smorzare l’imbarazzo, cominciando a parlare.

“Scusa” sussurrai. Alzai lo sguardo e mi accorsi che stava sorridendo, per un istante mi innervosii pensando che stesse ridendo di me, poi però, mi accorsi che era un sorriso di comprensione, come se sapesse esattamente quello che stavo provando.

“Scusa per cosa ?” il suo meraviglioso sorriso si allargò, fino a occupare quasi tutto il viso.

“Per essere scoppiata a piangere in questo modo. Ti sarò sembrata un po’ strana” abbozzai un sorriso, come se stessi tentando di convincerlo.

“Figurati, ne conosco di persone strane, e tu non sei tra queste” appoggiò la mano sulla mia guancia, e con il pollice asciugò le ultime lacrime, che erano ancora presenti sul mio volto.
Ad un certo punto aggrottò le sopracciglia, una piccola ruga si formò in fronte, come se si stesse sforzando di pensare. Mi colse di sorpresa, non sapevo cosa c’era di così importante da sforzarsi in quel modo, e il fatto che non sapessi cosa gli stava passando per la testa mi faceva impazzire.

“Bè, forse un po’ strana si !” disse sghignazzando. La piccola ruga era sparita, ed ora sul suo viso c’era solo un enorme sorriso.

“Grazie ! Davvero gentile !” mi finsi offesa, ma durò solo pochi secondi, non riuscivo ad essere arrabbiata con lui per troppo tempo.

“Dai vieni qua” la sua espressione ora era seria, leggevo nei suoi occhi che aveva voglia di abbracciarmi. La risposta affermativa ai miei pensieri arrivò quando lui mi cinse i fianchi e mi tirò verso di lui, non sembrava fare nessuno sforzo, come se avesse spostato una piuma al posto che una persona.
Non me lo feci ripetere due volte. Praticamente mi buttai su di lui, appoggiai la testa sul suo petto, anche quello bollente come tutto il resto del corpo, e gli lanciai le braccia al collo.
Le sue braccia mi avvolsero, sentivo il suo respiro delicato e profumato sul collo.
Stargli così vicino mi dava una scarica di energia pazzesca, in quel momento tutto sembrò andare al proprio posto.
Mi dimenticai perfino di mia madre, che in quel periodo era un pensiero fisso nella mia mente, poche persone, anzi nessuno prima di lui, riusciva a farmela dimenticare.

“Adesso che ci penso, non mi sono neanche presentato. Io sono Jacob Black” e mi porse la mano, io gliela strinsi, il cuore cominciò a battere sempre più forte.
“Piacere”, gli mostrai uno dei miei sorriso migliori “Io sono Sarah Nicols”. Adesso era lui che sorrideva.

Sembrava davvero felice.


JACOB

Quando la vidi piangere, non riuscii a trattenermi, sentii una rabbia incontrollata salirmi dentro alla vista della sua sofferenza, avrei voluto spaccare qualcosa, ma cercai di calmarmi solo perché lei era vicino a me e non avrei sopportato di farle del male.
Sentivo un bisogno assurdo di fermare le lacrime che le stavano bagnando il viso, volevo renderla felice e farle riapparire il sorriso.
Avevo paura, però, che pensasse fossi un maniaco, in fondo non sapeva neanche come mi chiamavo, ma l’abbracciai. La strinsi, cercando di non metterci troppa forza, – anche se avrei voluto – ma il mio tentativo sembrò fallre: ad un certo punto non la sentii più respirare, probabilmente avevo stretto troppo.
La sentivo così fragile tra le mie braccia, avevo paura di spezzarla se ci avessi messo ancora più forza.
Lei non oppose nessun tipo di resistenza, anzi, sembrava contenta di quel mio gesto, quindi non mi fermai. E restammo così per un bel po’.

Avevo la sensazione che per troppo tempo, tutti l’avessero trascurata, pensando che ormai fosse abbastanza grande da cavarsela da sola, ma io sapevo che non era così, si vedeva che era fin troppo sensibile.
Ma ora c’ero io, mi sarei preso cura di lei, non avrebbe più sofferto se ci fossi stato io vicino a lei.
Si scusò, mi chiese scusa per aver pianto, aveva paura che pensassi fosse strana, ma lei non sapeva che non lo avrei mai potuto pensare.
Lei mi piaceva così com’era, anche con i suoi difetti.
Sembra una cosa impossibile da pensare, se consideriamo che la conoscevo da poco più di un’ora, ma quando hai l’Imprinting è così, perchè questo era successo: avevo avuto l'Imprinting con lei, ne ero sicuro.
Non avevo mai provato quelle sensazioni con nessun altra, neanche con Bella.
Ci presentammo, solo ora sapevo il suo nome: Sarah. Un nome perfetto. Si addiceva esattamente ai suoi dolci lineamenti.

“Che ne dici se ti do un passaggio ?” non era una domanda, se non avesse accettato l’avrei presa di peso e messa in macchina, non sarebbe stato un problema. Non sarei mai riuscito a lasciarla in mezzo alla strada, da sola e in una città che non aveva mai visto.

“Grazie, sarebbe fantastico !” era entusiasta dell’idea, sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori, che contagiò anche me.

“Andiamo allora” gli aprii la portiera e la feci entrare in macchina.
Il tragitto passò in fretta, fin troppo per i miei gusti. Mi spiegò dov’era la casa e quando arrivammo, ci fu un attimo di silenzio.

“Ci vediamo …” pronunciammo queste parole all’unisono. Era evidente che avevamo voglia di rivederci. Sapevo che non avrebbe trovato il coraggio per chiedermelo e quindi lo feci io.

“Emh … Se ti va sta sera, potresti venire a casa mia. Ci saranno anche degli altri miei amici. Sempre se ti va …” il mio tono di voce risultò troppo insicuro per il mio solito, e mi stupii.
Normalmente ero molto sicuro di me stesso, a volte talmente tanto da sembrare presuntuoso.

“Magari ! Cioè, mi piacerebbe venire” arrossì, le sembrava di aver messo troppo enfasi nella risposta, ma cercò di nasconderlo. Feci finta di niente, anche se lo notai.
Non poteva nemmeno immaginare quanto mi avesse reso felice quella risposta così entisiasta. Senza nemmeno pensarci mi aprii in un sorriso.

“Ci vediamo dopo allora. Ti passo a prendere verso le otto …” la mia voce, ora era tornata normale, e non traballava più come aveva fatto prima.

“Ok ciao !” accompagnò questo saluto con un sorriso, uno sincero. Avvicinò il viso al mio e mi schioccò un bacio sulla guancia destra, la sentii arrossire.

La guardai mentre entrava in casa e rimasi seduto in macchina per almeno altri dieci minuti prima di partire.
Mi avviai verso casa, felice come non lo ero da molto tempo.

 

***

Angolo della Scrittrice.

Spero vi sia piaciuto il primo capitolo, e anche questo.
Ringrazio barbidoluzza per avermi consigliato.
Volevo dirle che ho provato a rileggere di nuovo l'ultimo pezzo. Ed ho notato anche io che era davvero troppo, e quindi ho provato a modificarlo.
Spero che adesso sia venuto meglio ! ^^
Volevo inoltre ringraziare chi ha messo questa storia tra le preferite o le seguite ! (:

Alla prossima !

Tedda.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Tedda