Capitolo 5
Lena’s
hidden secret
1
(Alicia)
Se n’era andato ormai, e la
tristezza di quell’immensa casa aveva ripreso il pieno controllo su di lei. Con
le spalle contro la porta alzò lo sguardo al soffitto e sospirò, immersa nel
mondo dei sogni. Gettò un occhiata al divano. Sorrise pensando al bacio più
bello della sua vita. Si strinse nelle spalle, avrebbe voluto urlare dalla
felicità, ma si trattenne. Allora si sedette per terra, in silenzio; tese le
orecchie per un probabile rumore, ma nulla. Era sola.
Rideva felice, con il pensiero
rivolto a quel bacio fin troppo bello per essere vero.
Le scese giù una lacrima.
Che
stupida!
Ma lei era fatta così; era
troppo felice, e non potendo gridare
pianse lacrime di gioia. Guardò ancora una volta il divano, e vide qualcosa
fare la sua comparsa su uno dei braccioli: era la felpa di Dougie. Si alzò e
quasi danzando si diresse verso l’oggetto; lo prese in mano e lo odorò, sentì
il profumo di quel ragazzo imporsi sul suo, cacciandolo via, sentendosi più
leggera, come se si fosse tolta un peso dal cuore. Il respiro non era pesante
come lo era stato nelle ultime settimane, non aveva più la sensazione che il
mondo le stesse crollando addosso, non si sentiva una nullità. Alicia era
rinata.
Strinse al petto quella felpa.
Erano solo baci, non volevano dir
nulla, ma per lei valevano più di qualsiasi altra cosa.
Andrea non l’aveva mai abbracciata
in quel modo, non le aveva mai sorriso con il cuore , non l’aveva mai coperta
con il suo giacchetto se la vedeva infreddolita. Andrea non era come Dougie.
C’era qualcosa di diverso in lui, qualcosa di mai visto prima.
Qualsiasi cosa dicesse
l’assecondava; guardava tutto con gli occhi di un bambino e non smetteva di
parlare di ciò che lo colpiva; e quando zittiva arrossiva, la fissava e
sorrideva ed era proprio in quei momenti che avrebbe voluto abbracciarlo,
perché sapeva che si stava dando dell’idiota. Ma Alicia non pensava affatto che
fosse un’idiota; per lei quel ragazzo era una vera novità, un mondo nuovo tutto
da scoprire.
Socchiuse gli occhi, si lasciò
avvolgere ancora una volta da quella fragranza; allora sentì la porta
dell’ascensore sbattere e si precipitò sul piano.
–Lena!–non era mai stata così felice
di vedere la sua amica. In mano aveva ancora la felpa e Lena capì al volo.
Sorrise amaramente.
–Alix, che ti succede?–Alicia le si era gettata al
collo, stringendola con voga rischiando di soffocarla.
–Lena, non puoi capire, non puoi
capire!–fece lei in preda all’agitazione.
–Ho come l’impressione che centri
qualcosa quel ragazzo?–fece finta di nulla.
–Ma come fai?–si distaccò sorpresa.
–Istinto.–sorrise lei–Entra!– le
prese il braccio e la trascinò dentro casa.
2
(Lena e
Dougie, qualche minuto prima.)
Dougie si era appena lasciato
l’ascensore alle spalle. S’infilò il berretto e sospirò.
Di colpo si toccò la bocca, aveva
ancora il suo sapore sulle labbra; non gli sembrava vero, eppure, il cuore
batteva all’impazzata e gli mancava il respiro.
Si avvicinò al portone, ma prima che
potesse toccarne la maniglia, si aprì. La vide entrare e squadrarlo da capo a
piedi.
–Ciao.–fece lui. Lena, alle sue
spalle, s’arrestò.
Si voltò sorpresa che le avesse
rivolto la parola.
–Ciao, Doug. Alla fine gliel’hai
detto?–
–Si. Lo avrebbe scoperto comunque.–fece
spallucce.
Lei annuì, correndo con lo sguardo
per tutto il perimetro.
–Sentimi bene.–fece un passo verso
di lui– Alic ha sofferto molto, vedi di non aggravare la situazione. Con te si
vede che sta bene.–
–E tu come stai?–la interruppe di
proposito e la vide chinare il capo cambiando espressione: prima seria, poi
triste.
Lena deglutì e gli occhi si
arrossarono.
–Benissimo.–sospirò.
–Menti.–
Gli diede le spalle. Chinando il
capo in avanti.
–Allora perché me lo hai chiesto?–
Dougie scosse la testa rammaricato.
–Perché anche lui lo fa.–
–Non so di chi tu stia parlando– allungò la mano verso l’ascensore ed aprì le
porte.
–Si che lo sai.–
–Ci vediamo, Doug.– sbatté i
cancelli alle sue spalle, premendo il pulsante.
Il ragazzo la vide sparire del
tutto. Chissà per quanto avrebbero continuato così quei due.
Rassegnato varcò la soglia del
portone, destinazione: Mcfly secret base!
3
(Lena)
Aveva schiacciato il pulsante del
primo piano e si era andata ad accucciare in un angolo con la portiera aperta.
Singhiozzava alla disperata ricerca
di una motivazione valida, che avesse un filo logico con tutto il suo dolore;
eppure, più la cercava più trovava soltanto squarci di ricordi perduti e di
promesse mancate.
Com’era possibile soffrire così
tanto per amore? Com’era possibile ridursi in quello stato per un semplice
ragazzo?
Ma lui non era uno qualunque. Lui
era più di quello che appariva o voleva apparire, e lei lo sapeva bene.
Lena piangeva disperata, cercando
con ogni mezzo di superare l’accaduto. Ma certe cose non si dimenticano
facilmente, ed il tempo sembra non essere mai abbastanza.
Che scherzo idiota del destino, un
vero e proprio tiro mancino che l’aveva ridotta ad essere cosa? Non lo sapeva
nemmeno lei. Rivedere Dougie le aveva fatto male, eppure, era semplicemente
Dougie. Non lui.
Non
era lui.
–Perché?–
Perché a volte, il destino è più
meschino di quanto si pensi.
4
(Dougie)
Alzò gli occhi al cielo; era buio,
la Luna splendeva in tutta la sua bellezza, e le stelle la circondavano facendo
a gara a chi brillasse di più; lui intanto sorrideva, come sempre. Lei era
speciale e non l’avrebbe usata, non l’avrebbe trattata come un oggetto. Lui non
l’avrebbe mai fatto.
Nessuna
ragazza è un oggetto Doug..
Quella ragazza era troppo fragile.
Alicia non lo sapeva, ma Dougie quando la guardava negli occhi vedeva un mondo
nuovo, forse addirittura più bello di quello già esistente, ma quando era lei
che guardava altrove, notava nei suoi occhi un alone di tristezza, quasi
fossero di vetro, come quelli di una bambola di pezza; una di quelle che si vedono
nei mercatini dell’usato: fuori, poteva apparire bellissima, perfetta, senza
nemmeno un graffio; dentro però, chissà quanti strappi aveva ricucito, chissà quante
volte l’avevano lacerata per poi ricomporla e strapparla ancora una volta,
quasi fosse inutile. Non voleva nemmeno pensare al dolore che aveva provato,
perché lui sapeva bene come ci si sentiva ad essere ridotti in brandelli,
sapeva cosa voleva dire ricucire tutto. E non era facile.
Dougie sospirò ancora una volta dopo
aver gettato un’occhiata al cielo, le cui stelle, provavano inutilmente ad
imitare il perfetto bagliore di quel sorriso, che da solo bastava per
illuminare le tenebre più nere.
–C’è nessuno?–fece lui aprendo
lentamente la porta di casa.
Nessuno rispose. Solo lui ed il buio
dell’appartamento.
Accese la luce e vide che la casa
era in ordine; bravo Harry.
Posò le chiavi sul mobiletto
dell’ingresso e si diresse verso la camera da letto. Canticchiò qualcosa fra sé
e sé ed aprì la porta. Lanciò le scarpe all’aria e si gettò sul letto.
Socchiuse gli occhi; non poteva
crederci. Quel bacio, anzi, quei baci erano stati i più belli della sua vita.
Si passò una mano sulla maglietta; aveva
dimenticato la felpa a casa sua ed in quel momento desiderò essere nei suoi
panni per poter stare con lei. Roteò la testa da una parte, vide il suo basso,
sospirò.
–Danny ha ragione.–disse sperando
che il suo migliore amico di sempre potesse rispondergli, e nella sua fantasia
quel basso la sapeva lunga.
Riversò ancora una volta la testa,
chiuse gli occhi e si lasciò andare; ritornò con la mente a quel pomeriggio, al
suo viso, a quelle labbra. Lasciò che tutti i pensieri e le immagini di quel
giorno circolassero liberi nella mente, li lasciò correre spensierati, perché
l’unica cosa alla quale pensava da tre giorni era lei, e basta.
5
–Credete che sia tornato?–Danny fece
il suo ingresso in punta di piedi, parlando sottovoce.
–Secondo me è con quella ragazza. E
chissà cosa starà facendo!–Harry stava fantasticando su qualcosa che non lo
riguardava nemmeno.
Beato
lui.
Tom gli diede uno schiaffo in testa.
–Ahio!–
Entrarono di soppiatto, e Danny fu
il primo ad affacciarsi in camera di Dougie.
Era tornato.
Harry aveva preso un granchio.
Dormiva.
–Credete che gli abbia detto di no?–Danny
era già preoccupato, Dougie di solito non reagiva bene davanti ad un rifiuto.
–Non lo so, quella faccia lì non mi
convince tanto!–fece Harry guardingo.
–È quella di sempre idiota!–Tom gli
diede un altro schiaffo.
–Ahio!–
–Venite, andiamo in salotto.–
Si sedettero chi sul divano chi
sulle poltrone; parlarono a lungo di come fosse andata qualche ora prima.
Dougie dormiva e si rigirava nel
letto. Chissà cosa sognava..
Nel frattempo il ragazzo aveva
ripreso conoscenza; le finestre erano chiuse, proprio come le aveva lasciate
prima di uscire. Sentiva un buon profumo avvolgerlo tutt’attorno, quasi fosse
un abbraccio delicato. Era zucchero filato, e lui non indossava un profumo da
ragazza. Sbadigliò, ci voleva proprio un’altra bella dormita. Si sentiva più
rilassato del solito. Si alzò dal letto e si stiracchiò. Stette in silenzio e
sentì un mormorio; i ragazzi erano di
nuovo a casa.
Si diresse verso il salotto, in
direzione del vociare che colpiva le sue orecchie, e quando lo videro entrare
aveva una faccia sconvolta.
Cavolo,
gli è andata male di brutto.
Danny, Tom ed Harry si guardarono,
pronti per consolarlo.
–Allora Doug.–tossì Danny,–Come è
andata con quella ragazza?–
–Alicia?–Dougie si lasciò cadere,
accanto a lui sul divano a peso morto.
Danny annuì.
–Oh,beh...–l’espressione di Dougie
era indecifrabile.
–Oh, Dio, ci dispiace tantissimo!–Danny
gli diede una pacca sulla spalla, mentre Tom ed Harry scossero la testa
comprensivi.
–E per cosa?–fece lui.
–Sarà per un’altra! Dai, su, infondo
che vuoi che sia?–
–Danny…–cercò di parlare ma lui
glielo impedì.
–Si,si lo so Doug! Ma guarda il lato
positivo, hai sempre noi!–applicò il suo sorriso smagliante.
–Danny.–
–E poi, scusa, ma che te ne fai di
una sola ragazza quando puoi…–
–DANNYYYY!!!–il ragazzo sbraitò
alzandosi in piedi.
–Che c’è? Cercavo di essere carino e
premuroso!–
Harry soffocò un risolino,
immaginandosi Danny “carino” e “premuroso”. Tom gli diede un altro schiaffo, ma
questa volta lui si spostò, mostrandogli la lingua.
–Grazie, ma non ce n’è bisogno!–sorrise.
–Perché non ti è andata male?– lo guardò
confuso.
–Pivello!–sogghignò beffardo.
Harry saltò in piedi dalla poltrona
e si diresse accanto a Dougie; Tom invece si protese in avanti per ascoltare.
–Allora, che avete fatto?– Harry
divenne più curioso.
–Niente di che.–scrollò le spalle.–L’ho
baciata!–
–No.–sorrise malizioso Danny.
–Grande!–Harry diede un gomitata a
Dougie.–e quindi?–
–Quindi, ho il numero di cellulare e domani usciamo!– esclamò entusiasta.
–Grande Doug!–Danny gli tese la mano
e batterono il cinque.
–Ok, si, si. Tranquilli!–fece Tom
zittendoli,-Com’è stato?-
–Impiccione!–Harry prese un cuscino
e glielo tirò addosso.
–Chiedevo!–sorrise Tom.
Ne parlarono a lungo, e Dougie
dovette raccontare la stessa storia per un numero infinito di volte.
Danny, dopo la terza volta, se n’era
andato a letto stanco morto. Era contento che quella ragazza avesse preso posto
nella vita dell’amico. Non aveva mai visto Dougie così felice.
Entrò in camera sua, c’erano un paio
di scarpe sparse qua e là; si levò il giacchetto a scacchi e lo lanciò su un’anta
dell’armadio. Prese poi il cellulare in mano. Non lo aveva chiamato nessuno.
Scrollò le spalle, lui non necessitava di compagnia.
«Sicuro Dan?»
«Si.»
Gettò quello stupido marchingegno
sul comodino, poi, gettò sé stesso sul letto.
Avrebbe riposato anche lui. Affondò la testa nel cuscino, socchiuse gli
occhi; respirò lentamente e poco a poco sprofondò nel mondo dei sogni.