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Autore: Ariel Lane    16/12/2009    1 recensioni
«Strinsi la mano in un pugno, e maledissi con tutta la rabbia che mi portavo dentro il maledetto che aveva inventato il “E vissero tutti e felici e contenti.” Perché in quel suo maledetto lieto fine aveva omesso me. » Avvolte credere nella fortuna è un bene, altre un male. C'è chi s'innamora, e chi invece ricade sempre nella stessa rete. Ma il destino fa sempre di testa sua, non guarda in faccia nessuno. Per questo esistono le fiabe, per portare un po' di speranza a chi non ne ha...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5

Lena’s hidden secret

 

 

1

(Alicia)

 

 

Se n’era andato ormai, e la tristezza di quell’immensa casa aveva ripreso il pieno controllo su di lei. Con le spalle contro la porta alzò lo sguardo al soffitto e sospirò, immersa nel mondo dei sogni. Gettò un occhiata al divano. Sorrise pensando al bacio più bello della sua vita. Si strinse nelle spalle, avrebbe voluto urlare dalla felicità, ma si trattenne. Allora si sedette per terra, in silenzio; tese le orecchie per un probabile rumore, ma nulla. Era sola.

Rideva felice, con il pensiero rivolto a quel bacio fin troppo bello per essere vero.

Le scese giù una lacrima.

Che stupida!

Ma lei era fatta così; era troppo  felice, e non potendo gridare pianse lacrime di gioia. Guardò ancora una volta il divano, e vide qualcosa fare la sua comparsa su uno dei braccioli: era la felpa di Dougie. Si alzò e quasi danzando si diresse verso l’oggetto; lo prese in mano e lo odorò, sentì il profumo di quel ragazzo imporsi sul suo, cacciandolo via, sentendosi più leggera, come se si fosse tolta un peso dal cuore. Il respiro non era pesante come lo era stato nelle ultime settimane, non aveva più la sensazione che il mondo le stesse crollando addosso, non si sentiva una nullità. Alicia era rinata.

Strinse al petto quella felpa.

Erano solo baci, non volevano dir nulla, ma per lei valevano più di qualsiasi altra cosa.

Andrea non l’aveva mai abbracciata in quel modo, non le aveva mai sorriso con il cuore , non l’aveva mai coperta con il suo giacchetto se la vedeva infreddolita. Andrea non era come Dougie. C’era qualcosa di diverso in lui, qualcosa di mai visto prima.

Qualsiasi cosa dicesse l’assecondava; guardava tutto con gli occhi di un bambino e non smetteva di parlare di ciò che lo colpiva; e quando zittiva arrossiva, la fissava e sorrideva ed era proprio in quei momenti che avrebbe voluto abbracciarlo, perché sapeva che si stava dando dell’idiota. Ma Alicia non pensava affatto che fosse un’idiota; per lei quel ragazzo era una vera novità, un mondo nuovo tutto da scoprire.

Socchiuse gli occhi, si lasciò avvolgere ancora una volta da quella fragranza; allora sentì la porta dell’ascensore sbattere e si precipitò sul piano.

–Lena!–non era mai stata così felice di vedere la sua amica. In mano aveva ancora la felpa e Lena capì al volo. Sorrise amaramente.

–Alix,  che ti succede?–Alicia le si era gettata al collo, stringendola con voga rischiando di soffocarla.

–Lena, non puoi capire, non puoi capire!–fece lei in preda all’agitazione.

–Ho come l’impressione che centri qualcosa quel ragazzo?–fece finta di nulla.

–Ma come fai?–si distaccò sorpresa.

–Istinto.–sorrise lei–Entra!– le prese il braccio e la trascinò dentro casa.

 

 

2

(Lena e Dougie, qualche minuto prima.)

 

Dougie si era appena lasciato l’ascensore alle spalle. S’infilò il berretto e sospirò.

Di colpo si toccò la bocca, aveva ancora il suo sapore sulle labbra; non gli sembrava vero, eppure, il cuore batteva all’impazzata e gli mancava il respiro.

Si avvicinò al portone, ma prima che potesse toccarne la maniglia, si aprì. La vide entrare e squadrarlo da capo a piedi.

–Ciao.–fece lui. Lena, alle sue spalle, s’arrestò.

Si voltò sorpresa che le avesse rivolto la parola.

–Ciao, Doug. Alla fine gliel’hai detto?–

–Si. Lo avrebbe scoperto comunque.–fece spallucce.

Lei annuì, correndo con lo sguardo per tutto il perimetro.

–Sentimi bene.–fece un passo verso di lui– Alic ha sofferto molto, vedi di non aggravare la situazione. Con te si vede che sta bene.–

–E tu come stai?–la interruppe di proposito e la vide chinare il capo cambiando espressione: prima seria, poi triste.

Lena deglutì e gli occhi si arrossarono.

–Benissimo.–sospirò.

–Menti.–

Gli diede le spalle. Chinando il capo in avanti.

–Allora perché me lo hai chiesto?–

Dougie scosse la testa rammaricato.

–Perché anche lui lo fa.–

–Non so di chi tu stia parlando– allungò la mano verso l’ascensore ed aprì le porte.

–Si che lo sai.–

–Ci vediamo, Doug.– sbatté i cancelli alle sue spalle, premendo il pulsante.

Il ragazzo la vide sparire del tutto. Chissà per quanto avrebbero continuato così quei due.

Rassegnato varcò la soglia del portone, destinazione: Mcfly secret base!

 

3

(Lena)

 

Aveva schiacciato il pulsante del primo piano e si era andata ad accucciare in un angolo con la portiera aperta.

Singhiozzava alla disperata ricerca di una motivazione valida, che avesse un filo logico con tutto il suo dolore; eppure, più la cercava più trovava soltanto squarci di ricordi perduti e di promesse mancate.

Com’era possibile soffrire così tanto per amore? Com’era possibile ridursi in quello stato per un semplice ragazzo?

Ma lui non era uno qualunque. Lui era più di quello che appariva o voleva apparire, e lei lo sapeva bene.

Lena piangeva disperata, cercando con ogni mezzo di superare l’accaduto. Ma certe cose non si dimenticano facilmente, ed il tempo sembra non essere mai abbastanza.

Che scherzo idiota del destino, un vero e proprio tiro mancino che l’aveva ridotta ad essere cosa? Non lo sapeva nemmeno lei. Rivedere Dougie le aveva fatto male, eppure, era semplicemente Dougie. Non lui.

Non era lui.

–Perché?–

Perché a volte, il destino è più meschino di quanto si pensi.

 

4

(Dougie)

 

Alzò gli occhi al cielo; era buio, la Luna splendeva in tutta la sua bellezza, e le stelle la circondavano facendo a gara a chi brillasse di più; lui intanto sorrideva, come sempre. Lei era speciale e non l’avrebbe usata, non l’avrebbe trattata come un oggetto. Lui non l’avrebbe mai fatto.

Nessuna ragazza è un oggetto Doug..

Quella ragazza era troppo fragile. Alicia non lo sapeva, ma Dougie quando la guardava negli occhi vedeva un mondo nuovo, forse addirittura più bello di quello già esistente, ma quando era lei che guardava altrove, notava nei suoi occhi un alone di tristezza, quasi fossero di vetro, come quelli di una bambola di pezza; una di quelle che si vedono nei mercatini dell’usato: fuori, poteva apparire bellissima, perfetta, senza nemmeno un graffio; dentro però, chissà quanti strappi aveva ricucito, chissà quante volte l’avevano lacerata per poi ricomporla e strapparla ancora una volta, quasi fosse inutile. Non voleva nemmeno pensare al dolore che aveva provato, perché lui sapeva bene come ci si sentiva ad essere ridotti in brandelli, sapeva cosa voleva dire ricucire tutto. E non era facile.

Dougie sospirò ancora una volta dopo aver gettato un’occhiata al cielo, le cui stelle, provavano inutilmente ad imitare il perfetto bagliore di quel sorriso, che da solo bastava per illuminare le tenebre più nere.

 

 

–C’è nessuno?–fece lui aprendo lentamente la porta di casa.

Nessuno rispose. Solo lui ed il buio dell’appartamento.

Accese la luce e vide che la casa era in ordine; bravo Harry.

Posò le chiavi sul mobiletto dell’ingresso e si diresse verso la camera da letto. Canticchiò qualcosa fra sé e sé ed aprì la porta. Lanciò le scarpe all’aria e si gettò sul letto.

Socchiuse gli occhi; non poteva crederci. Quel bacio, anzi, quei baci erano stati i più belli della sua vita.

Si passò una mano sulla maglietta; aveva dimenticato la felpa a casa sua ed in quel momento desiderò essere nei suoi panni per poter stare con lei. Roteò la testa da una parte, vide il suo basso, sospirò.

–Danny ha ragione.–disse sperando che il suo migliore amico di sempre potesse rispondergli, e nella sua fantasia quel basso la sapeva lunga.

Riversò ancora una volta la testa, chiuse gli occhi e si lasciò andare; ritornò con la mente a quel pomeriggio, al suo viso, a quelle labbra. Lasciò che tutti i pensieri e le immagini di quel giorno circolassero liberi nella mente, li lasciò correre spensierati, perché l’unica cosa alla quale pensava da tre giorni era lei, e basta.

 

5

 

–Credete che sia tornato?–Danny fece il suo ingresso in punta di piedi, parlando sottovoce.

–Secondo me è con quella ragazza. E chissà cosa starà facendo!–Harry stava fantasticando su qualcosa che non lo riguardava nemmeno.

Beato lui.

Tom gli diede uno schiaffo in testa.

–Ahio!–

Entrarono di soppiatto, e Danny fu il primo ad affacciarsi in camera di Dougie.

Era tornato.

Harry aveva preso un granchio. Dormiva.

–Credete che gli abbia detto di no?–Danny era già preoccupato, Dougie di solito non reagiva bene davanti ad un rifiuto.

–Non lo so, quella faccia lì non mi convince tanto!–fece Harry guardingo.

–È quella di sempre idiota!–Tom gli diede un altro schiaffo.

–Ahio!–

–Venite, andiamo in salotto.–

Si sedettero chi sul divano chi sulle poltrone; parlarono a lungo di come fosse andata qualche ora prima.

Dougie dormiva e si rigirava nel letto. Chissà cosa sognava..

Nel frattempo il ragazzo aveva ripreso conoscenza; le finestre erano chiuse, proprio come le aveva lasciate prima di uscire. Sentiva un buon profumo avvolgerlo tutt’attorno, quasi fosse un abbraccio delicato. Era zucchero filato, e lui non indossava un profumo da ragazza. Sbadigliò, ci voleva proprio un’altra bella dormita. Si sentiva più rilassato del solito. Si alzò dal letto e si stiracchiò. Stette in silenzio e sentì un mormorio; i ragazzi  erano di nuovo a casa.

Si diresse verso il salotto, in direzione del vociare che colpiva le sue orecchie, e quando lo videro entrare aveva una faccia sconvolta.

Cavolo, gli è andata male di brutto.

Danny, Tom ed Harry si guardarono, pronti per consolarlo.

–Allora Doug.–tossì Danny,–Come è andata con quella ragazza?–

–Alicia?–Dougie si lasciò cadere, accanto a lui sul divano a peso morto.

Danny annuì.

–Oh,beh...–l’espressione di Dougie era indecifrabile.

–Oh, Dio, ci dispiace tantissimo!–Danny gli diede una pacca sulla spalla, mentre Tom ed Harry scossero la testa comprensivi.

–E per cosa?–fece lui.

–Sarà per un’altra! Dai, su, infondo che vuoi che sia?–

–Danny…–cercò di parlare ma lui glielo impedì.

–Si,si lo so Doug! Ma guarda il lato positivo, hai sempre noi!–applicò il suo sorriso smagliante.

–Danny.–

–E poi, scusa, ma che te ne fai di una sola ragazza quando puoi…–

–DANNYYYY!!!–il ragazzo sbraitò alzandosi in piedi.

–Che c’è? Cercavo di essere carino e premuroso!–

Harry soffocò un risolino, immaginandosi Danny “carino” e “premuroso”. Tom gli diede un altro schiaffo, ma questa volta lui si spostò, mostrandogli la lingua.

–Grazie, ma non ce n’è bisogno!–sorrise.

–Perché non ti è andata male?– lo guardò confuso.

–Pivello!–sogghignò beffardo.

Harry saltò in piedi dalla poltrona e si diresse accanto a Dougie; Tom invece si protese in avanti per ascoltare.

–Allora, che avete fatto?– Harry divenne più curioso.

–Niente di che.–scrollò le spalle.–L’ho baciata!–

–No.–sorrise malizioso Danny.

–Grande!–Harry diede un gomitata a Dougie.–e quindi?–

–Quindi, ho il numero di cellulare  e domani usciamo!– esclamò entusiasta.

–Grande Doug!–Danny gli tese la mano e batterono il cinque.

–Ok, si, si. Tranquilli!–fece Tom zittendoli,-Com’è stato?-

–Impiccione!–Harry prese un cuscino e glielo tirò addosso.

–Chiedevo!–sorrise Tom.

Ne parlarono a lungo, e Dougie dovette raccontare la stessa storia per un numero infinito di volte.

Danny, dopo la terza volta, se n’era andato a letto stanco morto. Era contento che quella ragazza avesse preso posto nella vita dell’amico. Non aveva mai visto Dougie così felice.

Entrò in camera sua, c’erano un paio di scarpe sparse qua e là; si levò il giacchetto a scacchi e lo lanciò su un’anta dell’armadio. Prese poi il cellulare in mano. Non lo aveva chiamato nessuno. Scrollò le spalle, lui non necessitava di compagnia.

«Sicuro Dan?»

«Si.»

Gettò quello stupido marchingegno sul comodino, poi, gettò sé stesso sul letto.  Avrebbe riposato anche lui. Affondò la testa nel cuscino, socchiuse gli occhi; respirò lentamente e poco a poco sprofondò nel mondo dei sogni.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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